I Nibelunghi (1889)/Avventura Quarta

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Anonimo - I Nibelunghi (XIII secolo)
Traduzione dal tedesco di Italo Pizzi (1889)
Avventura Quarta
Avventura Terza Avventura Quinta

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Avventura Quarta

In qual modo Sifrido combattè coi Sassoni.


     Di Gunthero alla terra ecco s’approcciano
Novelle strane, e ciò per messaggieri
Che da lungi mandavangli alla corte
Ignoti prenci che in odio l’avièno.
5Come udian tale annunzio, alto cotesto
Fu per tutti un dolor. Ma i prenci ignoti
Vogl’io nomarvi. Elli erano Liudgero
Della sassone terra, un sire illustre
E ricco molto, e quel di Danimarca
10Re Liudegasto. In lor viaggio molti
Ei menavan con sè forti campioni.
Di Gunthero alla terra i messaggieri
Vennero intanto, quali i suoi nemici

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Gl’invïavan così. Di lor novelle
15Gli nomini ignoti fûr richiesti allora,
E tosto innanzi al re gli strani messi
Altri adducea. Cortese fè un saluto
Il prence e favellò: Voi benvenuti!
Ma chi voi qui mandò, non io per anche
20Ho ben compreso. Udir questo mi fate.
     Così disse il buon re, ma quelli assai
Temean di re Gunthero il grave sdegno.
     Date licenza voi, prence, elli dissero,
Che le novelle vi diciam che intanto
25Qui vi rechiamo, quali noi per nulla
Dobbiam tacervi? E i re direnivi ancora
Che a voi qui c’invïâr. Liudgast, Liudgero
Son essi, che veder bramano in core
La vostra terra. Meritaste voi
30Il lor disdegno, e bene udimmo noi
Che ambo v’odiano i prenci. Ei cavalcando
Salir vonno frattanto in fino al Reno,
In fino a Worms, e molti in loro aita
Vengon possenti cavalieri. Questo
35Sappiate voi su la mia fede. Intanto,

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Avverrà lor vïaggio dopo due
E dopo dieci settimane; amici
Se buoni avete voi, ratto vederli
Piacciavi qui perchè porganvi aita
40A difender la terra e i borghi vostri.
Molte celate e molti scudi infranti
Qui saran da’ nemici! O se v’è caro
Trattar con essi, fate allor che alcuno
A lor favelli. E ben sarà che tante
45Di nemici gagliardi accolte schiere
Cavalcando non vengano appo voi
Per darvi cruccio, onde perir qui debbano
Molti e valenti cavalieri in guerra.
     E il buon prence rispose: Or concedete
50Alcun tempo, perch’io meco pensando
L’alma raccolga e manifesti poi
L’avviso mio. Che se qui alcun fedele
Ho veramente, a lui già non vogl’io
Cosa celar di tale annunzio fiero,
55E vo’ lagnarmi appo gli amici miei.
     Al possente Gunthero aspra un’angoscia
Fu ben cotesta. Nel secreto core

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Con sè recando la novella cura,
Hàgene ei fè chiamar co’ suoi fedeli
60E indisse ancor che per Gernòt corresse
Altri al castel rapidamente. Allora
Tutti si raccogliean quanti trovârsi
Più gagliardi campioni, ed egli disse:
     Con sue forte falangi in nostra terra
65Visitarci altri vuol. Questo vi sia
Pensiero e cura. — E Gernòt rispondea,
Nobile e forte cavalier: Cotesto
Impedirem co’ nostri ferri, ei disse.
Muore soltanto chi è devoto a morte;
70Morto giacer noi lascieremlo! Intanto
Scordar non deggio l’onor mio; e questi
Nostri nemici benvenuti a noi
Esser pur dènno! Buon consiglio, disse
Hàgene di Tronèga, a me cotesto
75Davver non sembra. Tracotanza assai
Mostran Liudgasto e Liudegero, e noi
In pochi dì raccoglier non possiamo
I nostri amici. — Disse poi: Di tanto
A Sifrido perchè non farem cenno?

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     80Ai messaggieri indetti fûr gli alberghi
Per la città. Ben che nemici a lui
Fosser cotesti, re Gunthèr possente
Volle che cura altri di lor si desse
Per accoglienze oneste (e ciò si fèa),
85Per che gli amici intanto ei ragunasse
Che aitarlo dovean. Ma in tal pensiero
Aspro affanno si avea l’inclito sire.
Il vide così mesto un cavaliero
E nobile e gentil, che niuna cosa
90Sapea di quanto gli avvenìa. Preghiera
Ei fece sì perchè di tanto a lui
Desse novella re Gunthero. Prendemi
Alto stupor, dicea Sifrido al prence,
Come di tanto il gaio aspetto vostro
95Mutato abbiate voi, quel gaio aspetto
Che lungo tempo usaste aver con noi.
     Gunthèr, l’inclito eroe, gli rispondea:
Non a tutte le genti il grave affanno
Poss’io ridir qual deggio entro al mio core
100In secreto portar. Del cor l’angoscia
Lamentando svelar si dee soltanto

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A fidi amici. — A Sifrido si fea
Pallido e rosso il color dello gote.
     Ei disse al prence: Nulla i’ vi negai,
105E ben deggio aitarvi ogni dolore
A discacciar da voi. Se vi cercate
Amici attorno, un d’essi qui son io,
E si m’affido che farò cotesto
Fino alla morte con onor. — Mercede
110Rendavi Iddio, prence Sifrido! Sembrami
Onesto il vostro dir. S’anche di nulla
Il valor vostro in ciò m’aita, lieto
Del dir vostro men vò, perchè di tanto
Mi siate voi propenso. E allor ch’io viva
115Per alcun tempo ancor, premio saravvi
Di ciò renduto. Or vo’ che udiate voi
Per ch’io tristo mi sto. Da messaggieri
De’ miei nemici intesi io si ch’ei vonno
Qui visitarmi con armate squadre;
120Alcun guerriero ciò non fè giammai
Fin qui venendo a questa terra. — Disse
Allor Sifrido: Per cotesto, lieve
Pensiero abbiate voi. Pace rendete

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All’alma vostra, e quel che v’accomando
125Tutto eseguendo, fate ch’io procacci
Onore a voi con frutto e a’ prodi vostri
Dite che vengan per aita. S’anche
Trentamila campioni in lor sostegno
Avessero cotesti sì gagliardi
130Nemici vostri, sempre a lor di contro
Io resterei, mille soltanto avessi
De’ miei guerrieri. E a me questo si lasci.
     Sempre di ciò grazie vi rendo, disse
Prence Gunthero. — Fate adunque ch’io
135Abbia mille de’ vostri; ecco, di dodici
Più non ho qui de’ miei. La vostra terra
Così difenderò, chè di Sifrido
Sempre con fè vi servirà la mano.
Hàgene ancor ci aiuti, Ortwin pur anco
140E Dancwarto e Sindòlt, cotesti vostri
Cavalieri cortesi. Anche ne venga
Cavalcando con noi Volkero ardito,
Regga il vessillo; ad altri io nol potrei
Meglio fidar. Ma, intanto, i messaggieri
145Fate voi che cavalchino a lor case

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Nella lor terra; rendasi lor noto
Che ratto ei ci vedranno, onde la pace
Abbian pur sempre li castelli nostri.
     E congiunti e guerrieri il nobil sire
150Adunar fece allor. Ma di Liudgero
Vennero intanto i messaggieri in corte,
E perchè ritornarsi alla lor terra
Elli dovean, n’avean letizia grande.
Ricchi doni lor fea prence Gunthero,
155D’alma gentile, e scorta anche fornìa
Per lor vïaggio, ond’elli andavan fieri
E gioiosi del cor. Dite frattanto,
Dicea Gunthero, a que’ nemici miei
Ch’elli, per tal vïaggio, a le lor case
160Meglio potrian restar. Che se pur vonno
Qui visitarmi, ove attorno dispersi
Non vadano gli amici, alto travaglio
Parassi noto a lor. — Pei messaggieri
Altri apportava ricchi doni, e molti
165A darne avea prence Gunthero. Quelli,
Di Liudgero fidati, ardir non ebbero
Di ricusarli, e preser lor commiati

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E di là si partîr gioiosi e lieti.
     Quando giunsero i messi in Danimarca
170E prence Liudegasto annunzio s’ebbe
Come tornati eran di là, dal Reno,
Quando ciò gli fu detto, ecco! che tanta
Oltracotanza de’ Burgundi prenci
Duol verace gli fu. Dissero i messi
175Che aveano i prenci assai gagliardi seco,
Fra cui visto elli avean starsi un campione,
E Sifrido era detto, un uom possente
Di Niderlànd. Liudgasto ebbe rancura,
Il vero annunzio come intese. Allora,
180Quando cotesto udian ridir gli eroi
Di Danimarca, s’affrettâr lor fidi
Tutti a raccôr quanti più a lor fu dato,
Finchè tra i prodi suoi re Liudegasto
Ventimila gagliardi ebbesi pronti
185Per suo vïaggio. Intorno a sè pur anco
Prence Liudgero di Sassonia molti
Prodi raccolse, e n’ebbero quaranta-
mila e più assai. Con essi, cavalcando,
De’ Burgundi alla terra andar bramavano.

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     190Del fratel suo le genti e i suoi congiunti
Anche prence Gunthero alle sue case
Fece allora invitar, quanti ebber voglia
Di partir per assalti; anche fûr chiesti
D’Hàgene i valorosi, e que’ gagliardi
195Alta spingea necessità. Ma intanto
Gustar dovean ne’ giorni che venièno,
Molti prodi la morte. — Egli al vïaggio
Solleciti apprestârsi, e allor che accinti
Eran tutti a partir, Volkero ardito
200Regger dovea fra tutti alto il vessillo,
Allora sì che da Worms fino al Reno
A cavalcar stavansi pronti. Duce
All’ampia schiera esser dovè quel forte
Hàgene di Tronèga. Anche Sindolto
205Cavalcava con essi, Hunoldo ancora,
Quali mertar potean di re Gunthero
L’or degnamente. D’Hàgene il fratello
Dancwàrt fu di tal schiera, Ortwin pur anco,
Elli sì, che potean con molto onore
210Annoverarsi in quel drappel d’eroi.
     Prence signor, restate al vostro ostello,

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Sifrido favellò, da che me vonno
I vostri prodi seguitar. Restate
Appo le donne e fate cor d’assai,
215Ch’io sì m’affido e le dovizie e i beni
Di guardarvi con fè. Quei che hanno brama
Di vedervi qui a Worms appo del Reno,
Meglio d’assai potrìan, di ciò la cura
Vogl’io, restarsi alle lor case. Noi
220Tanto di cavalcar dentro a lor terra
Abbiam desìo, che ratto in grave duolo
Si volgerà lor tracotanza stolta.
     Dal Reno allor, pei campi d’Assia, seco
Cavalcaron gli eroi verso la terra
225Ch’è di Sassonia, e furo assalti poi
E battaglie, e la terra ei devastare
Con incendi e rapine. Ai due nemici
Prenci davver! che con lor doglia poi
Ciò si fè noto! E quei veniano intanto
230Là sul confine, e gli scudieri innanzi
Andavano per essi. A far dimandi
Sifrido, l’uom gagliardo, incominciava:
     Chi de’ compagni qui sarà di noi

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A difesa? Davver! che non si fece
235Più fiera entrati in suolo di Sassonia!
     Dissero gli altri: Fate sì che guardi
I giovani guerrieri in su la via
Dancwarto ardito. Egli è d’ogn’altro eroe
Il più prestante, e noi però minore
240Avrem iattura da le genti armate
Di re Liudgero. Fate sì che restino
Alle schiere da sezzo egli ed Ortwino.
     Io sì cavalcherò disse l’eroe
Sifrido allora, e vo’ esplorar ben molto
245Questi nostri nemici, in fin ch’io sappia
Veracemente ove son lor campioni.
     Della leggiadra Sigelinde il figlio
Rapidamente allor s’armò. La gente
Ad Hàgen di Tronèga egli affidava,
250Affidava a Gernòt, l’uom fiero e ardito,
Ch’ei partir si volea. Di là ne andava
De’ Sassoni alla terra cavalcando,
E furono per lui ne’ dì che vennero,
Rotte le guigge a molti caschi. Ei vide
255L’ampia schiera de’ Sassoni pel campo

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Vasta giacer, vegliar con ardimento
Contro a lo stuol de’ suoi gagliardi. Elli erano
Quarantamila e più d’assai, ma intanto
Gioiosamente e con animo altero
260Stava Sifrido a riguardar. Fra quella
Gente nemica un valoroso ancora
Era posto a la guardia; e con gran cura
Armato egli era. Principe Sifrido
Ratto il scoverse, e lui scoverse il fiero
265Prode pur anco, e l’un l’altro con ira
Gelosa imprese a rimirar. — Chi fosse
Io vi dirò costui, che vigilando
Stavasi intento, cui dinanzi al braccio
Stava uno scudo in fulgid’or. — Costui
270Era prence Liudgasto, ei, che de’ suoi
La schiera difendea. L’uom fiero e ardito
Superbamente e con nobil destrezza
Il palafreno fea balzar pel campo.
     Anche Liudgasto con nemico sguardo
275Stavasi l’altro a sogguardar. Ma poi
Ambo gli sproni conficcâr ne’ fianchi
De’ lor destrieri e contro l’ampie targhe

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L’aste inclinâr di tutta forza. Allora
De’ Sassoni il signor, ricco e possente,
280Oppresso fu da grave cura. Intanto,
Nel fiero cozzo, l’uno all’altro accanto,
I due figli di re dai palafreni
Lungi fûr tratti, come se bufera
Là spirasse improvvisa. Or, poi che a dietro
285Fûr per le briglie, con maestra mano,
Ritratti i palafreni, ambo provârsi
I due crucciosi con le spade in pugno.
     Di tal guisa colpì prence Sifrido
Che tutto il loco n’echeggiò. Dall’elmo,
290Come da vasto incendio, ecco che uscivano
Sotto la mano dell’eroe scintille
D’igneo color. Ciascun nell’avversario
Emulo degno ritrovò. Sferrava
Anche prence Liudgàst colpi tremendi,
295E vigor di ciascun forte si urtava
Nell’opposto pavese. E già cotesto
Trenta guerrieri di Liudgàst notato
Avean da lungi, ma là scesi ancora
Non eran elli, che la sua vittoria

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300Già toccava Sifrido, con le sue
Gravi ferite a re Liudgasto inflitte
La candida corazza attraversando;
Ottimo arnese ell’era. Il sangue allora
Dalle piaghe profonde eruppe al sommo
305Della spada nemica, e re Liudgasto
N’ebbe fiero dolor. Pregò che a lui
Fosse lasciata la sua dolce vita
E la sua terra offerse ancora e disse
Che Liudegasto ei s’appellava. Accorsero
310I prodi suoi, che chiaramente visto
Avean da lungi quanto fra que’ due
Accadde al loco de la guardia. Volle
Sifrido trar con sè l’eroe caduto,
Ma ratto ben da trenta di que’ prodi
315Ebbe un assalto. Il ricco prigioniero
Con fieri colpi difendea la mano
Di quel gagliardo, e più d’assai fè ad altri
Offesa e danno l’uom valente e forte.
     A morte i trenta egli colpìa con molta
320Forza e vigor; soltanto uno lasciava
Alla sua vita, e quei rapido assai

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Via cavalcando, le novelle a’ suoi
Recò di quanto là ne accadde. E il vero
Apprender si potea dall’elmo suo
325Rosso di sangue. A quei di Danimarca
Grave dolor fu ben cotesto, allora
Che s’annunziò giacersi ormai captivo
Il lor prence e signore. Al suo fratello
Ciò ancor fu detto, e quegli incominciava
330Per gran disdegno a conturbarsi; grave
Fu rancura per lui. Ma di Sifrido
Per volontà, Liudgasto eroe fu addotto
Di Gunthero ai gagliardi. Ei l’affidava
Ad Hàgen prence, e come detto fue
335A quelli sì ch’egli era il sire, molto
Non ebbero dolor, ma gaudio e gioia.
     D’avvincer le bandiere ecco fu ingiunto
A’ Burgundi campioni. Innanzi! disse
Prence Sifrido, chè più assai da noi
340Qui si farà prima che il giorno cessi,
Pur ch’io mi resti in vita. Oh! molte assai
Donne leggiadre avran cordoglio e duolo
De’ Sassoni nel suol! Ma voi, del Reno

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Incliti eroi, a me volgete il guardo,
345Ch’io ben posso a le squadre di Liudgero
Tutti condurvi. Là vedrete voi
Di forti eroi da le possenti mani
Lor cimieri colpiti, e pria che indietro
Ne ritorniam, grave rancura e doglia
350Lor nota si farà. — Balzava in sella
Gernòt con tutti i suoi; rapidamente
Il vessillo ghermìa prence Volkèro,
Bardo valente, e innanzi alle sue squadre
Veloce cavalcò. Superbamente
355Tutti i compagni suoi furono allora
Accinti e pronti; eppur, non più di mille
Adduceano con sè quei di Borgogna,
Oltre ai dodici eroi del pro’ Sifrido,
Forti campioni. Ma la polve intanto
360Già cominciava a turbinar per l’ampie
Strade a l’intorno, e quei nella nemica
Terra ne andavan cavalcando. Allora,
Si videro da lungi in bella guisa
Luccicar molte targhe. Anche venuti
365Eran con le lor genti e con lor spade

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Acute in mano i Sassoni guerrieri,
Com’io seppi dipoi. Fendean con forza
Nella man degli eroi gli acuti brandi,
Ch’ei sì volean difendere lor terre
370Contro i nemici e lor castelli. Innanzi
La falange venìa del maggior duce
De’ Burgundi campioni, e già venuto
Era Sifrido ancor co’ suoi guerrieri
Quali con sè recati avea da quella
375Terra di Niderlànd. Nella battaglia
Di quel giorno, davver! che molte mani
Furon tinte di sangue! Hunòlt, Sindolto
E Gernòt, nell’assalto, a molti eroi
Sferrâr colpi mortali in pria d’assai
380Che fosse noto a’ miseri di quanto
Eran valenti que’ gagliardi. Molte
Ebbero a lagrimar donne leggiadre.
     Hàgen, Volkero, Ortwin da Metze ancora,
Di molti caschi, nell’orrenda mischia,
385Offuscarno il fulgore, essi gagliardi,
E grandi fûr le oprate meraviglie
Da principe Dancwarto. E prova intanto

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Fean di lor man di Danimarca i prodi,
E s’udian risuonar pei fieri colpi
390Molti scudi compatti e acute spade
Che altri forte vibrò. Grave sterminio
I Sassoni facean valenti in guerra.
     Ma quando s’avventâr ne la battaglia
Quei di Borgogna, fûr da loro aperte
395Ampie ferite assai. Videsi allora
Sangue colar sovra gli arcioni; in questa
Guisa così pugnavan per l’onore
I buoni e forti cavalieri. Intanto
Alto in pugno s’udian de’ valorosi
400Risuonar l’armi aguzze, e quelli tosto
Di Niderlànd fra le compatte schiere
Dietro al lor prence s’avventâr. Veniano
Con fermo core di Sifrido al fianco;
Ma seguirli nessun fu visto allora
405Di quei del Reno, e scorger si potea
Scorrer di sangue un rio su gli elmi fulgidi
Sotto la mano di Sifrido, innanzi
A’ suoi compagni principe Liudgero
Fin ch’ei rinvenne. Per tre volte avea

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410Impeto fatto per l’avversa schiera
Fino a l’estremo; ed or venìa con lui
Hàgen, che aita gli recò, la sua
Ira a sfogar ne la battaglia. Molti
Dovettero perir nel tristo giorno
415Cavalieri pugnaci. Or che Liudgero
Forte e valente rinvenia Sifrido
E vedea come in alto entro la mano
Ei recava Balmùng, la buona spada,
Onde molti ei colpìa, cruccioso e tristo
420Si fè d’assai, il fiero prence. Un impeto
Era intanto selvaggio e un alto strepito
Di ferri, chè fra lor forte si urtavano
I combattenti, e più d’assai provavansi
Ambo gli eroi. Ma già le schiere Sassoni
425A cedere cominciano e là destasi
Ira maggior con odio. E detto allora
Fu de’ Sassoni al re ch’era captivo
Il fratel suo. Grave dolor cotesto
Al cor gli venne, ed ei sapea che l’opra
430Del figlio questa fu di Sigelinde,
Che di Gernòt altri dicea; ma il vero

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Si riseppe dipoi. Di re Liudgero
Venìano i colpi sì possenti e forti,
Che a Sifrido piegò sotto la sella
435Il palafreno; ma poichè novella-
mente levossi il nobile destriero,
Assunse ne la pugna il pro’ Sifrido
Spaventoso un aspetto. E gli porgeva
Hàgene aita, anche Gernòt, ancora
440E Volkero e Dancwarto, e però molti
Giacquero estinti. Ed eravi Sindolto
Ed Hunoldo ed Ortwin l’eroe gagliardo,
Elli sì, che nell’orrida battaglia
Molti uccisi potean stendere al suolo.
     445Ma nella pugna i due prenci guerrieri
Non separârsi mai. Fûr visti allora
Sovra gli elmi volar molti lanciotti,
Da la man degli eroi, le targhe fulgide
Attraversando; e fûron visti assai
450Ricchi pavesi colorati in rosso.
Nell’aspra mischia molti eroi giù caddero
Da’ lor destrieri, e l’un dell’altro incontro
Correansi intanto e Sifrido valente

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E re Liudgero. Giavellotti acuti
455Si videro volar con aste molte.
     Dello scudo le fibbie a re Liudgero
Via schiantâr sotto a un colpo che la mano
Di Sifrido scagliò, sì che pensava
De’ Sassoni gagliardi, in cui ben molti
460Feriti si vedean, toccar vittoria
Il sir di Niderlànd. Oh! quante furo
Le maglie che spezzò lucenti il forte
Dancwarto allora! Ma poichè sull’ampio
Scudo, alla mano di Sifrido innanzi,
465Vide prence Liudgero una dipinta
Corona, tosto s’avvisò che quello
Era l’uom sì gagliardo. A’ suoi compagni
Alto a gridar si fè l’eroe: Deh! voi
Tutti, compagni miei, da la battaglia
470Vi ritraete! Di Sigmundo il figlio
Ho visto qui. Sifrido valoroso
Io riconobbi. Il diavolo maligno
Fra i Sassoni il mandò! — Fece i vessilli
Nella battaglia declinar. La pace
475Chiese, e la pace gli fu data poi;

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Ma dovea rimanersi di Gunthero
Prigioniero alla terra. A ciò la mano
Di Sifrido gagliardo avealo astretto.
     Di comune consiglio essi la pugna
480Così lasciâr. Forati caschi ed ampi
Scudi in mano recâr; tinta di sangue
De’ Burgundi pei colpi avean quell’armi,
Quante si rivenian. Ma quale ei vollero,
Fêr captivo i Burgundi; elli ne aveano
485Ampio poter. Via carreggiar frattanto
Ed Hàgene e Gernòt, gli eroi valenti,
Feano i trafitti; ei trassero sul Reno
A cinquecento i valorosi in ceppi.
     Ma i vinti eroi tornaron cavalcando
490In Danimarca. I Sassoni guerrieri
Già non avean con tal valor pugnato,
Che altri lodarli anche potesse. Ai forti
Grave duol fu cotesto; ebbero intanto
Lagrime di dolor dai dolci amici
495I caduti campioni. Al Reno indietro
Fean riportar da’ lor valletti l’armi
Di Borgogna gli eroi, quali Sifrido

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Gagliardo e forte conquistate avea
Co’ suoi compagni valorosi, oprando
500Cose leggiadre inver. Ciò ben fu d’uopo
Che di Gunthero ogni uom là confessasse.
     A Worms prence Gernòt altri invïava,
Indicea di ridir nella sua terra
Ai dolci amici qual toccata a lui
505Fosse e a’ compagni lieta sorte. Egregie
Opre davver! che avean gli eroi compiute
Per onore acquistar! Corsero intanto
Giovani messi, e i casi intravvenuti
Da lor fûr detti, e chi s’avea dapprima
510Doglia nel core, giubilò di gaudio
Per queste che lor vennero improvvise
Liete novelle. Molte inchieste ancora
Da nobili si fean donzelle intanto
Qual fosse degli eroi del re possente
515Esito lieto. E vollesi pur anco
Un de’ messi a Kriemhilde innanzi addurre;
Ma in secreto si fè, chè apertamente
Ella già non osò, poi che del core
Il suo amico diletto era fra i prodi.

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     520Venirne a le sue stanze il messaggiero
Allor che scorse, dolcemente disse
Kriemhilde bella: Lieto annunzio adunque
Or dammi tu, ch’io ti darò del mio
Oro; e se tu il farai senza menzogna,
525Amica sempre ti sarò. Deh! come
Dalla pugna uscì fuori il fratel mio
Gernòt e gli altri amici miei? Qualcuno
Là moriva de’ nostri? Ovver, chi fece
Il meglio là? Dirmi dêi tu cotesto.
     530Rapido il messaggier così rispose:
Nessun codardo avemmo noi. Nell’aspro
Assalto e nella pugna, o nobil donna,
Non cavalcò, poi che ciò dirvi io deggio,
Niun sì valente come lo straniero
535Di Niderlànd illustre. Alti prodigi
La destra fè colà del valoroso
Sifrido, e ciò che fatto han nella pugna
Tutti i più forti, ed Hàgene e Dancwarto
E altri campioni del re nostro, ancora
540Ch’ei combattean per gloria e onor, fu lieve
Cosa qual’aura innanzi al pro’ Sifrido,

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Figliuol di re Sigmundo. Elli atterraro
Morti ben molti valorosi; eppure
Ridirvi io non potrei le prodigiose
545Cose che fè Sifrido, allor ch’ei venne
A pugnar cavalcando. Alto cordoglio
Ei fè a le donne de’ nemici invero
E a’ lor cognati. Anche restarvi estinti
Di molte donne là dovean gli amanti;
550E i colpi suoi si udian sì forte agli elmi
Urtar di contro, che scorrente il sangue
Fean spicciar da le piaghe. In ogni pregio
Egli è davver, Sifrido, un cavaliero
Eletto e forte. Ma per ciò che oprava
555Ortwin da Metze, quei che col suo brando
Egli giugnea, tutti dovean sul campo
Cader feriti, morti i più. Di tutti
Il fratel vostro la maggior rancura
Fe’ che in battaglia mai far si potesse
560A cor nemico. E dire il ver n’è duopo
De’ nostri eletti cavalieri. Opra
I Burgundi superbi hanno compiuta,
Onde seppero ei sì guardar l’onore

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Dall’ignominia. E vidersi deserte,
565Per lor colpi di man, di cavalieri
Molti le selle, e tutta risonava
La terra intorno de le spade fulgide
All’urto fiero. Oh sì! gli eroi sconfitti
Di tal foggia tornavansi dal Reno
570Su lor cavalli, ch’evitar per loro
I lor nemici era miglior fortuna.
Ma di Tronèga i valorosi un’alta
Fecer rancura ai prodi avversi allora
Che s’incontrâr, come irrompente folla,
575Le falangi nemiche; e morti assai
D’Hàgen possente fè la mano, e invero
Molto a narrar di ciò qui, de’ Burgundi
Nella terra, sarìa. Sindolto, Hunoldo,
Le genti di Gernòt, Rumoldo il prode,
580Tanto oprâr che per sempre alto cordoglio
Avrà Liudgero che a’ congiunti vostri
Venne sul Reno d’amistà l’antico
Patto a disdir. Ma l’assalto più fiero
Che là si fè, l’ultimo e il primo assalto
585Che là si vide allor, con fiera voglia

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Di Sifrido compia l’inclita mano;
Ricchi perciò alla terra di Gunthero
Captivi ei trae con sè. L’uom bello e forte
Col suo vigor li fè soggetti, e danno
590Perciò n’avrà sire Liudgasto ancora,
Ancor n’avrà quel fratel suo Liudgero
De’ Sassoni dal suol. La mia novella
Udite adunque, o nobile regina.
Ambo la mano di Sifrido in ceppi
595Li pose, nè giammai tanti captivi
Altri condusse a questa terra, e solo
Di lui per l’opra fino al Reno ei scendono.
     Non mai più dolce simile novella
A Kriemliilde venia. — Ma qui s’adducono,
600Aggiunge il messo, cinquecento in ceppi,
O più, captivi, intatti ancora, e ottanta
Traggonsi di feriti onuste bare,
Tinte di sangue (ciò sappiate, o donna,)
A questa nostra terra. I più trafitti
605Ha la man di Sifrido valoroso;
E quei che oltracotati in riva al Reno
Disdicean l’amistà, di re Gunthero

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Or prigionieri star si dènno. Addotti
Con nostra gioia in questa terra ei sono.
     610Allor, com’ella udì verace annunzio,
Qual porporino fior della fanciulla
Il color si accendea candido in prìa.
Il suo bel volto d’un color di rosa
Copriasi ratto poi che dal tremendo
615Fra l’armi perigliar, di lei per gaudio,
Uscìa così l’eroe gagliardo e bello,
Sifrido giovinetto. Anche gioia
Pe’ suoi più cari, e con ragion cotesto.
     Bene parlasti a me, così dicea
620L’amorosa fanciulla, e per mercede
Avrai però da me pomposa veste
E dieci marchi d’or, ch’io qui ben tosto
A te recar farò. — Davver! che a ricche
Donne con pronta voglia in cotal guisa
625Ridir si ponno simili novelle!
     La sua mercede gli fu data, l’oro
E la veste pur anco. Alle finestre
Corsero allor molte fanciulle vaghe,
Guardavan elle in su la via; fûr visti

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630Molti allor de’ più nobili e gagliardi
In quella terra di Borgogna a dietro
Cavalcando tornar. Venìan gl’intatti,
I feriti venìan, che dagli amici
Potean senza vergogna ed ignominia
635Udir saluti. E l’ospite regale,
Prence Gunthero, a quegli ospiti suoi
Incontro venne con gran gioia. In festa
Il suo grave dolor così finia.
     Oneste a’ suoi fè le accoglienze, ancora
640Le fè oneste agli estrani. A ricco sire
Null’altro s’addicea fuor che sue grazie
Render cortese a chi per lui venia,
Chè presa quei si avean con molto onore
La lor vittoria nella pugna. Intanto
645Volle Gunthero che de’ suoi fidati
Altri dicesse le novelle e quale
Andando colpo ebbe mortal. Ma soli
Sessanta prodi egli perdea. Fûr pianti
Questi sì, come suolsi incliti eroi
650Pianger caduti. Incolume chi venne,
Molte portò con sè targhe squarciate

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Là, nella terra di Gunthero, e molti
Elmi infranti e disfatti. Ecco, scendea
Da’ suoi destrieri, innanzi dal palagio
655Regal, la gente, e udironsi gioiose
Grida colà per le accoglienze oneste.
Ma gli alloggi apprestarsi a’ cavalieri
Si fean per la città. Volle Gunthero
Che quegli ospiti suoi con molta cura
660Altri guardasse, e cenno fè che intento
Altri attendesse a ogni ferito e il tutto
Agevole rendesse ed approntasse;
E videsi qual fosse alta di lui
Verso i nemici suoi virtù sincera.
     665Egli disse a Liudgasto: E siete voi
Il benvenuto a me! Per cagion vostra
Ebb’io gran danno, di cui poscia, lieta
Se fia la sorte, avrò l’ammenda. Intanto
Ricompensimi Iddio gli amici miei,
670Chè per me con amore elli operaro.
     Bene a ragion, risposegli Liudgero,
Render dovete lor grazie cortesi.
Niun re giammai vincea, sì come voi,

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Tanti illustri captivi. Or noi ben grande
675Per onesto trattar darem compenso,
Perchè voi de’ nemici abbiate cura
Intenta e buona. — Liberi vogl’io,
Rispondea re Gunthero, ambo lasciarvi
Andar di qui. Ma perchè meco resti
680Chi m’è nemico, sicurtà mi bramo,
E non mai senza vènia e piacimento
Lasci ’l nemico prigionier la terra.
     Porse Liudgero allor la mano. Intanto,
Fûr recati i trafitti a’ lor riposi,
685Agevole ogni cosa a lor con cura
Altri rendea. Giacenti allor si videro
I feriti su letti acconciamente,
E agli incolumi tutti un vin gagliardo
E idromele fu dato. Or, quella gente
690Mai aver non potè maggior letizia.
     Altri portò lor trapassati scudi
Per custodirli, e v’erano pur anco
Molte selle di sangue intinte assai,
Quali s’ingiunse di celar, le donne
695A lagrimar perchè non fosser tratte,

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Mentre, stanchi dell’armi, fean ritorno
Molti gagliardi cavalieri. Il sire
Con grandezza ed onor gli ospiti suoi
Tutti curava, e di ben note genti
700Era piena la terra e di straniere.
Ei sì, con molto amor, volle che cura
De’ più gravi feriti altri prendesse;
E tracotanza lor, qual cosa vile,
Umilïata fu. Ricca mercede
705Anche fu data a chi di medic’arti
Perito si dicea, copia d’argento
Senza peso notarne, oltre a lucente
Oro, perchè agli eroi, dopo distretta
Della battaglia, guarigion recata
710Fosse per essi. Anche a le genti sue
Colà raccolte fè gran doni il sire,
E a quei che ritornarsi a lor dimore
Voleano ancor, pregando altri si volse,
Come suol farsi a’ dolci amici, ond’elli
715Rimanesser pur anche; e il re venìa
A consigliarsi per qual foggia mai
Dovrebb’ei compensar le genti sue,

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Ch’elle con molto onore il suo comando
Avean compiuto inver. Ma disse allora
720Sire Gernòt: Lasciarli è d’uopo omai
Cavalcando partir. Noto si faccia
A tutti lor, fra settimane sei,
Che a una gran festa elli tornar qui dènno,
Poichè allor fia guarito ognun che intanto
725Giace dolente per sue fonde piaghe.
     Vènia al partir cercavasi pur anco
Sifrido re di Niderlànd. Ma tosto
Che re Gunthero il suo desìo comprese,
Con molto amore sì ’l pregò che seco
730Ancor restasse; nè ciò fatto avrìa
Re Sifrido giammai, se di Gunthero
Stato non fosse per la suora. Ed ei
Tanto era ricco, che nessuna cosa
Tolta si avrìa, ben che mertato assai
735Egli avesse cotesto. Eragli il sire
D’animo grato, e grati eran con lui
I suoi congiunti. Aveano elli già visto
Ciò che per suo valor nella battaglia
Avvenne da que’ dì. Ma quei soltanto,

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740Della vaga fanciulla per desìo,
Di restar si pensò, quando pur dato
Di vederla gli fosse. E fu che poscia
Ei vederla potè; qual fu sua brama,
Nota gli fu la giovinetta, e allora
745Di Sigemundo alla paterna terra
Con molta gioia potè far ritorno.
     Ospite regio, principe Gunthero,
A tutte l’ore armeggiamenti in cura
Di cavalieri avea; giovani prodi
750Ciò fean con molto amor. Ma, per que’ giorni,
Dinanzi a Worms per la mobile arena
Ei fè seggi elevar per genti ancora
Che de’ Burgundi al suol sarìan venute;
E intanto, poi che tosto elle venièno,
755Kriemhilde vaga certo annunzio s’ebbe
Che nobil festa per i dolci amici
Re Gunthero indicea. Grande e solerte
L’opra fu allora di leggiadre donne
Per vesti e cuffie da recarsi a quella
760Festa regale. Ute, possente e ricca,
Novelle udia ridir di eroi superbi

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A venirne vicini, e furon molte
Splendide vesti dagl’involti tratte.
Ed ella ancor pei dolci figli suoi
765Vesti fece apprestar. Ne andâr fregiate
Molte fanciulle e molte donne e molti
Giovani eroi della burgundia terra;
Anche per genti estrane Ute regina
Splendide fè apprestar le vestimenta.