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128 | Capitolo X. |
chiese papà Pardoe, un po’ inquieto. — Si prendano i loro guanachi e se ne vadano al loro accampamento. —
Pareva invece che i patagoni la pensassero diversamente. Si erano raggruppati sulla spiaggia, proprio di fronte alla baleniera e discutevano animatamente, indicandosi l’un l’altro la nave, con certi gesti non troppo rassicuranti e mostrandosi i banchi di ghiaccio che continuavano ad inoltrarsi lentamente nel canale, impedendo, almeno pel momento, la navigazione.
Una parola specialmente veniva da tutti ripetuta con una certa insistenza: gilwum.
— Sapete che cosa significa? — domandò il signor Lopez, volgendosi verso Piotre.
— No, — rispose il baleniere. — Non conosco la lingua dei patagoni.
— Gilwum vuol dire fucili.
— E che cosa volete concludere?
— Che non vedendoci in mano delle armi da fuoco, crederanno forse che noi non ne possediamo e questo potrebbe spingerli a tentare qualche cosa contro di noi.
— S’ingannano: la mia armeria è ben fornita di carabine e anche di trabucos, — rispose il baleniere. — Leveremo presto loro la voglia di darci delle noie.
— Mostrate dunque loro che noi siamo bene armati, — disse il signor Lopez. — Quegli uomini non hanno buone intenzioni, ve lo dico io. Guardate, preparano le bole perdide e spingono i loro cavalli in acqua per accostarsi a buona portata.
— Facciano pure, — disse Piotre, facendo ai suoi marinai un cenno.
I patagoni avevano terminato di discutere e si erano disposti su due file, mettendo in prima linea quei pochi che possedevano dei fucili, armi antichissime che dovevano pro-