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pensarli delle carni e dei grani esportati. — E questa storiella camina già da secoli, e vuol caminare ancora per molto tempo. — Si conceda pure all’aria la facoltà di rendere qualche materiale combustibile, di procurarci dell’azoto colla naturale nitrificazione; ma l’atmosfera non ci renderà nè la potassa, nè la calce, nè la silice, nè qualunque altro materiale inorganico incombustibile che le acque trascinarono al mare. Come mai dunque non si è ancora asciugato questo pozzo, la di cui sorgente rimette meno acqua di quanto se ne tolga?

Allontaniamoci dalla città, e, dai campi coltivati e concimati più o meno secondo le regole teoriche, portiamoci sur una cresta imboscata d’un monte, dove non arrivi altro concime che lo sterco degli uccelli, o di qualche altro animale di passaggio che prende per due e lasci per uno. Su questa cresta imboscata non vi arriva alcun materiale portatovi dalle acque, e, per dippiù, le piogge ogni anno trascinano in basso qualche materiale utile. Da quel bosco si continua da secoli ad esportar legna; e solo vi si lasciano le foglie cadute. Insomma da quella superficie si continua ad esportare senza restituire. Ciò non pertanto se voi interrogate quei montanari, vi diranno che quel bosco, si è fatto sempre migliore; il che vuol dire che fornì sempre qualche cosa di più all’esportazione, pel solo fatto d’avervi sempre lasciate le foglie cadute. — Ma queste foglie non rappresentano esse pure una produzione dello stesso terreno? — Andiamo avanti. — Sopra una superficie, per es., di 1000 metri quadrati d’un terreno qualsiasi, si lasci crescere liberamente per tutto l’anno ogni erba, fosse anche la peggiore, ed a finir del verno, levinsi con un badile tutte le erbe cresciutevi, con una quantità di terra maggiore o minore, secondo che maggiore o minore sia la quantità di materia vegetale prodottasi. Pongasi che questo terreno sia di qualità quasi inerte, che la produzione er-