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L'assalto dei patagoni | 141 |
e quelli del signor Lopez alternavano colpi di trombone e di carabina contro i cavalieri che si dibattevano fra le onde, Piotre si spinse verso prora cercando di discernere l’uscita della baia.
— Là, — disse. — Dio sarà con noi. —
Due uomini, lasciati i fucili, avevano messo in opera la pompa per spegnere le bolas fiammeggianti, che minacciavano di incendiare la tolda e che continuavano a cadere come se i patagoni ne avessero una riserva inesauribile.
L’attacco rallentava sotto le vigorose ed incessanti scariche dei tromboni, i cui proiettili, se non uccidevano, producevano tuttavia delle ferite dolorosissime che strappavano agli assalitori urla di dolore. Anche i cavalli, respinti dalle onde, cominciavano a fuggire disordinatamente verso la spiaggia, non ostante i colpi di tallone dei cavalieri.
Era il momento propizio per abbandonare quel luogo, prima che i patagoni si riorganizzassero per ritentare un nuovo assalto.
La gran gabbia e la randa erano state spiegate, con tre doppi di terzaruoli ed i flocchi issati. I marinai, con uno sforzo supremo, strapparono dal fondo l’ultima âncora e si precipitarono alle scotte ed ai bracci di manovra.
Il vento era non troppo propizio per lasciare la baia e per di più soffiava sempre irregolarmente, a raffiche poderose, le quali potevano spingere bruscamente la baleniera fuori di rotta e gettarla contro i banchi di sabbia e le scogliere.
— Due uomini a prora collo scandaglio, — gridò Piotre, mettendosi alla barra del timone. — Attenzione al rompersi della risacca! Ed ora, alla volontà di Dio! —