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in balìa di un uomo e che quell'uomo, il quale aveva oramai il diritto di mangiare con lei, dormire vi cino a lei, ricercare negli angoli più riposti del suo pensiero, imporle la propria volontà, offen dere il suo pudore e violare le sue labbra in tatte, ella comprese che quell'uomo era e sarebbe rimasto per lui un estraneo.
Propose irata di ribellarsi; ma ribellarsi non potè e non seppe.
L'indomani mattina, svegliandosi annientata nella grande stanza di albergo, senti qualcuno respirare, nel sonno, vicino a sè, e scorse la te sta di Giorgio abbandonata sopra il suo stesso guanciale. Volle balzar di letto e fuggire, ma un profondo sfinimento le intorpidiva le membra in dolenzite ed ella rimase, supina, a ricercare il perchè di tante cose che ignorava ieri e che avrebbe voluto ignorare oggi, ignorare sempre.
A quando a quando la memoria le tornava; lunghi brividi la facevano guizzare sotto le coltri e il volto assumeva una espressione indicibile di nausea e disgusto.
Giorgio si destò anche lui, si guardò attonito intorno, stentando a ricordarsi; pòi, finalmente, si sovvenne e prese la moglie nelle braccia, escla mando:
— Sei un fiorellino, un vero fiorellino e io ti adoro!
Poscia, guardando trionfalmente, con fatuo sor riso di malizia, il viso di lei esangue e riverso, le chiese all'orecchio:
— Sei felice? Dimmelo che sei felice! Flora chiuse gli occhi per non vederlo e strinse i denti, con rabbia disperata, per non gridare al soccorso!