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L'assalto dei patagoni 137


Il baleniere, invece di rispondere l’aveva costretta ad abbassarsi dietro la murata. Nell’istesso momento un proiettile, una bola perdida od un yachicho aveva toccato la cima della boma della randa, mandando la punta in scheggie.

— Nella vostra cabina! — gridò Piotre.

— No, — rispose Mariquita con voce risoluta.

— Qui si sfida la morte!

— L’affronterò al vostro fianco.

— Guardate! —

Con un moto rapido il baleniere aveva afferrato una scure che si trovava appesa sulla murata e d’un balzo si era slanciato sul bastingaggio, aggrappandosi alla catena dell’àncora poppiera.

Una forma gigantesca era improvvisamente comparsa, tenendosi ritta sulla catena che doveva avergli servito per issarsi fino al timone. Aveva già appoggiata una mano sul coronamento di poppa e si preparava a saltare sulla tolda.

Piotre alzò la scure e la lasciò cadere con forza irresistibile. In mezzo al nebbione echeggiò un urlo rauco, poi si udì un tonfo.

Il patagone era caduto col capo spaccato fino al mento da quel colpo tremendo.

Quasi nell’istesso momento urla furiose echeggiarono sulla spiaggia, ben distinte anche fra le ondate della risacca, poi un uragano di proiettili passò sulla nave, colpendo l’alberatura ed il sartiame e spezzando parecchie corde. Erano grosse bole perdide di pietra o di metallo bianco, pesanti parecchi chilogrammi, chumè a due palle unite da una coreggia e che si adoperano per la caccia degli struzzi nadu, e yachicho, a tre, che s’attortigliavano intorno alle manovre e che poi cadevano sulla tolda a rischio di fracassare la testa a qualche marinaio. Piotre si era gettato su Mariquita, che si era rannicchiata dietro la murata, facendole scudo col