Sessanta novelle popolari montalesi/XVII

XVII. La Bella Giuditta e la su’ figliola Maria

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XVII. La Bella Giuditta e la su’ figliola Maria
XVI XVIII

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NOVELLA XVII


La Bella Giuditta e la su' figliola Maria (Raccontata da Pietro di Canestrino operante)


In nella Provincia di Genova ci abitava una donna di nome la Bella Giuditta per la su' gran bellezza, e lei era però arricorda da tutte le parti del mondo; al su' marito Antonio lei gli parturì una figliola e la chiamorno Maria. Ma 'nsino da piccina la Maria il padre lo perdette per un fiero malore che lo condusse diviato agli eterni riposi: sicché dunque la madre resta con quella figliola sola la rallevò con dimolta diligenza, e quando la fu grandicella la mettiede a struirsi in un convento della città. Infrattanto la Bella Giuditta badava a tirare 'nnanzi la locanda che era stata messa su dal su' marito Antonio prima di morire, e questa locanda la nominavano in ugni paese tanto per la ricchezza che per la nobiltà del trattamento; e infatti tutti i forastieri che capitavano a Genova battevan lì, se volevano avere la su' sodisfazione. Una volta, doppo diverso tempo, ci viense anco un ricco mercante di Parigi, e lui si chiamava Ruberto; e a male brighe che ebbe visto la Bella Giuditta, subbito se ne invaghì, ma propio a bono; sicché dovendo stare per dei giorni a Genova passava l'ore libbere a discorrere con la vedova, e alla fine gli spiegò il su' pensieri che aveva dientro al core. Tutti e dua gli eran giovani e si capirno in nel mumento, e più perché Ruberto corse alle conclusioni, e alla vedova gli promettiede di farla su' legittima sposa: in ugni mo', volse Ruberto sapere dapprima le condizioni della Bella Giuditta e se lei dal su' marito morto avessi uto punti figlioli. La Bella Giuditta [ [p. 135 modifica]135] glielo disse: - Sì, i' ho una figliola sola e sta in nel convento per aducarsi. - Bene! - gli arrispose Ruberto. - Fracché noi ci siemo promessi, lo sposalizio si farà al mi' ritorno da Parigi, addove bisogna ch'i' vadia per accomidare i mi' 'nteressi. Ma la mi' brama 'gli è questa: che la figliola vostra vienga a star con noi 'n casa, e levarla dal convento. Quando Ruberto gli ebbe preso licenzia e che fu andato via, la Bella Giuditta cominciò a rimuginare su quel che lui gli aveva dimando, e tra di sé pensava: - S'i' fo tornar la mi' figliola a casa, i' fo male. La mi' figliola è più bella e dimolto più giovane di me; sicché Ruberto e' se ne pol anco facile innamorare e me lassarmi in un canto. È meglio dunque che lei stia addov'è. E accosì, in questo pensieri, la Bella Giuditta delibberò 'ntra di sé, che con qualche bona scusa la Maria restassi per allora sempre serrata in nel convento, insintanto che Ruberto almanco nun avessi sposato lei. Doppo diversi giorni deccoti apparisce Ruberto di ritorno da Parigi con tutte le su' robbe e con gl'interessi accomidi; e a male brighe che fu riposato addimandò di vedere la Maria, perché lui faceva a dire nel su' core: "La mamma è bella, ma la figliola ha da essere più bella, e di più 'gli è giovane." Abbeneché in nel ristrigner la mano di Ruberto si fussi la Bella Giuditta rallegrata, in nel sentir poi questa su' voglia, che la Maria avessi a stare in casa con loro dua, la si sconturbò per effetto di gelosia e gli arrispose a Ruberto: - La mi' figliola i' l'ho manda a chiamare, ma lei nun è vienuta, perché m'ha fatto sapere che è un po' malata; che 'ntanto si concluda pur tutto tra di noi, e poi subbito guarita ci vierrà a trovare, oppuramente s'anderà assieme a pigliarla per menarcela a casa. Ruberto nun era mica un allocco, ma un giovanotto sperto del mondo, e capì in nel mumento il rigiro della Bella Giuditta; fece però le viste di credere alle su' parole, e con finta apparenza disse: - Guà! me ne dispiace. Ma siccome nun c'è furia, s'aspetterà che la Maria sia guarita a celebrare il matrimonio, e infrattanto si va a trovarla in Genova, e quando lei è rinsanichita si porta con noi. La Bella Giuditta però a questa proposta di Ruberto rimase addolorata, perché lei pensava a quello che purtroppo poteva succedere, e si mettiede 'n capo [136] [p. 136 modifica]di rimediarla in qualche modo; sicché preso animo a un tratto disse: - Oh! facciamolo subbito questo nostro sposalizio, e poi la medesima mattina andiamo a pigliarla in Genova la Maria. Nun vi par egli meglio e più sbrigativo, che starsene a cancugnarla de' mesi? A Ruberto non gli garbò tavìa questo discorso della Bella Giuditta, e gli viense il sospetto che lei fusse una donna cattiva e traditora del su' sangue, e gli arrispose di repente e un po' alterato: - No, e per dimolte ragioni i' voglio che s'andìa a pigliar la ragazza prima del nostro matrimonio. E le ragioni deccole qua: che lei è malata, e noi nun si deve fare allegrie: che lei ha da sapere di questo sposalizio e sentire se è contenta, e caso che no, bisogna persuaderla con le bone a nun ci nimicare: che se nun si va a vederla mentre lei è malata e si conclude l'affare tra di noi accosì in fretta, la gente del mondo averà di che sparlar di noi a bona giustizia e perderemo la pace e la riputazione. E poi delle ragioni ce ne sarebbano anco dell'altre; ma queste che qui mi par che bastano. La Bella Giuditta in ugni mo' nun restò punto persuasa e le gelosia la divorava, sicché la cominciò a piagnere e disperarsi, e scramava: - Ohimmè! caro Ruberto. I' credevo d'avermi a gòdere subbito le vostre bellezze e stinguere le fiamme del mi' core nelle vostre braccia, e vo' volete 'nvece trandugiare a farmi contenta, e vi garba ch'i' passi i mi' giorni nelle pene d'amore. Nun è mica in pericolo di morte la mi' figliola, e nun c'è nulla di male a vederla doppo che noi siemo bell'e sposati. Lei, state pur sicuro, 'gli è sempre contenta del mi' operato. Ma nun ci fu versi di smoverlo Ruberto dal su' pensieri, e furno tutti inutili i pianti e i rammarichi della Bella Giuditta; sicché bisognò che si piegassi a andar con lui a Genova insenza più indugio. Dunque, arrivati che furno a Genova, andorno subbito a trovar la Maria per annunziargli il matrimonio di su' madre con Ruberto, e che lei doveva vienirsene a casa a stare con loro. La Maria, che era sana come una lasca, s'addimostrò dimolto contenta di queste novità, e, chiesti i debiti permessi alla Superiora del convento, fu menata via, e condutta a casa sua; e lì, in nel parlare con Ruberto, gli disse, che gli garbava che [ [p. 137 modifica]137] pigliassi la su' mamma, perché lei l'averebbe accettato volenchieri per su' secondo babbo. Ma Ruberto in nel vedere quelle vaghe bellezze della Maria e in nel sentire tutti que' su' be' discorsi a modo, rimaneva incantato; perché lei 'gli aveva du' occhi come stelle, e le gote fiorite di colore rosato, e la su' voce era dolce come quella del rusignolo; sicché si sturbò Ruberto dientro al core e mulinava nella su' testa diversi pensieri, e se ne steva zitto e col muso lungo delle giornate intiere, e a poco per volta finì con iscordarsi l'amore per la Bella Giuditta. La Maria un giorno curiosa di cognoscere, perché Ruberto nun era più allegro e tanto pensieroso, gli richiedette quel che lui aveva e se si sentiva male; e Ruberto, con una voce tutta piena di passione, a quella domanda improvvisa scramò: - Ah! cara Maria, i' nun so che rispondervi in questo mumento di desolazione! Dice la Maria: - Desolazione di che? Spiegatevi chiaro, ch'i' nun v'intendo. Allora Ruberto si fece core e doppo un sospiro gli arrispose: - La desolazione viene dall'essere incantato dalle vostre bellezze e da' vostri be' garbi. Il resto indovinatelo, se potete. Il discorso per allora restò lì; ma tanto Ruberto che la Maria nun si trovavan bene, e parevano imbrogliati in nello scontrarsi per la casa; ma 'ntanto passavano le settimane, e dello sposalizio della Bella Giuditta con Ruberto nun se ne parlava più: sicché la Bella Giuditta s'ingelosì a bono più che mai e la figliola principiò a tanto astiarla da bramare di levarsela di torno in ugni mo', nel mentre che quella poera ragazza nun ci aveva colpa nel mutamento di Ruberto, e di farlo su' marito nun ci pensava neanche. Ma la su' mamma credeva 'nvece tutto all'incontrario, mangiata com'era nel core dall'aschero che gli accecava la mente. Quando alle donne gli piglia la bizza, si sa pur troppo, sono capaci d'ugni cosa e anco di commetter de' delitti; e 'gli accadette accosì anco alla Bella Giuditta: perché lei persuasa che la su' figliola la 'ngannava e che su' 'ntenzione fusse di cavargli di mano Ruberto, delibberò di finirla col farla a qualunque costo morire. A quest'effetto maligno la Bella Giuditta chiama subbito un su' servitore di locanda, detto Carluccio, che per un mazzo di sigari sarebb'ito a petto dell'assassino il [138] [p. 138 modifica]più ardito, e gli disse in segretezza: - Se tu sie' disposto a fare tutto quello che ti comando, nun ti mancheranno regali da parte mia. Chiedi pure: quattrini, robba e da fummare a tu' piacimento, c'è d'ugni cosa pronta per te. Arrisponde Carluccio: - Dite quel che vo' volete, padrona, e i' mi sforzerò d'accontentarvi. La Bella Giuditta, incoraggita, prima lo fece con un giuro promettere di ubbidirla in tutto e per tutto, e poi che avesse a serbar sempre il segreto della su' opera, e finalmente gli spiegò chiaro il su' pensieri. Dice: - Domani a bruzzolo tu ha' da sellare dua de' mi' meglio cavalli e assieme con la Maria tu devi andare nel bosco più lontano da qui e più folto, e lì con un coltello ammazzarla e portami diviato il su' core, i su' occhi e i su' panni. Bada di nun dir no e di nun mettermi 'n mezzo con degl'inganni, perché, se tu nun m'ubbidisci, ce ne va della tu' pelle. T'ha' capito. Carluccio in nel sentire quella birbonata, ché lui nun se l'aspettava, rimase mezzo allocchito; ma tra perché aveva giurato di stare al comando della padrona e tra perché aveva paura d'esser morto lui assieme con la ragazza, fece le viste d'acconsentire alle brame della Bella Giuditta, e gli prutestò di nun mancare al su' volere; sicché dunque la Bella Giuditta con una faccia finta e tutt'allegra se n'andiede in cammera della Maria e gli disse: - Senti, cara figliola, i' ho pensato di darti un passatempo. Se ti garba, domani a mala pena è giorno, tu poteresti andartene a fare una trottata a cavallo con Carluccio. Che ti par egli? - Sì, sì, - scramò la ragazza, - i' son propio contenta di questo divertimento, e anzi ve ne ringrazio, cara mamma. Vederete voi come ci sto bene a cavallo. Insomma le cose gli andenno accosì, che la Maria e Carluccio erano la mattina dipoi assieme a cavallo e avviati inverso un bosco quattro o cinque miglia lontano dal paese. Per istrada Carluccio badava a sospirare e delle parole in bocca nun ce n'aveva; era come se avess'il cervello rannuvolo; sicché a vederlo a quel modo stravolto la Maria si mettiede a dimandargli se si sentiva male o fusse accupato con qualche cattivo pensieri. Dice Carluccio: - Sventurata ragazza! Se vo' sapessi che mestieri è il mio in questo vero rammento, altro che muso duro! Ma vo' pure piagneressi a calde [139] [p. 139 modifica]lagrime. Scrama la Maria: - Oh! che c'è di disgrazie, Carluccio? Via, parlate più chiaro e nun mi fate stare in tanta pena. - C'è, - disse Carluccio, - che per comandamento della vostra madre vo' siete alla fine de' vostri giorni, perché lei ha volsuto che gli giurassi d'ammazzarvi a male brighe s'arriva in quel bosco. - Oh! perché? Che male i' ho fatto? - barbottò tutta impaurita la Maria. Dice Carluccio: - Ma! i' nun so nulla. I' so soltanto che dal giuro sono obbligato a darvi la morte, e portare il vostro core, i vostr'occhi e i vostri panni alla Bella Giuditta, e insennonoe lei fa ammazzar me. Dunque nun c'è scampi; e giacché siemo al luogo destinato, preparatevi pure a ire nell'altro mondo. In quel mentre gli erano tutt'e dua scesi da cavallo, e la Maria s'era butta in ginocchioni davanti a Carluccio, che già steva col coltello sfoderato, e con le mani in croce lei gli diceva tra' singhiozzi: - Che! nun è possibile. Questo è un inganno, perché la mamma a me sempre m'ha volsuto bene, e io nun gli ho fatto nulla per contrariarla. Tu sie' te dunque, Carluccio, che tu mi vo' morta. Ma in che t'ho io offeso? Arrisponde Carluccio: - Poera ragazza! Si vede bene che vo' siete innocente, e delle cose di questo mondo vo' nun ve n'intendete. La vostra mamma di volontà, sicuro, che vo' nun l'ate mai offesa; ma vo' gli avete rubo il core del su' damo con la vostra presenzia in casa. Ecco perché lei è divienuta gelosa del su' sangue e m'ha comandato, pena la vita, di menarvi in questo bosco e ammazzarvi 'nsenza misericordia. E però... Ma la Maria nun lo lassò finire, e disse: - Ebbene, se nun c'è scampi per me, e la mi' mamma m'ha astio, o perché ti vòi te macchiar le mane col mi' sangue innocente? Che ci guadagni? De' quattrini, forse? Ma il mi' sangue griderà vendetta contro di te, e tu perderai per sempre la pace, e il meritato gastigo nun ti pole mancare da Dio. Dibandonami qui solingola nel bosco e torna a casa insenza di me, e alla mamma digli che tu m'ha' morta, ché lei sarà contenta accosì. A questi lamenti Carluccio cominciò a sentirsi il core intenerito, perché lui, se nun fussano state le minacce della Bella Giuditta e il giuro che gli aveva cavo di bocca a tradimento, nun n'aveva punta voglia d'ammazzare la Maria; ma rispose: - Per me, siccome nun ci ho [140] [p. 140 modifica]nulla con voi, sare' anco ben disposto a darvi retta e a lassarvi qui solingola nel bosco raccomandata alla grazia di Dio. Ma ditemi in che modo si pole accomodarla con la vostra madre? Lei vole in ugni mo' le prove dell'ammazzamento; e se i' nun gli riporto per segno il core, gli occhi e i panni di voi, per me 'gli è finita insenza dubbio; lei ammazza me; e di più, vi cercherà dappertutto in fino a che nun vi sappia morta. Disse la Maria: - A tutto c'è il su' rimedio, Carluccio. Compra un agnello e scannalo, e alla mi' mamma crudele portagli il core e gli occhi dell'agnello, con fargli credere che sono i mia; e in quanto a' panni i mi spoglierò 'gnuda per dartegli. Io per me ti prometto e giuro di nun tornar più in queste parti. Chi sa? Forse un giorno la mamma si potrà pentite del su' astio, e ci averà caro ch'io nun sia stata morta! Doppo vari ragionari accosì, Carluccio, che nun gli parse vero di trovare un rimedio, abbeneché per lui pericoloso, si lassò persuadere; e lì per quelle vicinanze da un pastore comperò l'agnello e diverse vestimenta da rozza campagnola, e poi nel bosco accomodarono tutto l'inganno per la Bella Giuditta; e quando Carluccio ebbe cavato il core e gli occhi all'animale, e avuto i panni della Maria, che invece si mettiede addosso quelli da pastora, fatti gli addii con dimolte lacrime, montò sul su' cavallo e pigliò quell'altro a mano, e 'nnanzi di moversi disse alla Maria: - Sentite, padroncina! Per amor vostro i' ho fatto tanto da risicarci la pelle. Dunque m'aspetto questo contraccambio; che voi mantenghiate il giuro di non arritornar più a casa, e che anzi vo' camminate insino al mare e cercate di passarlo su qualche nave che vadia in Francia. Accosì tutti, nun vi rivedendo più, crederanno davvero alla vostra morte. Infrattanto addio, e che il Signore vi protegga e vi benedisca. E profferite queste parole, partiede di galoppo serrato. Rimasta la Maria lì in quel modo dibandonata, sola e con pochi quattrini nelle tasche, da prima cominciò a piagnere a bono ripensando alla su' sventura; ma poi, doppo un bel pezzo con un animo risoluto s'avviò alla spiaggia del mare, e cammina cammina, quasi in sul tramonto del sole c'era di già arrivata, e a poca distanza da terra ci vedde un grosso bastimento che spiegava le vele per la partenza. La Maria si mettiede a [ [p. 141 modifica]141] sventolare una pezzola, sicché dal bastimento calorno a quel cenno un barchetto, concredendo di aver che fare con qualche naufragato, e nel barchetto c'era il Capitano medesimo in persona. Quando fu dunque a proda, il Capitano smontò dal barchetto e andiede incontro alla Maria; e accortosi che quella meschinella sospirava e piagneva gli addimandò con premuria: - Chi sie' tu? E com'è che tu ti trovi accosì dibandonata e sola su di questa spiaggia? Perché ci ha' tu fatto de' cenni con la pezzola? Dice la Maria: - Qui ci son vienuta per la mi' sventura, perché la mi' mamma mi voleva far morire. - E la ragione? - disse il Capitano. Arrisponde la Maria: - La ragione è l'astio e là gelosia; perché il mi' babbo nun l'ho più, ché se n'andiede in Paradiso; e la mamma ha trovo un amante e fissorno di sposarsi, mentre ch'i' ero dientro un convento. Ma siccome il su' sposo mi volse a casa prima delle nozze e lui ragionava spesso con meco, la mi' mamma n'ha pigliato ombra, e per nun avere il disturbo e il sospetto della mi' persona, mi fece menare in un bosco da un servitore per essere ammazzata. Io però son possuta scampare dal pericolo, e deccomi qui insenza nissuno, perché a casa nun ci devo tornare. Dunque, vi prego, d'avermi compassione voi; e imbarcatemi sul vostro bastimento, ché vierrò in Francia, e Dio poi mi provvederà. Dice il Capitano: - Ma come ti chiami di nome, bella ragazza? E di che paese sie' tu nuscita? La Maria nun gli si volse scoprire, e però gli arreplicò con una finzione: - Il mi' nome è Felicina, e sono di Castelnovo. - Bene! - scramò il Capitano: - i' nun so dimolto per ora, ma qualche cosa i' la so. Ma, al mi' parere, tu non ha' l'aria d'essere una contadina, abbeneché in panni rozzi: dalla faccia e dal parlare tu m'apparisci di più nobile stirpe. In ugni mo', vieni pure con meco sul mi' bastimento, e sta' sicura del tu' onore e della tu' libbera volontà. Ora lassamo infrattanto la Maria navicare in verso il paese della Francia su quel bastimento, e si torni addietro a Carluccio. A male brighe lo vedde solo con du' cavalli vienir da lontano, gli andette sabbito incontro la Bella Giuditta e gli addimandò, se avessi eseguito per l'appunto il su' comandamento; e lui per tutta risposta gli diede in mano i segni della morte [142] [p. 142 modifica]della Maria. Quella madre disamorata e barbara subbito gli prese con gran bramosìa, e corse 'n cucina, e il core dello agnello, pensando lei che fusse della su' figliola, lo frisse in padella e se lo mangiò diviato con rabbia, e badava a dire: - Tu non mi darà più 'nciampo, figliolaccia maladetta! Il mi' Ruberto me lo potrò sposare a mi' piacimento e insenza indugi, e te nun me lo levi più di 'ntra le mi' braccia. Bisogna sapere che Ruberto in que' giorni 'gli era ito a Livorno per certi su' 'nteressi, e quando riviense alla locanda della Bella Giuditta rimase dimolto male nun ci ritrovando più la Maria, sicché gli addimandò: - Addov'è la vostra graziosa figliola? La Bella Giuditta, sconturbata alquanto a quella richiesta, nun si perdé d'animo tavìa, e arrispose con ferma voce: - Caro Ruberto! che volete? La mi' figliola è arritornata a Genova nel convento per finire i su' studi. Lei anzi s'è arraccomandata che no' si faccia il piacer nostro e che nun si vadia più a noiarla per ora, perché lei è contenta di tutto, ma vole restare in pace co' su' libri e i su' lavori. Dunque, caro Ruberto, non trandugiamo di più e facciamolo questo sposalizio, e nun si lassi scappare il tempo accosì inutile. Ruberto però che era furbo nun ci credé alle parole della Bella Giuditta, e s'era messo in testa pur troppo che la mamma avessi fatto qualche brutto tiro alla figliola; in ugni mo' stiede zitto e del su' sospetto nun disse nulla, e anzi s'arraccomandò alla Bella Giuditta, perché lei apparecchiassi con prestezza quel che occorreva per le nozze. Ma siccome ci volevano diversi giorni a ammannire ugni cosa, Ruberto di niscosto una mattina se n'andiede a Genova per cognoscere se era vero che la Maria si trovava in nel convento, e invece seppe che la ragazza nun l'avevan più vista da quando lui era stato a pigliarla assieme con la bella Giuditta. Allora poi il sospetto gli si trasmutò a Ruberto in una brutta certezza, e si persuadé che la Maria fusse stata morta per aschero dalla su' cattiva mamma e gelosa; sicché tutto addolorato e con un gran odio nel core arritornato alla locanda, insenza dimolti discorsi, fece finta che gli fussano arrivate delle lettere, e disse alla Bella Giuditta: - Mi rincresce, ma questo sposalizio bisogna che s'allunghi un po' più. I' ho uto delle lettere dal mi' paese e devo subbito andarmene [ [p. 143 modifica]143] a Parigi. Dunque, vi prego d'un altro po' di pazienza, e questo matrimonio si concluderà al mi' ritorno, nun dubitate. Nun ci fu nulla da replicare, e la Bella Giuditta nun potiede impedirgliela a Ruberto la partenza, abbeneché si disperassi e piagnessi a calde lagrime; sicché la Bella Giuditta viense dibandonata, e se ne rimanette insenza la figliola e insenza l'amante, e nun si possan descrivere i su' gran patimenti. Lassamola però patire secondo i su' meriti la Bella Giuditta, e si rivienga alla poera Maria che navicava il mare su quel bastimento, addove l'aveva ricevuta quel Capitano pietoso. Con un vento propizio la nave approdò al posto più vicino di Parigi, e sbarcati che furno tutti a terra, la Maria ringraziò di core il Capitano per la su' carità e lo 'ncomido che lei gli aveva dato in nel viaggio, e gli disse, che di quattrini per pagarlo nun n'era al possesso in quel momento che lì, ma che nun dubitassi, perché lei voleva in ugni mo' ricompensarlo a mala pena che poteva. Il Capitano però questi discorsi nun gli volse sentire, e gli diede libbera licenzia d'andarsene con Dio a su' piacimento, e soltanto gli arraccomandò di portarsi bene e custodire l'onor suo tanto per la via, che quando si ritrovassi nella città di Parigi; e accosì la dibandonò, con un saluto, al su' destino. Sicché dunque la Maria si mettiede per istrada a piedi in verso Parigi, ma nun sapeva nemmanco lei che fare dientro un paese incognito, addove degli amici e de' cognoscenti della su' persona pensava che nun ce n'erano punti; la su' intenzione era di trovare qualche servizio, e campar la vita con le su' fatiche. Insomma, a forza di domande a quanti 'ncontrava gli rinuscì alla Maria di voltare il passo alla bella città di Parigi; ma cammina cammina, nun potiede arrivare che nelle vicinanze in sul calare del sole, e siccome la notte era buia e lei dimolto stracca, per riposarsi rientrò in un capannotto che vedde, e addove i lavoranti della strada regia rimettevano i su' arnesi al fine della giornata, e poi ognuno andava alle propie case. La Maria in quel logo deserto si buttò su della paglia, e rifinita dalla fatica la prese il sonno e s'addormì come un loppo. A male brighe fu giorno deccoti i lavoranti per accomidare la strada, e vanno diviato a pigliare i su' strumenti, e scoprono dientro il capannotto quella bella creatura che dormiva sodo. [144] [p. 144 modifica]Loro la credettano qualche vagabonda o spersa, e nun la volsano svegliare; ma si messano al lavoro, e quando riviensano al capannotto nell'ora della culizione trovorno la Maria che si stropicciava gli occhi e che s'era levata. Cominciorno a fargli delle domande sul su' conto e gli offerirno anco del pane; ma in quel momento si sentiede un gran rumore di cavalli, e capitò lì col su' séguito il figliolo del Re di Parigi, che subbito vedde la ragazza e cognosciutala per forestiera, volse sapere come si chiamava, e da che paese vieniva, e perché andeva a Parigi. Anco a lui la Maria gli arrispose con furbizia e tutta la verità nun gliela disse; ma il Principe, siccome la Maria gli garbò a bono, inteso che lei cercava servizio e che si chiamava Felicina, la fece menare da su' padre. Il Re però più scionno, a tutte le parole della Maria nun ci credé, perché in nel sentirla parlare e a' su' modi aducati ebbe sospetto che nun fusse quel che lei diceva, ignorante de' su' genitori e del su' paese nativo; in ugni mo' la diede per cammeriera alla Regina su' moglie e gli arraccomandò che la tienessi bene, e poi fra di sé ripensò che col tempo sarebbe lui vienuto a capo di sapere tutta quanta la verità. Quando dunque la Maria fu rivestita di be' panni e si rimettiede dal disagio del viaggio, apparì propio nella su' splendente bellezza, sicché di serva nun aveva che il nome soltanto, mentre invece dal su' portamento e dalla su' ficura pareva che fussi una signora della Corte. Tutti erano incantati della Maria; ma il figliolo del Re poi, che spesso ci steva assieme, nun si saziava mai dal rimirarla, e per nun dibandonarla, seguiva fin su' madre nelle spasseggiate, perché con la Regina sortiva fora anco la Maria a servirla. E nun vo' ire tanto per le lunghe, ma il figliolo del Re con quella vita in pochi mesi diventò innamorato cotto della Maria, di questa poera trovatella, siccome la chiamavano dall'averla trovata per istrada. Ci vole poco a capirlo che glielo manifestò questo su' amore alla Maria il figliolo del Re, perché un giorno, che dalla passione nun ne poteva più, principiò a parlargli accosì alla lontana con diverse interrogazioni. Dice lui: - Dunque, Felicina, nun c'è caso di sapere propio a bono qual è l'esser vostro, e se de' parenti n'avete e chi sono? A me, alla vista, nun mi parete punto di bassa stirpe, [ [p. 145 modifica]145] e ho una gran pena al core di cognoscere la vostra condizione vera, e mi viene anco il sospetto che vo' la tienete niscosta di proposito. Via! parlatemi chiaro, che nun ve ne pentirete. - Sacra Corona! - gli arrispose la Maria. - Questa passione che lei ha, i' nun gliela posso levare. Come lei mi vede, e' sono accosì; e quel che ho detto insino a qui i' sono obbligata a raffermarlo in tutto e per tutto. Il figliolo del Re, che mi sono scordo di dirvi che per nome si chiamava Alessandro, da questa risposta nun ci potiede cavare un numero; ma per l'appunto lui s'ostinava tavìa nel su' pensieri col credere quella ragazza trovatella, qualche figliola d'un Re straniero, scappata a Parigi o spersa a motivo di guerre, e che so io; e però nun si diede per vinto e gli disse: - Ah! cara Felicina, dicerto la verità nun vi garba palesarmela senza rigiri: ma se vo' sapessi e vi fussi accorta quanto le vostre bellezze e i vostri parlari m'hanno ferito nel core e innamorato forte di voi, nun saresti accosì riguardata in verso di me. Perché, sappiatelo, i' ho ferma delibberazione che vo' diveniate mi' legittima sposa. Nun m'importa della ricchezza: ma i' ho bisogno di cognoscere l'esser vostro, insennonò i mi' genitori nun saranno ma' contenti ch'io vi pigli per moglie. A questo discorso tanto appassionato nun sapeva propio quel che ci rispondere la Maria. Nun è mica che anco a lei il figliolo del Re nun gli garbassi: ma lei nun voleva che si dessano a credere che 'l su mestieri fusse di tirare qualche bel merlo alla ragnaia; sicché dunque, doppo essere stata un po' sopra pensieri, parlò accosì: - Lei, con riverenzia, Sacra Corona, pare che con questi ragionari intenda ridurmi anco più disgraziata di quel che sono. In ugni mo' nun è possibile che i' addiventi su' moglie. Nun sono di stirpe regia, stia pur sicuro, e nun sono ricca né di quattrini, né di nobili parentati. Nun mi ritroverei di certo in questo stato infelice, fora di casa mia e raminga per il mondo. Ma ora che la fortuna m'ha messo in un logo, che io di meglio nun sapre' bramare e nun ci ho merito io, perché lei mi vole fare del male col domandarmi delle cose, che nun devo dirgli di sì? Mi lassi dunque in pace. La verità sulla mi' persona gliel'ho detta e nun mi cerchi di più. Alessandro rimané dimolto scontradetto con questa risposta [146] risoluta [p. 146 modifica]della Maria e steva in fra le dua: da una parte scommosso dalla gran passione, e da un'altra per essergli appariti giusti i ragionari della ragazza. Pensava dientro di sé: "Ma che diranno alla Corte e nel popolo tutto s'i' sposo una donna, una trovatella, che nun si sa chi sia e da dove viene? Come fare una Regina, che nun è di sangue regio, insenza tirarsi addosso le minchionature e i malgarbi d'ognuno?" Insomma lui nun sapeva, poero sciaurato, qual era il su' vero interesso, e si pole dire che quasimente 'gli aveva sperso il capo; sicché alla fine si lassò tirare per il lato che lo tiravano gli occhi, che oramai nun vedevano altro che le bellezze della Maria, e insenza più cancugnare con animo delibberato andiede dal Re su' padre e gli disse che lui voleva in tutti i modi la Maria per isposa. Il Re in nel sentire questa nova si sconturbò a bono e scramò: - Caro Alessandro, l'amore ti fa un brutto scherzo! Come? Vo' tu sposarti con una ragazza ignota, che pol anco essere qualche vagabonda disonorata, oppuramente una bastarda? Manco male se tu eri un cavaglieri o che so io! Ma il figliolo del Re e l'erede della mi' corona nun deve pigliare la prima donna che gli capita dinanzi. Oh! che tu nun ci ha' ripenso a quel che diranno nella Corte e in tutto quanto il popolo a una simile bueria? Il Re 'gli avrebbe anco seguitato la su' predica, se il su' Alessandro nun gli stroncava in bocca le parole con lo sbacchiarsi 'n ginocchioni, e piangendo a calde lagrime principiò a dire: - Mio diletto padre, 'gli è inutile per me ugni bona ragione. Nun me la diniegate questa grazia di sposare la Felicina, perché la mi' passione è tanto forte, che i' nun posso campare insenza di lei. E in quel mentre che parlava accosì, d'un picchio quell'infelice Principe ruzzolò svienuto e tramortito per le terre, tanto il dolore gli aveva fatto nodo alla gola. Agli urli di su' padre corsano 'n furia tutta la Corte e i servitori, e presano Alessandro di peso e lo portorno nella su' cammera a letto, e il medico gli si mettiede d'attorno perché si riavessi e doppo del tempo gli rinuscì. Ma il Re, quando vedde il su' figliolo rinviolito, con la paura che gli accadessi di peggio per la forza della su' passione e anco per dare uno schiarimento a' Baroni della Corte, che di quel caso strano nun sapevano quel che s'avessino a pensare, delibberò di radunargli tutti assieme a [ [p. 147 modifica]147] udienza e domandargli qualche consiglio nelle su' pene; sicché dunque con un invito apposta il Re fece vienire i Baroni e i Ministri al su' palazzo, e quando lui gli ebbe alla su' real presenzia tutti quanti, gli disse: - E' si dà questo brutto caso, che il Principe mi' figliolo e mi' erede legittimo nella corona s'è invaghito a morte di quella trovatella al servizio della Regina; e lui me l'ha per insino chiesta per su' moglie. Voialtri signori di questa Corte già lo sapete quel che 'gli è successo, quando i' gli ho volsuto fare intendere la bona ragione. Dunque, cari signori, i' nun so che via tienere. Perchè se al mi' figliolo gli dico di no assoluto, per lui nun c'è scampi e se n'anderà in quell'altro mondo, e s'i' gli dico di sì, che ne penseranno il popolo e la Corte in nel vedere il Principe sposo d'una donna trovata spersa per le strade, che nun si sa chi sia e non lo vole dire, abbeneché, per la pura verità, lei apparisca di nobile stirpe e anco la sia una ragazza dabbene ne' su' portamenti? Gnamo! che qualcuno mi consigli in questo scangeo, che mi farà un piacere dimolto grande. A questo discorso del Re s'arrizzò soltanto uno de' signori più giovani, che voleva un gran bene al Principe e steva quasi sempre in su' compagnia, e arrispose accosì: - Dunque lei, Maestà, permetterebbe che il su' figliolo unico e che un giorno pol esser anco nostro soprano, lei permetterebbe che morissi per nun volergli dare la trovatella come su' moglie? E perché, scusi? Che forse la ragazza nun è bella al paragone di tutte l'altre donne del mondo? Dice, "nun è ricca, nun è di sangue regio, nun si sa d'addove viene e chi sono i su' parenti." Ma queste sono cose che un Re e un padre nun le deve guardare. Il Principe è ricco e lui è quello che dà il nome alla su' moglie, e col tempo si saprà pure il resto. In ugni mo' il pensieri suo primo bisogna che sia di nun far morire l'erede del trono per il dispiacere di nun vedersi accontentato. Faccia pure la su' volontà di padre amoroso, che il popolo e la Corte tutta nun ci troveranno da ridire un zinzino. In nel mumento che il giovane ebbe finito la su' parlata que' signori batterno le mane e si palesorno tutti contenti; sicché il Re pieno d'allegria mandò subbito a chiamare Felicina, che si presentassi davanti alla Corte; e lei viense colla tremarella, nun sapendo di quello che s'era trattato, e si sgomentò in nel vedere lì [148] assemblea [p. 148 modifica]di Baroni, Duchi e Cavaglieri, che la guardavano con gran curiosità e bisbigliavano intra di loro. Dice il Re: - Fatevi innanzi 'nsenza sospetto, Felicina. Qui s'è ragionato sul conto vostro, e a quel che s'è delibberato ci manca soltanto degli schiarimenti, che bisogna partino da voi. E prima di tutto si vorrebbe cognoscere per bene d'addove siete vienuta e chi sono i vostri parenti. Via! parlate chiaro, perché vo' farete la vostra fortuna e la nostra contentezza. La Maria, che però lì, come già s'è detto, aveva pigliato il nome di Felicina per niscondersi meglio, alla presenzia di tutti que' Baroni nun trovava le parole per rispondere; ma poi, siccome gli fecian coraggio, e' disse al solito che lei nun cognosceva parenti, che era una ragazza spersa per il mondo e che nun si ricordava nemmanco il logo del su' nascimento; e però s'arraccomandò che nun la tormentasseno 'nvano, e nun la menasseno a commetter cose contro il su' onore; poi, del resto, s'appalesò pronta a ubbidire al volere di Su' Maestà. Insomma la Maria nun si volse scoprire per la temenza di su' madre, che la ricercassi e mandassi della gente a ammazzarla. Il Re e i Baroni e tutta la Corte rimasano male alle risposte della Maria; ma in ugni mo', per salvar la vita del Principe, a quel mo' disperato per la gran passione amorosa, delibberorno di accontentarlo, anco perché avevano la speranza che forse in seguito sul conto della Maria, diventata Principessa, si sarebbe cognosciuto la verità; e poi tutti s'eran messi 'n capo che lei fusse qualche figliola di Re o spersa per caso o rubbata da dei corsari. Dunque, si concluse il matrimonio e il Re bandì per tutto il Regno e le città di Francia delle feste maravigliose, e accosì il principe Alessandro se ne stiede allegro e contento con la su' bella e garbata sposa Maria, o Felicina, secondo che si vole dire. Ma pur troppo a' contenti corran dietro spesso i malanni e le disgrazie! Doppo diversi mesi dallo sposalizio di Alessandro deccoti che arrivò a Parigi un currieri del Re d'Ungherìa, che chiedeva soccorsi al Regno di Francia contro a' nemici che gli erano nentrati ne' su' possessi. Subbito il Re di Francia, che era l'alleato di quel d'Ungherìa, ordinò che si radunassan parecchie migliaia di soldati, ne diede il comando a Alessandro nominato generale, e' nsenza indugio lo fece partire in verso i paesi dell'Ungherìa; [ [p. 149 modifica]149] sicché a Alessandro, con dispiacere sì, gli conviense lassare la su' sposa di già gravida, e la raccomandò alla Regina e che lei gli scrivessi spesso quel che accadeva e quando Felicina partoriva; e avute le imprumesse della Regina su' madre, Alessandro montò a cavallo e co' su' soldati si mettiede 'n cammino al su' destino e nun si fermò 'nsino a tanto che nun arrivò davanti a' nemici del Re d'Ungheria, pronto alla battaglia; e fu per l'appunto in nel tempo che combattevano, che al Principe gli fu porta la notizia del parto affortunato della Felicina, ma con tanta bugìa, che tutte le gioie si trasmutorno in dolore. Felicina, vienuto il su' mese, diede fora du' be' maschi assieme, e gli posan nome, al primo Arnaldo e a quell'altro Michele. Subbito la Regina spedì un messo al su' figliolo per avvisarlo, e il messo, per nun poter passare dalle solite strade, dové andarsene a Genova con l'idea d'imbarcarsi e attraverso la marina raggiugnere il principe Alessandro in Ungherìa; e quando il messo, con gran treno reale, arrivò al Porto di Genova, se n'andette a albergo in nella locanda della Bella Giuditta, perché anco lei nel su' paese nativo nun ci steva più, e la su' locanda la tieneva aperta in quella città. Si sa che 'n questi casi tutto il mondo parla dell'arrivo de' forestieri e almanaccano sulle ragioni del viaggio, e ognuno dice la sua; e la Bella Giuditta nun si peritò di addomandare al messo d'addove vieniva e che andeva a fare nell'Ungherìa. Il messo gli scaricò tutto il sacco dal primo all'ultimo chicco di grano, e la Bella Giuditta nun stiede dimolto a sospettare e poi a rendersi sicura che la trovatella diventata Principessa di Francia nun era altro che la su' propia figliola Maria, che lei aveva messo in nelle mani di Carluccio, perché l'ammazzassi. Figuratevi la rabbia di quella madre sciaurata e infame! Che ti fa? In quel mentre che il messo se la dormiva stracco morto dalla fatica, la Bella Giuditta pian pianino nentrò nella cammera e gli prendette dalla borgetta le lettere; c'era quella della Regina e un'altra scritta di su' carattere dalla Maria. La Bella Giuditta insenza cancugnare strappò la lettera della Regina e quella della Maria la riscrisse a modo suo, perché lei sapeva contraffare il carattere della figliola, e 'n questa, 'nvece di dire del parto di du' bellissimi maschiotti, gli annunziò d'aver messo al mondo du' brutti e fieri mostri, tant'orrendi, che 'n [150] [p. 150 modifica]tutta la città di Parigi nun ne potevano aver bene e il popolo però s'era dimolto incattivito; e gli faceva chiedere misericordia al Principe, perché lei nun sapeva come fuss'accaduta questa disgrazia. Il messo dunque, quando fu la su' ora, partì per l'Ungherìa e dello scambio delle lettere nun se n'accorgette mica; sicché diede al Principe lo scritto della Maria, e per quello della Regina disse, o che lui l'aveva sperso per istrada, oppuramente che l'aveva lasso a Parigi in sul su' tavolino. In nel leggere la lettera della Maria il Principe mancò poco che nun cascassi per le terre istramortito; in ugni mo', siccome alla su' moglie gli voleva un gran bene, con lei nun ce la prese, ma anzi gli arrispose subbito, che nun si sgomentassi e che que' du' mostri su' figlioli gliel'asserbassi ben rallevati, perché al su' ritorno dalla guerra e' gli voleva vedere co' su' propri occhi; poi consegnò la lettera al messo che riprendette l'istessa strada per rivienire a Parigi. Ma il messo quando fu a Genova si fermò daccapo alla locanda della Bella Giuditta, e la Bella Giuditta gli pigliò al solito la lettera dalla borgetta, e doppo averla letta, dall'aschero si sentiva mangiare 'l core, perché il Principe nun s'era scorruccito a quella brutta notizia e bugiarda de' du' mostri; sicché la Bella Giuditta ricorse a un altro 'nganno. La lettera del Principe alla Maria la mettiede dientro al foco, e lei ne scrisse un'altra, che 'nvece ficurava fussi del Principe al Re su' padre, e ci diceva: "Che lui nun intendeva più ricognoscere per su' moglie la trovatella Felicina, e che anzi facessi 'n modo di disfarsi tanto di lei che de' figlioli partoriti col fargli tutti quanti morire; lui 'n quella lontananza s'era pentito della su' passione per una donnicciola 'gnota e si vergognava di quello che aveva fatto, accecato dall'amore." La lettera accosì composta la Bella Giuditta la riserrò nella borgetta del messo, che 'nsenza di nulla addarsi la portò con seco a Parigi e la diede nelle propio mani al Re su' padrone. La lettera a male brighe che la ricevette il Re la lesse, e restò come di sasso in nel sentirci dientro quella cruda volontà del su' figliolo; e quando, chiamata la Regina, anco lei cognobbe il tenore dello scritto, si mettiede a piagnere e a disperarsi, sicché corse la Maria a vedere quel che era stato, e abbeneché dapprima nun glielo volessan palesare, nun istante bisognò bene alla [ [p. 151 modifica]151] fine raccontargli ugni cosa. La Maria a quella nova gli sobbalzò il core dalla pena e 'l sangue gli fece un rimiscolo; ma poi, col ripensarci, gli viense un sospetto, e per sincerarsi menò il messo in cammera con seco e gli disse che gli raccontassi 'l su' viaggio. Dice il messo: - I' sono passato da Genova e i' ho albergato una notte, tanto nell'andata che nel ritorno, alla locanda d'una donna, che tutti la chiamano la Bella Giuditta. Dice la Principessa: - Che ti fece delle domande la locandiera? Che domande furno? - Volse sapere, - arrispose il messo, - d'addove i' vienivo, che andevo a fare; poi, mi richiese della persona vostra, e se tra marito e moglie eri d'accordo e contenti. - E te, che risposta gli facesti te? Si' sincero e nun aver temenza di dir la verità, - disse la Maria. - Gua'! che vol ella, - gli ripricò il messo: - i' gli arraccontai tutto quel che era avvienuto, e che lei, abbeneché tante volte addomandata del su' essere e della su' generazione e logo di nascita, nun aveva ma' parlato chiaro; ma che in ugni mo', perché il principe Alessandro se n'era innamorato a morte, il Re con la Regina e tutta la Corte s'erano contentati di fare 'l matrimonio, rinuscito dimolto a bene e con allegrezza di tutto il popolo. Ma la Bella Giuditta scramò, io nel sentire questo racconto: "Ah! povero Re! Che bel matrimonio con una serva, che nun si sa nemmanco di che paese sia e chi l'ha ingenerata!" La Maria nun ricercò altro dal messo, perché 'ntese pur troppo che tutto questo scandolo vieniva dalla su' cattiva mamma; e arritornata alla presenzia de' su' soceri gli confortava a nun si sgomentare e s'arrapinava a fargli capire che ci doveva essere stato uno sbaglio di certo, ma 'nsenza però dire d'addove lei credeva fussi nato; sicché dunque i soceri pensorno di rimandare al Principe il messo con un'altra lettera di questo tenore: "Che tutti erano resti maravigliati e affritti in nel sentire che ordini lui aveva scritto a casa; che il popolo tutto di Francia si sarebbe rivolto, se loro avessano azzardato di far morire i figlioli e la madre insenza una giusta ragione e innocenti com'erano; che badassi se mai c'era erro in quel che lui aveva letto, oppuramente nella su' scrittura, perché gli pareva 'mpossibile a loro, che lui potessi dare di simili ordini a' su' genitori." [152] [p. 152 modifica]Con questa lettera il messo se n'andiede via, ma per su' disgrazia dovè fare la medesima strada di prima; sicché alla locanda di Genova la Bella Giuditta, insospettita che il tiro nun gli fussi rinuscito a bene, alloppiò la bevanda del messo, e in nel mentre che lui dormiva com'un sasso, lei svelta gli cavò la lettera dalla borgetta, e sentito quel che ci diceva dientro, lei ne riscrisse un'altra falsa, addove ripeteva della nascita de' mostri, che nun c'era versi d'abbonirgli nemmanco legati, e che il popolo cominciava a barbottare forte e a dar de' cattivi segni di rivoltarsi. Quando dunque Alessandro gli ebbe per le mane la lettera, rimase più che mai male, tanto più poi che dal messo nun ci potiede ricavare un numero: il messo pareva sempre briaco; dicerto per la malignità della bevanda ingollata a Genova a su' insaputa: sicché Alessandro, nella su' dubbietà e 'nnamorato com'era della Felicina, daccapo arrispose a su' padre, che avessin pacienza di aspettare il su' ritorno, perché la guerra steva per finire e i nemici volevano rappaciarsi; a Parigi 'gli arebbe lui da sé pigliato la su' delibberazione; ma che 'n fine gli pareva giusto di vedere que' du' figlioli sortiti del su' sangue, brutti o cattivi che fussano; se il popolo mormorava, peggio per lui! che nun s'arricordava de' su' benefizi e dell'allegrìe passate. Ma anco questa di lettere cascò nelle grinfie della Bella Giuditta, che ne mettiede assieme un'altra di su' invenzione e ordinava, che in nel mumento e insenz'altre parole, tanto la Principessa che i du' figlioli gli bruciassin vivi, perché lui Alessandro nun voleva più sentirne ragionare, né vedergli, e che se nun era eseguito il su' comando se ne sarebbe arricordo nel su' ritorno a Parigi col mettere in scombussolo tutto quanto il Regno. Abbeneché in nel ricevere questa lettera si pensassin alla Corte di Parigi che al principe Alessandro gli avessi dato volta il cervello, in ugni mo' qualcosa credettan bene d'almanaccare per non ritrovarsi con delle battaglie in casa e il paese in ribillione e ammazzamenti; e prima di tutto chiamorno la Felicina e gli palesorno il tenore di quel brutto scritto; ma lei nun si sgomentò, perché lei capiva d'addove gli vieniva il malanno: ma pure, in quel mentre che confortava i su' soceri a fare tutto quello che il su' sposo Alessandro gli aveva comandato, in nel [ [p. 153 modifica]153] discorrere con passione di questa 'ngiustizia e crudeltà della sorte che sempre la perseguitava, e in nel ripensare che s'avessi a spargere il sangue innocente delle su' creature, tanto si riscaldò la fantasia, che gli prese uno strignimento di core e cascò giù 'n terra svienuta come morta. Subbito agli urli e a' pianti corsane i servitori e tutta la Corte de' Baroni, e a forza d'acque odorose e d'aceto viensano a capo di far tornare in sé quella sciaurata, che a poco per volta riaperse gli occhi e ripigliò il su' colore, e parse anco più bella di prima. Ma qualche rimedio bisognava cercarlo per iscansare le vendette d'Alessandro, sicché il Re spose i su' casi a que' Signori lì raunati e gli addimandò di consiglio; lui di farla morire Felicina co' su' bambini assieme nun n'aveva il coraggio, e piuttosto arebbe scelto di mettergli tutti in un barchetta e abbandonargli in mezzo al mare col raccomandargli alla grazia di Dio; però un di que' Signori disse: - Nun sarebbe questo, Sacra Corona, un mal pensato, ché forse Iddio aiuterà questi poeri disgraziati. C'è tavìa uno scangeo. Se il principe Alessandro comanda che la moglie e i figlioli sian bruciati vivi in mezzo a una piazza, e al comando nun s'ubbidisce per l'appunto, e vienga a mancare la testimonianza del popolo, si corre risico di nun esser creduti dal Principe, e che lui si pensi sempre nell'obbligo di scombussolare il Regno per su' vendetta. Arrispose la Regina a questo discorso: - Si faccia pure alla libbera quel che ha detto il Re, e insenza sospetti; no' si pole con una finzione ingannare il popolo e dargli accosì a intendere che il supplizio è accaduto come comanda il Principe. Lassatevi condurre a mi' modo e nun dubitate di niente. Difatto al giorno fissato tutto era pronto in sulla piazza come se dovessi seguire il bruciamento vero della trovatella co' su' figlioli, e per ugni canto ci stevan di sentinella dimolti soldati per temenza della gente che nun si rivoltassi a quell'orrore; poi in sul palco pienato di fascine ci avean messo, per ordine della Regina, una cassa vota col su' coperchio, e anco avean fabbricato du' fantoccini rifasciati e col viso e le mani di cera, che propio parevano du' bambini vispoli e vivi, e una bambolona compagna alla Principessa, e queste tre statue furno di niscosto serrate nella cassa, che nissun se n'accorgette. In verso le ventiquattro deccoti che apparisce il corteo, e fra mezzo [154] [p. 154 modifica]alle guardie la Maria, che tieneva i bambini 'n braccio, uno di qua e uno di là, e piagneva e sospirava; e quando fu giunta a piè della scala del patibolo si buttò 'n ginocchioni, chiese perdono a tutti, se mai avessi offeso qualcheduno contro su' volontà, e poi s'arracomandò che nun facessin ribillioni per la su' morte, né vendette per il su' ingiusto supplizio; che lei di morire nun gliene importava più che tanto, e in ugni modo gli era d'allegrezza ubbidire a' comandi del su' sposo. Dopo queste parole la Maria s'arrizzò e franca salì 'n sul palco; addove però quelli che avevano a legarla al palo, la circondorno bene da ugni lato perché la sparissi agli occhi del popolo, e lesti la ficcorno dientro la cassa co' bambini, e la cassa fu subbito portata via e avviata alle spiagge del mare, e 'nvece messano nella catasta le tre finte statue, che in un momento viensano bruciate da quel gran foco, e il popolo bociava e piagneva concredendo che le fiamme distruggessan la Principessa e i su' figlioli. Tutto Parigi si pole dire che fussi sottosopra, e gli urli disperati della gente gli sentirno da più che dieci miglia di lontano. Figuratevi che tapanìo! Arriva che fu la Maria co' bambini a quel modo incassati in sulle spiagge del mare, c'eran lì a aspettarla il Re e la Regina, e assieme con loro diversi Baroni; gli avean portato da mangiare e da bere e delle manate di quattrini, e messan tutto nella barca, perché la Principessa potessi campare insino a che la fortuna e la man di Dio nun gli trovassen qualche mezzo di libberazione in un logo sicuro; la Maria montò 'n barca, ci accomidò su de' panni i bambini, disse addio a tutti e che nun piagnessano e nun si disperassen per lei, perché tanto se quello doveva essere il su' destino, de' rimedi nun se ne poteva trovare; poi fu sciolta la fune, e la barca fuggì via com'una saetta col vento che gli soffiava forte di rieto, e in un mumento sparì dalla vista. Poera sciaurata! dov'anderai te sola dibandonata in mezzo al mare accosì di notte e con du' bambini al petto? E tavìa parse che Iddio nun se ne fussi scordo di lei, perché doppo del tempo la barca diede un picchio in una spronda sciabbiosa e lì si fermò; sicché subbito la Maria saltò 'n terra, pigliò con seco le du' creature 'nnocenti e tutta la robba datagli da' su' soceri, e principiò a camminare per cognoscere addove 'gli era approdata. Ma si ritrovò la Maria in un paese deserto pieno di [ [p. 155 modifica]155] boscaglie e insenza un'anima viva, e nun potendo ricoverarsi al coperto, perché lì nun c'erano né case né grotte, si buttò giù a diacere sotto una pianta frondosa, e stiede in gran sospetto finché fu buio, più per cagione de' figlioli che per sé medesima. Vienuto poi giorno chiaro e fatto un po' di culizione e dato il latte a' bambini, che però avean dormito in sulle ginocchie della mamma tutta la notte, la Maria volse vedere in che logo era capitata e se c'era modo di nuscirne a bene; ma 'n quel mentre che pensava di moversi, decco! a un tratto si sentiede rintronar gli orecchi da un terribile mugghio di una fiera salvatica. Smarrita dalla gran paura la Maria ravvolse in fretta con de' panni le creature e poi via a gambe dalla parte contraria a quel mugghio, e nun si fermò che quando ebbe trovo in un botro una buca fonda dientro a un masso, addove si niscondette alla meglio, e, per ricoprir la buca anco di più, stroncò diverse frasche e se ne fece come una siepe davanti all'apertura. Ma nun avea finito la Maria questo lavoro, che un'orsa spaventosa, vienutagli dirieto in sulla pesta e tirata dall'odore della carne umana e dal pianto de' du' bambini, apparse nel botro, e furiosa diede un salto, si ficcò giù nel nascondiglio, e addentata una delle creature se la portò via 'n bocca con seco. La Maria a quella vista mandò uno strido, e preso quell'altro bambino 'n braccio, si mettiede a rincorrire la bestia, e abbenché nun la potessi arrivare mai, in ugni mo' gli steva sempre dimolto vicina; sicché cammina cammina traversorno una folta macchia e salirno un colle, addove sopra e al di là d'un rio c'era una casetta con dinanzi un ponticello per andarci. L'orsa, arriva che fu all'uscio di quel dificio, posò il bambino in sulla soglia sano e salvo insenza nemmanco una scorticatura, e poi sparì tramezzo la boscaglia. Lassamo dunque per ora la Maria in questo logo che gli avea insegno l'orsa, si pole anco credere quasimente per miracolo, e arritorniamo al misero principe Alessandro, che in quel tempo steva sempre nell'Ungherìa; ma infine la pace la concluderno col nemico, sicché con le su' truppe lui arritornò doppo parecchi mesi alla città di Parigi. A male brighe dientro le porte rimanette però male in nel vedere tulle le case parate a lutto e la Corte vestiva di bruno, e si diede a credere che fussi morto qualcuno della famiglia reale; in ugni mo' gli parse [156] d'esser [p. 156 modifica]consolato quando gli viensano incontro su' padre e su' madre, abbeneché pur loro con indosso i panni neri. Scendé dunque Alessandro da cavallo e salito che fu nel palazzo, subbito domanda quel che mai è successo, e voleva sapere come stevano la moglie e i figlioli. Dice il Re: - Questo dipende da quello che t'ha' comandato e che te ci ha' fatto fare contro la voglia di noi e del popolo. Scrama Alessandro: - Che intendete vo' di dire? I' nun vi capisco. Che ho io comandato di male da vestirsi accosì tutti a bruno? Al Re a questa nuscita gli mancò la parola in nella bocca; ma un di que' signori lì presenti, o che fussi più ardito di natura, o che si sentissi ribollire il sangue per la scramazione del Principe, disse: - Come! Che forse vo' fate le viste d'essere 'gnorante del vostro operato? Omo crudele, insenza core! Voi meriteresti che vi buttassano in sulle fiamme, come avete volsuto della vostra poera moglie e delle du' creature innocenti. - Che dici, temerario, - bociò a quella intemerata il Principe: - che menzogne son queste? Addove sono la mi' moglie e i mi' figlioli? Presto, parlate. Dice il Re: - Ma caro figlio, e' pare che tu non t'arricordi che tu ci ha' scritto du' volte che loro dovevano essere ammazzati, e insennonnò volevi mandare a soqquadro tutto il Regno di Francia. - Ma io non ho ma' scritto di simili infamità, - arrispose piagnendo Alessandro; ma la su' mamma in nel veder le su' lagrime e credendole bugiarde, scramò: - Sciaurato! Te fa' come il coccodrillo, che prima sbrana l'omo e se lo mangia, e po' ci piagne su. La Felicina, poera 'nfelice! e i du' bambini sono a quest'ora cenere da un pezzo, perché te scrivesti che accosì loro dovevano morire 'nnanzi del tu' ritorno. A questo discorso Alessandro rimanette come di sasso e fora di sé, e se nun l'arreggevano dicerto sarebbe casco in terra svienuto; poi, rinviolito dal primo sbalordimento e con la su' memoria, disse: - Ma qui c'è stato qualche sbaglio o qualche 'nganno o tradimento, perché io vi giuro che nun ho ma' scritto quel ché vo' dite. Anzi, quando per du' volte ebbi da voi la brutta nova, che la Felicina 'gli aveva parturito que' mostri orrendi, m'arraccomandai che vo' gli custodissi e che, brutti o cattivi che loro fussano, i' gli volevo vedere da per me. Dunque fora! Addove sono le mi' lettere? Le vostre deccole qui. [ [p. 157 modifica]157] Non si pole descrivere come restorno in nel leggere que' fogli! Subbito il Re e la Regina s'accorsano che le lettere nun eran le sue, e portate quelle che loro credevano d'Alessandro, lui pure nun le ricognobbe e si protestò che qualcuno doveva avergliele barattate, chi sa per quale ragione. Insomma, questa scoperta di tradimento, insenza nemmanco potere iscoprire il traditore, addolorò a morte tutti quanti; ma Alessandro poi ci mancò un filo che nun ammattisse, e se nun ammattì davvero, nunistante addiviense tanto tristo e privo di parole, che la su' vita era peggio di quella d'una bestia, e non ci fu modo che trovassino come consolarlo e farlo svagare; lui pensava ugni sempre alla su' Felicina, a' su' bambini, e piagneva dì e notte. Oramai era passato dimolto tempo e non si vedeva punto mutamento nel principe Alessandro, quando uno de' su' più fidi amici s'attentò a parlargli accosì: - Senti, caro Alessandro, qui bisogna cercare qualche bandolo, perché seguitando la vita che te fai, a poco a poco te ne vai a morire. Se nun altro, pensa che tu sie' l'unico figliolo e erede del Regno, e c'è anco da ricordarsi dello 'nteresso di tutto il popolo di Francia, che forse risica di cascare 'n mano d'un tiranno e sconvolgersi per ribillioni, dato che per isfortuna vieniss'a perdersi la tu' stirpe reale. Dunque, amico, fatti un animo risoluto e arritorna alla ragione, che a quel che è stato del rimedio nun se ne pole trovare, e in fondo la colpa nun è tua, né di nissuno, ma di quel traditore che sempre rimane 'gnoto. Pensa, via, a' tu' poeri genitori, e anco a me, se ti garba, che sai quanto sempre t'ho volsuto bene, e che sono affritto in nel vederti in codesto misero stato. Si riscotette a queste parole Alessandro, e con benigno viso addimandò al su' amico: - Che cosa ho da fare? Nun dici forse male. Dunque, i' t'ascolto. Suggerisci, consiglia quel che ti pare, e per accontentarti sono pronto a darti retta: ché per me tanto del morire nun me ne importa nulla. Dice l'amico: - Io per me vorre' sortire di Parigi, da quest'aria serrata, e andarmene a svago per la campagna, e lì con un branco di compagni darsi bel tempo, montare a cavallo e più di tutto cacciare le bestie d'ugni sorta dientro alle boscaglie. Gnamo, risolviti, Alessandro; comanda che sia preparato l'occorrente e si vadia via più presto che si pole. [158] [p. 158 modifica]Nun vo' ire tanto per le lunghe; ma vo' avete a sapere che gli apparecchi di partenza si feciano alla reale e con dimolta contentezza de' genitori d'Alessandro, della Corte e di tutto quanto il popolo; poi, quando ugni cosa fu a ordine, una mattina per tempo si mosse la cavalcata dal palazzo regio, ed era propio un grande e bello spettacolo; la gente steva fitta come il lino per le strade, e sbattevan le mane e bociavano a squarciagola: - Viva il nostro Principe Alessandro! - in nel mentre che lui passava alla testa della su' compagnia, e accosì viense acclamato per insino alle porte della città, d'addove sortito fora seguitò la su' via. E cammina cammina, chiacchierando e ridendo alle buffonate che si dicevano tra di loro, con isforzarsi anco di tienere allegro il Principe, i cacciatori giungano in sulla sera a una fattorìa del Re, con gran boschi fitti all'intorno, che si dilungavano per di molte miglia, e da un lato c'era un paese deserto; ma a volerci andare bisognava che traversassino un fiume. Tutti smontorno da cavallo, e il provveditore ammannì una cena sprendida, e le bottiglie nun mancorno mai di girare a tondo; sicché a fin di pasto, come si dice, ce n'era più di morte che dì vive; all'ultimo poi, tra perché si sentivano stracchi, tra perché mezzi brilli, reggendosi però male in sugli stinchi, ognuno andiede a letto e s'addormentorno con tanta grazia di Dio, che nemmanco i toni gli arebban possuto svegliargli nel primo sonno. Ma quando il sole spuntò, una fanfara di corni sonò la diana e nissuno parse pighero nel vestirsi, e in un momento Alessandro e i su' compagni saltorno a cavallo e si diedano co' cani a battere i boschi per tutti i lati, 'nsino a tanto che vienuta l'ora del desinare an altro sono di corno gli fece arritornare a casa per ristorarsi. S'intende, che tutti nun ci giungano nel medesimo tempo, ma alla spicciola, chi di qua e chi di là, con degli uccelli, delle lepre, de' cervi e altri animali. Soltanto si fece Alessandro aspettare di più, e anzi stevano in pensieri che gli fosse intravvienuta qualche disgrazia: ma finalmente lo veddan vienire di gran carriera, però insenza preda di sorta con seco. Dunque, raunati a quel mo', si siederno a mensa, e in quel mentre che mangiavano si raccontavano, all'uso de' cacciatori, i casi della caccia, e chi si vantava d'un fatto e chi d'un altro, e un di loro disse: - Ma il più sfortunato [ [p. 159 modifica]159] pare il nostro principe Alessandro, perché lui nun ha riportato nulla. Sentendosi Alessandro arrammentare, rizzò la testa che tieneva fitta e pensierosa giù 'n sul piatto, abbeneché poco si cibassi, e disse: - Signori miei! A ognun di voi è successo qualcosa degna d'essere arricordata: ma pure, i' scommetto che quel che è successo a me nun ve lo potete ma' ficurare, tanto 'gli è straordinario e quasimente miracoloso. - Dite, dite, principe Alessandro! Arraccontatelo! - cominciarono a berciare incuriositi i cacciatori. Arrispose Alessandro: - I' m'ero fitto nel più folto della boscaglia, quando tutt'a un tratto mi ritrovai in un pulito, addove accanto a una fresca fontana c'era un bel sedile d'alabastro; un po' stracco e co' mi' neri pensieri 'n capo, mi viense la voglia di bere e di riposarmi qualche mumento, sicché scendetti di sella, attinsi dell'acqua e poi mi mettiedi a siedere; ma nun ci stiedi dimolto, perché decco! un mugghio mi riscote e veggo a salti corrermi addosso un'orsa smisurata, come se la volessi sbranarmi. Schizzai a cavallo e con l'arme 'n mano andiedi 'ncontro alla fiera, che però si difendette tanto bene a forza di slanci, che a me nun mi rinuscì mai d'arrivarla con un colpo: ma in nel combattere, lei mi menò a un fiume, e come fu in sulla sponda ci si buttò dientro, e passata di là, stiede lì ferma a guardarmi e pareva che mi chiamassi con de' cenni e con gli occhi, perché io pure traversassi l'acqua. E propio ero per ispignere il cavallo e tuffarmi nel fiume, quando il sono del corno mi richiamò qui a casa a desinare. Ma domani vo' tornare alla fonte e vedere se anco l'orsa ce la posso scoprire. Che ne pensate voi di questa mi' avventura? Tutti restorno maravigliati al racconto del Principe, e chi avea un'idea e chi un'altra; ma uno de' cacciatori più anziano disse: - Al mi' parere in questa bestia c'è qualche misterio niscosto: nun è naturale il su' portamento. Se poi il misterio sarà di bene o di male nun si pole anco dirlo, e bisogna che il Principe in tutti i modi domattina vadia al solito logo e che cerchi l'orsa. Noi vi si seguirà in sulla pesta per aitarvi se occorre, e vo' avete a badare che l'animale non v'offenda: ma se vi fa cenno di passar l'acqua, nun istate, principe Alessandro, a cancugnarla; itegli rieto insenza indugio, e se c'è de' segreti si scopriranno. [160] [p. 160 modifica]Resti accosì, quel giorno lo finirno in spasseggiate e ragionamenti, e a sera, doppo cenato, ognuno se n'andette a dormire; e il Principe nella notte 'gli ebbe an sogno, che gli pareva che la Felicina e le du' creature nun eran morte, ma che abitavano in un paese lontano fora della cognoscenza del mondo e con una gran miseria addosso; e quando fu sveglio il Principe raccontò questo su' sogno alla compagnia de' cacciatori, sicché quello più anziano disse, che in quella bestia c'era assoluto qualche misterio e che nun s'aspettassi di più a partire per ricercarla nel bosco. Dunque, tutti montorno a cavallo, e il Principe camminava un bel pezzo 'nnanzi, ma in modo che gli altri nun lo perdessan di vista, e alla fine arrivò alla fonte e si mettiede in guardia per vedere se l'orsa vienisse; difatto, deccotela che apparisce al solito dalla parte del fiume. A male brighe che l'orsa fu vicina subbito Alessandro gli diede l'assalto; ma la bestia fece l'atto di scansarlo e s'avviò in verso il fiume; siccome però Alessandro gli era dirieto per tirargli un colpo, l'orsa, che lo sentiva tanto arrabbiato contro di lei, si arrivoltò infurita e con una granfiata sdrucì tutta una coscia del cavallo d'Alessandro, e poi, in quel mentre che lui era rimaso mezzo sbalordito e col cavallo che nun camminava più, l'orsa s'attuffò nel fiume, passò di là e da quell'altra sponda pareva al solito che 'nvitasse Alessandro a seguitarla. Corsano al rumore tutti i cacciatori e Alessandro prese un cavallo fresco, e insenza paura traversò pur lui l'acqua per corrire in sulla pesta dell'orsa, che non lo stiede a aspettare, ma principiò a fuggirsene 'nnanzi, ugni po' rivoltandosi, quasimente per cognoscere se Alessandro sempre gli vieniva alle costole. Insomma, corri corri con quella furia, trapassorno di molti poggetti e valloni in quel brutto deserto, sino a che, quand'era sera ormai, gli arrivorno a un colle con un macchione all'intorno, che ci volse del bello a nuscirne, tant'era fitto e intrigato. Lì era il posto addove abitava la Maria co' su' figlioli, già divienuti grandicelli, e la Maria, sentuto l'insolito calpestìo e le voci umane e il mugghio della bestia, sortì fora della casetta per vedere chi ma' fussi capitato in quel deserto, perché da un par d'anni che lei ci steva, un'anima cristiana nun ci avea fatto dimora. Genti mia! quando la Maria confisse gli occhi addosso a quel cavaglieri 'n arme, [ [p. 161 modifica]161] che gli addimandò: "Donna! che vita menate voi qui tutta solingola?" subbito lo ricognobbe, rimanette mutola e intirizzita come una statua di pietra, e doppo istralunate le pupille cascò giù di tonfo per le terre svienuta, che parse morta. A quello spettacolo Alessandro si buttò da cavallo per volerla soccorrere; ma l'orsa gli faceva la guardia alla Maria e nun permettiede che lui gli s'accostassi manco d'un passo. A un po' alla volta la Maria rinviolì, s'arrizzò in piedi e disse al Principe: - O omo d'alto valore, abbiate pacienza, se la vostra visita 'mprovvisa m'ha messo fora di me medesima. Ma voi, come ma' vi siete smarrito in queste macchie, addove nissuno abita, se non io con quest'orsa che mi serve? Arrispose il Principe: - I' mi sono smarrito per qua nel dar la caccia all'orsa. Ma voi piuttosto, figliola della fortuna, perché ve ne state solingola in questa foresta tramezzo alle crudeli e salvatiche bestie? - Ah! - scramò la Maria: - voi, bel cavaglieri, chiamate crudeli e salvatiche le bestie di questi boschi! E chi lo sa, che anco voi non siate più crudele e salvatico di loro! In nel sentirsi parlare accosì Alessandro rimanette sturbato, ma che quella donna fussi la su' moglie nun se lo 'mmaginò, tanto lei era rifinita di carni e strucia ne' vestimenti; sicché gli arrispose: - Per quale ragione, insenza cognoscermi, tienete voi un simile discorso con meco? Invece, sappiate, che s'i' son bono a aitarvi, i' v'aiterò di bon core. Ma prima ditemi almanco l'esser vostro, come vi chiamate, e perché abitate nel deserto lontana da tutte le genti del mondo. Disse allora la donna: - Il mi' vero nome è Maria, e nun son figlia della fortuna, bensì della sfortuna, perché la mi' barbara sorte, doppo tanti strapazzi per insino dalla mi' giovanezza, ha finito col mandarmi in questo logo, addove campo a fatica la vita col cibarmi d'erbe e di qualche animale che ugni tanto mi porta questa bestia d'orsa, la mi' sola compagna a consolarmi nella sventura. Eppure, ci fu anco un tempo che ero dimolto contenta e felice! Alessandro alle parole della Maria, insenza potere capirne il perché, nun isteva bene; gli pareva che il core gli si ristrignessi; e poi scramò: - Si vede che a tutt'a dua la sorte nun è stata propizia. Io pure, abbeneché figliolo di Re, i' ho avuto le mia; e v'abbasti, ch'i' pigliai per moglie una fanciulla bellissima trovata in una strada, che lei mi parturì [162] [p. 162 modifica]du' figlioli in quel mentre ch'i' ero a guerreggiare in lontani paesi, e ch'i' ho perso moglie e figlioli per un tradimento, insenza esser vienuto a capo di scoprire il traditore e di cognoscere il motivo di tanta birbonata. Ma anco peggio s'è dato: perché quelle creature innocenti assieme colla madre furno bruciate vive nel mezzo della piazza di Parigi sur uno scritto falso, che alla Corte credettano fusse di mi' propio carattere. E i' son resto inconsolabile da quel tempo, e nulla c'è più che mi svaghi. Vi par egli dunque o no pur a voi, ch'i' mi possa chiamare disgraziato? - Insenza dubbio, - arrispose la Maria; - che se le cose stanno accosì, come vo' avete detto, omo di fortuna e' non vi si pole chiamare. Ma ora anco io v'arracconterò la mia delle storie, e vi lasso giudice se del male me n'accade a' mi' giorni. I' ero bambina quando il babbo mi morì e la mamma mi mettiede in aducazione in un convento. Quando già grande, capitò in casa un giovanotto di Parigi e la mamma se ne 'nnamorò forte, sicché lui gli prometté di sposarla, a patti però che lei facessi rivienire me in casa e ch'i' fussi contenta di questo matrimonio. Io per me dissi ch'i' ero contenta; ma la mamma pigliò gelosia, perché il su' giovanotto parse che nel vedermi gli garbassi troppo io e con delle scuse cancugnava a concludere lo sposalizio; e un giorno che lui per i su' interessi era ito alla su' città, la mamma traditore diede comando a un cammerieri fidato di menarmi in un bosco lontano e lì ammazzarmi insenza misericordia. Questo cammerieri nunistante non ubbidì, ma per salvar la su' pelle, disse che alla mamma gli arebbe dato a intendere che lui m'aveva morta, e che intanto i' scappassi in nel paese della Francia, con giuro di nun farmi più rivedere nel logo del mi' nascimento, e con nun palesar mai a nimo d'addove vienivo e chi fussano i mi' genitori. Bisognò per forza accomidarsi alla mi' disgrazia, e sur un bastimento approdai 'n Francia e a piedi mi volsi in verso Parigi, quando per istrada ebbi la sorte d'imbattermi nel figliolo del Re, che mi menò con seco e mi mettiede al servizio colla Regina su' madre. E lì ci stevo bene e nun bramavo di più. Ma il figliolo del Re s'invaghì a morte della mi' persona, e abbeneché i' nun volessi a nissun patto schiarire il mi' vero stato, per accontentare il su' figliolo, il Re gli concedé di sposarmi, e diventai accosì Principessa e subbito ingravidai. Ora, successe che [163] [p. 163 modifica]in quel mentre il figliolo del Re fu mandato alla guerra, e si vede che in nello stare tanto lontano mutò pensieri, e il su' amore per me diviense odio, o che lui si fuss'incapriccito di qualche altra donna, o che si pentissi d'avere per moglie un'ignota. Insomma, per du' volte scrisse che i su' genitori mi ammazzassino assieme con le du' creature parturite, perché lui di noi nun voleva nemmanco sentirne più ragionare, e insennonò al su' ritorno co' soldati mandava in scombussolo tutto il Regno. I su' genitori però nun l'ubbidirno in questa crudeltà, ma per iscansare delle ribillioni pensorno d'arracomandarmi alla grazia di Dio, mi feciano nentrare in una barchetta co' mi' bambini 'n collo, e il vento fu quello che mi spignette in questo deserto. Non appena la Maria smetté di discorrere che l'orsa s'arrizzò per mordere il principe Alessandro; ma la Maria nun la lassò fare e con la mano gli diede cenno d'abbonirsi, sicché lei s'accucciò a su' piedi com'un cane. In quel mentre Alessandro rimaneva mutolo e in dubbio, nun possendo ricognoscere la su' Felicina in quella donna, abbeneché la su' storia pur troppo s'accordassi con la storia della su' moglie 'nfelice; lui credeva sempre verità, che la Felicina co' bambini eran morti dientro la catasta di legna in sulla piazza di Parigi. Alla fine disse: - Ma questi vostri figlioli addove sono, ché qui nun gli veggo? E la Maria: - Loro stanno 'n casa a diacere e nun m'attento a mostrargli fora, perché sono 'nsenza panni addosso per la gran miseria. Dice il Principe: - Nun importa. Menatemi 'n casa, che bramo mi viengano presentati... Oh! Dio, che be' bambini! - scramò Alessandro in nel vedergli. - E di nome come si chiamano? Dice la Maria: - Il primo Arnaldo e quell'altro Michele, tutt'e dua di stirpe reale. - Ah! i' nun so se la sorte mi canzoni, oppuramente se sia vero che vo' siete la mi' Felicina, e questi che qui i mi' figlioli! - disse Alessandro. - Perché a chi ho da creder più, a mi' occhi e al mi' core, ovvero a' mi' genitori e a tutto il popolo di Parigi, che gli han visti morire tutt'e tre bruciati tra le fiamme? E chi mi leverà ora di pena in questa incertezza tanto amara? Qui successe un gran miracolo, perché tutt'a un tratto l'orsa arrizzatasi, com'è su' costume, in su' pie' dirieto principiò con voce umana a parlare e disse: - O Alessandro, rivieni in te [164] [p. 164 modifica]e discaccia la nebbia che tu ha' negli occhi. Questa davvero è la tu' moglie, che te chiami Felicina, ma felice insino a qui nun è stata, e questi ènno i tu' figlioli legittimi, nati a un parto e punto mostri orrendi, ma belli come stelle del cielo e boni come la mamma che gli ha fatti. E sappi che tutto 'l tradimento fu intessuto a Genova dalla Bella Giuditta, la locandiera, che barattò le lettere al messo per aschero di gelosìa contro alla su' figliola e per volerla morta a ugni mo'. Dunque, rimena a Parigi il tu' sangue, e vivete assieme contenti e allegri da ora 'nnanzi. A questo discorso 'mprovviso dell'orsa, tanto Alessandro che la Maria rimasano estatichi e stevan per aprir bocca, almanco per ringraziare la bestia 'ncantata della su' bontà; ma lei nun gli diede tempo, perché sparì e nun la veddan ma' più; sicché doppo i ricognoscimenti e gli abbracciari tra marito e moglie e i baci a su' bambini, Alessandro sonò il corno e si raunorno subbito i cacciatori d'attorno a lui, che gli raccontò tutto l'accaduto e da ultimo disse: - Arrallegratevi, perché i' ho trovo la medicina al mi' male! La Maria co' bambini viensano rivestiti alla reale, e fu spedito a Parigi un messo per annunziare la bella notizia a tutta la Corte e alla città; e, quando il corteo nentrò dientro, il popolo in folla grande s'accalcò per le vie, e lì sbattimenti di mane e gridi di gioia, e dimolti piagnevano dal piacere: Alessandro però non istiede a divertirsi, ma fatto allestire una nave da guerra se n'andette diviato a Genova e trovata la locanda della Bella Giuditta montò su assieme con la Maria. Figuratevi lo sbigottimento di quella donna cattiva! Disse la Maria: - Vo' m'avete volsuto morta in ugni mo', madre sciaurata! Ma Iddio nun l'ha permessa simile 'nfamità, e ora tocca a me a fare le mi' giuste vendette. Ricercorno tutta la casa e furno trove le lettere di Alessandro e de' su' genitori, sicché il tradimento lo scopersano da cima 'n fondo; nun ci poteva, esser più dubbio: e allora comandò Alessandro che circondassin di stipa la locanda della Bella Giuditta e ci mettessan foco, e accosì lei ci bruciò dientro colla su' superbia e 'gli ebbe la pena secondo il su' merito. Doppo i Principi ritornorno a Parigi, addove bandirno feste per tre mesi 'ntieri, con giostre, conviti e balli, non che regali e limosine a tutto il popolo della Francia; e da ultimo, essendo morto il Re, [165] [p. 165 modifica]gli succedette il figliolo Alessandro, e la Maria la incoronorno Regina al su' fianco; e lei ordinò un gran desinare a' poveri di Parigi e una dota di cento scudi alle fanciulle nate in quell'anno medesimo, e viense data a' soldati e a ugni 'mpiegato paga doppia il giorno della coronazione. Avete da sapere che a questo gran trionfo anco io mi trovavo a Parigi, e siccome tutti mangiavano a ufo alle spese del Re, i' andiedi in una delle meglio locande per isbaldoriare a onore della Regina; ma l'oste mi disse: - Italiano, qui bisogna pagare. Capi' subbito che l'oste doveva essere un de' soliti ladri che pappano alla barba de' minchioni e a du' palmenti. In ugni mo' nun volsi farmi scorgere e dirgli chiaro che de' quattrini 'n tasca nun ce n'avevo manco l'ombra; sicché gli proffersi in pegno il mi' baule, addove ci sarà stato dientro per un dieci lire di stracci, e m'accordai di pagar da ultimo alla mi' partenza con l'idea di godermi tutte quante le feste. L'oste se la bevé, e i' non mi comportai da babbaleo, perché menai con meco alla locanda diversi amichi della mi' nazione, e si mangiò in que' giorni alla signorile per più di mille lire. Ma finite l'allegrie e i divertimenti, una bella mattina fuggi' via di niscosto, lassando sul tavolino di cammera questi versi:

Per nun aver danaro da pagare Da Parigi mi convierrà scappare, Perché s'i' nun iscappo L'oste m'arriscalda l'abburatto, E se da furbo ero 'nvece minchione I' are' pago dicerto col groppone.