Pagina:Il terremoto del 1832 nello stato ecclesiastico.pdf/58

52


Nel dì seguente si potette meglio conoscere il dettaglio de’ mali. Le contrade per intiero distrutte sono state quelle, che conducono alla Porta guelfa, e alla Porta de’ molini. Si numerano centocinquanta case diroccate interamente. Sei delle spesse torri, che adornano la città, si abbassarono1.

Riavuti i cittadini da tanto spavento pensarono di porre in salvo i loro

  1. Il coraggio e la religione delle monache di cotesta città toccarono il cuore di un genovese, che col mezzo del sig. Agostino Rempicci di Orte fece pagar loro scudi 500. Pavide vergini non vollero abbandonare il loro ritiro... Tanta fermezza destò la filantropia di un Ligure, cioè di un cittadino di un paese poco generoso a comune opinione. Noi per non giudicarlo colla popolare voce lo dipingeremo in vece colla frase alfieriana.

    Ai Fiorentini il pregio del bel dire:
         Ai Romaneschi quel di male oprare;
         Napoletani mastri in schiamazzare;
         E i Genovesi di fame patire;
    I Torinesi i vizj altrui scoprire;
         I Veneziani han gusto a lasciar fare;
         I buoni Milanesi a banchettare;
         Lor ospiti i Lucchesi a infastidire.
    Tale d’Italia e la primaria gente,
         Smembrata tutta, e d’indole diversa,
         Sol concordando appieno in non far niente.
    Nell’ozio e ne’ piacer nojosi immersa,
         Negletta giace, e sua viltà non sente,
         Fini sopra il capo entro a Lete sommersa.