Fisiologia vegetale (Cantoni)/Capitolo 22

§ 22 - Possibilità ed importanza della nitrificazione del terreno. Sperienze di Lawes e Gilbert. Sperienze di Boussingault. Terricciati

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§ 22 - Possibilità ed importanza della nitrificazione del terreno. Sperienze di Lawes e Gilbert. Sperienze di Boussingault. Terricciati
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§ 22 — Possibilità ed importanza della nitrificazione del terreno. Sperienze di Lawes e Gilbert. Sperience di Boussingault. Terricciati.

L’introduzione dell’aria nel terreno non solo permette ma esercita un’azione chimica, una vera ossidazione, la quale serve a preparare le basi che devono combinarsi alle materie concimanti; favorisce una prima combinazione dell’acido carbonico colla calce, colla potassa, ecc.; e, nei terreni già ben preparati o coltivabili, rende forse possibile anche una vera nitrificazione de’ materiali alcalini per mezzo dell’azoto atmosferico insinuantesi nelle porosità del terreno. Il primo azoto alle piante non può esservi arrivato in altro modo; e, se finora tornarono inutili od inconcludenti le sperienze dirette a verificare se alcune piante per mezzo delle foglie si assimilassero un poco di azoto, fu perchè l’ufficio delle foglie a mio credere è unicamente quello di assorbire gas acido carbonico. Simili sperienze dovrebbero istituirsi nel senso della nitrificazione del terreno.

Se gli sperimenti fatti ne’ vasi, in determinati volumi d’aria di determinata composizione, diedero risultati tali da non poter emettere un giudizio sicuro, è certo [p. 99 modifica]che non contrariando la natura, nè col preparare il terreno, nè col preparare o limitare l’atmosfera alle piante, queste, il più delle volte, danno all’analisi una quantità d’azoto maggiore di quella che si sarebbe potuto riscontrare nel terreno.

I. B. Lawes e Gilbert, in una memoria letta nel 1857 all’Associazione di Dublino (Institut. 8 décembre, 1858) circa alla quantità annuale d’azoto tolto ad un acre di terreno da diversi prodotti, verreberro ad alcune conclusioni le quali confermano il nostro supposto.

Nella coltivazione de’ cereali, sopra una serie d’anni, soli 4/10 dell’azoto, fornito annualmente cogli ingrassi, furono utilizzati per un aumento immediato del raccolto; per il che si pongono le seguenti domande:

1. L’azoto venne forse in gran parte perduto perchè trasportato dalle acque?

2. Il concime azotato si scompose nel suolo, lasciando evaporare l’azoto sott’altra forma?

3. Una porzione d’azoto rimase forse nel suolo in combinazione fissa od inutile?

4. Vi fu sviluppo d’ammoniaca o d’azoto libero durante la vegetazione?

5. I raccolti delle leguminose, le quali assorbono una maggior quantità d’azoto in modo più facile, come poterono lasciare una sufficiente proporzione di composti azotati disponibile per i cereali?

6. Perchè, dove non si concima, l’azoto fornito dai raccolti è sempre superiore a quello che può cadere colle piogge in forma d’ammoniaca o di acido azotico?

A molte delle prime domande si potrebbe rispondere soltanto col conoscere la qualità del terreno, cioè conoscendo la di lui facoltà assorbente o conservatrice dei materiali utili. All’ultima risponde il dubbio già esposto, cioè la possibile combinazione dell’azoto atmosferico coi materiali terrestri. [p. 100 modifica]

Recentissime sperienze del Boussingault (Journal d’Agriculture pratique, 20 mars. 1859) vengono a togliere quasi ogni dubbio sulla possibilità della nitrificazione dei materiali terrestri, terminando coi seguenti risultati:

1. Che in un terreno fertilissimo, quale è quello di Liebenfrauenberg, 96/100 dell’azoto che vi si trovano, possono non aver effetto sulla vegetazione, sebbene quest’azoto derivi evidentemente e faccia ancor parte delle materie organiche.

2. Che i soli agenti capaci di agire immediatamente sulla pianta, portandovi azoto, sembrano essere i nitrati ed i sali ammoniacali, sia che preesistano o che si formino nel terreno durante la coltura.

3. Che, in ragione delle piccolissime dosi d’acido nitrico e d’ammoniaca, generalmente contenute nel terreno, una pianta, per raggiungere il proprio sviluppo normale, deve disporre d’un volume considerevole di terra, il quale non è menomamente in relazione colla quantità d’azoto contenuta ed indicata dall’analisi.

4. Che, per quanto riguarda l’apprezzare la fertilità attuale d’una terra vegetale, l’analisi conduce a risultati i più erronei, dosando contemporaneamente e confondendo l’azoto inerte fissato in combinazioni stabili (vedi § 20), e quello suscettibile d’entrare nella costituzione de’ vegetali.

5. Che la terra vegetale lasciata in riposo perde una notevole quantità di carbonio appartenente alla materia organica dalla quale è fornito. Che la proporzione d’azoto, lungi del diminuire durante la combustione lenta del carbonio, sembra aumentare. E finalmente che resta a decidere se, nel caso in cui l’aumento dell’azoto sia manifesto, vi sia stata nitrificazione, o produzione o semplice assorbimento d’ammoniaca per parte della terra.

Questi risultati confermano pienamente quanto finora si disse, cioè che i materiali organici azotati, che trovansi nel terreno o che vi sono aggiunti, prima d’entrare nell’organismo delle piante, devono subire alcune [p. 101 modifica]modificazioni, formando date combinazioni coi materiali terrestri, per le quali vengono più facilmente assimilati.

Dice Boussingault che i nitrati ed i sali ammoniacali sono quelli che sembrano i più atti a cedere azoto alla nutrizione delle piante; ma già si conosce che i nitrati ed i sali ammoniacali somministrati allo stato di soluzione non nutrono, e che essi pure si combinano alla terra o vengono da essa assorbiti e trattenuti. Dunque ci sia permesso il dire che gli azotati (di potassa e di calce specialmente, ed i sali ammoniacali) rappresentano combinazioni poco lontane da quelle che da ultimo si lasciano intaccare dalle radici.

Quanto viene accennato nel 3° risultato serve di prova ai primi due punti, cioè che, entro un piccolo o limitato volume di terra le radici d’una pianta non possono trovare la quantità opportuna di azoto in combinazioni assimilabili, quantunque l’azoto fornitoci da un analisi del terreno possa essere in grandissima quantità, e ci mostra che il bisogno d’estendersi delle radici vegetali non indica già un modo particolare di crescere, ma piuttosto la necessità di esplorar molto terreno, per ottenere anche una piccola dose di alimenti già ridotti nelle opportune combinazioni assimilabili dalle radici. Prova finalmente, come già dissi al § 14, che le piante le cui radici, per una circostanza qualunque, siano costrette nei vasi o nel terreno, deperiscono prontamente; e che a mantenerle vegete non serve qualsiasi aggiunta di pura materia concimante, ma che solo vi si riesce col rinnovare od aggiungere nuova terra presso le radici.

Un fatto importantissimo è poi quello che risulta dalla rapida nitrificazione del terreno coltivabile nella stagione calda. E questa nitrificazione non ci deve meravigliare se l’abbiamo nelle nitriere artificiali, nelle quali facciamo concorrere certe condizioni che generalmente si riscontrano nello strato coltivato, cioè presenza e [p. 102 modifica]contatto di materiali alcalini, specialmente calcari, materie organiche animali o vegetali in istato di scomposizione, umidità, porosità o facile ed esteso contatto dell’aria, e concorso di calore.

La sola differenza fra una nitriera artificiale ed il terreno coltivabile è che quest’ultimo è una nitriera scoperta, mentre la prima è riparata dalle piogge e dal sole.

La naturale nitrificazione era quella che, cogli antichi maggesi e novali, riforniva il terreno dell’azoto necessario per le estese e ripetute coltivazioni di frumento, e che formava in gran parte l’utilità dei terricciati tanto in voga presso gli antichi. Come pure ritengo che in essa risieda l’utilità della coltura agostana, delle sarchiature, e dello spesso alternare coltivazioni sarchiate a coltivazioni non sarchiate.

Inclino poi a credere che la nitrificazione naturale, unita alla facoltà che hanno i migliori terreni di trattenere le sostanze utili, spieghi l’utilità di molte operazioni agricole le quali, a prima vista, sembrerebbero contrarie alla teoria. — Un pezzo di terreno stabbiato per un mese, ed altro che riceva il concime proveniente dalla stalla per un egual spazio di tempo dall’eguale quantità di pecore (senza lettiera), danno un prodotto identico, sebbene lo stabbiato si possa ritenere dilavato dalle acque ed evaporato al sole. Spesse volte il concime da stalla sparso non troppo fresco, ma qualche mese avanti d’interrarlo, non dà minor effetto di quello che in egual quantità s’interri immediatamente col lavoro. E in Lombardia v’ha un proverbio il quale dice che «val più una forcata di letame a Natale, che non due a Carnevale». Questo aforismo agrario vale tanto pel concime disposto sul terreno coltivabile, quanto per quello che presto si stende sui prati. Tanto nell’uno quanto nell’altro caso dovrebbe supporsi che una [p. 103 modifica]concimazione, fatta troppo tempo prima della semina, vada in gran parte perduta per la coltivazione, pel dilavamento delle piogge o per l’evaporazione. Eppure sembra che le sostanze concimanti, e specialmente le azotate ed ammoniacali, in seguito alle piogge, vengano assorbite e trattenute dal terreno; che anzi, trovandosi alla superficie, in concorso de’ materiali atmosferici, facilitino la nitrificazione, fornendo si può dire allo stato nascente i prodotti della loro scomposizione. — Qui forse risiederebbe la causa della tanto discussa convenienza di spandere il concime sul terreno molto tempo prima del lavoro che precede la semina, oppure di interrarlo immediatamente con questo. Finora, nei climi freddi ed anche nei temperati, ad eccezione dell’estate, non si trovò una costante differenza nella concimazione fatta nei due tempi suddetti, e la quistione non è ancor bene decisa. D’altronde il fatto pratico ci deve porre in qualche avvertenza, e non credere che sia errore tutto quanto il coltivatore conosce per rotina.

Innegabile è però che un letame non troppo fresco nè troppo scomposto, ma già avanzato nella decomposizione, lasciato esposto per molto tempo all’aria, perde molte sostanze volatili, specialmente ammoniacali; ma forse, disponendo colla nitrificazione i materiali terrestri della superficie alle ultime combinazioni utili alle piante, ci compensa abbondantemente della perdita, procurandoci materiali immediatamente assimilabili.

Importanti a tale proposito sono le parole del Boussingault il quale, parlando del terriccio e della terra vegetale (Journal d’Agric. pratique 5, juin. 1859), attribuisce alla nitrificazione i pronti e rilevanti effetti prodotti dallo spargere sui prati o sui cereali le materie provenienti dagli ammassi di scopature di case, strade, cotiche, paglie, ceneri, ecc., sui quali di quando in quando si versi urina, acqua, sangue, o si mescolino avanzi [p. 104 modifica]d’animali morti, ecc. Tali ammassi, rimescolati frequentemente e mantenuti in luogo coperto e riparato dal sole e dalla pioggia, trovansi nelle condizioni nelle quali si fanno le nitriere artificiali. Confessa il Boussingault che per molto tempo disapprovò la pratica di questi ammassi, sembrandogli teoricamente che la maggior parte dell’azoto in combinazioni volatili dovesse andar perduta; ma che continuò a permetterne la formazione e l’uso, stante l’effetto superiore a quanto sarebbesi sperato dall’azione separata o complessa delle sostanze che li costituivano.


Pure, aggiunge, i nitrati nel terriccio non entrano tutt’al più che per 1/200, e nella terra vegetale o coltivabile anche in proporzione minore, poichè questa può essere rappresentata da terriccio sparso o mescolato in minor o maggior proporzione in un dato volume di sostanze minerali, argillose, calcari o silicee. E se aggiungiamo artificialmente al terreno una quantità anche maggiore di nitro, siamo ben lungi dal trovare gli effetti degli ammassi di terra nei quali avvenne una naturale nitrificazione.

Ebbene, questa esattissima osservazione del Boussingault avrebbe, secondo me, una soddisfacente spiegazione nel ritenere che i materiali in quelli ammassi si trovino in uno stato di opportuna combinazione, tale da presentarci effetti di molto superiori a quanto potrebbe aspettarsi, specialmente avuto riguardo al valore concimante finora attribuito alle sostanze che li compongono. — Da qui l’esagerata importanza che pochi anni or sono si attribuiva ai così detti composti, i quali altro non erano, a ben considerarli, che una nitriera artificiale più o men bene costituita, il di cui prodotto si adoperava ne’ campi soltanto dopo un anno od un anno e mezzo. Da qui l’azione più pronta e più efficace (trascurato il calcolo di tornaconto) de’ concimi vecchi ridotti quasi a terriccio. Da qui l’uso e la raccomandazione di conservare nelle stalle gli ammassi di terra provvenienti dalla lettiera terrosa che si sottopone alle pecore, asserendo [p. 105 modifica]che il concime che ne risulta riesce di gran lunga superiore ad altro condotto ed ammassato al di fuori, forse perchè nella stalla le esalazioni ammoniacali costituiscono un’atmosfera che facilita d’assai la nitrificazione.

Sarei poi disposto a credere che questa nitrificazione sia quella che nella coltivazione di alcune piante lasciò sospettare che potessero assorbire azoto direttamente dall’aria, riscontrando nei raccolti una maggior quantità d’azoto di quella ch’erasi somministrata o rinvenuta nel terreno al principio della loro coltivazione. Finalmente questa naturale nitrificazione è quella che fece fare a Lawes e Gilbert le domande 5.a e 6.a citate al § 22.