Il terremoto del 1832 nello stato ecclesiastico

Anonimo

1832 Indice:Il terremoto del 1832 nello stato ecclesiastico.pdf terremoti/Stato Pontificio Letteratura Il terremoto del 1832 nello stato ecclesiastico Intestazione 7 dicembre 2016 100% Da definire


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IL

TERREMOTO

del 1832

NELLO STATO ECCLESIASTICO

QUADRO STORICO

DI ......






ITALIA

1832.

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L’utile della presente Edizione è condiviso colle danneggiate Comuni. Uno specchio a stampa pubblicherà i cooperatori del pietoso divisamento, e renderà conto della gestione.



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AD IPPOLITO CARNOT
direttore della rivista enciclopedica di parigi
per
tutti i giornalisti
della superficie della terra.


appellate, o filantropi
il mondo intelligente
al soccorso
di
tanti miseri.


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Quando l’occhio di ogni straniero era rivolto sul nostro suolo per vedere il risultamento delle nostre interne controversie ingenerate da reciprochi sbagli1, l’autore della natura destò i [p. 6 modifica]frenetici di ogni partito, e fece tremare la terra2. Cosa più miserabile e insieme più superba di quante sono nel mondo, dirò ad ogn’uomo con Plinio, vieni meco a meditare il luttuoso quadro del Terremoto, che sul principio dell’anno secondo del settimo lustro del secolo xix, venne a premere fieramente due delle più vaghe provincie degli Stati romani. Io intendo in questa patetica meditazione di meco condurre gli antichi e i moderni filosofi. «L’opinione, ch’è un vano, leggero, crudo ed imperfetto giudizio delle cose, è incostante, incerta, ingannevole, pericolosa guida. Ella è madre di tutti i mali, di tutte le confusioni, di tutt’i disordini: da essa procedono tutte le passioni e tutt’i torbidi: ella si fa scorta del [p. 7 modifica]folle, come la ragione del savio»...3. Posta da banda l’opinione professata da ognuno, perchè è certo che gli uomini sono tormentati dalle opinioni, che hanno delle cose, non dalle cose stesse, guardiamo con attenzione le rovine del memorabil disastro, e quinci discendiamo, seppur ci aggrada, a qualche rapida riflessione. [p. 8 modifica]

Guarda Perugia come da elevato balcone l’amena valle dell’Umbria circondata da monti e coperta di terreno, parte arenoso e parte calcare. Un dì Lago Porzio veniva appellata, perchè di stagnanti acque era sede. Ragioni, che alla meta nostra non adducono, a palude ridussela, e paludosa serbossi sintantochè il sommo idraulico folignate Francesco Jacobilli a buono o tristo fine non riescì con interramenti ed incanalazioni, pressochè ora disseccate, a ridurla all’odierna forma. Fu vista, come ora la vediamo, ornarsi di vaghi ed utili vegetali, e la pampinosa vite non allignarvi meno del pallido olivo, che spiritoso e lucente [p. 9 modifica]umore ne porgono rispettivamente ai popolani. Ciò malgrado l’anno trentunesimo del secolo nostro i campi di questa valle irrigati abbondevolmente di piogge in quasi tutta l’estate non dettero il frutto che ognuno ne avea potuto sperare. La speme accende col suo dolce soffio gl’insani nostri desiderj, e suscita nel nostro spirito un fuoco di denso fumo ripieno, che ci abbaglia l’intelletto, e trasportando seco i nostri pensieri, li tiene sospesi fra le nubi, e ci fa sognare vegliando. L’autunno divorò colla rapidità del lampo la mollezza del suolo, e un’aridità quasi petrosa a questa successe. Le parti più basse dell’Umbra superficie ci porsero uno strato poco erto di arida terra combaciante terra umidissima per forza de’ venti boreali, che gagliardi e costanti spirarono sino al mese di ottobre. Allora il di lei orizzonte, quasi stanco delle antecedenti stranezze dell’atmosfera pari all’ipocrita, che sempre l’incauto travaglia colla dolcezza di accento mendace, gli abitatori con una calma apparente di vana speranza lusinga... Un’ora innanzi l’aurora del [p. 10 modifica]giorno 26 dello stesso mese, la valle da densa nebbia fu ingombra, e la terra per la prima volta terribilmente si scosse. Più deboli e brevi moti seguirono pel tratto successivo all’aspetto di un cielo nuvoloso, e allo spirare del caldo vento del Sud combattuto, e per qualche dì di serenità vinto dall’altro di settentrione. Nella sera del dì 6 di novembre, deposta l’ordinaria flemma, da furia si veste, e a cruda pugna si cimenta coll’opposto tramontana. Le nubi sbalzate da questo a quel monte segnano agli osservatori la marcia dei combattenti persino alla notte del giorno 7, che fu tranquillissima sebben carica. Quasi nell’ora medesima della prima, fra lo spazio di pochi minuti, se ne intesero tre molto forti, e continuarono per più giorni con maggiore o minor gagliardìa.... Compì l’anno 1831, e quasi generalmente le preterite sciagure scordandosi, perchè cessato lo spesso baleno, che l’aria pareva volesse lasciare infiammata, e la più spessa e numerosa comparsa delle così dette stelle cadenti, che l’idiota come il colto non avevano sicuramente potuto dimenticare. [p. 11 modifica]

Poco innanzi il mezzodì del giorno 13 gennaio il cielo alquanto nuvoloso indossa il nero manto della procella... Poco appresso un vento sciroccale distaccando dai vicini monti meridionali un’immensa nube, la conduce sul punto medio della valle, che in pioggia e grandine si discioglie. La luce vivissima del luminare maggiore, che si accorge delle disposizioni della natura si asconde del tutto. Fu notte per un istante.

Sommo autore dell’universo, in questo secolo di travagli il solo imberbe insensato offende la tua onnipotenza. Ogni altro ti confessa con ingenuità di tutte le cose principio4. Deh! se giusto [p. 12 modifica]tempo ti sembra di percuotere il tristo rammentati, che sei Padre ancor di lui, e che la tua correzione non può non esser paterna. Pater noster.

Alle due della sera del giorno stesso l’amena valle dell’Umbria è vittima di un terribilissimo uragano, che i cammini di molte case schianta dalle radici. Cinque minuti non iscorrono di tanta violenza, che, abbrividisco a ripeterlo, la terra fu agitata da moto succussorio, ondulatorio, vorticoso per sedici secondi5. Parve che le fondamenta di ogni abitazione volesse l’impeto distaccare dal suolo... Da quel punto non passò giorno, e nel 13 segnatamente, ora non passò che il flagello non fosse rinnovellato con maggiore o minore gagliardìa. Fino al giorno 25 febbraio varie scosse tornarono [p. 13 modifica]a scaricare i crollanti edifici delle infelicissime Foligno, Assisi, Spello, Bevagna, Cannara, Bastia.

Nella città di Perugia non fu lieve, ma molto dannosa non fu in proporzione. Quivi come altrove l’ordine sacerdotale era raccolto nei templi alla recita dei divini offici. Quivi come altrove la classe degli agiati si assideva a mensa, o vi si era assisa da poco, o era prossima ad assidervisi. Quivi come altrove il ceto degl’industriosi era ritornato alle rispettive occupazioni, o nelle botteghe o nelle case. Quivi come altrove il popolo era tutto al coperto per liberarsi dalle acque. Ciò malgrado pressochè minimo fu il numero de’ feriti.

La Torre di S. Pietro de’ Cassinesi osservata da parecchi, fu vista ondulare come il pioppo insiememente alla Torre del Pubblico. Il palazzo del Governo, la Sapienza nuova e vari altri edifici ebbero alquanto a soffrire. Nelle carceri, ove il volgo crede follemente non potere il terremoto far breccia, la cappella e parecchie secrete, fra le quali l’occupata da un [p. 14 modifica]condannato a morte, soffrirono moltissimo. Non pochi cammini si scaricarono, ma verun cittadino a forti precauzioni si addusse. Santa pietà dell’intemerata nostra fede, che la voce del secolo appella leggiadramente filantropia in onta al delirio dello stolto, che del futil titolo di speciosa la taccia, sollecita corresti nel petto di ogni perugino, a suscitare compassione operosa ed attiva. «L’uomo buono opera bene da se, perchè agisce in forza di ciò, che egli ha in se stesso di più nobile e di più ricco. Egli è uomo da bene in essenza e non accidentalmente, o per occasione. La vera bontà è libera, franca, maschia, generosa, ridente, allegra, uguale, uniforme, costante che cammina di passo fermo, fiero, altiero andando sempre con la sua maniera, senza guardare da lato nè di dietro, senza fermarsi od alterare il suo passo per tempo o per occasione. L’origine di questa bontà è la legge di natura, cioè l’equità, che splende in ognuno di noi, che opera secondo la volontà di Dio, poichè questo lume naturale è una [p. 15 modifica]scintilla di fuoco divino, una conseguenza dipendente dalla legge divina ed eterna...» Può a Perugia con verità rimproverarsi un lusso smoderato, ma le tante virtù eminenti di questa città dotta e cortese serrano il labbro del critico, ed incoraggiano il filosofo a sperare per amichevole avviso il migliore risultamento... Quanta gloria non assicurò Perugia nell’atto memorabile della sua breve emancipazione! Indignata dell’impolitico eccitamento al massacro de’ cittadini, pejus deteriusque tyrannide, sive injusto imperio bellum civile, che il savio preside non volle pubblicare, trascelse prudentissimi soggetti alla guida del popolo: Ferocior ad rebellandum, quam ad bellandum. Perugia fu costretta a seguire il moto di Bologna: Bologna vi fu spinta dagli avvenimenti di Modena: L’infelicissima Modena6 vi fu trascinata da quella causa, che veruno ignora. Ciò malgrado l’esca dell’italiano incendio ivi, [p. 16 modifica]ancor non è spenta, e le profonde viste del gabinetti di prim’ordine tollerano la diffusione del maledico giornale intitolato La Voce della Verità. Siccome adducere inconveniens non est solvere argumentum; siccome nelle dominazioni costituzionali la libertà della stampa fa pubblicare giornali di ugual tempra in senso diverso; così, volendo noi meritarci il titolo d’imparziali e di conciliatori, richiamiamo l’attenzione dei nostri confratelli di massime col propor loro in modello il metodo tanto franco quanto prudente della Biblioteca universale di Ginevra. Rivolgendoci poi ai fratelli dissenzienti ricordiamo, che Dio è la verità: Ego sum... veritas, e le verità di Dio non vanno mai disgiunte dall’innocenza della colomba, dalla prudenza del serpe. Sia pur vero, che non si presti orecchio da taluni alla verità, a veritate quidem auditum avertent, non potrà negarcisi, che il dottore delle genti ci ha insegnata la via da tenersi in simili casi. Argue, ci dice, obsecra, increpa in omni patientia et doctrina. La lizza del foglio di Modena [p. 17 modifica]colla Giovane Italia di Marsiglia è vergognosa. Per togliere la morale infiammazione dal cuore de’ popoli è d’uopo allontanar loro ogni sostanza infiammante... Ora che ha preso il sopravvento la persuasione, qui habet aures audiendi, audiat, che il secolo xix proclama la rettitudine e non il fanatismo: Ministerium tuum imple, ad ogni capo dei due partiti veniamo a ricordare... È vero, torniamo a concretarci, che l’industria e la frugalità sono vive sorgenti di patrie dovizie; ma è pur vero, che l’eccessiva frugalità degli avidi soffoca la vita commerciale de’ popoli, e senza prò fa estinguere la voce del bisognoso. Noi saremo al caso di omologare ben presto co’ fatti la dolorosa assertiva.

Una donna, che nel fine di via Pinella vende frutta ed erbaggi strinse nel terribil momento il piccol tavolino del suo negozio, e pari all’uomo di mare, che afferra in salvezza una tavola dello sdrucito naviglio, crede disperata ripor tare anch’essa salvezza dalla terra, che teme la inghiotta... Ma interminabile [p. 18 modifica]sarebbe il racconto di aneddoti particolari in avvenimento tanto momentoso. Sentiamo i disastri della vicina Bastìa, che manda la sera stessa una deputazione ad intenerire l’ottimo mons. Ferri preside meritissimo della perugina provincia.

Il recinto di quel borgo contiene 276 case abitate da 700 popolani. Bastia distante all’E. da Perugia tre leghe, edificata qualche secolo innanzi la venuta di Gesù Cristo appellavasi isola romana, perchè cinta dalle acque dell’antico Lago Porzio, che or non è più. La vetusta sua fabbrica era una rocca circondata da 14 torri, che si denominavano bastioni. Nel terribile istante crollarono interamente. Il municipio, le carceri, il montefrumentario, le scuole pie, le case de’ cittadini sono scheletri, che hanno esternamente l’aspetto di luoghi abitabili. Il monastero di monache piantato sovra l’antico forte è parte caduto, parte pericolante. Le chiese, fra le quali la collegiata di gotico disegno, furono anch’esse moltissimo danneggiate. Soltanto qualche fondo rimane incolume ad asilo [p. 19 modifica]di questo popolo senza tetto, che in tanto disastro ebbe il conforto di rilevare la perdita di un sol bambino.

Così la deputazione comunicò la somma delle patrie sciagure al savio prelato, che raccolto senza indugio il collegio de’ suoi consultori, fece dal pubblico erario pagare cento scudi a titolo di urgenti riparazioni, con dolci accenti congedando i membri di tanto dolorosa ambasceria.

La mattina del giorno quindici gennajo, quando tutta la popolazione si era adunata nel tempio alla precettiva assistenza al S. sacrificio un nuovo moto della terra disseminò una confusione universale, che nella furiosa sortita recò a non pochi danno gravissimo... La valuta complessiva de’ pregiudizi si fa montare a più di scudi cento mila.

Bastò a Perugia il primo annunzio della disgrazia per costituirsi all’istante spontanea consolatrice degli afflitti. L’ottimo Gonfaloniere cav. Lodovico Baldeschi, il di cui solo nome è il più bel elogio, che far si possa alla virtù, si portò sulla faccia del luogo in [p. 20 modifica]compagnia dell’egregio marchese G. Batt. Monaldi, uno de’ benemeriti anziani della magistratura, onde conoscere i bisogni delle popolazioni estese per tutto lo stradale sino a Foligno. Avevano i providi magistrati nominato prima di partire a sì lodevole oggetto una deputazione di due dotti e zelanti cittadini, che ivi si adoperassero per provedere ciò che occorrer potesse al sovvenimento di que’ popoli; e non solo seppero i deputati eccitare alla pia opera i capi delle religiose corporazioni, concertando con essi le opportune somministrazioni a fornire di vitto e di alloggio que’ miseri, che cercato avessero in Perugia un asilo, ma ne interessarono pure le nobili e facoltose famiglie, e videro con eguale zelo secondati i fervidi loro desideri. Intanto si aprì una volontaria soscrizione presso il sig. Francesco Guardabassi in via del Corso n° 77 destinata a raccogliere pietose offerte in denaro da chiunque giusta le proprie forze concorresse ad un’opera di fratellevole amore, che tanto premurosamente c’inculca la nostra S. cattolica [p. 21 modifica]religione. La somma popolarità del signor Guardabassi riescì ad accozzare in pochi giorni più di scudi settecento cinquanta, ma non riescì a rattenere l’invido da briga indecente, per la quale la pia pratica fosse portata a compimento: Mens aegra torquetur, et cervix non flectitur». L’invidia, germana dell’odio, supera in tormento tutte le torture. Dessa è un dispiacere del bene, che altri possiedono, e converte il bene altrui in male nostro». L’accademia de’ Filedoni senza essere invitata si adunò per urgenza nella sera del sedici gennajo, e deliberò una sovvenzione di scudi duecento per l’oggetto sovra annunciato, dichiarando con somma ed unanime soddisfazione erogare in opera tanto utile una tale somma, che nel carnevale di quell’anno avrebbe potuto impiegare in quegli accademici serali trattenimenti di musica, e danza prescritti dai regolamenti del suo istituto, e dando con ciò un esempio non comune di vera e nobile beneficenza.

Così Perugia mostrossi anche in questo imitatrice delle più colte ed illustri [p. 22 modifica]città dell’antica Grecia, le quali in altri tempi sovvennero ed accolsero i miseri costretti da guerre, od altro luttuoso infortunio ad abbandonare la patria loro, ma certi di trovar soccorso ed asilo presso i loro virtuosi fratelli, che come essi eran figli di grande, e generosa nazione.

L’incontro, che ebbero i due magistrati di Perugia nella visita fatta a mons. vescovo di Foligno, è curioso e interessante. Era ivi un ecclesiastico della branca degli esaltati assolutisti. Appena intese l’oggetto della loro spedizione, anzichè far eco ai ringraziamenti del prelato, cominciò ad esclamare, che il terremoto era il castigo de’ peccati de’ liberali. Il rimprovero di declamazione, e d’irrisione dato con tutta ragione all’ingegnosissimo Voltaire, e a molti de’ suoi contemporanei, può ora medesimamente darsi da noi a tutti gli esaltati del contrario partito, e per dimostrarci imparziali, anche a non pochi del nostro. Chiamò l’avversario peccato gravissimo il notturno canto delle parole, che ora riferiremo:

È meglio di morir sotto i mattoni,
          Che star sotto il cappello a tre cantoni.

[p. 23 modifica]Senza farci panegiristi di così strano procedere, non possiamo uniformarci al sentimento rispettabile di codesto sacerdote. Ponendoci a meditare con maturità l’avvenimento, andiamo ad inferire, che, siccome non è presumibile l’assoluto ateismo, e siccome il canto delle curiose parole statuisce o mentale alienazione, o dolore sommo, si deve concludere, che essendo mentecatti non potevano considerarsi per colpevoli, ma viceversa compiangersi come disperati. Qui si scioglierà un problema con che il frenetico vuo’ illudere il volgo. Sino alla consumazione de’ secoli si potrà travagliare, ma non distruggere la navicella di Pietro. Questa dottrina è verificata anche dai fatti. A malgrado degli sbagli gravissimi di molti ministri del santuario, la chiesa di Gesù Cristo non solo si regge incolume fra gli urti impetuosi de’ suoi avversarii, ma eziandio brilla ognor più spargendo sulla terra la vera sapienza. Infatti la filosofia del Vangelo è la filosofia de’ nostri dì. Ma non per questo si dovrà confondere la cattedra di S. Pietro, colla corte di Roma. Teniamo per certo, che le [p. 24 modifica]contraddizioni, le ipocrisie, gli scandali ridonderanno a vantaggio della cattolica religione, e che la guerra degli stolti a questa madre santissima sarà sempre la sua gloria, perchè istituita e conservata dall’Eterno. Non dubitiamo però punto, che la giurisdizione temporale del pontefice acquistata dalla generosità de’ principi, il che è qualche cosa di meno di quella, che si aveva da Eli, possa per le stesse ragioni che si leggono nell’antico testamento esser tolta al papa, se mai non giunge a vedere, e riparare i frequenti e gravi errori de’ suoi figli nell’amministrazione. Se l’esperienza ha insegnato ai regnanti cosa produsse in Europa l’ostinazione di Carlo X, non mancheranno le profonde viste delle alte potenze, e le sollecitudini delle corti italiane ad ottenere ad ogni costo una buona dose di vera felicità per i popoli degli stati romani. In allora come il popolo di Dio passato sotto il dominio dei re per castigo della sacerdotale caparbietà non cessò di esser popolo di Dio, così i popoli dello stato ecclesiastico ritolti dall’oppressione [p. 25 modifica]di qualche membro del purpureo senato per mano de’ successori de’ principi, che ve li dettero, non cesseranno di esser figli della cattolica fede, anzi magnifiche ranno le rette giustizie di Dio che letificano i cuori, e sanno essere con tutti impassibili. Noi non amiamo, e non eccitiamo la rivolta, ma imploriamo con tutto fervore o migliorata l’amministrazione, o cambiato l’amministratore. Questa dimanda promossa generosamente da due delle cinque grandi nazioni, e da queste appoggiata con quelle misure che al mondo sembrano imperscrutabili, sono, convien dirlo, riconosciute giuste dalle II. RR. corti di Austria, Russia e Prussia. Restino dunque confortati tutti i popoli; e credino, che le discrete dimande sono intese da tutti i monarchi, anzi tutti i monarchi si applicano a prevenire tutte le dimande discrete. Immaginate il nostro paese una sola abitazione, e supponete, che ivi il padre sia in collisione con i figli minori e con i nepoti a motivo dell’abuso de’ maggiori figli. Il padre lusingato dalle insinuazioni di questi che crede savii, [p. 26 modifica]opprime quelli per correggere, e l’oppressione, che giammai fu un farmaco, ingenera una morale infiammazione, che attacca il petto di tutti. A distruggerla non vi vuole che la saviezza e l’abilità de’ vicini, i quali illuminino la mente dell’ingannato padre, e facendo infrenare l’eccessivo potere dei despoti, renda per mezzo della persuasione la domestica pace. Ora questa conciliazione si sta operando, ma se i figli oltraggiati non scordano le antiche offese, riflettendo, che l’errore è proprio dell’uomo, perdono il bene, che loro si ritorna, e si privano del bel titolo di generosi, e perpetuano l’interna discordia.

Informata la S. di N. S. Gregorio XVI della luttuosa catastrofe spedì sollecita con mille scudi del suo particolare peculio7 altri scudi sei mila del pubblico tesoro, istituendo in Foligno una commissione centrale per la riparazione de’ danni de’ paesi soggetti alla provincia di Perugia da presiedersi da quel mons. vescovo [p. 27 modifica]Gio. Ignazio Cadolini di Cremona, e spedendo sussidi ed istruzioni a mons. Gaggiano delegato di Spoleto per sollevare gli abitanti delle Comuni alla sua giurisdizione subordinate.

È punto interessante alla storia far conoscere, che mons. Cadolini di moto sovrano o proprio, formò la commissione all’uso de’ moderni tempi, e fece col fatto intendere ad ognuno, che i vescovi non sono i nemici delle novità buone, ma che eglino ancora sanno giovarsi dei lumi veri della sapienza increata ogni giorno maggiormente diffusi sopra tutti i viventi. Foligno vide comporre questa commissione di 17 membri, dal suo centro estraendo ne 13, e 4 chiamandone da Assisi, Spello, Cannara, Bastìa. Ciò malgrado sorse il critico a rilevare la comparazione de’ popoli, e disparità credette rinvenirvi. Non trascurò neppure qualche ardito di divulgare, che il ministero aveva in certo modo urtato il merito sommo di mons. delegato di Perugia, tagliandolo fuori dalla straordinaria gestione. Vi fu ancora chi si pose ad inferire, che se la [p. 28 modifica]commissione di Foligno si fosse anche occupata dei danni della provincia di Spoleto, sommamente politica sarebbe stata la nomina di mons. Cadolini per la parità di condizione de’ mons. Ferri e Gaggiano. Ma egli non avvertì, che la maggior parte dei paesi danneggiati delle due provincie pertenevano alla giurisdizione spirituale di mons. Zellio vescovo di Assisi, e che cotesto prelato si trovò niente contento della sua omissione. In un luogo, ove non si calcola il centro per la formazione delle provincie poteva valutarsi il titolo addotto dal vescovo di Assisi. Noi poi, che ci asteniamo persino di discorrere delle cause, che occasionarono il tristo fenomeno; e perchè ci riconosciamo insufficienti, e perchè sappiamo, che parecchi professori della perugina università stan preparando la pubblicazione delle valutabilissime loro opinioni, non arrischiamo una sillaba sulla opinione de’ critici. Possiamo per altro assicurare il pubblico delle rare qualità di monsignor Ferri, che non solo seppe meritarsi nell’anno scorso la stima de’ [p. 29 modifica]rappresentanti il breve differente ordine, ma assicurarsi in seguito la fiducia del pontefice, che lo confermò, e conservarsi colla sua saviezza la ben difficile popolarità dei due partiti sino al presente.

L’impianto della commissione di Foligno ci venne comunicato da alcuni amici; e dovemmo per questa cognizione convincerci della dottrina, e probità del vescovo commissario. Nè s’incontri contraddizione in udendo, che tutte le comuni se ne disgustarono a segno da far determinare qualche zelante funzionario alla rinunzia del proprio impiego. Varii membri di questo consesso abusarono della buona fede del presidente, e fu inteso per qualche giorno replicato maledire dai popoli, che lo tacciavano da ipocrita, e da sleale. Il tempo peraltro squarciò il velo di tanto errore in una questione insorta tra il marchese..., e il segretario della commissione.

Varie lettere di sedicenti anonimi profeti furon trovate nello scrittoio di monsignor Cadolini. Queste lettere contenevano dottrine sante insieme a furbe [p. 30 modifica]minacce, ma erano scritte con frase tanto bassa, che si può supporre nel loro autore la stessa buona intenzione di quei religiosi domenicani, che introdussero nei tribunali dell’Inquisizione la macchina rappresentante il diavolo8. Gl’idioti ne [p. 31 modifica]furono spaventati, gli scioli ne furono disgustati, i savii ne fecero utilissime meditazioni. Mons. vescovo non dette a tali lettere maggior valore di quello, che potevano meritare. "Il superstizioso non lascia in pace nè Dio, nè gli uomini. Egli apprende Dio ansioso, spietato, difficile da contentarsi, facile ad adirarsi, tardo a placarsi... egli trema di paura... Dubita, se Dio sia ben contento, si affatica di blandirlo, lo importuna con preghiere, con voti, con offerte; si figura miracoli... La superstizione è un difetto popolare, e procede da ignoranza, o sconoscenza di Dio, ond’ella si trova più facilmente ne’ fanciulli, nelle femine, nei vecchi, negl’infermi, in somma ne’ barbari: Inclinant natura ad superstitionem barbari”.

Assisi città orizzontalmente situata sul declinare del monte Asi con una prospettiva, che risguardata dal soggetto piano, e veramente incantevole, fu anch’essa, che dista quattro leghe al N. O. da Foligno e quattro all’E. da Perugia, bersaglio dell’orrendo flagello. [p. 32 modifica]

Il Colle dell’inferno un dì si appellava il sito, in che fu eretta la grandiosa ammiranda fabbrica del S. Convento, cui il pontefice sostituì l’altro di Colle di paradiso. E fu in fatti il paradiso assisano questo sacro recinto restato quasi incolume all’urto violento della terra in preferenza di tutte le chiese, di tutti i palazzi, di tutte le case della città, del territorio, delle borgate. Il solo Cenobio de’ PP. Cappuccini, che fra i danneggiati non può segnarsi in primo rango, porta quasi a scudi duemila, la valuta approssimativa de’ suoi restauri9.

La splendidissima basilica di S. Maria degli angeli10, per l’elevata grandiosa [p. 33 modifica]cupola, che torreggia in mezzo all’Umbra superficie, non meno per la bell’architettura a tre grandi navate, chiudeva nel coro un numero di novizj rimasti ivi ad orare dopo la vespertina salmodìa, ed altro ne accoglieva la cima dell’alto campanile per dar segni di letizia co’ sacri bronzi, che il S. Nome di Gesù solennizzavasi l’indomani, quando la terra in quest’anno la prima volta tremò. I primi videro a più riprese aprirsi e serrarsi il tetto corale, e quinci tre grandi buche formarsi sopra i tre grandi fenestroni. I secondi vollero perire di spavento in mirando e cupola e torre, quali tori infuriati fare replicati tentativi per cozzare fra di loro. La cupola che guarda l’illesa cappella di S. Maria in Porziuncula, fra un immenso numero di fenditure si resse colle quattro integre colonne che la sostiene. Altre otto colonne si [p. 34 modifica]osservano spezzate come canne, e qualche pilastro fettato come pane. I colonnati del coro piccolo, che superiori alle volte sono invisibili al pubblico, più non esistono. La navata a sinistra è più danneggiata della media. La destra, che lo era ancora men di questa, servì da principio per mantenere l’officiatura, ma dovette per consiglio degli ingegneri esser trasferita nella contigua cappella delle rose. Spostata di mezzo piede si offre allo sguardo la facciata anteriore per la discesa dell’architrave della porta maestra.

Recandosi al convento l’occhio non è meno addolorato. Più non esistono le volte del dormitorio, ed il noviziato viene retto da punte. Gli appartamenti del provinciale, e del definitore o caderanno, o dovranno esser demoliti. Dall’infermeria fuggirono e convalescenti ed infermi. Due che vi rimasero ebbero sorte differente. Il primo che contava 94 anni di età, fu coperto di cementi, ma non restò ferito: il secondo vide formarsi del suo letto un’isola di rottami... La foresteria è divenuta inservibile in un col [p. 35 modifica]rimanente di tutto il vasto edificio. Ma al labbro rifugge il racconto dell’urto il più violento. Le ferree catene del refettorio grande sono state spezzate.

Circa novanta sono i religiosi che stanziano in questo convento. Passarono tutti la notte nell’orto intorno ad un gran fuoco. La mattina ne partirono trentacinque, prendendo ognuno diversa via. Questa diserzione fu occasionata dalla mossa del provinciale, del definitore, del guardiano. Infatti lasciare in balìa della sciagura una famiglia senza capo è lo stesso che disperderla. Ma la fermezza di pochi vegliardi chiamati veramente da Dio alla vita claustrale giurò di perire sotto i sassi piuttostochè abbandonare il santuario. Siffatto divisamento bastò a raffermare tutto il rimanente del religioso consesso, e seppe produrre in seguito il ritorno dei primi allontanati... Il modo potentissimo per indurre e formare alla virtù è l’esempio del capo, poichè tutti si fermano sull’esemplare e modello di lui. L’esempio sollecita più che la legge: l’esempio [p. 36 modifica]è una legge muta, la quale ha più credito che il comando. Mitius jubetur exemplo...» È però desiderabile che negli animi di tutti questi religiosi, lanci la divina misericordia una scintilla di quella carità, che la nostra santa religione denomina sua virtù primogenita.

La stazione postale, e tutte le case di questa borgata si resero inabitabili, non esclusa neppure una novissima. A scudi seimila si fa ascendere la valuta delle riparazioni urgenti, e quella delle riparazioni necessarie a scudi quarantamila.

La Torre di Andrea, villaggio distante dagli Angeli poco più di mezza lega, ha perduto il suo parroco nella luttuosa catastrofe. Sedeva in camera alla recita del divino officio, e dopo due dì fu rinvenuto esanime sotto i sassi. La sua donna di servizio attaccandosi ad una ferrata di fenestra potette fortunatamente conservare la vita.

Spello, antica città Umbra, situata sull’estremo declivio dell’antico monte subasio, e decorata dai romani del titolo di Colonia Giulia, poi città Flavia costante, dista [p. 37 modifica]una scarsa lega al N. O. da Foligno, somma quattromila duecento cinquantanove abitanti. Il suo Collegio Felice, valutato persino dalle agiate famiglie della metropoli, i templi, l’elegante moderno teatro, le case ripiene di vetusti monumenti, possono dirsi cose che più non sono, perchè, o diroccate del tutto o divenute all’uso inservibili. Tutta la popolazione raccolta in un vicino Colle, passa ora le fredde notti in capanne di tavole dopo di avervene passate di molte fra gl’incomodi di dirotte piogge a cielo scoperto.

Cannara, borgo soggetto al governo di Spello, distante tre scarse leghe al N. O. da Foligno, abitato da circa novecento popolani, decorato nell’interno di sette chiese e di due nell’esterno, ebbe la sciagura di vedersi quasi annichilare... Nella Torre della Morte furono distaccate le due campane e senza frangersi, sbalzate una nel tetto della chiesa, l’altra nella pubblica strada... La morte appellò il traviato colla paterna voce del nume; il traviato serrò le orecchie al salutare avviso della morte... Per la [p. 38 modifica]totale rovina delle abitazioni, la residenza municipale fu trasferita in un casotto di legno... Tanta fu la violenza del moto, che il ferro della catena della cucina della casa governativa fu spezzato nelle due estremità... E qui scendendo da Perugia può cominciarsi a considerare la mina orrenda del disastro.

Compiutasi da un cittadino nell’anno scorso la cava di un pozzo, si osservò che col breve spazio di una notte da asciutto ch’era ridondava di acque la mattina seguente. Fu d’uopo per la soverchia irrigazione di formarvi in seguito un canale... Queste acque dopo la prima scossa si sono novellamente ingrossate.

Il dì 27gennaio perdette Cannara, per nuovo impetuoso urto, il convento di S. Francesco, ove il Serafico aveva istituito il terz’ordine della penitenza.

Bettona, un dì città, ora borgo, sede di governo, dista tre leghe al N. O. da Perugia, e numera più di duemila popolani, non ebbe il suo rappresentante alla commissione centrale per essere stata troppo tardiva a fare l’esposizione delle [p. 39 modifica]sue disgrazie... Tutte le fabbriche indistintamente han sofferto, ma più d’ogni altra il convento e la chiesa di S. Crispolto martire e vescovo di Bettona, il convento e la chiesa di S. Antonio, e in grado inferiore la chiesa e il monastero di S. Caterina.

La villa Bucajone del signor Barone della Penna situata in piano a levante è stata vittima anch’essa del tristo flagello.

Il giorno 10 febbraio nel casino dello Zambro, nome di un piccolo torrente, posseduto dalla famiglia Piaceri, e da quella incautamente abitato, crollò parte di una palombaja superiore, che, sfondando tre piani, trascinò seco dal terzo la sig. Cleofe con tre sue figlie. Siccome la virtù brilla al pari del sole, che dopo la breve lotta colla tempesta più splendente all’umano sguardo si presenta, così le ottime qualità di questa saggia famiglia fecero universalmente predicare a prodigio della Regina delle Grazie la salvezza da tanto periglio; e la sciagura, che andette ad ammalorarla, in gloria [p. 40 modifica]si trasfuse. Deh! perchè tutti non dicon con essa: Nullum sine authoramento malum est?....

La valuta complessiva dei danni di Bettona si fa montare dall’ingegnere signor Francesco Biancalana a scudi sedicimila.

«Poche città mediterranee possono meritare il titolo di emporio commerciale che ha Foligno da remota epoca meritato... In mezzo all’Umbra pianura, laddove quasi da centro si partono le grandi vie, romana, toscana, marchiana, todina, sorge in arca quasi quadrata, cui quattro porte corrispondenti danno l’accesso ai suindicati punti».... Nel memorando giorno nessun fabbricato è rimasto illeso non solo, così quella gazzetta, ma con ragione può dirsi, minaccia ciascuno rovina. Ci perdoni il giornalista una leggera menda, permettendoci un dettaglio alquanto più minuto.

Tre case si conservano veramente abitabili fra tutto l’abitato, ma la casa Vitali porta il vanto d’illesa. Quivi per venti giorni stanziò monsignor [p. 41 modifica]Commissario obbligato dalle rovine ad abbandonare il suo episcopio. Crollò del tutto il monastero di S. Lucia, ma senza la perdita di alcuna delle religiose altrove trasferite. La Torre di S. Maria in Campis come troncata da scure, dopo di essersi alquanto elevata sovra di se medesima, corse intera a precipitarsi sovra il tetto che copriva l’ara maggiore. Scaricata dall’immensa mole ruppe la scalinata, frantumò il ciborio, ed aprendo la S. Pisside, disperse le ostie consecrate, che le sollecitudini di zelanti ecclesiastici rinvennero nella loro totalità. Questa chiesa perteneva all’inclito ordine olivetano soppresso nel nostro interno l’agosto del 1831, per dotazione de’ monaci camaldolesi a premura dell’eminentiss. signor card. D. Placido Zurla vicario di N. S.11. Fra tutt’i templi la Cattedrale e Nostra Signora del Pianto si conservano [p. 42 modifica]atte all’officiatura, malgrado i nuovi moti sensibilissimi dei 15, 18, 21, 27, 29 gennaio, 10 e 25 febbraio... Lanci il filosofo cristiano un’occhiata al pianto della Corredentrice nostra, che incolume serbando il suo santuario, dice col fatto: Venite ad me omnes, qui laboratis, et onerati estis.

Era il dì 13 gennaio la città ripiena di vetture per il carico de’ grani. Dopo la prima scossa tutte si vedevano raminghe vagare per le vie, e contendere il passo al popolo desolato che andava ricercandosi a vicenda.... Ciò malgrado tanta morale combustione non divorò nell’interno che quattro infelici: Lux aeterna luceat eis Domine cum sanctis suis in aeternum, quia pius es.

Budine, borgata da Foligno dipendente, composta di trenta case, è stata interamente distrutta. Poco innanzi l’orrendo caso, quivi fu veduto su due punti succedere un’apertura eruttante verticalmente a molti palmi di altezza acqua, arena e melma. Tredeci sono stati soccombenti nella distruzione di Budine. [p. 43 modifica]

Mentre la pia Perugia condolevasi della sciagura de’ suoi prossimi, e disponevasi a sollevarli, dimenticando i propri figli nel castello di Ripe in numero di seicento, ricoverati in sessanta case inabitabili, e cinque famiglie fra questi senza mezzi di sussistenza, udimmo la scandalosa notizia che un dovizioso cittadino folignate aveva, fra gli orrori del nefando disastro, avuto cuore di combinare l’incetto di tutte le tegole e mattoni del territorio. Ci venne in pari tempo comunicato, che il germano di cotesto incettatore ardì declamare contro la perugina filantropia, tacciandola denigratrice la fama de’ ricchi compatriotti. Intanto tutte le opulenti famiglie, esclusa quella del declamatore e di altro che non nominiamo per non venire a dispiacenti specifiche, si recarono senza ritardo, e senza pensiero per gl’indigenti che ivi rimanevano, altrove a stanziare. Intanto il vescovo, che aveva operato di buona fede cominciò e continua la pubblicazione degli atti, e se nell’analisi vi si scontra qualche misura criticabile, [p. 44 modifica]raramente si potrà tribuirla a monsignor Cadolini. Non così può succedere per ora degli atti dei consigli provinciali novellamente istituiti fra di noi. Gli atti di questi consigli sono incomunicabili, e non dovrebbero esserlo. Il giornale che nell’istituzione promise di ripeterlo fu soppresso dal ministero che lo aveva antecedentemente consentito, per le sollecitudini vocali e scritte di monsig. Capelletti governatore di Roma, e direttore generale di Polizia12. Negli attuali momenti, in che le alte potenze sono unanimemente convinte della nostra infelice situazione, non sarà inutile far loro bene intendere la necessità della pubblicazione di questi atti nel modo che il giornale [p. 45 modifica]si era proposto. «Gli uomini sono impazienti e di servire affatto, e di mantenersi in una intera libertà: Nec totam servitutem pati, mec totam libertatem. Essi obbediscono volentieri da sudditi ma non da schiavi. Domiti ut pareant, non ut serviant. Se vi hanno da essere i consigli provinciali, sian noti ai popoli. Sappia il mondo per la pubblicità de’ suoi atti le proposte fatte al governo, e le risposte di lui, diversamente l’autorizzazione di domandare sarà sempre inutile, mentre la secretezza statuita dal ministero prova abbastanza la sua poco buona volontà di accordare, e le proteste de’ consiglieri senza pubblicità o non sono ammesse, o non sono valutate.... Tu devi vedere con rammarico il cuore del dovizioso folignate serrato in marmoreo petto, ed insensibile al pianto dell’indigenza. «Il desiderio de’ beni e il piacere nel possederli ha la radice nella sola opinione. Il desiderio sregolato è una cancrena dell’anima nostra, che con un ardore velenoso consuma i nostri naturali affetti. Subito che l’avarizia s’è alloggiata nel [p. 46 modifica]nostro cuore, l’onesto e naturale affetto, che abbiamo ai nostri parenti ed amici, ed a noi medesimi se ne fugge... Tutto il resto, paragonato al nostro utile, ci par nulla... La natura nel nascer dell’oro sembra avere in certo modo presagito la miseria di quelli che lo dovevano amare; poichè ella ha fatto, che nelle terre ov’ei cresce non naschino nè erbe nè piante nè altra cosa che vaglia; quasi annunziandoci che negli spiriti, ne’ quali nascerà il desiderio di questo metallo, non resterà alcuna scintilla di onore nè di virtù: Apud sapientem divitiae sunt in servitute, apud stultum in imperio».

La civilizzazione del secolo, che in tutta la provincia di Perugia non meno che in gran parte della provincia di Spoleto fecondò mirabilmente, parve che in passando a Foligno sdegnasse di avvicinare le dovizie, e compiacendosi in certo modo di confonderla, tutta si applicasse alla riforma morale della classe inferiore... Gli stati delle oblazioni provano ad evidenza la verità della dolorosa [p. 47 modifica]assertiva.... Eppure il tristo fenomeno sembrava rispettare la vita degli uomini. I fatti anteriormente descritti, e quelli che ora narreremo, dimostreranno che la volontà suprema aveva nel castigo sancita la punizione e non la morte.

Un cavaliere applicato nella sua camera di studio sentì pochi minuti innanzi chiamarsi dalla natura a particolari bisogni. Recatosi nel sito, ove ordinariamente soleva servirsi, si trovò privo dell’occorrente, che osservò trasferito nella fenestra. Non appena ivi si adduce, il tremore della terra rovescia e volta e pavimento ad esclusione del poco spazio dal cavaliere fortunatamente occupato....

Dovremmo di già passare nella provincia di Spoleto alla continuazione di amari rilievi, ma ci è duopo ancora di piangere il non lieve guasto dell’amenissima Villa Florenzi detta la Palombella per replicate stagioni onorata della presenza dell’attuale Re di Baviera. Prima però di recarci alla desolata Bevagna, con passo retrogrado torniamo ad osservare il castello di Ripe che guarda la villa prenominata. [p. 48 modifica]

Spostate tutte le abitazioni fu sollecito il pastore a condurre tutto il gregge alla campagna. Trecento persone devono dormire allo scoperto. È il parroco di Ripe uno di que’ rari ecclesiastici, che coll’ilarità del suo volto ispira nel cuore di ognuno la soavità delle evangeliche dottrine. Nemico dell’ipocrisia serba un animo ingenuo colla sua spirituale famiglia, che lo adora qual nume. Osserva, che dal gruppo de’ suoi parrocchiani mancano due giovani spose. Non lo arresta l’avviso, che il terribile istante le aveva colpite nel punto di divenir madri sul mondo. Rientra sollecito nell’abitato, e con autorevol voce le allontana dal periglio. Fra il rigore del freddo e l’incomodo di pioggia dirotta si tolgono le infelici dall’imbarazzante situazione senza disastro.

Esposta alla commissione centrale la tetra pittura della sua parrocchia rimediabile coll’approssimativa somma di scudi ottanta, venne da quel consesso nominato presidente della commissione locale. Veduta comporre la locale [p. 49 modifica]commissione di un assente e di un illetterato rinunzia con franchezza l’onorevole incarico, e ringraziato il vescovo di Perugia di una casa, che gli aveva esibita nella totale rovina della propria, fa vedere co’ fatti, che egli padre infelice di figli sventurati vuo’ con essi dividere l’amara sorte parizzando con loro la propria condizione13. La chiesa parrocchiale è rovinata in tre archi.

Bevagna, antica città posta nel confluente del Clitunno e del Topino sulla bassa pianura dell’Umbria del pari che Cannara, fu la più spaventata per le terribili circostanze, che vi si combinarono.

Erano i rev. canonici di S. Michele raccolti nel bel sotterraneo all’adorazione del SS. Sacramento, che nell’orrenda scossa cadde con quant’altro era sull’altare. Vi fu peraltro fra que’ capitolari l’animato da santo zelo, che impavido fra lo strepito di enormi massi di travertini; [p. 50 modifica]che cadevano nel sovraposto tempio, tornò a chiuderlo nel cibario. Dolente spettacolo formava la vista di tutto l’ordine canonicale vestito di cappa correre nella pubblica piazza in traccia de’ loro parenti, e una turba immensa di feriti raggrupparsi nel foro, unisonando voci di misericordia.... Si osservava la prima chiesa, opera dell’undecimo secolo, aperta nella facciata formata di grossi travertini con una lunghissima fenditura da cima a fondo. Di lì si scorgevano le rovine interne del tempio, la cui volta nella navata di mezzo era in parte caduta, come in parte caduta era la cappella del Carmine ripiena di vaghi dipinti del celebre Camassei cittadino di Bevagna, e come in tutto era diroccata la cappella del Sacramento. Di prospetto altro tristo quadro presentava la chiesa di S. Silvestro costrutta al tempo dell’imperatore Enrico, e precisamente nel 1195, quasi per intiero demolita. Da quel medesimo punto pure scorgevasi diroccato il portico del B. Giacomo di gotica struttura, come in parte diroccata osservavasi la [p. 51 modifica]torre comunale, ed il palazzo sino al primo piano, parimenti di gotica costruzione. Tanto improvviso cangiamento pose il colmo alla disperazione degli abitanti, che desolati sortirono dalla città.

Era trascorsa appena mezz’ora, una novella scossa14, se non della durata della prima, più terribile per Bevagna, finì di distruggerne un terzo, dando il crollo alle fabbriche, che avevano di già sofferto. Fu allora, che rimasero inabitabili e case e conventi. Fu allora, che la sollecitudine del governatore locale dottor Michele Ciotti informò con apposita spedizione il delegato di Spoleto. L’ottimo prelato spedì nella notte stessa professori sanitarii alla cura de’ feriti conosciuti in numero di duecento cinquanta. Due soli fanciulli però, due donne sole soccombettero in tanto trambusto. La terra non fu mai ferma durante la notte15. [p. 52 modifica]

Nel dì seguente si potette meglio conoscere il dettaglio de’ mali. Le contrade per intiero distrutte sono state quelle, che conducono alla Porta guelfa, e alla Porta de’ molini. Si numerano centocinquanta case diroccate interamente. Sei delle spesse torri, che adornano la città, si abbassarono16.

Riavuti i cittadini da tanto spavento pensarono di porre in salvo i loro [p. 53 modifica]preziosi depositi. Il corpo del B. Giacomo fondatore del convento di S. Domenico, il miracoloso crocifisso, che operò prodigi in tempo di detto Beato, l’illesa argentea statua di S. Vincenzo martire e vescovo di Bevagna furon tutti collocati in un pianterreno del Monte di Pietà, mentre i primi piani delle case non distrutte non hanno eccedentemente sofferto. Tutte le autorità si rifugiarono in un vasto sotterraneo molino da olio del gonfaloniere sig. Giuseppe Angeli Ricci, formato sugli avanzi di antico e vasto anfiteatro di opera romana. Il pio magistrato accolse paternamente tutti i privati, che vi si addussero ancora. Bevagna popolata da 4125 individui dista 7 leghe al N. O. da Spoleto, e 2 al S. O. da Foligno.

Trevi città situata sullo scoscese estremo contraforte del Monte Pentino, fu per errore non emendato della gazzetta di Foligno annunziata poco colpita dalla scossa del giorno 13 gennajo. Tutte le case di codesta città popolata da 4247 individui e distante al N. O. da Spoleto [p. 54 modifica]5 leghe, abbisognano di chiavi e di speroni. La chiesa delle Lagrime fra tutti i templi è la peggiore nel guasto.

Dieci persone raccolte in un molino del circondario di Trevi si salvarono fortunatamente pochi minuti innanzi, condotti fuori dalla curiosità di vedere scoccare una freccia da una balestra. Tutto l’edificio per quella scossa fu distrutto.

Montefalco, borgo graziosamente edificato sulla sommità di una ridente collina dista 3 leghe al N. da Spoleto, e numera 3398 popolani. Se il suo interno può considerarsi inferiormente a Bevagna danneggiato, ha il suo territorio, compartecipe e conterraneo della valle, offerto disgustosi fenomeni anteriormente alla catastrofe.

Due sorgenti di acque miste ad estranee materie sorsero dalla terra, ed elevatesi parecchi piedi formarono per due ore un rapido e non leggiero torrente. Quivi come in Cannara ed in Spello si sono rintracciate lunghe fenditure ne’ campi. I curiosi, che vi approssimarono il naso, pretesero di sentirvi l’odore di zolfo. [p. 55 modifica]

Un solo di una famiglia di otto individui fu quivi salvato nel tristissimo dì. Riconducendo, a motivo della pioggia, dal lavoro due vacche, le vide fermarsi in precedenza alla scossa senzachè coll’eccitazione del pongolo riescisse a distornarle. Il moto succussorio distaccò più volte dalla terra i due animali aggiogati.... Bella ed utile sarebbe la descrizione de’ segnali dati dalle diverse famiglie de’ bruti, ma le umane follìe avendoli travisati con manifeste contraddizioni tolse loro il pregio essenzialissimo dell’autenticità, e ci fecero decidere a trascurarle.

Non eccede nella valle e ne’ suoi ciglioni la perdita degli uomini il numero di settanta. Fra queste vittime si trovò una sposa colla treccia de’ suoi capelli in bocca, ed una vegliarda colla lingua tagliata da propri denti....

Non dovrebbe neppure eccedere la valuta approssimativa de’ danni la somma di due milioni di scudi. Ma come la ristretta nostra finanza chiudere un tanto vuoto? Aprì la filantropia di un oltramontano le porte della pietà a questi [p. 56 modifica]popoli sventurati, e i ricchi della metropoli e delle provincie seguirono il pio divisamento. Fu visto ancora con universale contento da parecchi impresarii destinarsi una serata a riparazione di così grande sciagura. Fu rilevata con somma gioja la disposizione del Casino Dorico di Ancona adottare la stessa misura de’ Filedoni Perugini. Fu ammirata la generosità della camera di commercio anconitana distruggere in certo modo lo scandaloso procedere di tanti commercianti di Foligno. Si vedrebbe con universale applauso, che le camere di commercio di Europa, e specialmente d’Italia dassero una lezione pratica d’incivilimento a chi ne abbisogna...

Varie città d’Italia formarono già società di filantropi all’uopo, e il lodevole esempio sarà senza dubbio rinnovellato in ogni angolo della penisola, anche in emulazione della pietà straniera appellata fruttuosamente in Roma dall’em. sig. cardinale Veld.

Italiani, e stranieri: accogliete benigni l’offerta di un infelice per esseri infelicissimi. [p. 57 modifica]

Questo terremoto, che la gazzetta di Lucca estese sino a Camerino, si fece udire sino a Sinigaglia. Nel giorno 10 febbrajo fu inteso ancora in Albano proveniente da Napoli17.

È colpa della fervida gioventù negare all’Onnipotente ciò che gli spetta nell’attuale disastro. È errore di ipocriti vegli negare alla scienza fisica, che da Dio procede, quello, che gli pertiene nell’attuale avvenimento... Ci fu riferito, che il chiarissimo P. Inghirami previde in Firenze lo strano caso parecchi giorni innanzi. Si può dunque concludere senza la minima offesa alla Divinità, che la previdenza è germana della providenza; che Dio, servitosi della natura per correggere, ha voluto con replicate prodigiose combinazioni istruirci praticamente essere egli solo il moderatore di quel caso, che con disgusto del secolo in cui viviamo va sovente predicando una mano di folli materialisti. [p. 58 modifica]

Torni l’uomo di ogni condizione a considerare se stesso, e si rettifichi col Creatore e colla creatura. Vada poi il fisico a profittare dei doni della sapienza increata, e sia ognuno sicuro, che il disordine della natura sarà riordinato dall’arte, perchè allora dall’Eterno sarà proferita la gran sentenza = Justitia et pax osculatae sunt18. [p. 59 modifica]


AGGIUNTA INTERESSANTE.





Si ferias, clamamus ut parcas, si peperceris, iterum provocamus, ut ferias.



Non cessavano le scosse a tener desti i pavidi abitatori dell’Umbra superficie, ma la sua frequenza non disgiunta dalla sua lievità aveva in qualche modo assuefatto lo spirito a sostenere il peso della sciagura. Sentivan però tutti vivamente pungersi da sarcasmi di alcuni conterranei, che, rinnovellando le imprudenze di Agar, convertivano la divina disposizione in tema di maldicenza. Pari al timo che nel seno della sua amaritudine offre all’industriosa ape materia per combinare dolce mele odoroso, soccorsi pecuniarii in scudi 1120 spedivano il dì 5 marzo a que’ popoli che andavano umiliando. Allo spuntar dell’alba dell’ottavo giorno di così contradicente procedere l’eterno, che Dio delle vendette s’intitola, [p. 60 modifica]associò all’inflizione del tremendo castigo parecchi popoli dell’Italia superiore, e il suolo che dal Clitunno all’Olona si estende per forte moto fu scosso. Bastìa rassegnò ai geografi la sua esistenza, Bevagna fu prossima a compiere anch’essa la memoranda rassegna, ed Assisi e Bettona lo furono poco meno di lei. Da 27 urti più o meno leggeri la valle dell’Umbria nel dì 13 marzo fu colta, e sino a tutto il giorno 17 le spesse repliche tennero in uno stato di spasmo dico dolore quelle disgraziatissime genti. La basilica degli Angeli, che da 100 muratori si stava restaurando, perdette quattro Cappelle della navata sinistra, e la navata di mezzo. La cupola ricoperta di fenditure dimostra all’ardito, che Dio anche nel secolo xix vuo’ la credenza de’ miracoli. Gli arnesi degli operai furono rinvenuti senza cognizione del come nella navata superstite. Veruno de’ lavoranti fu offeso. La S. Cappella, che conserva tuttora la sua integrità, conforta gli animi de’ buoni cenobiti a sperare, che il continuato sdegno del [p. 61 modifica]nume non cessa di esser paterno. Il campanile squarciato in quattro parti nega l’accesso per effettuare la smontatura de’ sacri metalli....

Crudelis in re adversa objurgatio. Tutti indistintamente mancammo verso Dio, e verso i prossimi nostri. Tutti dunque riconciliamoci col nostro Dio, e co’ nostri prossimi.... Credette il maligno, che l’ingresso improvviso delle galliche legioni in Ancona fosse il segnale della sperata discordia d’Europa. Credette l’imberbe, che le liberali idee nelle libertine immagina di professare, aver rinvenuto in questo sbarco lo scudo sicuro all’impuro esercizio della propria sfrenatezza. Ognuno s’ingannò. La professione di fede del dottissimo sig. Perrier è uno di que’ miracoli della divina onnipotenza, che il mediocre ingegno delle due differenti opinioni giammai potrà comprendere... Come la conservazione del mondo a sentimento ben valutabile del cristiano filosofo è qualche cosa di più grande della creazione sua, così l’ingenua operosità dell’attuale ministero brittannico per la conservazione [p. 62 modifica]del dominio temporale del papa, è qual che cosa di più grande dell’ingenua fortunata operosità del ministero Canning, per la restituzione di questo or conservato dominio. Noi non sapremmo, e forse veruno il saprà, a quale dei ministeri delle due corti proteggitrici la vera felicità de’ popoli si abbia a concedere la palma del primato di tanta gloria. Noi non sappiamo neppur negare al gabinetto di Vienna il primato della gloria della conservazione della pace d’Europa. Ci piace qui di render nota una comunicazione fattaci gentilmente da un altissimo personaggio a favore della corte austriaca. “La Francia e l’Inghilterra, ci disse, colla loro alleanza hanno assicurata la felicità de’ popoli per un tempo ben lungo: l’Austria colla sua saviezza ha assicurato all’Europa la conservazione di una pace non breve”. Renda poi l’imparziale nostro labbro il giusto tributo al merito delle altre due corti aristocratiche. Il monarca prussiano ha adoperata la prudenza degna del successore di Federico. L’autocrate delle Russie va riconsegnando [p. 63 modifica]a se stesso quella naturale benignità, che l’inconsideratezza degli oppressi, e la perfidia di qualche frenetico avevagli disgraziatamente strappata dal cuore se si esclude il novello statuto polacco, che anderà senza dubbio a migliorare, onde schivare il titolo di strumento della russa vendetta... Tornano i re a costituirsi di nuovo padri de’ popoli: tornino dunque i popoli a farsi riconoscer figli de’ re....


N.B. Questa giunta fu scritta il giorno 16 marzo. L’Autore non ha creduto di toglierla successivamente, perchè ben persuaso, che le strane incidenze sono omai cognite a tutto il mondo. È impossibile che la saviezza dei successori dei principi che donarono alla S. Sede, voglia permettere la rovina di un popolo per favoreggiare l’infame ostinazione di pochi: fiducia moderazione e costanza.

Nazionali, e conterranei, una buona dose di felicità ci si prepara dalla providenza. Deh! non la ritardiamo colla prosecuzione de’ nostri sbagli. Vegga il mondo sapiente, che noi pugnammo per [p. 64 modifica]la rettitudine. Sappiam noi, ed omai sanno tutti, che la bambina popolare età non è più. I popoli sono popoli senza re, ma i re non sono re senza popoli.....

Reges terrae, et omnes populi, principes et omnes judices terrae, prostriamoci a piedi del trono del padrone degli imperi, e, giurando ognuno la propria rettificazione, temperiamo il giusto suo sdegno con dichiarare sinceramente: Si pensamus malum, quod fecimus, minus est quod patimur, majus est quod meremur.



il fine.


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NOTA DEI DEPOSITI

DEL PRESENTE

QUADRO STORICO




Aja, sig. Fratelli Langenhuysen

Ancona, Sartori

Arezzo, Beccherini

Ascoli, Cardi

Berlino, Niccolai

Bologna, Nobili

Bordò, Burò dell’Indicatore

Bruxelles, Lib. parigina, franc., stianiera

Boston, America, Carter

Chambery, Pathed

Civitavecchia, Strambi

Faenza, Montanari

Fermo, Fratelli Fossi

Filadelfia, America, Harding

Firenze, Pagani. Piazzini

Foligno, Balducci

Forlì, Casati

Genova, Pagano

Ginevra, L. Collin et C.

Grenoble, Barnel

Lipsia, Brockans

Lione, Chambet, place des Terreaux. — Chambet figlio, rue des Celestins

Livorno, Pozzolini

Londra, Albites, prof. di lingua italiana, 34 Maddox Street, Hannover square. — Rolandi librajo italiano, 20 Berners Street, Oxford street.

Lucca, Balatresi

Lugano, G. Ruggia e C.

Macerata, Cortesi

Madrid, Tipogr. Dennee

Mantova, Caranenti

Marsiglia, Burò del Giornale di Commercio

Milano, Stella

Modena, Vincenzi

Napoli, Borel

Nuova York, Istituto italiano del sig. Lorenzo Da Ponte

Palermo, Pedonne e Muratori

Parigi, Burò centrale della Rivista Encicloped. — Lib. Barba, alla piazza del palazzo reale. — Tip. Villeret, via della Scuola di Medicina num. 13

Parma, Zanchieri

Pesaro, Nobili

Perugia, Garbinesi e Santucci

Pietroburgo, Pluchart

Pisa, Prosperi

Pistoia, Gabinetto Letterario

Rio Janeiro, Seignot Plancher, tip. lib. imperiale

Roma, Giunchi. Salvioni. Scalabrini

Stoccarda, Cotta

Torino, Pomba

Varsavia, Gluchsleerg

Venezia, Antonelli

Verona, Crescini

Vienna, Gerold.


Note

  1. Noi appelliamo la coscienza dei signori Residenti in Roma delle II. RR. Corti di Vienna, Pietroborgo, Berlino a confermarci o smentirci.
    Unicuique suum. Nel rampognare la frenesia de’ laici ci asterremo di usare la frase del sacerdozio. Nel rimostrare rispettosamente l’ordine ecclesiastico avremo cura di adoprare opinioni da esso rispettate. Ci sia dunque permesso di ripeter qui una sentenza di S. Leone Magno. Le colpe dei minori a niun altro si devono porre se non a negligenti e pigri Prelati, con il resto che potrà l’intelligente da se riscontrare.
  2. Il sig. Giacomo Bertini nel num. 30 della Gazzetta di Lucca, ragionando del terremuoto, per rassicurare il cuore de’ pavidi conclude poeticamente

    «Che attesa la miglior filosofia
    «Son le cose del Ciel, cose, innocenti.

    A noi pare, che la conclusione non sia degna del secolo in cui viviamo.

  3. La frase, con che viene dipinta l’opinione in genere è stata da qualcuno trovata suscettibile di rimprovero per parte di tutti quelli che non ne facessero da filosofi la disamina. Volendo l’autore fare la professione di fede su di un punto tanto interessante, dichiara primieramente, che la dottrina doveva esser postillata perchè non creata, ma fatta propria. L’omissione fu dell’emanuense. In secondo luogo egli non vulnera i così detti opinionisti, perchè non ha mai pensato di essere apostata, ma dipinge lo sbaglio dell’uman genere, che considera insanamente l’opinione delle cose in diverso senso del vero. Sullo scanno dei moderati si asside costante difensore della causa del secolo, che omai non è più dubbio combattersi dalle forze intellettuali per la ragionevolezza introdottaci nelle menti della maggior parte de’ più potenti suoi avversari, i quali riconoscono l’insufficienza delle fisiche. L’A. fa voti, perchè i due partiti con rispettivo impegno non desistino dalla massima, che alla bilancia del potere sia affidata la conservazione della rettitudine. Lode ai ministeri democratici, che non abusano del favore de’ popoli per costringere l’aristocrazia, ma sapienti battono l’altra via più difficile, ma più gloriosa della persuasione. Lode agli alti ministeri aristocratici, che senza nulla trascurare per il ben essere de’ loro principii, infrenano colla più savia prudenza le voglie inumane de’ ministeri secondarii per l’effusione del sangue. La civilizzazione ha fissato regole positive, perchè la libertà non sia scambiata col libertinaggio, ed ha convinto i primi parteggiatori dell’assolutismo, che i popoli come gl’individui percorrono un’età, e che quelli già consumarono l’età bambina, e si costituirono unanimi moderatori de’ fanciulleschi loro sbagli.
  4. Cessi il tristo di tacciare la nostra preghiera; accento d’ipocrita mendace, ed ascolti con riflessione un’autorità non sospetta.

    Ci vuol altro a cacciar Cristo dal nido,
         Che dir ch’ell’è una favola; fa duopo
         Favola ordire di non minor grido.
    Sani precetti, ed a sublime scopo
         Dà norma l’evangelica morale
         Nè meglio mai fu detto, anzi nè dopo!

  5. La presenza di spirito di due professori Perugini lontani fra di loro, ma unanimi nell’idea, riescì a stabilirne la precisa durata per la numerazione delle battute de’ rispettivi loro polsi. Ci sarebbe gratissimo intendere, come Verona ha potuto calcolare a quaranta secondi la durata del suo terremoto del giorno 13 marzo, in che verun danno la città è andata a soffrire.
  6. Sentiamo dai giornali italiani, che il terremoto dei 13 marzo benchè di minor durata di quella di Verona, fu più funesto alla città di Reggio e di Parma.
  7. Altre somme del suo peculio privato sono state susseguentemente rimesse.
  8. S. Officio fu in Roma un tribunale più moderato di quello di Spagna e di Portogallo, ma dopo il ritorno di Pio VII dovette il card. Consalvi togliergli la giurisdizione civile, per gli eccessivi suoi abusi. Era mente di quel ministro di sopprimerlo fino da quell’epoca. Lo scrittore del presente Quadro possiede una copia autentica della posizione di Segreteria di Stato riguardante tale misura, e quantunque l’Inquisizione perugina si ostini di continuare contro di esso un illegale sequestro di oggetti spettanti al commercio francese e svizzero, trattiene la pubblicazione di questi documenti scandalosissimi, nella lusinga di determinare, col suo moderato procedere, il ministero ad una prudente providenza
    I lumi del secolo ispirarono negli animi di tutti i probi abborrimento a tanto impolitico istituto, per cui fu d’uopo rimpiazzare i posti che andavano vacando cogli spurii del ceto ecclesiastico e laico. Fu allora che l’impiego di fiscale fu conferito ad uno, che il vicariato aveva avuto in antecedenza suo luogotenente criminale, privato poi per mancanze gravi, castigate ancora coll’esiglio. Il suo difensor de’ rei è l’assessore della direzione generale di polizia... Non lasci l’intelligente di meditare una così incompatibile duplicità i funzioni.... Sovente cotesto difensore perora la causa di quello, contro del quale ha spedito il mandato di arresto, nella qualità di assessore a richiesta della curia del S. Officio,
  9. Un piccolo tugurio esiste in Assisi, ove la voce pubblica assicura esser nato ed educato Pietro Metastasio, che non sembra gravemente offeso. A. C.
    È cosa maravigliosa in una città vescovile popolata da novemila quarantanove abitanti di non rendere il dovuto omaggio a tanto prezioso monumento. Assisi, che contende a Bevagna la patria di Properzio, nasconde a se stessa il bel vanto di Patria di Metastasio. Nè i magistrati, nè alcun cittadino prese cura di comunicarlo agli scrittori delle moderne geografie.
  10. La scossa del 13 marzo avvenuta alle ore due e cinque minuti della mattina nella direzione del S. E. a N. O., che durò quattro in cinque secondi con moto ondulatorio, fu dannosa a cotesta basilica e alla bastia. Nel dì 15 altra scossa leggera fece cadere la navata di mezzo e rovinò la facciata. Vedasi la giunta in fine.
  11. Per una curiosa incidenza rimembriamo che nella soppressione de’ regolari fatta sotto il regno d’Italia fu ordinato ai delegati di tenere un occhio chiuso ed un altro mezzo aperto. Ci piacerebbe conoscere il metodo tenuto nella soppressione degli olivetani.
  12. Eccone il tenore. Il terzo articolo sarà interessante a noi e curioso agli stranieri. Noi riferiremo i risultamenti dei consigli provinciali, che in legal forma ci venghino rimessi franchi, insiememente ai progetti, alle aringhe, alle proteste de’ signori consiglieri, intendendosi che tutto porti seco il carattere della saviezza del secolo. Al corpo diplomatico residente in Roma fu spedita da Perugia per la posta una copia del manifesto, ma sappiamo di certo che tutti non lo ricevettero.
  13. La confraternita di S. Francesco composta di nobili perugini votò per la prima un sussidio di venti scudi a sollievo particolare di Ripe.
  14. Comune a tutta la valle ed alla città di Perugia.
  15. Gli elementi del presente articolo ci furono rimessi dalla magistratura. Ogni errore, che qualche comune vi trovasse, sarà emendato nello specchio del reddito della presente edizione, ove saranno notati i nomi de’ cooperatori.
  16. Il coraggio e la religione delle monache di cotesta città toccarono il cuore di un genovese, che col mezzo del sig. Agostino Rempicci di Orte fece pagar loro scudi 500. Pavide vergini non vollero abbandonare il loro ritiro... Tanta fermezza destò la filantropia di un Ligure, cioè di un cittadino di un paese poco generoso a comune opinione. Noi per non giudicarlo colla popolare voce lo dipingeremo in vece colla frase alfieriana.

    Ai Fiorentini il pregio del bel dire:
         Ai Romaneschi quel di male oprare;
         Napoletani mastri in schiamazzare;
         E i Genovesi di fame patire;
    I Torinesi i vizj altrui scoprire;
         I Veneziani han gusto a lasciar fare;
         I buoni Milanesi a banchettare;
         Lor ospiti i Lucchesi a infastidire.
    Tale d’Italia e la primaria gente,
         Smembrata tutta, e d’indole diversa,
         Sol concordando appieno in non far niente.
    Nell’ozio e ne’ piacer nojosi immersa,
         Negletta giace, e sua viltà non sente,
         Fini sopra il capo entro a Lete sommersa.

  17. Ne’ giorni 13 e 15 marzo si fece sentire in Toscana, nel Modenese, nel Parmegiano..... Reggio e Parma furono le più afflitte.
  18. La commissione di Foligno deve permetterci, che gli rammentiamo l’ommissione del primo de’ suoi doveri, cioè l’invocazione del parere de’ fisici, che dal popolo fu tanto vivamente ricercata anche alla deputazione di Perugia. Noi non dobbiamo col nostro silenzio far credere al mondo, che gli ottimi deputati fossero sordi all’interessante inchiesta. Eglino non lo furono... Dobbiamo ancora far noto che monsig. Cadolini spedì a Roma un opuscolo dedicatogli dal sig. Antonio Rutili Gentili, sottoponendolo al giudizio dell’inclita accademia de’ lincei, la quale del suo placet l’onorò. Ma perchè non sia tolto a cotesto prelato la stima di dotto, che con ingenuità gli tribuimmo, palesiamo aver egli voluto con questo mezzo provocare modestamente il ministero ad una misura di sua privativa. Il sig. Rutili Gentili è un coltissimo giovine, e la parte descrittiva del suo lavoro è veramente lodevole. L’induttiva fa meritar gli da ognuno il titolo d’ingegno felice. In affare tanto momentoso conviene consultarne molti, e lo stato nostro, senza ricorrere all’estero, n’è provisto di sommi.