Roveto ardente/Parte seconda/V

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[p. 219 modifica]Il cavaliere Giorgio Gualterio si oppose reci samente a che la contessa Vianello provvedesse alle spese del corredo per la sposina. Volle oc cuparsene egli stesso, desiderando che Flora gli entrasse in casa dopo avere scosso fin l'ultimo granellino di polvere dai calzari, e non potendo adattarsi all'idea di vedere, in seguito, sua moglie coperta di vesti acquistate con danari di dubbia provenienza.

Provvide dunque a tutto da sè, girando pei magazzini in compagnia di Flora e di Adriana, non tanto per consultarle, quanto perchè le due signore potessero constatare come egli sapesse pagare a contanti la propria felicità.

Almeno se, col tempo, fosse venuto a qualcuno il pensiero di rimproverargli il suo matrimonio, egli avrebbe potuto sempre rispondere di avere pagata quella sciocchezza di tasca propria. E pa gava, infatti, senza lesinare, scegliendo quanto c'era di più bello, ma anche di più solido, osservando [p. 220 modifica]minuziosamente che la tela delle camicie fosse di vero filo e che i merletti non fossero eccessiva mente profusi. Anzitutto i merletti si sciupano, e poi una moglie onesta fion ha bisogno di artifici .per farsi amare dal marito!

Si sarebbe detto che il cavaliere nutrisse un rancore sordo per le eleganze raffinate dell'intimo abbigliamento femminile. Bastava che Adriana get tasse lo sguardo sopra camicie da notte a larghi colli ricamati e a larghe maniche fluttuanti, ta gliate ad arte per lasciare scoperte le rosee braccia nella negligenza del sonno; bastava che l'atten zione di lei fosse attratta dalla foggia nuova di mutandine trasparenti, strette al ginocchio, rigonfie nel giro delle anche, guernite di sottili nastri a colori serpeggianti tra il vaporoso sfumeggiar delle trine, o che ella si arrestasse ad osservare un paio di giarrettiere di raso bianco, con mazzi di nodi serici e fibbie di argento a guisa di ferma glio; bastava semplicemente che Adriana lodasse di sfuggita la stoffa o la tinta di un oggetto, perchè il cavaliere se ne allontanasse disgustato e serbasse un'ombra di fastidio diffusa per il volto assonnato.

I consigli di Anna Maria, invece, erano accolti con molta deferenza; anzi fu proprio lei ad esi gere che la sposa andasse in chiesa c al muni cipio, rivestita del tradizionale abito bianco, men tre il cavaliere avrebbe preferito che Flora si pre sentasse in costume da viaggio alla doppia ceri monia. Ma Anna Maria protestò. Nossignore, la sposa doveva uscire dall'appartamento del terzo piano, e salire all'appartamento del quarto, vestita di bianco; e, se esistesse un colore più bianco del bianco, il cavaliere farebbe benissimo a ser[p. 221 modifica]virsene in questa occasione. E un gran mazzo di fiori di arancio bisognava aggiungere, e bisognava che la gente vedesse bene i fiori di arancio e che la sposa li tenesse bene in mostra, e, prima di partire per il viaggio di nozze, si doveva fare il ritratto alla Signora nella sua veste di rito, ed ap pendere il ritratto nel punto più in vista del sa lotto! Ci sono gl'increduli, ci sono i maligni, che avrebbero cominciato a ridere, con ragione, sul conto della madre, per poter finire col ridere, a torto, sul conto della figlia.

A costoro il vestito bianco doveva servire di esauriente risposta.

Il cavaliere, con un sospiro, si lasciò convincere. Aveva tirati fuori tanti biglietti da cento dal portafogli, che il pensiero di tirarne fuori pa recchi altri ancora lo gettava in un mare di per plessità; ma, in certo qual modo, l'abito bianco della sposa rappresentava per lui una soddisfa zione di amor proprio ed egli si recò personal mente ad ordinarlo, molto più che, dopo mature riflessioni, aveva trovato il mezzo di mettere il bilancio della spesa in equilibrio, rinunziando al progetto di regalare a Flora due piccoli solitari di brillanti. Spendere va bene; rovinarsi va male, ed era giusto fare le cose con ponderazione, anche per chè Renato aveva un sorrisetto sempre più can zonatore ad ogni nuova sciocchezza dissipatrice di suo padre. Nel vedere l'astuccio di un anello, il ragazzo gli aveva detto: — Bravo, bravo, papà! Tu che sei stato sem pre un padre avaro, mi vai diventando un figiiuol prodigo! [p. 222 modifica]Tali parole avevano annoiato molto il cavaliere, perchè egli, per la sua pace, esigeva che tutti fossero soddisfatti.

Bronci, rimbrotti, parole più o meno velate di rimprovero, non danno forse tanto fastidio quanto un paio di scarpe strette?

E, nella vita, non è forse meglio camminare placidamente, a passi uguali e piani, senza ten tennamenti nè preoccupazioni?

Alla fin fine anche Renato aveva diritto a molti riguardi, perchè il contegno suo con la futura ma trigna era corretto irreprensibilmente. Aveva smesso di scherzare con lei, non la chiamava più Fior di giunchiglia e, rivolgendole il discorso, abbassava la voce in segno di rispetto. 11 ragazzo fece anche di più. Si valse dell'intercessione di Flora per indurre suo padre a non lesinare troppo sugli spiccioli destinati ai minuti piaceri, e per farsi regalare un orologio d'oro che egli desiderava cupidamente da lunghi mesi.

Il cavaliere largheggiò con Renato, e gli re galò, quantunque di malavoglia, l'orologio d'oro tanto ambito, standogli a cuore che si stabilissero buone relazioni fra sua moglie e suo figlio; ma pose in guardia Flora, dicendole che Renato era avido più di una spugna e che, a lasciarlo fare, c'era da uscire scorticati vivi come Bragadino dalle unghie del ragazzo!

La grande giornata arrivò! Una giornata te pida e snervante, in cui pareva che l'autunno, avesse adunati nell'aria tutti i vapori inebbrianti de' suoi vigneti.

Dopo una notte quasi insonne Flora si svegliò con la testa che le pesava e il cuore che le ta ceva tanto male. [p. 223 modifica]Ella rimaneva supina sopra i guanciali, con le palpebre abbassate e le labbra semiaperte. A guardarla pareva morta, e morta avrebbe voluto essere!

Sua madre entrò discinta, spalancò la finestra e le si assise accanto, sulla sponda del letto.

— E' ora che io mi alzi? — domandò Flora senza muoversi.

·-- No, no; ancora abbiamo tempo! Parliamo invece un pochino — rispose Adriana.

Flora aprì gli occhi e guardò sua madre con volto di sgomento. C'era dunque dell'altro? Che cosa volevano ancora da lei? L'avevano già tor mentata abbastanza, trascinandola per i negozi facendole provare ora un vestito bianco ora un vestito nero, obbligandola a misurarsi cappelli di strane foggie, e tutto ciò senza consultarla mai, senza mai interrogarla, senza tener nessun conto de' suoi gusti, come se ella fosse una bambola, ornata per il soddisfacimento altrui, anziché per il piacere proprio.

Adriana le accarezzò i capelli con uno strano sorriso arguto, a fior di labbra, e un luccichio di malizia nelle pupille.

— Pensare — ella disse — che diventerò pre sto nonna di un bel bambolino per causa tua.

Flora, che Adriana si aspettava di vedere scon volta a tali parole, ebbe invece un sorriso ra dioso di felicità.

Oh! avere una creaturina che le appartenesse esclusivamente, una creaturina che fosse tutta sua, proprio sua, ella che non possedeva nulla, che non aveva mai posseduto nulla a questo mondo.

— Credi che io lo avrò davvero un bel bam bino? — ella domandò a sua madre, quasi con ansia. [p. 224 modifica]Adriana, meravigliata, rispose: — Diamine! E perchè non dovresti averlo, dal momento che ti mariti e che, in fondo, ci si marita per questo? Semplicemente «ella soggiunse con lieve esitazione» ogni rosa ha le sue spine. Ti dico questo, perchè le ragazze, in genere, hanno sul matrimonio idee molto strane. Credono, per esempio, che il viaggio di nozze sia divertente, mentre il viaggio di nozze divertente non è. Flora ebbe un gesto vivace di diniego. No, ella non aveva pensato mai, nemmeno per un at timo, che il suo viaggio di nozze potesse riuscire divertente. Al contrario, bastava che Flora pensasse di dover restar sola col cavaliere per sentirsi gelare dal capo alle piante. - - Perchè me lo fai sposare, mamma; perchè me lo fai sposare? Vibrava tale strazio, serpeggiava un tale desi derio di rivolta in quel grido, che Adriana troncò senz'altro il pericoloso colloquio, a cui ella si era sottoposta per le preghiere di Giorgio, il quale era molto preoccupato dalla prospettiva di tro varsi sulle braccia, e completamente ignara, una ragazza, che, dal giorno del fidanzamento, arros siva ad ogni suo sguardo e diventava smorta ad ogni sua parola. — Taci, taci, non parliamone più — disse Adriana. D'altronde la cosa non è poi tanto tre menda, visto che le sposine tornano da questo famoso viaggio fresche come rose e prontissime a ricominciar da capo. Quando Flora, pallida più che cera, entrò nel salotto in compagnia di sua madre, il cavaliere Giorgio Gualterio, col figlio Renato, il colonnello [p. 225 modifica]e un altro signore assai decorativo, che unita mente al colonnello doveva servire da testimonio, attendevano in piedi, coi cappelli a cilindro in mano ed i fracks fioriti di bianco alla bottoniera.

Lo sposo, grave e preoccupato, si avanzò per il primo e strinse silenziosamente la mano alle signore.

Lo sparato della camicia, uscente dall'apertura larghissima del panciotto, si gonfiava, tondeggiando, e aumentava il volume di quel torace già suffi cientemente voluminoso.

Renato, vestito di nero anche lui, ma con lo smoking, si avanzò alla propria volta e s'inchinò profondamente, rivolgendo cortesi parole di au gurio.

Il colonnello Guglielmo Prezzati, basso, tar chiato, calvo a sommo del capo, ornate le labbra di folti baffoni bianchi, era un bel tipo di gau dente, dall'occhio vivo e l'andatura disinvolta. Agiato e libero, voleva godersi gli ultimi anni della vita; ma goderseli senza inutili sperperi nè di salute, nè di quattrini.

Il matrimonio con una donna stagionata e na vigata, bellissima ancora, gli era parso, e forse era, atto di suprema saggezza, onde il colonnello rifletteva allegramente, fra sè e sè, che era stato molto più accorto lui nello scegliersi la sapienza della madre che l'egregio cavaliere Gualterio, il quale aveva preferito l'ignoranza della figlia.

Comunque, tutt'i gusti sono gusti! Egli offerse il braccio alla sposa con galanteria ed il piccolo corteo si mosse. Presso la soglia del portone, Giovanni stava in atteggiamento di parata, mentre Penelope, vestita a festa, e con una massiccia catena d'oro che le [p. 226 modifica] scendeva fin sotto la cintola, aspettava Camilla ed Anna Maria, con le quali aveva combinato di re carsi nella chiesa di Santa Maria della Vittoria, ove il matrimonio religioso sarebbe stato celebrato, dopo quello civile.

Due carrozze chiuse attendevano.

Nella prima si collocarono gli sposi, Adriana e il colonnello; nella seconda Renato con l'altro testimonio.

Le due carrozze, percorsa al trotto la via, si fermarono nella piazza del Campidoglio, di fronte al portico di destra.

Flora, nello scendere, vide confusamente, attraverso a un velo di tetro incubo, la grande spianata, gioconda di sole, con una statua a ca vallo nel centro e un'ampia vasca nel fondo. Le pareva che la luce del giorno fosse spettrale, che la statua a cavallo stesse lì per minaccia, che la fontana piangesse e che il pianto della fontana fosse quel pianto stesso, che ella doveva tenersi chiuso nel cuore!

Entrarono in una misera saletta e Renato, che conosceva il latino, lesse ad alta voce la scritta incisa sull'architrave esteriore della porta: Universit. carpentarior.

Molte persone già si affollavano entro l'angusto recinto: signore, con seriche vesti fruscianti, signori in frack, popolane con le dita cariche di anelli e lunghi pendenti alle orecchie, operai col cappello piantato alla brava, ragazzine con le chiome sparse e rivestite di lieti colori, bimbi miagolanti tra le braccia delle mamme agghindate.

Erano incolleriti tutti per il ritardo dell'assessore.

Il corteo di un matrimonio di gente del po polo occupava mezza la sala. [p. 227 modifica]

La figlia di un ricco pescivendolo di Testaccio andava a marito col proprietario di un'osteria suburbana.

La sposa, di forme esuberanti, quantunque gio vanissima, era coperta d'oro come una regina bar bara. I capelli, di un nero corvino, si rialzavano sulla fronte bassa e gli occhi brillavano di cupo fulgore. Lo sposo, nerboruto al pari di un Er cole, teneva buttato dietro la nuca il cappello nuovo fiammante di feltro chiaro.

— Sapete perchè l'assessore non viene? — disse uno della comitiva, il quale aveva fatte le viste di correre per informazioni.

— L'assessore non viene perchè ha perduta una calza.

Scoppiò una clamorosa risata generale. — Sicuramente — soggiunse il burlone — ha perduto una calza e sta litigando con sua mo glie. Un congiunto della sposa si fece largo, mae stosamente. Ciascuno tacque, perchè colui, un friggitore di Borgo, godeva fama di snocciolarne di quelle da far rimanere senza fiato per il troppo ridere. — Niente affatto — diss'egli, calcando sulle vocali delle parole con quell'energico accento del dialetto romanesco, così umoristico e così arguto. — Voi prendete uno sbaglio, compare mio! L'assessore non sta litigando con sua moglie. L'as sessore sta cambiando qualche parolina all'arti colo 132. Cosa dice l'articolo 132? Dice che quando il marito non ha mezzi sufficienti per mantenere la moglie... — La moglie deve contribuire al mantenimento del marito — interruppe subito lo sposo, che fa[p. 228 modifica]ceva molto assegnamento sopra la dote della sposa per allargare il suo commercio.

— Proprio così — disse l'altro — Ma l'asses sore, che è un uomo esperto, sapete invece cosa dirà? Dirà che quando il marito non ha mezzi sufficienti per mantenere la moglie; la moglie deve farsi mantenere da qualcun altro.

La barzelletta ottenne un successo enorme! Anche Adriana rise; ma Giorgio Gualterio mor morò, indignato, che non dovrebbe essere per messo ai mascalzoni dire sconcezze al cospetto della gente onesta! Flora, seduta in disparte, non vedeva e non udiva nulla. Simile a usignuolo prigioniero, che immemore dal canto, onde la campagna echeg giava nel bianco silenzio delle notti lunari, dia di cozzo disperatamente contro le sbarre della gabbia, il pensiero di Flora si agitava con vio lenza per afferrare almeno un lembo del passato fuggente, ma il passato volava via, lasciando ap pena dietro di sè sprazzi di luce, che l'ombra su bito avvolgeva. La porta della sala si spalancò ed il cerimo niere, un omettine in frack, portante al braccio una fascia rossa e gialla, i colori del Municipio di Roma, chiamò con voce solenne: — Signor Giorgio Gualterio! Il cavaliere, respirando rumorosamente, come per un senso di liberazione, offerse il braccio a Flora ed entrò nella sala, insieme ai testimoni, a Renato ed Adriana. Flora stette sul punto d'indietreggiare inorri dita! Quella sala addobbata di rosso, con quella pe dana sopra cui stava un tavolo coperto di rosso, [p. 229 modifica]quell'uomo, che si teneva immobile e vestito di nero, l'agghiacciarono di terróre.

Si ricordava di aver letto che, in una epoca remota, i condannati venivano introdotti entro una cupa sala tappezzata di rosso, che è simbolo di sangue, al cospetto di truci uomini vestiti di nero, che è simbolo di morte, per udir leggere la sentenza del loro supplizio. Si avviticchiò, per istinto, al braccio dello sposo, e il volto di Gior gio s'illuminò di beatitudine per quella manife stazione di tenerezza che gli veniva dalla sua sposina.

— Lei è il signor Giorgio Gualterio? Lei è la signorina Flora Vianello? — chiese in fretta l'assessore e, senza aspettare la risposta, aggiunse precipitosamente:

— Loro sono qui convenuti per contrarre le gale matrimonio. Leggerò gli articoli del codice, che riguardano i doveri dei coniugi --· e, senza prender fiato, masticando le parole, trattando quei poveri doveri coniugali come se fossero dei sec catori, che a lui premesse levarsi dai piedi, lesse, per suo conto, gli articoli 130, 131 e 132, poi, sempre più vertiginosamente, domando:

— Giorgio Gualterio, volete voi prendere per vostra legittima moglie Flora Vianello qui pre sente? Flora Vianello, volete voi prendere per vostro legittimo marito Giorgio Gualterio qui pre sente? I testimoni hanno inteso? Signori, in no me della legge, io vi dichiaro uniti in matri monio.

Tutto ciò era stato detto con tale rabbia di fretta, che le risposte degli sposi e dei testi moni erano rimaste annegate nel vortice.

— Si compiacciano di firmare. [p. 230 modifica]Compiuta tale formalità, un impiegato borbottò con parole inintelligibili la lettura del verbale, e il cerimoniere disse enfaticamente:

— Signori, possono andare. La cerimonia è finita!

La giovane sposa vacillava come per una maz zata sul capo. Ella non sapeva capacitarsi che si potessero afferrare così due persone per i capelli, imbavagliarle, legarle insieme con nodi indissolu bili e lanciarle sbadatamente nel gran mare della vita.

Guardò Giorgio, che si soffiava il naso, es sendo raffreddato, e le parve mostruoso di apparpartenergli anima e corpo.

Entrata appena nella chiesa di Santa Maria della Vittoria, Elora sentì qualcuno che piangeva sommesso nell'ombra.

Volse il capo, quasi ad un richiamo, e scorse Anna Maria, la quale, addossata all'acquasantiera, lacrimava profusamente, prendendo somma cura peraltro che neppure una di quelle lacrime ca desse sopra il vestito nuovo di lana color tor tora. Le lacrime sono un liquido corrosivo e il color tortora è molto delicato!

Esse caddero invece benefiche sul cuore assi derato di Flora. Poiché qualcuno piangeva per lei, anch'ella poteva piangere sopra sé stessa, e due lacrime, grosse come grosse perle, calde co me vivo sangue, spremute dai più reconditi pe netrali dell'ànima, grondarono dalle ciglia, che ella teneva chine, e caddero sul mazzo di fiori d'arancio, con cui fu sollecita a nascondersi il viso.

Giorgio, che le dava il braccio, rimase scon certato, quasi offeso. Egli disse sottovoce: [p. 231 modifica]Perchè tremi? Perchè piangi? Non ti tra scino al patibolo, dopo tutto.

Flora inghiottì la propria disperazione aflrettatamente e si provò di sorridere; ma il suo volto era quello di una martire, e il sorriso fu come un raggio di sole che piova scialbo, attraverso a un piccolo vetro polveroso, ad illuminare melanconicamente una figura di santa, immota e pre gante da secoli sopra le pareti di un chiostro ab bandonato.

Il colonnello si era fermato intanto con Adriana presso il secondo altare di sinistra, ove dentro una nicchia, giace riversa la Santa Teresa del Bernini.

— Macché Santa — egli andava mormorando alla contessa, eccitato dalla contemplazione di quella figura muliebre, tanto voluttuosa nell'ab bandono del corpo bellissimo, nel vago languore dell'occhio, nel fremito della bocca socchiusa, e nella stanca posa del braccio.-- Cara mia, se tuttele Sante fossero di quella pasta, io sarei contento di macerarmi in questo mondo per risarcirmi, nel l'altro, in compagnia di cosi belle donne.

Adriana, piccata, gli rispose che corpi di donna simili, e anche migliori, non c'era bisogno di andarli a cercare in paradiso. Del resto l'atteg giamento di quella monaca era sconveniente e la contessa volse altrove il capo con disgusto.

Il sacerdote si presentò all'altare; gli sposi si genuflessero, Flora lasciandosi cadere di peso sui cuscini dell'inginocchiatoio, coll'anima subitamente accesa di misticismo; Giorgio piegando con cau tela una gamba dopo l'altra e riflettendo che sa rebbe stato necessario, fare colezione a scappa e fuggi, visto che erano già le undici e che il di rettissimo per Firenze parte alle due e cinquanta. [p. 232 modifica]L'ufficiante, alto e ossuto, col volto assai gio vanile illuminato da profondi occhi tagliati a man dorla, scese i gradini dell'altare e si avvicinò agli sposi.

— Volete prendere Flora Vianello, qui pre sente, in vostra legittima moglie, secondo il rito di Santa Madre Chiesa? — egli domandò con, accento grave, rivolto al Gualterio.

Giorgio si raschiò la gola, poi disse reciso: ·-- Voglio. Il sacerdote si girò dalla parte di Flora e ri petè la formula con accento anche più grave. Flora spalancò gli occhi cerulei sul viso au stero del sacerdote, il quale, accennò, con le labbra, a un sorriso tenue per incoraggiarla. Flora chinò il capo e accompagnò di un si, appena percettibile, il gesto di assentimento. Il sacerdote, guardando fisso davanti a se, so pra le teste piegate degli sposi, disse: — Io vi unisco in matrimonio in nome del Padre, del Figliuolo, dello Spirito Santo. Amen. — e, preso il sottile cerchio d'oro, simbolo di fede, soggiunse con enfasi contenuta: — Oremus.' Benedici, o Signore, quest'anello che noi, in nome tuo, benediciamo, acciocché co lei che lo porterà, serbando ili pace fedeltà in violata al suo sposo, resti anche salda nel tuo volere e viva sempre in reciproco amore. Per i meriti di Cristo Signor Nostro, Amen. Un brividìo sottile corse per la schiena di Flora. Ella sentiva di stringere ai piedi dell'al tare un patto di vita e di morte, ma sentiva, in pari tempo, che quel patto le appariva tremendo. Con tutta l'energia della fede implorò forza dall'alto. [p. 233 modifica]Signore — ella invocava coll'anima, per dutamente — fate che io sia forte, fate che io cammini sul vostro sentiero coll'aiuto vostro.

Giorgio le infilò nell'anulare della mano sini stra l'anello d'oro benedetto, ma l'anello era troppo largo per il dito sottile della giovanetta, ed ella chiuse il pugno, acciocché l'anello non uscisse.

La sua fede ella voleva serbarla; serbarla in tera e salda.

Il sacerdote, congiunte le palme, la fronte le vata al cielo, diceva, spiccando ogni sillaba, niti damente:

«Oremus. Riguarda, o Signore, questi tuoi servi: e presta benigna assistenza alle tue istitu zioni, con le quali ordinasti la propagazione del genere umano; affinchè coloro cha tu stesso hai congiunto, col tuo aiuto sien salvi. Pei meriti di Cristo Signor Nostro. Amen.»

Flora, quasi piegata in due sull'inginocchiatoio, offriva al Signore con fervida umiltà l'olocausto della sua giovanezza, piena di ardenti sogni e di speranze alate. Prendesse egli tutto nelle sue mani e le trasfondesse, in compenso, la virtù dell'oblio, il coraggio di amare l'uomo, di cui sentiva presso di sé il respiro corto e ansimante.

A un tratto pensò di aver dimenticata la me dagliétta coll'immagine della Madonna di Loreto. Un terrore di funesto presagio l'invase e rin novò, con ardore raddoppiato, le sue preghiere, chiamando in soccorso anche il nome dei cari morti, che dormivano laggiù sotto il verde, in vista dell'ampio mare.

«Oremus. O Dio, che con la forza del tuo po tere, hai creato ogni cosa dal nulla; che al prin[p. 234 modifica]cipio, disposte tutte le cose, fatto l'uomo ad im magine divina, cosi creasti l'inseparabile aiuto della donna, da formare il corpo femminile della carne dell'uomo, insegnando che giammai con viene disgiungere ciò che t'era piaciuto for mare di una sola cosa; o Dio, per cui la donna si congiunge all'uomo, riguarda propiziamente questa tua serva, che dovendo essere unita in maritai connubio, desidera esser munita della tua protezione; il suo giogo sia di affetto e di pace, fedele e casta sposa in Cristo, imitatrice delle Sante donne; sia amorosa col suo marito come Rachele; saggia come Rebecca; di lunga vita e fedele come Sara.»

Flora, celato il volto nelle mani guantate di bianco, piangeva silenziosamente. Le donne bi bliche incedevano misericordiose dall'altare verso di lei: Rachele versando balsami odoranti da una sua anfora; Rebecca avvolgendole la memoria di fitto velo; Sara fasciandola di forza e di virtù.

— Nessuno de' suoi atti trovi in lei l'autore della prevaricazione — continuava il sacerdote con voce sempre più alta e imperiosa. Resti at taccata alla fedeltà ed ai comandi · congiunta in un sol letto; fugga gl'illeciti contatti: sia grave per verecondia, veneranda per pudore, istruita nelle celesti dottrine: sia feconda per prole, sia feconda ed innocente e giunga al riposo dei beati ed ai regni celesti: ed ambedue veggano i figli dei figli alla terza e alla quarta generazione. E giungano alla desiderata vecchiaia pei meriti di Cristo Signor Nostro. Amen.

La chiesa buia e silenziosa pareva a Flora si allargasse indefinitivamente ad abbracciare il mondo e le immaginose parole del rito le pare[p. 235 modifica] vano colombe che, in doppia fila, volassero al cielo a portare i voti del suo povero cuore incerto ed oppresso.

Il sacerdote si raccolse un istante, poi, facendo sugli sposi il segno della croce, disse:

— Vi benedica Iddio onnipotente, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

— Così sia!

Flora, alzandosi dall’inginocchiatoio, portava sul viso le tracce dell’interna emozione, e la sua pallidezza era soffusa di leggero incarnato, come quando, all’alba, l’aurora si affaccia ancor timida da oriente e lascia fluttuar il velo color delle rose sulla trasparenza perlacea dell’orizzonte.

Gli occhi glauchi, dove l’interior luce tremava, si fissarono negli occhi sonnolenti di Giorgio, che, obbligato a rimanere in ginocchio tutto quel tempo, aveva trovato il discorso del sacerdote orribilmente lungo.

— Voglio volerti bene — ella mormorò, stringendosi al marito ed arrestandosi ancora un momento con lui presso l’altare, mentre gli altri si avviavano verso l’uscita, e attingendo, per l’audacia, coraggio dalla saldezza dei propositi, aggiunse con accento supplice;

— Voglimi bene anche tu!

Giorgio accarezzò con tenerezza la manina di lei e sorrise.

Quella cara bambina non finiva mai di dire sciocchezze! Volerle bene? Ma, se egli non avesse perduta la testa anche più del bisogno, l’avrebbe forse sposata? Nessuno poteva pensare che egli avesse fatto ciò per interesse, giacché, grazie a Dio, aveva pagato di tasca sua per possederla.

— Certo, certo che ti adoro — egli disse. — [p. 236 modifica]Di questo non puoi dubitare. A meno tu non sup ponga che io ti ho sposata per i tuoi milioni! — e rise dello scherzo, tenendosi stretta al braccio la sua donnina.

In carrozza s'intavolò una discussione fra Giorgio e il colonnello sull'opportunità del matrimonio re ligioso.

Giorgio, essendo ben pensante, sosteneva che, dopo tutto, un poco di religione non guasta; il colonnello, piccandosi di un certo liberalismo, tro vava che il matrimonio religioso è roba di altri tempi.

L'argomento venne ripreso a tavola, durante la colezione, imbandita nel salotto da pranzo di casa Gualterio.

— Ecco, io domando a che cosa ci sono ser vite le battaglie del risorgimento, se dobbiamo ancora fare i baciapile! esclamava il colonnello Frezzati, tagliando in due, con aria decisa, la sua cotoletta di vitella.

— Ma è un'altra cosa — rispondeva il cava liere infastidito, perocché l'inveire così contro il matrimonio religioso, gli pareva una mancanza di tatto da parte del colonnello.

— Con le idee non si discute. Ciascuno ha le sue e ciascuno se le tiene. Io penso bianco, e lei pensa nero. Caio pensa rosso, Tizio pensa verde e il mondo va magnificamente per la sua strada.

Renato, quantunque nòti interpellato da nes suno, osservò che gli antichi romani avevano tre forme di matrimonio e che ciascuno prendeva quella più confacente a' suoi bisogni.

Il padre si compiacque di tale interruzione. Gli faceva piacere constatare che i danari delle tasse scolastiche non erauo buttati al vento. [p. 237 modifica]Il secondo testimonio rimaneva assolutamente neutro nella disputa.

Egli, pure mangiando con voracità, deponeva, a ogni poco, la forchetta e il coltello sul piatto, si forbiva la bocca accuratamente col tovagliolo, si palpava in fretta il torace e tornava con foga raddoppiata alla propria bisogna.

Si sarebbe potuto credere trattarsi di un tic, ma'egli spiegò come, avendo sofferto di crudeli nevralgie allo stomaco, molti anni indietro, il me dico gli raccomandasse sempre di masticare il cibo accuratamente e d'introdurlo nell'esofago con molta lentezza. Ciò peraltro gli riusciva seccante, essendosi egli abituato fin da ragazzo a mangiare a precipizio; onde sopperiva all'inconveniente in tercalando i suoi pasti di brevi intervalli regolari.

Allora il discorso cadde sulle centomila ma lattie dello stomaco, e qui il colonnello Frezzati e il cavaliere Gualterio divennero gravi, trovan dosi d'accordo.

Il colonnello soffriva di una dilatazione e il ca valiere aveva la disgrazia di non digerire la carne suina, non fresca, nò salata, nemmeno arrosto e nemmeno in agrodolce; ma, rivolgendosi direttamente alla moglie, le disse gentilmente che gli altri di famiglia potevano, come di giusto, man giarne a sazietà.

Flora, simile a una comunicanda nella sua bianca veste, rispondeva con taciti, impacciati sorrisi alle parole del marito, mentre Adriana sbadigliava sempre più forte, scusandosi col dire che la ceri monia religiosa le aveva eccitati i nervi-.

Al dessert il colonnello fece un brindisi agli sposi; ma il brindisi essendo eccessivamente sol datesco, Giorgio si alzò in fretta e furia da ta[p. 238 modifica]vola, sollecitando Flora a indossare l'abito da viaggio, se non si voleva perdere il treno di Fi renze.

Sotto la tettoia della stazione, sul punto di dare a Flora l'ultimo abbraccio, Adriana le disse all'o recchio, con una risatina piena di malizia:

— Siamo intese, non è vero? Non lo faremo disperare troppo questo povero marito! — e scam biò col colonnello un'occhiata furba d'intelligenza.

Quando il treno si fu mosso e Adriana ebbe lanciato, agitando il fazzoletto, l'ultimo augurio, Giorgio accomodò meticolosamente le valigie sulla reticella dello scompartimento di prima classe; si tolse il cappello, che ripose nella cappelliera, si calzò bene il berretto da viaggio, molto annoiato che il berretto lo stringesse un poco alle tempie, si asciugò il sudore della fronte, si tolse i guanti, allentò il nodo della cravatta, poi sedette vicino a Flora e le cinse la vita con un braccio.

Flora cominciò a tremare quasi per l'immi nenza di un pericolo.

— Andiamo, non essere bambina — egli le disse con dolcezza — Devi capire che io non voglio farti nessun male. Anzi, tutt'altro; ma tu devi essere buona, devi pensare che mi appar tieni — e, fissandola sempre più da vicino, sem pre più cupidamente, l'attirò a sè con forza e le posò, all'improvviso, la bocca sulle labbra.

Flora si divincolò in preda a un folle spavento e balzò in piedi, fremente d'ira e disgusto.

Al contatto di quelle labbra ogni proposito di sommessione era svanito in lei e un istinto di lotta le insorgeva selvaggio da ogni fibra.

Ella comprese che un fatto mostruoso stava per compiersi, che la legge l'abbandonava senza difesa [p. 239 modifica]in balìa di un uomo e che quell'uomo, il quale aveva oramai il diritto di mangiare con lei, dormire vi cino a lei, ricercare negli angoli più riposti del suo pensiero, imporle la propria volontà, offen dere il suo pudore e violare le sue labbra in tatte, ella comprese che quell'uomo era e sarebbe rimasto per lui un estraneo.

Propose irata di ribellarsi; ma ribellarsi non potè e non seppe.

L'indomani mattina, svegliandosi annientata nella grande stanza di albergo, senti qualcuno respirare, nel sonno, vicino a sè, e scorse la te sta di Giorgio abbandonata sopra il suo stesso guanciale. Volle balzar di letto e fuggire, ma un profondo sfinimento le intorpidiva le membra in dolenzite ed ella rimase, supina, a ricercare il perchè di tante cose che ignorava ieri e che avrebbe voluto ignorare oggi, ignorare sempre.

A quando a quando la memoria le tornava; lunghi brividi la facevano guizzare sotto le coltri e il volto assumeva una espressione indicibile di nausea e disgusto.

Giorgio si destò anche lui, si guardò attonito intorno, stentando a ricordarsi; pòi, finalmente, si sovvenne e prese la moglie nelle braccia, escla mando:

— Sei un fiorellino, un vero fiorellino e io ti adoro!

Poscia, guardando trionfalmente, con fatuo sor riso di malizia, il viso di lei esangue e riverso, le chiese all'orecchio:

— Sei felice? Dimmelo che sei felice! Flora chiuse gli occhi per non vederlo e strinse i denti, con rabbia disperata, per non gridare al soccorso!