Fisiologia vegetale (Cantoni)/Capitolo 6
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§ 6. — Che debbasi pensare dell’acido carbonico esalato dalle foglie durante l’oscurità.
Ma che dirassi della funzione inversa, attribuita alle foglie nell’oscurità, d’esalare acido carbonico?
D’onde, dice il Pichat, questa esalazione più che la normale composizione non comporti? Il Pichat spiega un tal fenomeno aggiungendo: “Sarà mestieri convenire che mancando la luce, scema o cessa il processo plastico della vegetazione: le spongiole proseguono il loro ufficio di procacciare dal suolo acido carbonico, ed il carbonio di questo acido non trovando luce, mediante la quale comporre la materia verde, viene esalato in ispecie dalle più giovani cellole dell’epidermide o dai loro meati intercellolari.„
Ed altrove.
“La luce agisce di tal guisa che la foglia piglia il carbonio e rigetta l’ossigeno, mentre all’oscuro esala quello, e questo s’appropria. Nelle piante anzi sembra che cessando nella notte la facoltà di espellere l’ossigeno e ritenere il carbonio, le radici rechino nel fusto l’acido carbonico disciolto nell’acqua assorbita, e l’acido stesso rimanga in dissoluzione nel succhio: quest’acqua s’evapora a traverso le foglie, e con essa l’acido carbonico che vi si trovava disciolto.„
Ora io farei al Pichat le seguenti domande:
Come possono le piante esalare acido carbonico, se quello che assorbono per mezzo delle foglie vien decomposto immediatamente?
Come mai le radici possono recare alle parti verdi esalanti l’acido carbonico del terreno, ed assorbito nel terreno, se quest’acido lo si fa servire soltanto a sciogliere i materiali terrestri, e che nel terreno non vi si trova mai in tale abbondanza quale l’esalazione potrebbe farlo supporre?
Nei terreni sprovvisti d’acido carbonico dove prendono le radici quest’acido da esalare durante l’oscurità per le parti verdi?
Per verità, difficile sarebbe l’avere una risposta soddisfacente.