Quando il dormente si sveglierà/VIII. Sui tetti
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Traduzione dall'inglese di Anonimo (1907)
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Capitolo VIII.
Sui tetti.
Mentre il ventilatore in moto nell’apertura circolare lasciava rapidamente intravedere un lembo di cielo notturno, giungeva fino al prigioniero un sordo rumore da quella parte.
In piedi, sotto la vôlta, dibattendosi oscuramente contro lo sconosciuto potere che lo teneva imprigionato e che deliberatamente aveva ora tentato di sfidare, Graham trasalì ad un tratto al suono di una voce.
Pieno di stupore alzò la testa, e vide fra gli intervalli del ventilatore in moto, la faccia e le spalle di un uomo che l’osservava; ad un tratto una mano urtò le ali dell’apparecchio che dopo avere oscillato un momento ricominciò a girare, mentre dagli orli della fine lama cadeva a gocce sul pavimento una sostanza nerastra come pioggia silenziosa.
Graham guardò in terra e vide del sangue: rialzò la testa stranamente sorpreso. L’uomo era sparito.
Egli rimase muto e immobile: tutti i suoi sensi eran tesi verso quel piccolo angolo ottuso, poichè si era fatto fuori un buio completo.... Credette di vedere delle piccole macchie, deboli, lontane, vaganti leggermente a traverso l’aria esterna che discendevano capricciose; vorticose, e scomparivano poi, cacciate dalla colonna d’aria, aspirate dal ventilatore. Un raggio luminoso tremolò.... quelle macchie s’illuminarono vivamente di una candida luce, quindi daccapo le tenebre. Dal suo ritiro, ben riscaldato e arieggiato, Graham si accorse che fuori, a pochi piedi distante da lui, nevicava.
Egli indietreggiò fino al capo opposto della stanza, poi tornò sotto il ventilatore; così potè distinguere una testa, udire un bisbiglio, un colpo forte sopra una sostanza metallica, uno sforzo, delle voci.... e finalmente il ventilatore si fermò. Una raffica di fiocchi di neve penetrò nella stanza, fondendosi al calore prima ancora di aver toccato il suolo.
— Non abbiate paura, — gridò una voce.
— Chi siete? — mormorò Graham.
Per un momento non si udirono che le oscillazioni del ventilatore; quindi un uomo introdusse con precauzione la testa dall’apertura dell’apparecchio. Il volto di esso appariva quasi arrovesciato: i suoi capelli erano umidi di neve liquefatta: aveva il volto giovanile, gli occhi lucenti e gonfie le vene della testa. Pareva facesse ogni possibile sforzo per conservar l’equilibrio.... e per alcuni secondi nè lui nè Graham parlarono.
— Siete voi il dormente? — domandò finalmente lo straniero.
— Sì, — rispose Graham. — Che cosa volete?
— Vengo da parte di Ostrog, Sire.
— Ostrog?
L’uomo nel ventilatore si voltò in modo che Graham potè vederlo di profilo.... pareva che egli ascoltasse.... ad un tratto echeggiò per l’aria un grido d’allarme e l’intruso si rigettò indietro, proprio a tempo per evitare il colpo del ventilatore lasciato andare.... Graham non vide più che le ali in movimento e, negli intervalli, la neve che cadeva lentamente.
Così sarà trascorso un quarto d’ora senza che nessuno riapparisse dall’alto del soffitto: ma finalmente si fece sentire il solito rumore metallico: i bracci si fermarono e la neve ricominciò a cadere.
Graham era rimasto in piedi tutto quel tempo, al medesimo posto, in ascolto, fremendo in tutta la persona. Dall’apertura riconobbe la testa dell’individuo.
— Chi siete? Che cosa volete? — domandò.
— Vogliamo parlarvi, Sire, — rispose l’uomo. — Vogliamo.... Eh! Stavo per abbandonar tale impresa! Sono tre giorni che cerchiamo di giungere sino a voi.... Tre giorni.
— È la libertà quella che mi si offre? — mormorò Graham. — È la fuga?
— Sì, Sire, se lo volete.
— Voi siete del mio partito.... del partito del Dormente?
— Sì, Sire.
— Che cosa debbo fare?
Qui avvenne una gran confusione: l’intruso passò il braccio — la sua mano sanguinava — e le sue ginocchia apparvero sopra l’orlo del parapetto.
— Attenzione! Allontanatevi di costì, — disse poi lasciandosi cadere ai piedi di Graham.
Il ventilatore, lasciato andare, girò vorticosamante producendo un forte rumore: lo straniero girò su se stesso, e in breve fu in piedi tutto commosso tenendosi la spalla ferita e fissando Graham co’ suoi occhi lucenti.
— Siete proprio voi il Dormente, — disse. — Io vi ho veduto addormentato quando la legge permetteva a tutti di vedervi.
— Io sono colui che era in letargo, — spiegò Graham. — Sono stato imprigionato: e mi trovo qui da quando mi sono svegliato.... da tre giorni almeno.
Lo sconosciuto parve pronto a parlare, ma udendo un rumore gettò una rapida occhiata verso la porta e, improvvisamente lasciando Graham, corse da quella parte gridando parole incoerenti. Fra le sue mani brillò un corto coltello d’acciaio col quale colpì ripetutamente il cardine della soglia.
— Attenzione, Hop! — urlarono dall’alto.
Graham alzò gli occhi e scorse due gambe che penzolavano; indietreggiò ma non fu a tempo perchè fu colpito in una spalla da una delle due gambe e nello stesso tempo si sentì trascinar da una massa pesante.... perse allora l’equilibrio e cadde disteso a terra.... mentre quella massa cadeva precipitosamente su di lui. Si alzò sulle ginocchia e vide, seduto accanto a lui un secondo individuo venuto dalla stessa apertura....
— Non vi avevo veduto. Sire, — ansimava l’uomo.
Si alzò e aiutò Graham a rimettersi in piedi.
— Siete ferito. Sire? — domandò ancora tutto sudato.
Dei colpi sordi cominciavano a piovere sul ventilatore: Graham sentì sfiorarsi la faccia.... e una lama scintillante di un metallo biancastro, precipitò colla punta avanti, rimbalzò e cadde distesa.
— Che cosa significa tutto ciò? — esclamò Graham stupefatto. — Chi siete voi? Che cosa fate? Pensate che io non capisco nulla di quanto succede qui.
— Indietro! — esclamò il primo de’ due individui, e bruscamente attirò Graham verso di lui per impedirgli di esser colpito da un altro frammento di metallo.
— Noi vogliamo che veniate con noi, Sire, — disse ansimando il nuovo venuto, e Graham volgendosi verso di lui scorse sulla sua fronte un taglio recente da cui scorreva il sangue in gran copia. — Venite: il vostro popolo vi chiama.
— Dove debbo venire? Il mio popolo!...
— Nel salone vicino ai mercati. Qui la vostra vita è in pericolo: le nostre spie ci hanno avvertito.... proprio a tempo.... Il Consiglio ha deciso.... oggi stesso.... o di farvi prendere un sonnifero o di uccidervi. Ora tutto è pronto: il popolo sa tutto, la polizia dei motori aerei, gli ingegneri e la metà degli impiegati delle strade mobili sono con noi. I luoghi delle adunanze sono pieni di una folla che vi acclama. La città intera è in rivolta contro il Consiglio. Noi possediamo delle armi....
Col rovescio della mano si asciugò il sangue dalla fronte.
— Qui la vostra vita è in pericolo.
— Ma perchè avete le armi?
— Il popolo si è rivoltato per proteggervi. Sire!... Ma che cosa c’è?
Si voltò rapidamente mentre l’uomo che era sceso per il primo emetteva un lungo sibilo, quindi indietreggiò vivamente facendo segno al suo compagno e a Graham di nascondersi ed egli stesso si rannicchiò dietro la porta che stava per aprirsi.
Nello stesso tempo Howard, dal grosso volto dubbioso, entrava nella stanza con un piccolo vassoio in mano: trasalì, alzò gli occhi; la porta si chiuse violentemente dietro di lui, il vassoio gli cadde di mano e il coltello d’acciaio fu pronto a colpirlo dietro l’orecchio. Cadde come un albero abbattuto e rimase disteso attraverso lo scalino che divideva le due stanze. L’uomo che l’aveva ucciso si chinò vivamente, esaminò per un momento il volto di Howard; quindi si rialzò e continuò il suo lavoro vicino alla porta.
— Il vostro veleno! — mormorò una voce all’orecchio di Graham.
Improvvisamente si trovarono nelle tenebre: le innumerevoli lampadine erano state spente: dall’apertura del ventilatore Graham vedeva cadere in giri vorticosi la pallida neve, mentre oscure forme umane si agitavano velocemente nell’ombra.... Tre di esse s’inginocchiarono.... un oggetto confuso.... una scala fu calata dall’apertura ed apparve pure una mano che teneva una lampada dalla luce giallastra agitata dal vento....
Graham esitò un momento: ma gli atti e le parole di quegli uomini, la loro prontezza e il loro ardore si accordavan così bene col timore ispiratogli dal Consiglio, colla sua idea e la sua speranza di liberazione, che lasciò da parte ogni diffidenza. E il suo popolo non l’aspettava forse?
— Io non capisco nulla, — disse, — ma mi fido di voi. Ditemi ciò che debbo fare.
L’uomo ferito alla fronte agguantò le braccia di Graham.
— Arrampicatevi sulla scala, — gli disse piano, — e fate presto chè ci stanno ad ascoltare.
A tastoni Graham potè agguantare i bracci della scala, posò il piede sul primo scalino e voltandosi indietro al chiarore giallastro della lampada, scorse al di sopra delle spalle dell’uomo che gli era vicino, il primo dei suoi salvatori che armeggiando sempre alla porta cingeva colle sue gambe il corpo di Howard.
Graham riprese la sua ascensione: sollevato dalla sua guida e tirato da quelli che stavano in cima si trovò finalmente all’aperto su qualche cosa di duro, di freddo e di sdrucciolevole fuori dal tubo di ventilazione.
Questo brusco cambiamento di temperatura lo scosse. Circa sei uomini erano attorno a lui, dei piccoli fiocchi di neve cadevano sulle sue mani e sulla sua faccia. Per qualche istante l’oscurità fu completa: ad un tratto però brillò un chiarore: un pallido chiarore d’un bianco violaceo.... quindi tutto s’immerse nuovamente nell’ombra.
Pur tuttavia vide che si trovava sul tetto di un vasto edifizio della Città, un edifizio generale che aveva sostituito la diversità delle case, delle strade, e delle piazze come una volta esistevano a Londra. Il tetto sul quale camminava era pianissimo, intrecciato solo da quegli enormi canapi che serpeggiavano in tutte le direzioni. Le ali d’una quantità di mulini a vento s’intravedevano gigantesche a traverso l’oscurità, in mezzo alla tormenta di neve, è che, secondo la violenza della raffica, producevano un rumore sordo e lungo come un lamento. Un po’ più lontano ima luce fissa e biancastra s’elevava dal fondo accarezzando con rapido bagliore i fiocchi di neve dando così l’illusione di uno spettro che appariva e spariva ad ogni istante. Qua e là, bassi e spianati, dei meccanismi dai contorni vaghi, mossi dal vento, lanciavano livide scintille.
Graham vide tutto questo in un sol colpo e sommariamente mentre i suoi salvatori gli andavano dietro.
Intanto qualcuno gli gettò sulle spalle un morbido mantello, di una stoffa simile alla pelliccia, terminato da fibbie che lo chiudevano. Si parlava brevemente e con tono risoluto: prima però che egli avesse potuto farsi un’idea esatta dello spettacolo che gli si offriva dinanzi, una forma scura s’impadronì del suo braccio e lo trascinò via.
— Di qui, — e lasciandosi trasportare, Graham vide che gli si indicava a una certa distanza sul piano regolatore del tetto, una nebbia vaporosa semisferica confusamente lucente. Obbedì.
— Attenzione, — diceva qualcuno vedendo che Graham inciampava in un canapo. — Mettete il piede nell’intervallo ma non sopra; bisogna far presto.
— Ma il popolo dov’è? — domandò Graham. — Il popolo che m’aspetta, come dicevate prima....
Lo straniero non rispose e abbassando il braccio di Graham perchè il sentiero si faceva sempre più stretto, camminò davanti a lui a rapidi passi. Graham lo seguiva ciecamente: un minuto dopo, correva.
— E gli altri vengono? — domandò ansimando.
Di nuovo nessuna risposta: il suo compagno lanciò un’occhiata indietro e continuò poscia a camminare. Giunti a una specie di graticolato, trasversalmente alla direzione da cui provenivano, l’attraversarono. Anche Graham si voltò indietro, ma la tormenta di neve nascondeva gli altri compagni.
— Sempre avanti, — ripetè la guida.
Con rapida corsa si approssimavano ora ad un piccolo mulino a vento che girava ad un’altezza considerevole.
— Abbassatevi, — avvertì la guida, per evitare di battere contro una fune lunghissima che arrivava stridendo fino a raggiungere il cardine della ruota del mulino. — Di qui, — e affondarono fino alla noce del piede in una grondaia piena di neve fusa, passando fra due parapetti di metallo, che in breve si elevarono fino a mezza vita.
— Io sarò il primo a passare, — disse la guida.
Graham si strinse ancora di più il mantello intorno alle spalle e seguì il compagno. Ad un tratto si trovarono dinanzi ad un abisso strettissimo attraversato dalla grondaia per andare a perdersi poi nelle tenebre. Per spirito di curiosità Graham volle vedere, appoggiandosi al parapetto, il fondo del sottostante abisso, ma dovè deplorare alquanto la sua fuga irriflessiva, perchè fu colto dalle vertigini e cadde nella neve liquefatta.
Usciti poi dalla grondaia, essi si slanciarono per un vasto spazio piano ricoperto di neve fusa: qua e là questo spazio era trasparente e debolmente illuminato da lumi che apparivano e sparivano....
Sostò di fronte a questo piano apparentemente così poco solido, ma la guida continuò la sua corsa senza curarsene, e sdrucciolando quasi ad ogni passo, arrivarono alla base di una cupola di cristallo attorno a cui girarono. Assai lontano, in basso, si capiva che qualcuno ballava e l’eco della musica giungeva fino a loro a traverso quel cono di cristallo. Parve a Graham di udire un grido di aiuto fra il rumore della tormenta, ma la guida lo incitò ad affrettare ancora più il passo. Arrampicandosi e ansimando raggiunsero un luogo da cui si elevavano enormi mulini a vento fra i quali uno di dimensioni così grandi che soltanto le estremità inferiori delle ali eran visibili e sembrava che cadessero bruscamente dal cielo, rimbalzando con un nuovo slancio nella notte e nella neve. In fretta attraversarono il colossale reticolato di metallo de’ suoi sostegni, e si trovarono sopra a piattaforme mobili uguali a quelle che Graham aveva contemplate dal balcone. Seguitarono ad arrampicarsi a traverso il trasparente piano inclinato che cuopriva quella via, trascinandosi a causa della neve come meglio potevano, con le mani e coi ginocchi.
Quasi dappertutto il tetto era infossato all’interno, in guisa che Graham scorgeva la strada soltanto attraverso la nebbia: ma vicino all’orlo superiore il cristallo era chiaro e si poteva benissimo vedere ciò che succedeva al disotto. Malgrado le pressanti sollecitazioni della sua guida, non potè fare a meno di cedere per un momento alle vertigini è restò disteso sul cristallo in preda ad un malessere che lo paralizzava. In basso, a guisa di mobili punti, i nottambuli della Città si agitavano in quel chiarore perpetuo, e le piattaforme seguitavano incessanti i loro giri. Dei fattorini, delle persone che si recavano a sconosciute occupazioni con la velocità di un proiettile, scivolavano lungo i canapi disposti come un arco di cerchio, e una moltitudine immensa si ammucchiava sopra i fragili ponticelli. Ciò che Graham contemplava, sembrava un gigantesco alveare di cristallo e quell’abisso si prolungava sotto di lui verticalmente. Per preservarlo da una caduta, non ci poteva essere meglio questo vetro che sembrava resistente ma del quale egli ignorava lo spessore. La strada era in fondo piena di luce e di calore, ma Graham era invece quasi assiderato dall’umidità e dal ghiaccio: aveva i piedi gelati tanto che non poteva più muoversi.
— Avanti! — gli gridò la guida con una certa inquietudine nella voce. — Avanti!
Graham con uno sforzo raggiunse la cima del tetto. Sull’altro pendìo, seguendo l’esempio della propria guida, si voltò indietro, lasciandosi trascinare rapidamente in mezzo ad una piccola valanga di neve. Mentre strisciava così, pensava che se avesse trovato un foro aperto sul suo cammino, egli sarebbe stato irremissibilmente perduto.
Raggiunta la cima si risollevò, inciampò e s’ingolfò fino ai garetti nella neve, ringraziando il Cielo però di ritrovarsi sopra ad un suolo più resistente. La guida sorpassava già un tramezzo di metallo che chiudeva uno spazio orizzontale. Fra i fiocchi di neve divenuti più radi s’intravedeva un’altra linea immensa di mulini a vento: ad un tratto un rumore assordante si confuse con quello dell’ali dei mulini in movimento; era il fischio pentissimo di una macchina a vapore talmente intenso che sembrava uscisse simultaneamente da tutti i punti dell’orizzonte.
— Si sono accorti della nostra fuga, — esclamò la guida con accento di terrore e nello stesso tempo l’oscurità fu attraversata da un chiarore abbagliante.
Sopra i turbini di neve, sopra alle sommità dei mulini a vento, si drizzavano immensi sostegni dalla cui cima scaturivano potenti fasci di luce descrivendo giri illimitati in tutte le direzioni e il loro splendore si stendeva a perdita d’occhio.
— Arrampicatevi lassù, — disse la guida a Graham, e lo spinse innanzi verso un lungo reticolato di metallo che faceva l’effetto di un nastro nero fra due striscie di neve.
Da questo s’innalzava una piccola nube di vapore e Graham sentì un gran caldo a’ suoi piedi assiderati.
— Venite avanti! — gridò la guida lontana da lui una diecina di metri: poi, senza aspettare, attraversò quel fascio di luce abbagliante e si slanciò a tutta corsa verso i parapetti di ferro della ringhiera che costeggiava la linea dei mulini a vento.
Graham rimessosi dal suo stupore, lo seguì colla medesima rapidità, convinto che la loro cattura sarebbe stata imminente. In capo a pochi secondi, essi si trovarono in una confusione di vivida luce e d’ombra densissima interrotta da striscie più nere e mobili, sotto a ruote mostruose. La guida continuò a correre ancora per qualche momento, con un salto si gettò da una parte e disparve in un angolo oscuro, alla base di un enorme parapetto. Là si misero rannicchiati e in agguato. La scena che si svolgeva dinanzi agli occhi di Graham era fantastica: la neve aveva quasi cessato di cadere, e solo ogni tanto qualche raro fiocco ne interrompeva la vista. Ma davanti a loro si presentava una distesa piana di un bianco pallido spezzata da masse gigantesche, da forme movibili, e da striscie formate di tenebre impenetrabili.
Dappertutto intorno ad essi s’intrecciavano costruzioni metalliche con longarine dalle proporzioni sovrumane, mentre le ali dei mulini quasi immobili per la calma che seguiva la tempesta, giravano con grandi curve lucenti e salendo lentamente per perdersi tra luminosi vapori.
Dappertutto dove la luce spruzzata di neve illuminava il suolo delle travi, delle traverse e degli interminabili corridoi, apparivano in alto e in basso con un’ostinazione indomabile, poi scomparivano tutti nel buio. Malgrado tutta la potente attività, malgrado la onnipotente manifestazione di volontà e di disegno, quella immensità di meccanismo sotto il suo manto di neve sembrava vuota di ogni presenza umana, salvo della loro, e così deserta, così poco frequentata dagli uomini come un inaccessibile ghiacciaio delle Alpi.
— Devono essere sulle nostre tracce, — gridò la guida. — Siamo appena a mezza strada. Per quanto faccia molto freddo qui, è necessario nasconderci per un momento; per lo meno fino a tanto che la neve non ricominci a cadere più fitta.
Gli battevano i denti.
— Dove sono i mercati? — domandò, Graham spalancando gli occhi e guardandosi intorno. — Dov’è il popolo?
L’altro non gli rispose.
— Guardate, — mormorò Graham: poi si rincantucciò e non fece più nessun movimento.
La neve cadeva improvvisamente più densa, e scivolando sui marosi turbinosi della vôlta nera del cielo, qualche cosa di vago, di ampio e rapido, veniva. Questo qualche cosa discese in una curva ben marcata e descrisse un gran cerchio dalle grandi ali spiegate lasciando dietro a sè una striscia di vapore che si condensava: poi si sollevò con estrema agilità librandosi dolcemente nell’aria e, dopo aver spaziato orizzontalmente in una vasta curva, sparve nella notte.
Ai lati di quel corpo enorme, Graham vide due uomini piccolissimi che frugavano attivamente nelle nevose solitudini con dei canocchiali da campagna. Per un minuto egli potè distinguerli chiaramente poi, avvolti in un turbine di neve, gli apparvero piccoli e lontani, finchè un minuto dopo li perse addirittura di vista.
— Andiamo! — ordinò la guida. — Avanti!
Tirò Graham per la manica: è ambedue cominciarono a scendere con tutta velocità l’arcata di ferro, sopra le ruote a vento, le Graham, correndo ciecamente si gettò sul suo conduttore che si era improvvisamente voltato indietro. A una dozzina di metri di distanza, si stendeva davanti a’ loro occhi un abisso profondo e oscuro; a destra e a sinistra, in tutte le direzioni, quasi volesse opporsi al loro cammino.
— Fate come me! — suggerì a bassa voce la guida.
E si chinò, e colle mani e co’ piedi si arrampicò fino in cima; allungò la testa, quindi si voltò lentamente indietreggiando fino a che una delle sue gambe non si trovò nel Vuoto; mise il piede in avanti per tastare il terreno, e finalmente si lasciò scivolare nell’abisso. La sua testa riapparve.
— È una grande sponda, nell’oscurità da un capo all’altro. Fate come me.
Dopo una lieve esitazione Graham si arrampicò anche lui colle mani e coi piedi verso la cima e frugò collo sguardo in un pertugio di un nero vellutato. Atrocemente angosciato non si sentì il coraggio nè d’inoltrarsi, nè di batter la ritirata: si sedette; lasciò andar la sua gamba, e sentendosi tirato dalla sua guida, provò l’orribile impressione di precipitare nell’impenetrabile. Sotto i suoi piedi sentì gorgogliare un liquido denso e ad un tratto capì di trovarsi in un canale limaccioso in mezzo a tenebre opache.
— Di qui, — mormorò la guida che camminava in quel fango, stringendosi contro il muro.
Così continuarono un bel pezzo e a Graham sembrava di passare di minuto in minuto, col freddo e coll’umidità, a traverso innumerevoli fasi di miseria, di esaurimento. In capo a un minuto non si sentì più nè mani nè piedi: il canale discendeva. Allora si accorse di essere a poca distanza dalla cima di alcuni edifizi. Sopra di loro si elevavano, delle file di forme bianche, fantastiche, simili a spettri di finestre dalle gelosie abbassate. Così arrivarono all’estremità di una corda fissata sopra una delle finestre bianche, corda oscuramente visibile e cadente in un’ombra impenetrabile. Ad un tratto la mano di Graham incontrò quella della sua guida.
— Non ci muoviamo, — mormorò l’altro a bassa voce.
Graham alzò gli occhi trasalendo e vide sopra la sua testa le enormi ali della macchina volante che scivolavano lentamente e senza rumore a traverso la grande striscia di cielo di un azzurro grigiastro tempestato di neve. Quasi subito tutto sparì.
— Non vi muovete, vi dico: essi girano attorno.
Ambedue, rimasero immobili un momento, quindi il compagno di Graham si alzò, e tenendo il braccio verso le estremità della corda, cominciò a manipolare un mucchio indistinto di carrucole e di funi.
— Che cosa vuol dir ciò? — domandò Graham.
Un debole grido fu la sola risposta che n’ebbe: l’uomo si teneva aggrappato alla parete: Graham spalancando gli occhi scorse confusamente il volto del suo compagno che osservava con attenzione la lunga striscia di cielo, e seguendo la direzione, del suo sguardo potè distinguere in lontananza la macchina volante appena visibile. Poi notò che le ali puntate verso di essi si sviluppavano dalle due parti, e che ad ogni minuto le sue proporzioni aumentavano; essa si allungava sull’orlo del precipizio.
I movimenti dell’uomo divennero convulsi: esso gettò due sbarre intrecciate nelle mani di Graham che, non potendo veder nulla, si assicurò della loro forma, toccandole. Delle corde più fini le riallacciavano al canapo e su tali corde erano fissate delle impugnature fatte con una sostanza elastica.
— Mettetevi a cavallo sulla croce, — mormorò la guida allarmata. — Prendete le impugnature e tenetele strette. Stringete forte.
Graham fece ciò che gli si diceva.
— Saltate! — comandò la solita voce. — In nome di Dio saltate.
Per un minuto Graham rimase talmente spaventato che non potè nemmen fiatare, e fu grato alle tenebre ohe non permisero di veder la sua faccia. Incapace di dire una parola, cominciò a tremare violentemente e lanciò uno sguardo verso l’ombra che oscurava il cielo, in un rapido volo.
— Saltate, saltate! Ve ne supplico, saltate o cadiamo nelle loro mani, — esclamava la guida, e incapace di resistere alla sua sovreccitazione lo spinse in avanti.
Graham barcollò convulsamente, emise un grido disperato, un grido che non potè soffocare, poi, nel momento in cui la macchina volante piombò a’ loro piedi, fu precipitato nell’abisso tenebroso, seduto sulle sbarre in croce, colle mani raggricchiate sulle impugnature in una stretta disperata. Intanto si udì scricchiolare qualche cosa; qualche cosa che si urtava violentemente contro un muro: la puleggia della sua sedia mobile strideva sulla corda.
Egli udì un grido di rabbia degli aereonauti: due ginocchi gli si conficcarono addosso, facendolo disperatamente precipitare con una folle velocità nell’abisso. Tutta la sua forza era nelle sue mani e avrebbe volentieri mandato gridi acuti se non gli fosse mancato la forza.
Passò come un proiettile in una luce abbagliante che gli fece raddoppiare la sua stretta: ed allora riconobbe il gran passaggio delle strade mobili, le lampade sospese e le sbarre intrecciate: pareva che tutto ciò gli saltasse addosso e per un momento ebbe la sensazione di un abisso spalancato davanti a’ suoi occhi pronto ad inghiottirlo. Di nuovo si trovò nell’oscurità cadendo a poco a poco, aggrappandosi colle mani raggricchiate, indolenzite.... ad un tratto però brillò una gran luce ed egli si trovò in un vestibolo splendidamente illuminato, stordito dal fracasso che faceva il popolo sotto i suoi piedi.
Il popolo! Il suo popolo! Un proscenio; un vessillo gli vengono incontro.... e Graham sentì che la corda scendeva a destra verso un’apertura circolare; tal movimento divenne più lento ad ogni minuto; secondo, in modo da poter distinguere queste voci:
— Salvato! Il maestro è salvo!
Il vessillo si avvicinava a lui con una velocità minore.... Quindi udì l’uomo aggrappato dietro a lui emettere un grido come terrorizzato all’improvviso, e tal grido echeggiò ripetutamente in basso. Capì di non scivolar più lungo la fune ma di cadere insieme ad essa: ancora un fracasso, ancora dei gridi d’ogni specie.... la sua mano stesa s’imbattè in qualche cosa di molle, mentre l’urto d’una caduta moderata gli scosse il braccio.
Graham avrebbe desiderato di rimanere immobile e fermo, e il popolo lo sollevava: gli pareva che lo trasportassero verso la piattaforma e che gli facessero prendere una bevanda, ma non ne fu mai certo. Non sapeva più nulla della sua guida.... Quando ebbe superato quella vertigine si trovò daccapo in piedi: alcune mani premurose lo aiutavano a tenersi ritto in mezzo ad una grande alcova che ricordava alla sua anteriore esperienza i palchi d’un teatro.... Forse era veramente un teatro.... Il tumulto lo stordiva, pareva un infierir di tempesta.... Una moltitudine immensa lo acclamava e gridava:
— È il Dormente! Il Dormente è con noi! Il maestro! Il padrone! Il maestro è con noi ed è salvo!
Graham ebbe la incerta visione di un enorme atrio stipato di gente: non distingueva gli individui, ma ebbe soltanto coscienza di una marea montante di facce umane, di braccia, di vestiti agitati; e sentì vivamente l’occulta influenza di una folla immensa che si slanciava verso di lui, sollevandolo. Vi erano balconi, gallerie, grandi passaggi a vôlta che offrivano le più lontane prospettive, e dappertutto il popolo denso e ammucchiato, agitato e plaudente. In terra il canapo caduto giaceva quale enorme serpente: era stato tagliato all’estremità superiore dagli uomini della macchina volante ed era venuto a sprofondare in quel vestibolo.
Sembrava che alcuni volessero sbarazzarsi del canapo per far posto, ma l’insieme dello spettacolo rimaneva vago; tutto l’edifizio palpitava e trasaliva al mugghiar delle voci. Graham era in piedi ancora non sicuro della sua situazione, guardando coloro che gli erano vicini.... ad un tratto sentì sorreggersi per un braccio.
— Conducetemi in una stanza piccola, — supplicò piangendo, — in una stanza piccola....
Non potè dir di più: un uomo vestito di nero lo prese per l’altro braccio, ed egli si accorse che una porta si schiudeva davanti a lui.... quindi fu condotto ad una sedia.... egli traballò, si sedette pesantemente cuoprendosi la faccia colle mani. Tremava con violenza: la sua resistenza nervosa era al colmo. Senza che se ne accorgesse fu sbarazzato del mantello; egli fece soltanto osservare che quella specie di pantaloni che gli avevan fatto mettere eran bagnati e tutti neri....
Ancora altre persone che gli correvano incontro, ancora nuove cose che si svolgevano davanti a’ suoi occhi, ma per un certo tempo egli non fece attenzione a nulla.
Egli era sfuggito al Consiglio. Migliaia di grida glielo ripetevano: egli era salvo. Il popolo era con lui. Fece per un momento violenti sforzi per respirare, quindi rimase tranquillo a sedere col volto fra le mani.... L’aria era scossa dalle grida di una folla innumerevole.