I fioretti di Sancto Francesco/Capitolo LVIII

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CAP. LVIII.

La quarta considerazione è come, partendosi sancto Francesco dalla Verna et andando a Santa Maria delli Angioli, fece piú miracoli in quello viaggio.


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uanto alla quarta considerazione è da sapere che, dappoi che lo vero amore di Cristo ebbe perfettamente trasformato sancto Francesco in sé e nella vera immagine di Cristo crucifisso, abbiendo compiuta la quaresima di xl. dí a onore di sancto Michele arcangiolo in sullo monte sancto della Verna, dopo la solennità di santo Michele discese dallo monte l’angelico Francesco con frate Lione e con uno devoto villano, in su il cui asino elli sedeva a cagione che per gli chiovi de’ piedi elli non potea bene andare a piedi. Essendo adunque disceso dello monte sancto Francesco, imperò che la fama della sua santità era già divolgata per lo paese e da i pastori s’era isparso come avieno veduto tutto infiammato il monte della Verna, e ch’elli era segnale di qualche grande miracolo che Dio avea fatto a sancto Francesco; udendo la gente della contrada ch’elli passava, tutti traevano a vederlo uomini e femmine, piccoli e grandi. I quali tutti con grande divozione e desiderio s’in[p. 242 modifica]gegnavano di toccarlo e di baciargli le mani, e non potendole elli negare alla divozione delle genti, bench’elli avesse fasciate le palme, nondimeno, per occultare piú le Stimate, si le fasciava et ancóra le copria colle maniche, e solamente le dita iscoperte porgeva loro a baciare; ma con tutto ch’elli istudiasse di celare e nascondere il sagramento delle groliose Istimate, per fuggire ogni cagione di grolia mondana, et a Dio piacque la grolia sua mostrare per molti miracoli, per virtú delle dette Istimate, singularmente in quello viaggio della Verna a Sancta Maria delli Angioli, e poi moltissimi in diverse parti dello mondo in vita sua e dopo la groliosa morte, acciò che la loro occulta e maravigliosa virtú, e la eccessiva carità e misericordia di Cristo inverso lui a cui e’ l’avea maravigliosamente donate, si manifestasse allo mondo per chiari ed evidenti miracoli, de’ quali ne porremo qui alquanti.

Onde, appressandosi allora sancto Francesco ad una villa ch’era in su confini dello contado d’Arezzo, gli si parò innanzi con grande pianto una donna con uno suo figliuolo in braccio, il quale avea otto anni, et in quattro era istato itropico, et era sí sconciamente infiato nello ventre che, istando ritto, non si potea vedere i piedi; e ponendogli quella donna quello fanciullo innanzi, e pregandolo che pregasse Iddio per lui, sancto Francesco si pose prima in orazione e poi, fatta l’orazione, pose le sue sante mani sopra il ven[p. 243 modifica] [p. 244 modifica]tre del fanciullo, e subitamente fu risoluta ogni enfiatura e perfettamente sanato e’ rendello alla madre sua, la quale, ricevendolo con grandissima allegrezza e menandosenelo a casa, ringraziò Iddio e lo Sancto suo; et il figliuolo guarito mostrava volentieri a tutta la contrada; ché veniano a casa sua per vederlo.

Il dí medesimo passó sancto Francesco per lo Borgo a Sancto Sepolcro, et innanzi ch’elli s’appressasse allo castello, le turbe dello castello e delle ville gli si feciono incontro, e molti di loro gli andavano innanzi co’ rami d’olivi in mano gridando forte: — Ecco il Santo, ecco il Santo! — e per divozione e voglia che le genti avieno di toccarlo, facevano grande calca e pressa sopra lui; ma elli, andando colla mente levata e ratta in Dio per contemplazione, quantunque elli fosse dalla gente toccato o tenuto o tirato, a modo che persona insensibile non ne sentí niente di cosa che intorno a sé fosse fatta o detta; né eziandio s’avide ch’elli passasse per lo castello o per quella contrada; onde, passato il Borgo e tornatesi le turbe a casa loro, giugnendo elli a una casa di lebbrosi di là dallo Borgo bene uno miglio e ritornando in sé, a modo come s’egli venisse dallo altro mondo, il cilistiale contemplatore domandò il compagno: — quando saremo noi presso allo Borgo? — Veramente l’anima sua fissa e ratta in contemplazione delle cose cilestiali, non aveva sentito cosa terrena, né varietà di luoghi né di tempi [p. 245 modifica]né di persone occorrenti; e questo piú altre volte gli avvenne, secondo che per chiara esperienza provarono i compagni noi. Giugne quella sera sancto Francesco allo luogo de’ frati a Monte Casale, nello quale luogo si era uno frate sí crudelmente infermo et orribilmente tormentato dalla infermità, che lo suo male pareva piú tribulazione e tormento di dimonio che infermità naturale, imperò che alcuna volta elli si gittava tutto in terra con tremore grandissimo, e colla ischiuma alla bocca, or gli si ratrapavano tutti i membri dello corpo, or si distindevano, or si piegavano, or si torceva, or si raggiugneva la cottola colle calcagna, e gittavasi in alto e immantanente ricadeva supino. Essendo sancto Francesco a tavola, et udendo da’ frati di questo frate cosí miserabilmente infermo e senza rimedio, ebbegli compassione e prende una fetta dello pane ch’elli mangiava, e favvi suso il segno della Croce colle sue sante mani istimatizzate, e mandolla allo frate infermo; e sí tosto come l’infermo l’ebbe mangiata, fu perfettamente guarito e mai piú non sentí di quella infermità.

Viene la mattina seguente e sancto Francesco manda due de’ frati, ch’erano in quello luogo, a stare alla Verna, e rimanda con loro il villano ch’era venuto con lui dietro allo asino, il quale egli gli avea prestato, acciò che con esso elli si torni a casa sua. Andando i frati collo detto villano, et entrando nello contado d’Arezzo, vi[p. 246 modifica]dongli da lunge certi della contrada ed ebbono grande allegrezza, pensando che fosse sancto Francesco, il quale v’era passato due dí dinanzi; imperò che una loro donna, la quale sopra il partorire era istata tre dí, e non potendo partorire si moriva, e si pensavano di riaverla sana e libera se sancto Francesco le ponesse le sue sante mani adosso. Ma apresandosi i detti frati, poi che coloro ebbono conosciuto che non v’era sancto Francesco, ebbono grande malinconia; ma dove non era il Santo corporalmente, non mancò però la sua virtú; però che non mancò la loro fede. Mirabile cosa! la donna si moriva, e già avea i tratti della morte. Domandarono costoro i frati, s’egli avessono veruna cosa tocca dalle mani santissime di sancto Francesco. Pensano e cercano i frati diligentemente, et in breve non si trova nulla cosa che sancto Francesco abbia toccata con mano, se non se il capestro dello asino in su lo quale elli era venuto. Prendono costoro questo capestro con grande reverenzia e divozione, pongolo in sullo corpo della donna gravida, chiamando divotamente il nome di sancto Francesco, et a lui raccomandandola fedelmente. Sí tosto che la donna ebbe sopra di sé il detto capestro, subitamente fu liberata da ogni pericolo e partori con gaudio agevolmente e con salute.

Sancto Francesco, poi che fu istato alquanti di nello detto luogo, si partí et andò alla Città [p. 247 modifica]di Castello: et eccoti molti cittadini che gli menano innanzi una femmina indemionata per lungo tempo, e sí lo pregano umilemente per la sua lilberazione; imperò ch’ella, or con urli dolorosi, or con crudeli istrida, or con latrare canino tutta la contrada turbava. Allora Sancto Francesco, fatto prima l’orazione e fatto sopra lei il segno della Croce, comandò allo dimonio che si partisse da lei; e subitamente elli si partí e lasciolla sana dello corpo e dello intelletto. E divolgandosi questo miracolo nello popolo, un’altra donna con grande fede gli recò uno suo fanciullino infermo grave d’una crudele piaga, e pregollo divotamente che gli piacesse di segnarlo colle sue mani. Allora sancto Francesco, accettando la sua divozione, prende questo fanciullino e leva la fascia della piaga e benedicelo, facendo tre volte il segno della Croce sopra la piaga, e poi colle sue mani si lo rifascia e rendello alla madre; e però ch’era sera, ella il mise immantanente nello letto a dormire. Va poi la mattina costei per trarre il fanciullo dello letto e trovalo isfasciato; e riguarda, e lo trova cosí perfettamente guarito, come se mai non avesse auto male, salvo che nello luogo della piaga v’era cresciuta la carne in modo d’una rosa vermiglia, e questo piuttosto in testimonianza dello miracolo che in segno della piaga; imperò che la detta rosa, istandovi tutto il tempo della sua vita, ispesse volte lo induceva a divozione di sancto Francesco, il quale l’aveva guarito [p. 248 modifica]In quella città dimorò sancto Francesco allora un mese a’ prieghi divoti delli cittadini; nello quale tempo elli fece assai altri miracoli, e poi si partí indi per andare a Santa Maria delli Angioli con frate Lione e con uno buono uomo, il quale gli prestava il suo asinello, in sullo quale sancto Francesco andava. Avenne che, tra per le male vie e per lo freddo grande, camminando tutto il dí, elli non poterono giungere a luogo niuno dove potessono albergare; per la qual cosa costretti dalla notte e dallo mal tempo, ellino ricoverarono sotto la ripa d’uno sasso cavato per cessare la neve e la notte che sopravenía; et istandosi cosí isconciamente e male coperto il buono uomo, di cui era l’asino, e non potendo dormire per lo freddo, e modo non v’era da fare fuoco, si cominciò a rammaricare pianamente tra sé medesimo e piagnere, e quasi mormorava di sancto Francesco, che in tale luogo lo avea condotto. Allora sancto Francesco, sentendo questo, sí gli ebbe compassione, et in fervore di spirito istende la mano sua adosso a costui e toccollo. Mirabile cosa! di súbito ch’elli l’ebbe toccato colla mano incesa et affocata dello fuoco serafico, si partí ogni freddo, e tanto il caldo entrò in costui dentro e de fuori, che a lui pareva essere presso alla bocca d’una fornace ardente; onde elli immantenente confortato nell’anima e nello corpo s’adormentò, e piú soavemente, secondo il suo dire, elli dormí quella notte tra’ sassi e tra [p. 249 modifica]la neve infino alla mattina, ch’elli non avea mai dormito nello proprio letto. Camminarono poi l’altro di e giunsono a Sancta Maria delli Angioli, e quando elli v’erano presso, e frate Lione leva alto gli occhi e guata inverso il detto luogo di Sancta Maria, e guardando elli vide una croce bellissima, nella quale era la figura dello Crocefisso andare innanzi a sancto Francesco, il quale gli andava innanzi; e cosí conformemente andava la detta croce dinanzi alla faccia di sancto Francesco, che quando elli ristava et ella restava, e quando elli andava et ella andava; et era di tanto isprendore quella croce, che non solamente risprendea nella faccia di sancto Francesco, ma eziandio tutta l’aria d’intorno illuminava, e bastò infino che sancto Francesco entrò nello luogo di Sancta Maria. Giugnendo adunque sancto Francesco nello luogo con frate Lione, furono riceuti da’ frati con somma allegrezza e carità; e d’allora innanzi sancto Francesco dimorò il piú dello tempo in quello luogo di Sancta Maria insino alla morte. E continuamente si spandea piú e piú per lo Ordine e per lo mondo la fama della sua santità e de’ suoi miracoli; quantunque elli, per la sua profondissima umilità, celasse quanto elli poteva i doni e le grazie di Dio, et appellassesi grandissimo peccatore. Di che maravigliandosi una volta frate Lione, e pensando iscioccamente fra sé medesimo: — Ecco; costui si chiama grandissimo peccatore in pubblico, e venne grande all’Ordine, et è tanto´ [p. 250 modifica]onorato da Dio, e nondimeno in occulto elli non si confessa mai dello peccato della carne? Sarebbe elli vergine? — E sopra ciò gli cominciò a venire grandissima voglia di saperne la verità, ma non era ardito di domandarne sancto Francesco; onde elli ne ricorse a Dio, e pregandolo istantemente che lo certificasse di quello ch’elli desiderava di sapere, per molta orazione meritò d’essere essaudito. E fu certificato, che sancto Francesco era vergine dello corpo, per tale visione; imperò ch’elli vide in visione sancto Francesco istare in uno luogo alto et eccellente, nello quale niuno poteva andare né ad esso giugnere, e fugli detto in ispirito che quello cosí alto et eccellente significava in sancto Francesco la eccellenza della castità originale, la quale ragionevolmente si confaceva alla carne che dovea essere adornata delle sagrate Istimate di Cristo.

Veggendosi sancto Francesco, per cagione delle Istimate, a poco a poco mancare la forza dello corpo e non potere piú avere cura dello reggimento dello Ordine, affrettò il Capitolo generale. Il quale essendo tutto ragunato, elli umilemente si scusò a’ frati della impotenzia, per la quale elli non poteva piú intendere alla cura dello Ordine quanto alla esecuzione dello generalato, benché lo ufficio dello generalato, non rinunziasse; però non poteva, da poi che fatto era generale dallo Papa; e però non poteva lasciare l’uficio, né sostituire successore sanza [p. 251 modifica]espressa licenza dello Papa; ma istituí suo vicario frate Pietro Cattani, raccomandando a lui et a’ ministri provinciali l’Ordine affettuosamente quanto elli poté. E fatto questo, sancto Francesco, confortato in ispirito, levando gli occhi e le mani a cielo, disse cosí: — A te signore Iddio mio, io raccomando la tua famiglia, la quale infino a ora tu m’ài commessa et ora, per l’infermità mie, le quali tu sai, dolcissimo signor mio, io non ne posso piú avere cura. Anche la raccomando a’ ministri provinciali; sieno tenuti ellino a rendere ragione il dí dello giudicio, se veruno frate per loro nigrigenzia o per loro male essempro o per loro troppa aspra correzione perirà. Et in queste parole, come a Dio piacque, tutti i frati dello Capitolo intesono ch’elli parlasse delle Istimate in quello che si iscusava per infermità; e per divozione niuno di loro si poté tenere di piagnere. E d’allora innanzi elli lasciò tutta la cura e ’l reggimento dell’Ordine in mano dello suo vicario e de’ ministri provinciali, e diceva: — Ora, dappoi ch’io ò lasciata la cura dell’Ordine per le mie infermità, io non sono tenuto oggimai se non di pregare Iddio per la nostra Riligione, e di dare buono essempro a’ frati. E bene so di verità che, se la infermità mi lasciasse, il maggiore aiuto ch’io potessi fare alla Religione sarebbe di pregare continuamente Iddio per lei, che egli la governi, difenda e conservi. —

Ora, avegna che sancto Francesco, come detto [p. 252 modifica]è di sopra, s’ingegnasse quanto poteva di nascondere le sagratissime Istimate, e dappoi ch’elli l’ebbe riceute andasse sempre et istasse colle mani fasciate e co’ piedi calzati, non poté però fare che molti frati in diversi modi non le vedesseno e toccasseno, et ispezialmente quella dello costato, la quale elli con maggior diligenzia celava. Onde uno frate che lo serviva, una volta lo ’ndusse con divota cautela a trarsi la tonica per isquoterla dalla polvere, e traendosela in sua presenzia, quello frate vide chiaramente la piaga dello costato, e mettendogli la mano in seno velocemente, sí la toccò con tre dita e comprese la sua quantità e grandezza. E per simile modo lo vide di quello tempo il vicario suo. Ma piú chiaramente ne fu certificato frate Ruffino, il quale era uomo di grandissima contemplazione. Dello quale disse alcuna volta sancto Francesco, che nello mondo non era piú sancto uomo di lui; e per la sua santità elli intimamente l’amava e compiacevali in ciò ch’elli volea. Questo frate Ruffino in tre modi, sé et altrui, certificò delle dette Istimate, et ispezialmente di quella dello costato. In prima si fu che dobbiendo lavare i suoi panni di gamba, i quali sancto Francesco portava sí grandi che, tirandogli bene su, con essi elli copriva la piaga dello lato ritto, il detto frate Ruffino gli raguardava e considerava diligentemente, et ogni volta gli trovava sanguinosi dal lato ritto; per la qual cosa elli s’avedeva certamente che quello era [p. 253 modifica]sangue che usciva dalla detta piaga: di che sancto Francesco lo riprendeva, quando s’avedeva ch’elli ispiegasse i suoi panni per vedere il detto sangue.

Il secondo modo si fu che una volta il detto frate Ruffino, grattando le reni a sancto Francesco, istudiosamente trascorse colla mano e mise le dita nella piaga dello costato; di che sancto Francesco per lo grande dolore ch’elli sentí, gridò forte: — Iddio te lo perdoni, o frate Ruffino, perché ài fatto cosí? —

Il terzo modo si fu che una volta elli con grande istanzia chiese a sancto Francesco per grandissima grazia che li desse la cappa sua e prendesse la sua per amore della carità. Alla cui pitizione, benché malagevolmente condiscendendo, il caritativo padre si trasse la cappa e diedegliela e prese la sua, et allora, nello trarre e rimettere, frate Ruffino chiaramente vide la detta piaga.

E frate Lione similmente e molti altri frati vidono le dette Istimate di sancto Francesco, mentre ch’elli vivea; i quali frati, benché per la loro santità fossono uomini degni di fede e da credere loro alla semplice parola, nondimeno, per tôrre via ogni dubbio de’ cuori, giurarono in sullo santo Libro ch’ellino l’avieno vedute chiaramente.

Vidonle ancóra alquanti cardinali, i quali aveano con lui grande familiarità e reverenzia; delle Istimate di sancto Francesco composeno e feceno belli e divoti inni, antifone e prose. [p. 254 modifica]

Il sommo pontefice Alessandro papa, predicando al popolo dove erano tutti i cardinali, fra i quali era il santo frate Bonaventura, ch’era cardinale, disse et affermò ch’elli avea veduto co’ suoi occhi le sagrate Istimate di sancto Francesco, quando elli era vivo.

Madonna Iacopa di Settesoli di Roma, la quale era la maggiore donna di Roma al suo tempo, era divotissima di sancto Francesco. Innanzi che sancto Francesco morisse e poi morto ch’elli fu, le vide e baciò piú volte con somma reverenzia; però ch’ella venne da Roma ad Ascesi, alla morte di sancto Francesco, per divina revelazione e fu per questo modo. Sancto Francesco alquanti dí innanzi alla morte sua istette infermo in Ascesi nello palagio dello Vescovo con alquanti suoi compagni, e con tutta la sua infermità elli ispesse volte cantava certa lauda di Cristo; onde un dí gli disse uno de’ compagni: — Padre, tu sai che questi cittadini ánno grande fede in te e reputanti uno santo uomo; e perciò elli possono pensare che se tu se’ quello ch’elli credono, tu dovresti in questa tua infermità pensare della morte, et innanzi piagnere che cantare; poiché tu se’ cosí grave infermo, et intendi che lo tuo cantare et il nostro, che tu ci fai fare, s’ode da molti dello palagio e di fuori; imperò che questo palagio si guarda per te da molti uomini armati, i quali forse ne potrebbono avere malo essempro; onde io credo, disse questo frate, che tu faresti bene a par[p. 255 modifica]tirci quinci, e che noi ci tornassimo tutti a Sancta Maria delli Angioli; però che noi non istiamo bene qui tra secolari. — Rispose sancto Francesco: — Carissimo frate, tu sai, che ora fa due anni, quando noi istavamo a Fuligno, Iddio ti rivelò il termine della vita mia, e cosí lo revelò ancóra a me che di qui a pochi di in questa infermità il termine si finirà; et in quella revelazione Iddio mi fece certo della rimissione di tutti i miei peccati e della beatitudine di paradiso. Infine a quella revelazione io piansi della morte e de’ miei peccati; ma poi ch’io ebbi quella revelazione, io sono stato sí pieno di allegrezza, ch’io non posso piú piagnere; e però io canto e canterò a Dio, il quale m’ha dato il bene della grazia sua, et àmmi fatto certo de’ beni della grolia di Paradiso. Ma dello nostro partire quinci io acconsento e piacemi; ma trovate modo di portarmi, imperò ch’io per la infermità non posso andare. — Allora i frati il presono a braccia, e sí lo portarono accompagnati da molti cittadini; e giugnendo ad uno ispedale ch’era nella via, sancto Francesco disse a quelli che lo portavano: — Ponetemi in terra e rivolgetemi verso la città. — E posto ch’elli fu colla faccia volta inverso Ascesi, elli benedisse la città di molte benedizioni dicendo: — Benedetta sei tu da Dio, città santa; imperò che per te molte anime si salveranno et in te molti servi di Dio abiteranno, e di te molti ne saranno eletti allo reame di vita eterna. — E détte queste pa[p. 256 modifica]role, si fece portare oltre a Sancta Maria, e giunti ch’elli furono a Sancta Maria sî lo portarono alla infermeria etivi il posono a riposare. Allora sancto Francesco chiamò a sé uno de’ compagni, e sì gli disse: — Carissimo frate, Iddio m’à revelato che di questa infermità insino a cotale di io passerò di questa vita, e tu sai che madonna lacopa de’ Settesoli, divota carissima dell’Ordine nostro, s’ella sapesse la morte mia e non ci fosse presente, ella si contristerebbe troppo; e però significale che s’ella mi vole vedere vivo, e immantanente venga qua. — Risponde il frate: — Troppo di bene, padre; ché veramente per la grande divozione ch’ella ti porta, sarebbe molto isconvenevole ch’ella non fosse alla morte tua. — Va dunque, — disse sancto Francesco, — e reca il calamaio e la penna e la carta et iscriverai com’io ti dirò. — E recato ch’elli l’ebbe, sancto Francesco detta la lettera in questa forma: — A madonna Iacopa serva di Dio, frate Francesco poverello di Cristo salute e compagnia dello Ispirito santo nello nostro signore Gest Cristo. Sappi, carissima, che Cristo benedetto per la sua grazia m’à revelato il fine della vita mia, il quale sarà in brieve. E però, se tu mi vogli trovare vivo, veduta questa lettera, ti muovi e vieni a Sancta Maria delli Angioli, imperciò che, se per infino a cotale di non sarai venuta, non mi potrai trovare vivo; e porta teco panno di cilicio nello quale s’involga il corpo mio, e la cera che biso[p. 257 modifica]gna per la sepoltura. Priegoti anche che tu mi porti di quelle cose da mangiare le quali tu mi solevi dare quando io era infermo a Roma. — E mentre che questa lettera si scriveva, fu da Dio revelato a sancto Francesco che madonna lacopa veniva a lui, et era presso allo luogo, e recava seco tutte quelle cose ch’elli le mandava chiedendo per lettera. Diché, auta questa revelazione, disse sancto Francesco allo frate che scriveva la lettera, che non iscrivesse piú oltre, però che non bisognava; ma riponesse la carta. Della quale cosa molto si maravigliarono i frati; perché non compieva la lettera e non volea che la si mandasse. Et istandosi cosí uno pezzo, la porta dello luogo fu picchiata forte, e sancto Francesco manda il portinaio ad aprire; et aprendo la porta, quivi vi era madonna lacopa nobilissima donna di Roma, con due suoi figliuoli senatori e con grande compagnia d’uomini a cavallo. Entrano dentro, e madonna lacopa se ne va dritta all’infermeria e giugne a sancto Francesco; della cui venuta sancto Francesco ebbe grande allegrezza e consolazione, et ella similemente veggendo lui vivo e parlandogli. Allora ella gli spose come Iddio l’avea revelato a Roma, istando ella in orazione, il termine brieve della sua vita, e com’elli dovea mandare per lei e chiederle quelle cose le quali ella tutte disse ch’ella avea portate seco; e el le fece recare a sancto Francesco, e diedenegli a mangiare. E mangiato ch’elli n’ebbe e molto [p. 258 modifica]confortato, questa madonna Iacopa s’inginocchiò a’ piedi di sancto Franciesco, e prende quelli piedi santissimi segnati et ornati delle piaghe di Cristo, e con sí grande divozione gli baciava e bangnava di lacrime, che a frati che istavano dintorno pareva propriamente vedere la Maddalena a’ piedi di Gesú Cristo, e per niuno modo la ne poteano ispiccare. Finalmente dopo grande ispazio la levarono indi, e trassonla da parte e domandaronla com’ella era venuta cosí ordinatamente e cosí proveduta di tutte le cose ch’erano mestiere alla vita et alla sepoltura di sancto Francesco. Rispose madonna lacopa che, orando ella in Roma una notte, ella udí una voce da cielo che le disse: — Se tu voli vedere sancto Francesco vivo, sanza indugio va ad Ascesi, e porta teco di quelle cose che tu gli solevi dare quando era infermo, e quelle cose che saranno bisogno alla sepoltura. Et io, — diss’ella, — cosí ò fatto. — Istette adunque ivi madonna Iacopa insino a tanto che sancto Francesco passò di questa vita e che fu seppellito, et alla sua sepoltura fece grandissimo onore ella con tutta la sua compagnia, e fece tutta la spesa di ciò che bisognò, e poi ritornandosi a Roma, ivi a poco tempo questa santa donna si morí santamente, e per divozione di sancto Francesco si giudicò e volle essere portata e seppellita a Santa Maria delli Angioli, e cosí fu. A laude di Cristo. Amen. [p. 259 modifica]