Fisiologia vegetale (Cantoni)/Capitolo 21
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§21. — Preparazione del terreno. Lavori, fognatura, sovescio e concimazione. Conseguenze pratiche.
E qui non è forse inutile il notare alcune cose le quali verrebbero a dare qualche luce ai veri effetti della coltura, dell’abbruciamento, delle sarchiature, dei lavori profondi, e della fognatura. I vantaggiosi effetti di tutte queste operazioni sono a mio avviso dovuti al facilitato ingresso dell’aria per entro una massa più considerevole di terreno, la quale per tal guisa si predisporrebbe ad assorbire e trattenere i materiali utili, ossia a combinarvisi chimicamente.
L’importanza del mettere in contatto coll’aria la massima superficie possibile di terreno fu sempre sperimentalmente riconosciuta, e se ne intravedeva la spiegazione in quelle parole d’un antico agronomo italiano, il quale asseriva:
essere la coltura necessaria per richiamare le parti inferiori del terreno alla superficie, ove dalla luce, dal sole e dall’acqua assottigliate e sciolte, venivano dalle piante assorbite.
Non era adunque al solo intento di correggere la soverchia tenacità del suolo che si praticavano le colture tanto in voga specialmente al tempo de’ Romani. — Importa però distinguere l’effetto della coltura, del lavoro profondo, delle sarchiature, e del drenaggio e di qualunque altra operazione la quale abbia per iscopo il porre i materiali terrestri in contatto dell’aria, sopra un terreno di recente dissodato e non ancora reso coltivabile, da quello che l’aereazione, per mezzo di simili lavori, produce nello strato già coltivabile. — Nel primo caso vi ha una vera preparazione del terreno a farsi coltivabile, cioè disgregazione, polverizzamento, ed una prima ossidazione di materiali terrestri. Gli elementi atmosferici che pei primi ed in maggior quantità vi si uniscono sono l’ossigeno e l’acido carbonico. Così preparato il terreno si dispone ad acquistare il nome di coltivabile, cioè la facoltà di combinarsi ad altri materiali più importanti, specialmente all’azoto e materie concimanti, e di presentarli alla vegetazione nelle opportune condizioni. I materiali inorganici del suolo sono ancora i medesimi, solo vi si aggiunsero alcuni elementi combustibili, che loro comunicarono la facoltà di poter in seguito entrare a far parte dell’organismo delle piante.
In questo stadio di preparazione il terreno non fa che prendere per sè e saturarsi d’alcune sostanze che lo predispongono a combinazioni più utili ed intaccabili dalle piante. — Perciò nei terreni dissodati di recente, e nello strato sottoposto al coltivabile, il lavoro, e più ancora la concimazione, riescono maggiormente a profitto del terreno che della vegetazione. (Vedi § 20). Chi credesse di poter superare d’un salto questo stadio di preparazione d’un terreno, s’ingannerebbe di molto: noi possiamo abbreviarlo coi ripetuti lavori e colle abbondanti concimazioni organiche, specialmente animali, ma non possiamo evitarlo. — Così pure grandemente s’ingannerebbe chi perdesse la speranza di superarlo, come avviene a molti i quali non conoscendo che vi deve essere, e trovando ben poco beneficio, od anche una perdita nel bilancio delle prime coltivazioni, smettesse ogni cura ulteriore, ed abbandonasse l’impresa.
Persuasi inoltre che questo terreno inerte, prima di cedere qualche cosa alla vegetazione, non fa che assorbire, trattenere e prepararsi esso medesimo, avremo cura, nei lavori alquanto profondi, di non mescolare i due strati, cioè il coltivabile e l’inerte, poiché quest’ultimo si preparerebbe a spese del primo, e da ambedue risulterebbe una mescolanza meno utile alle piante, che non fosse il solo strato coltivabile.
Dunque l’aereazione, portata dai diversi lavori nel terreno inerte, serve soltanto alla preparazione. Nello strato coltivabile all’incontro serve a qualche cosa di più; serve cioè alla formazione dei materiali direttamente utili alle piante per mezzo delle sostanze artificialmente aggiunte, ed a far subire al terreno una vera nitrificazione pel concorso dell’aria e delle sostanze organiche. — Il colore diverso, che già accennai siccome prova d’una diversa combinazione chimica dei materiali costituenti il terreno, non solo serve a distinguere lo strato coltivabile dallo strato inerte, ma eziandio a distinguere l’antichità e le cure di coltivazione d’uno strato coltivabile, confrontato con altro di egual composizione chimica. Lo strato coltivato da più lungo tempo, o che a parità di tempo abbia ricevuto maggiori lavori e maggior quantità di concimi, si presenterà di colore più oscuro di quello coltivato da minor tempo, o più trascurato nella coltura. I terreni avvicinanti le città, i villaggi ed i luoghi tutti abitati, sono di color quasi sempre nerastro, e ricevettero persino il nome speciale di terre da orto.
Che mai s’aggiunge ad un terreno appena dissodato, qualunque ne sia la natura, coll’abbruciamento? Nulla. Anzi, alcune sostanze, per effetto del calore possono disperdersi allo stato di gas, e fra queste, siccome più facili a trovarsi nel terreno ed a svolgersi, l’azoto e l’acido carbonico. Eppure coll’abbruciamento riduconsi i materiali terrestri, in tale stato che più pronta è la loro combinazione coi materiali concimanti, e più presto ci mostrano i benefici effetti della concimazione. Infatti, se ad un ammasso fermentante di concime da stalla mescolate terra argillosa, quale potete cavarla dal terreno, e ad un altro vi mescoliate terra argillosa cotta in eguale quantità, v’accorgerete che quest’ultimo ammasso, quasi immediatamente, non vi tramanderà più alcun odor ammoniacale, mentre l’altro ne manderà ancora, sebbene in quantità molto minore di quanto ne avrebbe mandato senza l’aggiunta della terra. — Io aggiunsi terra cotta a spazzatura di pozzi neri, e n’ebbi una pronta e perfetta disinfettazione, pari a quella che avrei ottenuta col gesso o col solfato di ferro. Questa terra dopo pochi giorni, perdeva il color rossiccio, ed acquistava un color nero intenso che non abbandonava nemmeno lavandola con acqua. E lo stesso mi succedeva, dopo un tempo alquanto più lungo, allorché stratificava il concime da stalla con terra coltivabile. Eravi insomma quella formazione di lacche già citata dal Thenard (§ 6); ossia la terra, per mezzo del calore, acquistava la proprietà di combinarsi più facilmente e prontamente ai materiali concimanti.
Nè diversamente dobbiamo considerare gli effetti della fognatura. Infatti, che cosa è la fognatura osservata praticamente? È il foro situato in fondo ai vasi de’ fiori, perchè l’acqua e l’aria attraversino tutta l’altezza dello strato di terra. Un terreno che non possa dar adito nè all’acqua nè all’aria, può paragonarsi ad un vaso senza foro, nel quale la pianta certamente non vegeta bene o deperisce. Ecco in breve i vantaggi della fognatura essa, priva il terreno della soverchia umidità; lo rende poroso, e v’introduce aria e calore, eppertanto facilita la prima preparazione del terreno profondo inerte; e migliora la condizione del terreno superficiale, col facilitare quelle prime combinazioni chimiche che soltanto il lavoro ed il contatto coll’aria rendono possibili nel terreno. Perciò a torto si crederebbe che la fognatura serva solo a togliere la soverchia umidità del terreno, e che sia applicabile od utile unicamente ne’ terreni troppo argillosi, senza declivio, o paludosi, ecc.: questa operazione può essere utile anche nei terreni sovrapposti a strati ghiajosi, e di strato non molto alto, appunto perchè l’azione principale consisiste nell’introdurre l’aria in una maggior quantità di terreno, riproducendo in parte gli effetti della coltura, e delle sarchiature.
Anche il sovescio e la concimazione agiscono preparando il terreno. Che cosa sia il sovescio, tutti lo sanno, nè fa bisogno ch’io lo ripeta. — Ma forse non tutti conoscono quale poi sia il suo vero effetto sul terreno o sulla vegetazione; poiché nemmeno i teorici sono pienamente d’accordo fra loro. — Voi tutti avrete sentito annunziare, quale assioma di teoria agricola, che, per mantenere il terreno in istato di costante produzione, bisogna rendergli coi concimi tutto quanto gli fu levato coi raccolti; e che, continuando ad esportare senza restituire, o restituendo solo in parte quanto gli fu levato coi prodotti esportati, si conduce il fondo più o meno prontamente verso la sterilità. Una tale proposizione si presenta infatti coi migliori requisiti per essere tenuta per logica e vera. „Un pozzo, sia pur esso profondo, dice Liebig al Mechi di Londra, se manca di viva sorgente, finisce col vuotarsi quando si continua a trarne acqua. — I nostri campi si comportano come il pozzo„. Eppure, se così fosse, a quest’ora saremmo tutti morti di fame, essendo che da molti secoli ad ogni fondo si rende meno di quanto esso produce, o che da esso si esporti.
Voglio pure osservare la cosa nel modo il più esteso, e concedere che, se non tutti i fondi ricevono esattamente tutto quanto producono, ve ne siano di quelli i quali ricevono anche di più; ma questi sono rarissime eccezioni, e possiamo esser certi che il complesso dei terreni riceve assai meno, tenuto calcolo di quanto vien dalle acque condotto a stagnare e depositarsi nei laghi o nel mare. E questa quantità dev’essere considerevole, poichè i centri che consumano i prodotti agricoli, ossia le città, sono quasi tutte collocate presso i corsi d’acqua, o costeggiano i laghi ed il mare; e colà vanno generalmente a scaricarsi i pozzi neri, e le spazzature delle case e delle strade. Non tutte le città hanno già da secoli, come Milano, una Vettabbia che raccolga le immondizie e le trasporti a dare una favolosa produzione d’erba nei prati marcitorii fuori delle mura; o che abbiano pozzi neri a tenuta di liquido e regolarmente spurgati a profitto dell’agricoltura. Nelle altre città, non dico solo di Italia, ma d’Europa tutta, s’incomincia adesso a raccogliere in appositi canali ed a profitto dei campi, quella immensità di materiali che dapprima versavasi nei corsi d’acqua, a scapito persino della salubrità. — Ma le città non sprecano quanto esse medesime hanno prodotto; esse sprecano gli avanzi della produzione delle campagne; o, in altri termini, le città non rendono ai comuni agricoli tal copia di concimi che valga a compensarli delle carni e dei grani esportati. — E questa storiella camina già da secoli, e vuol caminare ancora per molto tempo. — Si conceda pure all’aria la facoltà di rendere qualche materiale combustibile, di procurarci dell’azoto colla naturale nitrificazione; ma l’atmosfera non ci renderà nè la potassa, nè la calce, nè la silice, nè qualunque altro materiale inorganico incombustibile che le acque trascinarono al mare. Come mai dunque non si è ancora asciugato questo pozzo, la di cui sorgente rimette meno acqua di quanto se ne tolga?
Allontaniamoci dalla città, e, dai campi coltivati e concimati più o meno secondo le regole teoriche, portiamoci sur una cresta imboscata d’un monte, dove non arrivi altro concime che lo sterco degli uccelli, o di qualche altro animale di passaggio che prende per due e lasci per uno. Su questa cresta imboscata non vi arriva alcun materiale portatovi dalle acque, e, per dippiù, le piogge ogni anno trascinano in basso qualche materiale utile. Da quel bosco si continua da secoli ad esportar legna; e solo vi si lasciano le foglie cadute. Insomma da quella superficie si continua ad esportare senza restituire. Ciò non pertanto se voi interrogate quei montanari, vi diranno che quel bosco, si è fatto sempre migliore; il che vuol dire che fornì sempre qualche cosa di più all’esportazione, pel solo fatto d’avervi sempre lasciate le foglie cadute. — Ma queste foglie non rappresentano esse pure una produzione dello stesso terreno? — Andiamo avanti. — Sopra una superficie, per es., di 1000 metri quadrati d’un terreno qualsiasi, si lasci crescere liberamente per tutto l’anno ogni erba, fosse anche la peggiore, ed a finir del verno, levinsi con un badile tutte le erbe cresciutevi, con una quantità di terra maggiore o minore, secondo che maggiore o minore sia la quantità di materia vegetale prodottasi. Pongasi che questo terreno sia di qualità quasi inerte, che la produzione erbacea siasi pocchissima, e che con essa si possa ogni anno levare soltanto un mezzo centimetro di terra. Avremo cinque metri cubi di terra mista a sostanze vegetali, i quali ammucchiati e rivoltati una volta ogni tre mesi, escluso l’inverno, ci daranno un ottimo terriccio dopo un anno e mezzo circa; e questo, steso all’altezza di 0m25, coprirà una superficie di 20 metri, i quali coltivati, vi produranno quanto il terreno meglio concimato. — Continuate quello scoticamento e l’ammucchiamento per cinquant’anni, ed avrete bonificati, senza aggiungere alcuna sostanza, i primi venticinque centimetri superficiali di terreno, forse più in fretta che non concimando e lavorando come si fa di solito.
Ancora un’esempio. Avete due pezzi d’identico terreno; sopra di uno praticate un buon sovescio, e sull’altro no; indi seminate. Il prodotto del primo supera d’assai il prodotto del secondo, e lo supera in una tal misura che non è attribuibile all’aggiunta di quel poco seme della pianta sovesciata.
Come va dunque la facenda? In tutti questi casi il terreno o ha ricevuto nulla od ha ricevuto meno di quanto ha prodotto. Che il pozzo del Liebig fosse un pozzo inesauribile, senza fondo? — Per me, io lo credo, e ritengo che basti allungare di quando in quando la corda per andare a prendere acqua un poco più in basso.
Nel sovescio noi dobbiamo scorgere il metodo di concimazione praticato più o meno bene dalla madre natura? Non vi par forse di vedere nelle radici delle piante una specie di macchina che serve a rendere superficiale il terreno profondo, facendolo passare pel proprio organismo, elaborandolo e riducendolo a più complesse combinazioni ed in uno stato migliore? Non agisce forse appunto come un animale il quale facendo passare l’erba secca, pel proprio corpo la riduce in condizioni migliori per la vegetazione, perchè gli escrementi sono più complessi e più facilmente scomponibili? Anche l’animale toglie qualche cosa al fieno, ma rende l’avanzo in uno stato che meglio favorisce la vegetazione che non somministrando il tutto in natura.
La vegetazione rende superficiale, elabora il terreno e lo migliora, ed all’esportazione di quanto si produce alla superficie supplisce col prendere ed elaborare materiali sempre più profondi: — Il sovescio e la vegetazione insomma non restituiscono al terreno più di quanto levano, ed il più delle volte meno di quanto levano; il sovescio e la vegetazione non concimano ma preparano il terreno, ossia lo dispongono a ridursi più facilmente e prontamente a quelle combinazioni le quali sono più facilmente e prontamente assimilate dalle piante.
Ridotta la questione a questo punto, ci faremo la seguente domanda:
Per ben preparare il terreno è meglio praticare abbondanti sovesci d’erbe che possono servir da foraggio, o consegnare al terreno il concime risultante dal foraggio convertito in concime?
Forse anche qui la pratica sarà in contraddizione colle teorie finora emesse.
Taluno, considerando che il foraggio nel passare pel corpo degli animali perde tanto dei suoi materiali quanti sono quelli rappresentati dal latte e dalle carni, credette logico l’impedire questa perdita, sovesciando tale e quale il foraggio verde. Da qui il sistema del Nebbien, il quale suggeriva di seminare in una data superficie del fondo, proporzionale alla sua estensione e bisogni, semi di diverse piante erbacee, di pronto sviluppo e di abbondante fogliame, indi tagliarle e trasportarle per essere sovesciate ov’era richiesta la concimazione. — Infatti, niente di più logico del ritenere che se un fondo, ad onta dell’esportazione del latte e delle carni, era mantenuto fertile avendo una data superficie a foraggio consumato dal bestiame, maggior fertilità dovevasi conservare sovesciando il tutto immediatamente allo stato verde, ed impedendo la benchè minima esportazione di quanto proveniva dal foraggio stesso.
Cruozet dice, (Journ. d’agric. pratique, 20 octobre 1859).
Gli animali non creano alcun elemento di fertilità: essi consumano, al contrario, e distruggono una parte di quelli contenuti nel loro alimento: quanto all’altra parte, si limitano a trasformarla ed appropriarla all’assimilazione della vita vegetativa.
Ma qui pure la pratica dà una smentita. — La cosa andrebbe come finora si vuol far credere quando noi avessimo uno strato di terreno coltivabile di una determinata altezza, posto al disopra di un materiale inattaccabile, poichè vi sarebbe la necessità di restituire tutto quanto si leva, se non si volesse vedere diminuito quello strato di tanto materiale quanto è quello esportato dal fondo coi cereali, carni o latte. Allora la miglior concimazione sarà proprio quella che restituisce di quando in quando tutto ciò che fu levato dalle coltivazioni, procurando nell’egual tempo di rendere materiali migliori, o più abbondanti. Ma la cosa procede diversamente. La vegetazione elabora il terreno, facendolo passare pel proprio organismo, e gli animali elaborano la vegetazione facendola passare pel proprio corpo. — Il terreno convertito alla nutrizione dei vegetali, si riduce a composizioni più complesse ed alterabili; ed a sua volta le sostanze vegetali convertite alla nutrizione animale si rendono ancor più complesse ed alterabili, quali le vediamo negli escrementi riuniti, solidi e liquidi. — Che cos’è un fascio d’erba che imputridisce e si scompone? Un pugno di terra convertito in erba. — Che cosa l’escremento d’un cavallo? Un fascio d’erba convertito in escremento. È ancora quel pugno di terra che si era convertito in un fascio d’erba.
Ecco pertanto un pugno di terra, il quale, senza il concorso della vegetazione, sarebbe rimasto inalterato chi sa per quanto tempo, convertirsi in pochi mesi in un materiale alterabile in pochi giorni; e questo, passando pel corpo d’un cavallo, si altera rapidamente quasi in poche ore. — Ora domando: credereste voi di concimare con egual successo spandendo un pugno di terra, oppure sovesciando il fascio d’erba verde, o gli escrementi. Qual’è la sostanza più complessa, più facilmente alterabile, e che può presentare più facili e maggiori azioni di contatto, quando sia mescolata al terreno, il pugno di terra, il foraggio verde, o gli escrementi? — Son persuaso che si risponderà sono gli escrementi.
Ma questi escrementi non rendono tutto; che anzi, facilitando la preparazione del terreno, più pronto dovrebbe esserne l’esaurimento, per una maggiore esportazione. Eppure, che volete? la terra s’ostina a mostrarsi un pozzo inesauribile. — Mi pare quindi di poter dire che i concimi non sono destinati a restituire nell’assoluto senso della parola, ma a preparare il terreno ad una od ad altra coltivazione; e che il terreno coltivabile non formando uno strato di determinata altezza, esso acquista inferiormente quanto perde superiormente. Il sovescio è un mezzo naturale ed il più elementare per acquistare terreno, mentre la concimazione è un mezzo artificiale più energico per arrivare allo stesso scopo.
Questa preparazione preliminare del terreno, se ci è provata da molti fatti riconoscibili nella pratica, dobbiamo averla di mira anche per stabilire alcune norme forse poco conosciute o mal applicate. La vegetazione è possibile pur quando nel terreno non trovinsi materiali concimanti, organici o combustibili; ma in tal caso è stentata e non soddisfa nè ai desiderj nè ai bisogni dell’agricoltura. Le coltivazioni esigono un terreno preparato, ridotto cioè alle combinazioni facilmente attaccabili dalle radici; e tali combinazioni sono, come dissi, assai favorite dall’introduzione di sostanze azotate.
Anche negli animali, le sostanze che possono servir d’alimento, non hanno il medesimo effetto in qualunque condizione si trovino. La medesima quantità e qualità di alimento, somministra piuttosto un principio che un altro, o lo somministra in proporzione diversa, secondo il modo di preparazione. E la migliore preparazione sembra quella che offra il cibo meglio suddiviso, capace di subire facilmente ulteriori modificazioni, avanti di passare alla scomposizione finale o fermentazione putrida. — Così una pianta che cresca fra i crepacci d’una roccia, per riguardo alla facilità di nutrizione, può rassomigliarsi ad un uomo al quale, invece d’un chilogrammo di pane, fossero posti davanti tanti grani di frumento d’un egual peso, con una proporzionale quantità d’acqua. Il pane è frumento ed acqua convenientemente preparati, è un buon terreno coltivabile; ed i grani e l’acqua separati, rappresentano un terreno ancor vergine, che può nutrire ma non far prosperare, poichè molte particelle sì del frumento, nel primo caso, che del terreno, nel secondo, rimaranno inerti.
Rispetto quindi alla vegetazione agricola, il terreno può trovarsi in tre diversi stadj principali, colle relative condizioni intermedie. Il primo è lo stadio nel quale vi dominano quasi esclusivamente i principj minerali ed inorganici incombustibili; questo è il terreno inerte, vergine, che non può ancora ricevere il nome di coltivabile. Il secondo è quello nel quale gli elementi inorganici incombustibili, gli organici o combustibili si trovano nelle giuste proporzioni; e questo è il terreno coltivabile nel miglior stato di preparazione o di fertilità. Il terzo stadio sarà quello nel quale i materiali organici combustibili si trovino in una proporzione maggiore degli inorganici od incombustibili; e questi sono i terreni della coltura intensiva, degli orti presso le città, e i terreni eminentemente vegetali. Nei due stadj estremi, il terreno, per quanto riguarda l’agricoltura, manca di qualche cosa; nel primo difetta di sostanze organiche, nell’ultimo d’inorganiche. — Da qui la necessità di rimediarvi, da qui la spiegazione di alcuni fatti, e l’applicazione d’altre norme utili per la pratica.
Nel terreno che si trovi nella prima condizione, cioè nel terreno inerte, o che manchi di principj organici, l’agricoltore dovrà rivolgere le sue cure a fornirlo di queste, e specialmente delle più azotate, siccome quelle che meglio raggiungono lo scopo; nè ommetterà le operazioni che favoriscono l’azione reciproca fra i materiali organici e gli inorganici, cioè il rinnovato ed esteso contatto dell’aria per mezzo del ripetuto lavoro, della fognatura, ed anche dell’abbruciamento.
Quindi facilmente potremo darci ragione perchè i terreni, nel primo stadio, tardino a prestarsi utilmente alla vegetazione, e perchè in essi il guano, il nero di raffineria, gli escrementi umani, liquidi e solidi, e tutte le altre sostanze eminentemente azotate, siano appunto i concimi, i quali, sebbene poco voluminosi, diano i migliori effetti.
Nel secondo stadio, nel quale gli elementi organici ed inorganici stanno nelle più opportune proporzioni perchè gli uni facilitino l’assimilazione degli altri, si dovrà aver riguardo a mantenere quest’equilibrio. — Una successiva aggiunta di sostanze organiche, singolarmente azotate, produrrebbe, è vero, momentaneamente un eccesso di vegetazione; ma indurrebbe un conseguente anormale consumo di materiali inorganici, e lentamente ci condurrebbe al terzo stato. — Questo è l’effetto dell’uso, o meglio dell’abuso, dei concimi liquidi, i quali diedero adito alla credenza che agissero stimolando, esaurissero più prontamente la fertilità del terreno, e rendessero perciò necessaria un’abbondante concimazione coll’ordinario letame da stalla. Ma la vera causa risiede in ciò, che i concimi liquidi non rendono al terreno una proporzionale quantità di materiali inorganici, singolarmente di insolubili; quindi tolgono al terreno quelli dei quali abbisognano per ridursi alle opportune combinazioni. Ormai, le ripetute sperienze e i ripetuti disinganni posero in evidenza che, i prodigiosi effetti dei concimi eminentemente azotati, sono il risultato soltanto d’un più pronto esaurimento di quei materiali inorganici del terreno che sono già convenientemente disposti a combinarsi coi materiali concimanti; e che per conseguenza dopo alcuni anni, rendesi necessaria un’abbondante concimazione coll’ordinario letame da stalla. Dalle sperienze sull’uso del guano, di Stöckhard (Journal d’Agricolture pratique, 8 maggio 1859), risulta che dopo forti concimazioni con questo concime molto azotato, il letame da stalla, anche alla dose ordinaria, dà risultati migliori di quelle del guano e consimili, sebbene adoperati in tale quantità da renderne dubbia la convenienza.
Il terzo stadio è quello adunque che sussegue la coltura sommamente intensiva, quale ora abbiam detto per effetto di abbondanti concimazioni con sostanze organiche. Se il terreno delle ortaglie avvicinanti le grandi città, ove si concima abbondantemente con concimi molto azotati per avere una lussureggiante vegetazione, venisse ad un tratto convertito alle coltivazioni agricole, per esempio, al frumento od al melgone, avremmo un’abbondanza di fogliame, ma una mancanza di robustezza nel fusto ed una stentata produzione di grani, per una minor proporzione di materiali inorganici nel terreno. Come ho già detto, ottiensi miglior effetto da una pianta collocata in terreno mediocremente concimato, che non dalla stessa posta a vegetare sopra un ammasso di letame.
Le sperienze di Benjamin Corenwinder (Journal d’Agriculture pratique, 20 septembre 1859), confermano pienamente questo modo di considerare il terzo stadio del terreno, egli sperimentò il fosfato di calce opportunamente disciolto nella terra fertile colla coltivazione del frumento, della barbabietola, del sorgo e del pomo di terra; e termina la relazione alla Società Imperiale e Centrale d’Agricoltura in Parigi, colle seguenti parole:
Dalle accennate sperienze si può concludere che, se il fosfato delle ossa, il fosfato fossile ed il nero animale esercitano, in molte circostanze ed in certe località, effetti potenti sulla vegetazione, vi sono però dei casi nei quali l’influenza fertilizzante dell’acido fosforico è completamente nulla.
Ogniqualvolta un terreno sia provvisto di fosfati per l’abbondanza de’ concimi e pei ripetuti amendamenti, è inutile aggiungerne di nuovo: l’eccesso è di nessun effetto.
Aggiunge che i signori Kuhlmann e Stefano Desmesmay, nel circondario di Lille, ed il signor Feneulle a Cambrai, hanno essi pure constatato che il fosfato di calce ed il nero animale, non esercitano alcuna influenza sulla vegetazione nelle terre fertili del dipartimento del Nord.
Si noti che avendo il Corenwinder usato i fosfati allo stato di soluzione non vi sarebbe proprio nessuna condizione finora creduta contraria all’introduzione di quelle sostanze nell’organismo delle piante. — Provasi quindi la facoltà assorbente del terreno, e più ancora che gli eccessi, tanto de’ materiali inorganici quanto di organici, sono parimenti inutili alla vegetazione.
Pertanto l’agricoltore, con siffatti terreni, avrebbe un migliore e maggior effetto dall’uso de’ concimi inorganici che da quello degli organici; meglio farebbe aggiungendo calce e ceneri lisciviate, che non concimi liquidi, sangue, nero di raffineria o guano. Così è parimenti de’ terreni eminentemente vegetali. I prati vecchi, e che per lungo tempo siano stati concimati con materie eminentemente organiche azotate, traggono maggior profitto dal venir ricoperti da uno straterello di terra, convenientemente preparata ed applicata, che non da un’ulteriore ed abbondante concimazione organica. E parimente i terreni torbosi avvantaggiano immensamente per l’aggiunta di ceneri e calce estinta, miste ad abbondante quantità di terra mediocremente argillosa. — Finalmente un metodo assai economico per rimediare a questa sproporzione è, quando sia possibile, il lavoro profondo, per esso si prendono al dissotto dello strato coltivato, materiali inorganici ancora inesplorati, si sollevano e si rimescolano collo strato superficiale, si allunga, come dissi, la corda.
Fortunato adunque chi può trovare terreno in questo terzo stadio, purchè non torboso. Egli per ottenere la giusta proporzione avrà a spendere sicuramente la decima parte di quello che dovrebbe spendere con un terreno nel primo stadio, poichè i materiali inorganici sono più facili ad aversi, e costano assai meno degli organici. Col terreno nel terzo stadio potrà seguitare per lungo tempo ad usufruire le spese od i concimi di molti anni prima, ed avrà a moderare la vegetazione; mentre, col terreno nel primo stadio, dovrebbe spendere per favorirla e, rinvigorirla.
Stando a quanto esposi taluno potrebbe domandare: vi sarebbe forse un limite nella fertilità del terreno? — Sì e no. Sì per una data coltivazione, poichè il frumento, per esempio, potrà sentire lo squilibrio, aumentando o diminuendo la proporzione fra la paglia ed il grano; ed a condizioni meteoriche pari e costanti, arriverà a quel punto di prodotto compatibile colla quantità e qualità di terreno, e colla quantità ed estensione delle radici. — Ma se si cambia la coltivazione potrassi mettere a profitto quell’eccedenza di materiali organici od inorganici che costituisce uno squilibrio, purchè si scelga a succedervi quella pianta che meglio ne può avvantaggiare.
Così un terreno che mal si presta alla produzione del grano, perchè trovasi nel terzo stadio, potrà utilmente convertirsi alla produzione di abbondante produzione fogliacea, riducendolo a prato, oppure ad orto. — Questo principio, che è quello che rese necessaria la rotazione, ci mostra eziandio come nella rotazione si possa, per effetto di un dato ciclo di coltivazioni, mantenere il terreno nel secondo stadio, in quello cioè di perfetta relazione tra le sostanze inorganiche ed organiche che la compongono.
L’aereazione non serve soltanto a predisporre i materiali inorganici ad entrare in una prima combinazione cogli organici, ma serve eziandio ed è indispensabile perchè compiansi le ulteriori ed ultime modificazioni che le rendono intaccabili od assimilabili dalle radici. Ove l’aria non giunga e non si rinnova le radici non vanno, ancorchè l’umidità in qualche modo vi giunga; anzi, se le radici d’una pianta vengono ad essere prive del contatto dell’aria, come nel caso di profondi interramenti o di prolungate inondazioni, deperiscono e muojono. Chiudasi repentinamente, ad una pianta in vaso verniciato, il foro collocato sul fondo, e la si vedrà deperire in breve tempo; se poi la caverete dal vaso, troverete alterate, guaste o putrefatte le radici più basse, e solo conservate quelle che erano le più superficiali. Aumentare adunque l’altezza dello strato penetrabile dall’aria è aumentare e favorire la preparazione d’una maggior quantità di nutrimento, nonchè un maggiore e più esteso sviluppo di radici, è finalmente favorire la vegetazione ed aumentare i prodotti.
Il lavoro e la concimazione sono in fine i veri mezzi coi quali si riduce coltivabile il terreno inerte; che si rende produttivo un terreno improduttivo; e che si crea il capitale fondiario il di cui interesse sono i prodotti, i quali rispondono esattamente alla quantità dei mezzi ed all’intelligenza colla quale verniero applicati. — E qui torna il destro di far cenno d’un’ingiustizia o d’un errore nell’egual tempo; voglio dire del poco conto che si tiene del miglioramento nella qualità del terreno nei bilanci che si fanno al termine di locazione dei beni affittati.
Veggonsi attribuire forti debiti o crediti agli affittuarj per effetto di piantagioni; ma ben di rado si fa menzione di debito o di credito per effetto di trascurata o di diligente coltura. Eppure di quanta importanza pel coltivatore, pel proprietario e per la società è lo stato del terreno! — Il terreno, direi quasi, è l’unico e vero capitale fondiario; le piantagioni sono di un utile il più delle volte eventuale, instabile e di minor durata.
Si osservi, nell’attual crisi agricola, quali sieno le località che meno ne risentirono, e si vedrà essere quelle nelle quali le cure della società, del proprietario o dell’affittuale si rivolsero al miglioramento del terreno; cioè la parte irrigua con buoni prati, con spaziosi campi, dove si lavora più volte il terreno in un anno, dove è abbondanza di buon concime, e dove il denaro venne impiegato ad avere acqua d’irrigazione. In queste località la vite ed il gelso costituiscono un soprappiù del prodotto, non il fondamento, come nella parte asciutta. — Pongasi lo sgraziatissimo caso che viti e gelso divenissero inutili, e che nei fondi asciutti, affittati a grano, si dovesse basare tutto il prodotto sul terreno, in quale stato troveremo noi questo vero capitale? Magro in generale; esaurito e sfruttato in molti luoghi. Il valore del terreno, ossia le classificazioni stabilite nel vecchio censo milanese, era fondato sulla diversa attitudine di quello alle diverse coltivazioni annuali; le piantagioni erano marcate a parte. L’attitudine del terreno era l’espressione dei lavori e delle concimazioni precedenti. Ogni territorio, ogni appezzamento aveva si può dire le proprie gradazioni, e nei fondi, anche i più sgraziati per composizione chimica o fisica, la cosidetta prima squadra, o prima qualità, la trovate costantemente presso l’abitato, e nelle cosidette terre da orto, perchè è sempre stato più comodo il lavorare e concimare vicino piuttosto che lontano dell’abitato. E quelli che attualmente lavorano il terreno anticamente ad orto non lo cambierebbero con altro anche vicino, poichè conoscono benissimo di godere delle fatiche e delle spese fatte qualche secolo fa.