Quando il dormente si sveglierà/VII. Nelle stanze silenziose
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Traduzione dall'inglese di Anonimo (1907)
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Capitolo VII.
Nelle stanze silenziose.
Graham era tornato ad esaminar l’appartamento: la curiosità, a dispetto della fatica, lo teneva in moto. La camera in fondo era alta: il soffitto a forma di cupola, aveva nel centro un’apertura oblunga che terminava in un cannone simile ad un imbuto, nel quale girava un largo ventilatore apparentemente destinato ad aspirar l’aria, e la debole nota di quel meccanismo era l’unico suono in quella stanza silenziosa. Negli intervalli che facevano le ali del ventilatore, Graham potè intravedere alla sfuggita un lembo di cielo e fu sorpreso di scorgervi una stella: quindi osservò la sfarzosa illuminazione di quelle stanze, dovuta a un gran numero di lampade incandescenti e sottili, disposte lungo la cornice del muro. Nessuna finestra: allora si ricordò che in tutti i saloni immensi, in tutti i corridoi che aveva attraversato con Howard, non aveva notato alcuna finestra. Ve ne erano? A dire il vero, esistevano delle aperture che si aprivano sulla vasta strada, ma erano state forse praticate allo scopo di dar la luce? O la città tutta intera era sempre illuminata affinchè non esistesse la notte?
Un altro problema si presentava alla sua mente: nessuna delle due stanze era provvista di caminetti: si era forse in estate o quegli appartamenti non erano altro che per la stagione calda? O tutta la città era uniformemente riscaldata o raffrescata? Tali domande lo interessarono; allora esaminò la superficie liscia dei muri, il letto costruito così semplicemente, le ingegnose disposizioni per mezzo delle quali il servizio domestico era praticamente abolito. E in tutto, nella stessa strana assenza di ogni ornamento e nella grazia nuda di forma e di colore egli si sentiva sodisfatto. Vi erano numerose sedie molto comode, una leggera tavola montata su ruote silenziose e carica di bottiglie, di bicchieri e con due piatti colmi di una sostanza, chiara che somigliava alla gelatina. Nessun libro, nessun giornale; non il necessario per scrivere.
— Il mondo è cambiato davvero! — pensò fra sè.
Sopra un intero piano della seconda stanza, notò dei cilindri doppi disposti in linee bizzarre su cui erano tracciate iscrizioni verdi su fondo bianco, che armonizzavano col sistema decorativo della stanza stessa. Inoltre, nel centro di quel riquadro, un piccolo apparecchio di circa un metro quadrato sporgeva leggermente, volgendo verso la stanza una superficie liscia e bianca e avendo davanti a sè una sedia. Per un momento pensò che tali cilindri potessero essere dei libri, o un nuovo sistema sostituito ai libri, ma l’aspetto era ben diverso.
I caratteri impressi su quei cilindri lo confondevano: a prima vista parevano scritti in lingua russa; poi potè distinguere qualche parola, ma mutilata o bizzarramente trasformata. Per esempio questa iscrizione:
lom ki vwlut ήtre rwa
«L’uomo che volle esser re».
— Scrittura fonetica, — pensò Graham.
Vagamente si ricordò di aver letto una novella con questo titolo, poi se la ricordò esattamente, e con un’altra reminiscenza la qualificò: «La più bella storia del mondo». Ma quell’oggetto, che aveva dinanzi a sè non era un libro com’egli credeva. Quindi riuscì a decifrare i titoli dei due cilindri adiacenti:
nel cuore delle tenebre.
Non aveva mai udito parlate di quel libro e nemmeno di questo:
la madonna del futuro.
Nessun dubbio che se fossero stati dei romanzi, i loro autori dovevano esser posteriori al XIX secolo. E continuò per un istante ancora a lambiccarsi il cervello dinanzi a quello strano cilindro, poi lo lasciò stare ed esaminò l’apparecchio di forma quadrata; aprì una specie di coperchio e trovò dentro uno dei doppi cilindri. Sullo spigolo superiore vide un piccolo bottone, simile a quello di un campanello elettrico: provò a pigiarlo e sentì un rapido scoppiettio che cessò quasi subito, poi udì delle voci e delle musica e notò un giuoco di colori sulla superficie piana. Ad un tratto capì e si trasse indietro per guardare.
Su quella superficie quadrata si dipingeva ora un paesaggio dai colori vivaci, su cui si muovevano minuscoli personaggi e non soltanto si muovevano, ma conversavano insieme con delle vocine molto chiare. Era proprio la realtà veduta a traverso un canocchiale e ascoltata da un lungo tubo. Il suo interesse fu improvvisamente attratto dalla situazione che metteva in presenza l’uno dell’altro un uomo che camminava in giù e in su, urlando con parole d’irritazione, e una donnina molto graziosa, ma petulante. Ambedue indossavano quel pittoresco costume che pareva così strano a Graham.
— Io ho lavorato, — diceva l’uomo, — ma tu, che hai fatto?
— Ah! Ah! — fece Graham.
Dimenticando ogni altra cosa si mise a sedere sopra una sedia: poco dopo udì parlare di lui. «Quando il Dormente si sveglierà», dicevano quasi scherzando, come se recitassero un proverbio per indicare un aggiornamento interminabile, ed egli stesso si considerò come un non so che di molto lontano e inverosimile. In un istante quei due personaggi gli eran diventati intimi amici.
Finalmente quei dramma in miniatura terminò e la superficie quadrata dell’apparecchio restò vuota.
Era un mondo straordinario quello che aveva veduto, un mondo senza scrupoli, amante del piacere, energico, sottile; un mondo rappresentante una terribile lotta economica. V’eran in quel dramma delle allusioni che non poteva interpretare, rapidi incidenti che gli lasciavano indovinare strane modificazioni del codice morale e dubbiosi miglioramenti. La tela azzurra che occupava un sì gran posto in tutte le sue prime impressioni della «Città», riappariva ancora nell’abbigliamento della maggior parte di quelle persone e non dubitò mai che tutta quella storia, di cui il realismo intenso era innegabile, non fosse contemporanea: storia che terminava in una dolorosa tragedia. Rimase senza muoversi, cogli occhi spalancati, dinanzi alla superficie di quell’apparecchio.
Finalmente trasalì e si stropicciò gli occhi. Era stato così assorto in quell’imprevisto succedaneo del romanzo di altri tempi, che provò una vera sorpresa, sorpresa quasi simile a quella provata al suo destarsi, nel trovarsi nella stanzetta dai mobili bianchi e verdi. Si alzò e bruscamente si vide ancora rinchiuso in quel magico ambiente. Sparì la chiarezza di quel dramma kinetoscopico, per dar posto al tumulto osservato nelle vaste strade, al Consiglio misterioso, alle successive fasi del suo risveglio. Quei personaggi del dramma avevano parlato del Consiglio in modo da suggerir l’idea di qualche vago potere universale. Essi avevano fatto allusione al dormente, senza che egli si rendesse conto di esser lui il dormente e dovette fare un grande sforzo per ricordare esattamente ciò che avevano detto.
Quindi entrò nella camera da letto e tentò di poter vedere qualche cosa dall’apertura del soffitto, nei rapidi intervalli delle ali del ventilatore che mentre giravano, facevan sentire un rumore confuso simile a quello di una macchina. Del resto tutto era silenzio. Per quanto una luna perpetua irradiasse incessantemente in quell’appartamento la piccola striscia intermittente di cielo, lassù in alto, era adesso di un colore azzurro scuro, quasi nero e cosparsa di piccole stelle.
Volle riprendere: la sua ispezione nelle camere: era impossibile aprire la porta imbottita e non c’erano nè campanelli, nè altri sistemi che gli permettessero di chiamar qualcuno. Continuava viva in lui l’impressione di stupore, ma era curioso di essere informato: egli voleva esattamente sapere in qual rapporto si trovasse con tutte quelle novità. Risolvette allora di aspettare con pazienza che venisse qualcuno, ma in breve si sentì inquieto, divorato dal desiderio di sapere, d’esser distratto, di provar ancora nuove sensazioni.
Tornò vicino all’apparecchio dell’altra stanza e in poco tempo potè scuoprire il mezzo di sostituire nuovi cilindri agli altri, e mentre operava un tal cambiamento, pensò, che grazie a quei piccoli strumenti, si poteva dopo un periodo di due secoli, decifrare quella scrittura in un modo chiaro e facile.
I cilindri che a caso, aveva dunque sostituiti agli altri, gli fecero udire una fantasia musicale che via via si faceva magnifica e sensuale, dalle parole della quale riconobbe una versione alterata della storia di Tannhäuser. Quella musica era insolita, bizzarra, eseguita in una maniera realista e con lo stesso carattere strano che avevano tutte quelle novità. Tannhäuser non andava al Venusherg, ma a una «Città di piaceri». Che cos’era mai una Città di piaceri? Certo un sogno, certo la creazione immaginaria di uno scrittore fantastico e voluttuoso....
Graham s’interessava ora a quell’opera che forniva un nuovo elemento alla sua curiosità: la storia si svolgeva con una sentimentalità deliziosa, complicata in una maniera straordinaria. Ad un tratto esso cessò d’interes’sarlo, piacendogli sempre meno via via che si svolgeva.
I suoi sentimenti subirono un completo cambiamento. Per lui non eran più delle pitture, non eran più idealità, ma realtà fotografate; il Venusherg del XXII secolo lo disgustò, e, dimenticando la parte che aveva il «mondo» nell’arte del XIX secolo, si abbandonò ad un’indignazione arcaica.
Si alzò tutto scontento vergognandosi quasi di interessarsi a simili spettacoli, sia pure nella più assoluta solitudine, e picchiò con violenza su! quell’istrumento, cercando la maniera di fermare il meccanismo. Qualche cosa si spezzò di scoppio: una scintilla violetta colpì e agitò il suo braccio, ma l’appareccbio si fermò. Quando il giorno- dopo volle sostituire nuovi cilindri a quelli del Tannhàuser constatò che la molla si era rotta. Allora si mise a passeggiare da un capo all’altro della stanza in preda ad un’agitazione intollerabile e smisurata: tutto ciò che aveva imparato e veduto, si urtava, si contraddiva, lo turbava. Gli sembrava davvero sorprendente che durante i suoi trent’anni di vita, non avesse mai tentato di farsi un quadro del futuro.
— Noi abbiamo preparato l’avvenire, — diceva fra sè, — senza che nessuno di noi pensasse a chiedersi quaf sarebbe mai questo futuro di cui noi gettavamo le basi. Ed eccolo qui.... Dove siamo giunti? Che cosà è stato fatto? In che modo mi trovo io stesso in mezzo a tutto ciò?
Certo, egli si aspettava di vedere delle strade e delle case immense, una gran moltitudine di persone. Ma qual parapiglia nelle strade della «Città» e quale sensualità sistematica in.una classe di gente opulenta!... E pensava a Bellamy, il cui eroe, nella sua «Utopia sociale», aveva così stranamente preveduto tutto ciò che ora accadeva. Ma qui, nessuna Utopia, nessuno Stato socialista. Aveva veduto abbastanza adesso, per concludere che l’antica contradizione del lusso, dello sperpero, della sensualità da un lato, e dell’abietta povertà dall’altro, regnava ancora e conosceva abbastanza i fattori essenziali della vita per rendersi conto di una tal correlazione. Non soltanto gli edifizi della «Città» eran giganteschi, innumerevoli le persone nelle strade, ma lo schiamazzo che aveva udito per le vie, l’imbarazzo di Howard, l’atmosfera stessa, parlavan chiaramente 5 di uno scontento colossale. Che paese era quello? gli pareva sempre l’Inghilterra, ma con dei caratteri così poco inglesi!
Il suo spirito cercava d’indovinare il resto del mondo, ma rimaneva avvolto in un velo enigmatico. Cirò per tutto l’appartamento esaminando tutte, le cose come avrebbe potuto fare un animale in gabbia: si sentiva molto stanco, ma provava quell'esaurimento febbrile che impedisce il riposo. Stava per lunghi momenti in ascolto, sotto il ventilatore, per veder di capire qualche cosa del lontano tumulto che continuava ancora I nella «Città» e si sorprese a parlare ad alta voce.
— Duecentotrè anni, — ripetè più volte ridendo scioccamente. — Allora io ho duecentotrentatrè apni; sono il più vecchio abitante della terra. Certamente, non avranno. rinunziato alla tendenza che esisteva ai nostri tempi di affidare il potere al più vecchio. I miei diritti sono indiscutibili. Ma io vaneggio. Se mi ricordo come fosse ieri le atrocità dei turchi I Ecco un’età davvero enorme. Ahi Ah! Fu stupito di sentir che rideva, quindi si sedette deliberatamente in balia alla più completa allegria: alla fine si accorse di condursi come un pazzo.
— Via; un po’ di calma, — pensò, — un po’ di calma.
E continuò a passeggiare per la camera più regolarmente..
— Questo nuovo mondo, — diceva, — io non lo capisco. Perchè? Sempre dei perchè.... Ora posso- anche supporre che la gente voli per l’aria e sappia compiere ogni specie di cose maravigliose. Vediamo se si potesse tentar di unirle il passato al presente.
In primo luogo constatò con crescente stupore, quanto eran divenuti vaghi i ricordi de’ suoi primi anni.
Non ne ritrovava che pochi frammenti, in generale i punti più insignificanti, gli avvenimenti di mediocre importanza. Gli parve poi che la sua infanzia avesse a prima vista lasciato maggiori tracce: ricordò i suoi libri di scuola e alcune. lezioni di agrimensura, poi i fatti più importanti della sua vita: pensò a sua moglie, morta ’ da molto tempo, alla alla malefica influenza, ora annientata nella corruzione: evocò i volti de’ suoi rivali, de’ suoi amici, di coloro che gli eran rimasti fedeli e di quelli che lo avevan tradito, i suoi ultimi anni di miseria, le sue risoluzioni oscillanti, e finalmente i suoi studii e il suo lavoro accanito. In capo a un momento si rese conto che tutto quel passato era rimasto indelebile nella sua memoria, avvolto forse nelle tenebre, e simile a del metallo lasciato per molto tempo in disparte, ma non sciupato, nè deteriorato, e che ha solo bisogno di esser ripulito. E tutto quel passato si coloriva di una sfumatura di miseria sempre più profonda.
Valeva forse la pena di ripulire tutti quei vecchi arnesi? Per mezzo di un miracolo egli era stato strappato a una vita divenuta intollerabile....
Pensò alla sua condizione attuale: invano lottava coi fatti. Era una matassa molto imbrogliata.
A traverso il ventilatore scorse un lembo di cielo rosato dall’aurora.... un’antica abitudine s’impadronì ancora di lui fra gli oscuri ripostigli della sua memoria.
— Bisogna dormire, — disse.
Il riposo gli apparve come un delizioso conforto alla sua angustia morale, al suo dolore, alla pesantezza sempre crescente delle sue membra: perciò si diresse al suo letticciuolo così bizzarro, vi si stese e non tardò ad addormentarsi....
In verità doveva familiarizzarsi con quell’appartamento prima di lasciarlo, poichè vi restò chiuso per tre interi giorni, durante i quali, nessuno, eccettuato Howard, entrò nella sua prigione. La stranezza dei suo destino, si confondeva con quella della sua sopravvivenza e diminuendola in parte, egli aveva fatto la sua riapparizione nella vita unicamente per esserne strappato e gettato in quell’inesplicabile solitudine. Howard veniva regolarmente a trovarlo, portando seco fluidi sottilmente nutrienti e refocillanti, pietanze leggiere e gradevoli, affatto nuove per Graham. Entrando, egli chiudeva accuratamente la porta: ad ogni insignificante domanda del suo prigioniero aumentava la sua gentilezza, ma in quanto ai rapporti esistenti fra Graham e i grandi avvenimenti che in un modo così misterioso succedevano dietro quelle mura impenetrabili, Howard si rifiutava di dare la più piccola spiegazione. Del resto egli eludeva il più garbatamente possibile ogni domanda che riguardasse la situazione degli affari che accadevano fuori, e per quei tre giorni l’attività cerebrale di Graham fece grandi passi.
Ciò che egli aveva veduto, quegli sforzi e quelle preoccupazioni per impedirgli di vedere, tutto ciò si agitava nel suo spirito e gli fece formulare innumerevoli ipotesi per spiegare la sua posizione, e, per caso, trovò la vera.
Tali divagazioni erano un’eccellente preparazione agli avvenimenti incalzanti che dovevano aver luogo in seguito e, quando finalmente giunse il momento della sua liberazione, egli era pronto ad affrontar qualunque cosa....
Il contegno che Howard teneva con lui, aumentava sempre più in Graham l’impressione della sua straordinaria importanza; pareva che nel momento in cui la porta si apriva e si chiudeva, lasciasse penetrare tutta un’invasione di eventualità. Graham rivolgeva insistentemente delle domande che ogni volta divenivano più incalzanti e alle quali Howard sfuggiva, adducendo equivoche impossibilità.
— Il vostro risveglio era impreveduto, — ripeteva. — E per l’appunto vi siete destato alla vigilia di una sommossa sociale che io non potrei spiegarvi senza raccontare la storia da una «grossa» e mezza d’anni fa.
— La verità è, — rispose Graham, — che voi avete paura del mio intervento. Mi pare insomma che io potrei esser l’arbitro.... che dovrei esserlo.
— Ciò non è esatto, ma voi possedete.... Insomma posso ben dirvelo ora.... L’accrescimento automatico delle vostre ricchezze, mette nelle vostre mani.... grandi possibilità di potere.... Inoltre voi eserciterete la vostra influenza.... in diverse maniere, colle vostre idee del diciottesimo secolo.
— Del diciannovesimo, — corresse Graham.
— Colle nozioni che avete del vecchio mondo, ignorante come siete di tutti i caratteri e del come è governato il nostro Stato....
— Sono tanto bestia?
— No, davvero.
— Mi credono capace di agire temerariamente?
— Nessuno si aspettava in alcun modo che avreste avuto mai la possibilità di agire.... Nessuno immaginava che finireste realmente collo svegliarvi. Il Consiglio vi aveva circondato di tutte le precauzioni antisettiche.... Ma, in realtà, noi vi credevamo morto.... Una semplice sosta nel processo di corruzione.... E.... Ma ciò è una cosa troppo complessa.... Noi non siamo.... così bruscamente.... mentre non siete ancora.... che semi sveglio....
— Cattiva scusa, — interruppe Graham. — Perchè non m’imbottiscono notte e giorno di fatti e di avvertimenti le non m’insegnano tutta la saviezza d’oggi giorno, allo scopo di mettermi in grado di sostenere tutte le responsabilità che dovrei assumere? Sono forse in qualunque cosa più savio oggi di ieri, di quando mi sono svegliato?
Howard muto si mordeva le labbra.
— Comincio a provare.... provo ad ogni momento e sempre più chiaramente l’impressione che esiste un segreto.... un segreto complicato di cui voi avete la chiave.... Che forse questo Consiglio, questo Comitato come voi lo chiamate, si occupa di falsificare il conto de’ miei beni? È forse questo?
— Tal dubbio.... — protestò Howard.
— Peuh! — fece Graham. — In ogni modo tenete bene a mente le mie parole: «Quelli che mi hanno messo qui se ne pentiranno». Sono vivo, non dubitate, son proprio vivo: ogni giorno il mio polso è più vigoroso e la mia mente più chiara. Il letargo è finito. Sono un uomo tornato in vita e voglio vivere...
— Vivere!
La faccia d’Howard si illuminò sotto l’effetto di un’improvvisa ispirazione. Si avvicinò a Graham e parlò con tono di cordialità e di confidenza.
— È per il vostro bene che il Consiglio vi rinchiude qui. Voi siete agitato. Naturalmente... un uomo energico. Non vi divertite affatto qui. Ma noi teniamo a cuore che ogni vostro desiderio sia... Forse Vorreste... un po’ di compagnia?
Regnò un silenzio pieno di sottintesi.
— Sì, — fece Graham con aria pensosa. — Ho un desiderio.
— Ah! ci siamo! Infatti questo è per parte nostra una dimenticanza imperdonabile.
— Quella folla in quelle strade laggiù...
— Per questo, — disse Howard, — temo che... Ma... voi non desiderate avere un po’ di compagnia?
Howard restò in piedi vicino alla porta e osservava Graham che passeggiava in giù e in su per la stanza incerto sul vero senso di quell’offerta. Compagnia? Ammettendo che egli accettasse, che domandasse un po’ di compagnia... Sarebbe stato possibile di raccogliere nella conversazione qualche vaga idea della lotta scoppiata nel momento del suo risveglio? Meditò ancora, e la proposta gli apparve sotto il suo vero aspetto: allora volgendosi bruscamente ad Howard:
— Che cosa intendete per compagnia?
Howard volse gli occhi al cielo alzando le spalle.
— Degli esseri umani, — rispose con uno strano sorriso sulla grossa faccia. — Le nostre idee sociali sono certo... più liberali di quelle de’ vostri tempi... Se un uomo desidera sfuggire alla noia che l’opprime... come nel caso vostro... in compagnia di una donna, per esempio... non ci vediamo nessun male. Noi abbiamo sbarazzato il nostro spirito da inutili formule. Nella nostra città esiste una classe necessaria, discreta... che non è più disprezzata come una volta...
Graham rimase stupito.
— Così passerete più facilmente il tempo, — continuò Howard. — Forse dovevo avervi già pensato, ma, francamente, v’erano tante altre cose...
E indicava il mondo esterno. Graham esitò: per un momento l’immagine di una donna creata improvvisamente dalla sua fantasia, s’impadronì del suo spirito con un’intensa seduzione: ma poi ebbe un lampo di collera.
— No, — esclamò camminando a gran passi per la stanza. — Tutto ciò che voi dite, tutto ciò che voi fate mi ha convinto... che esiste un qualche grande avvenimento in cui sono implicato... Non ho nessuna voglia di passare il tempo nel modo che mi proponete. Sì: lo so, il desiderio e la sodisfazione compendiano la vita, in un senso... ed anche la morte, l’annientamento? Nella mia prima esistenza, prima di addormentarmi, ho lavorato intorno a questa misera questione: ora non voglio più ricominciare. So che qui esiste una città, una folla in rivoluzione... e durante questo tempo... io sono come un coniglio preso al laccio...
La sua collera aumentava; soffocava, vibrando i suoi pugni chiusi.... e cedendo a una crisi di collera proferiva antiche bestemmie.... I suoi gesti eran diventati minacciosi, pronti a venire a vie di fatto.
— Ignoro a qual partito appartenete poichè mi tenete in una completa ignoranza, ma so una cosa, cioè che sono qui rinchiuso con un’intenzione inesplicabile.... forse delittuosa. Vi avverto dunque e vi prevengo delle conseguenze che potrebbero nascere.... Appena avrò riacquistato la mia libertà.... il mio potere....
Ad un tratto capì che tali minacce avrebbero potuto pregiudicarlo, e tacque. Howard lo guardava curiosamente.
— Debbo prendere le vostre parole come dirette al Consiglio? — domandò.
In quel momento Graham sentì una gran voglia di saltare addosso a quell’uomo, di ucciderlo o di stordirlo, e il suo volto dovette tradire tale pensiero: ad ogni modo Howard fu pronto a ritirarsi: in breve la porta si richiuse e il fantasma del XIX secolo si trovò nuovamente solo. Per un poco egli rimase come irrigidito, coi pugni stretti, alzati in aria, poi li lasciò ricadere con violenza.
— Come sono stato pazzo! — disse fra sè dando libero corso alla propria disperazione battendo i piedi e vociferando ingiurie.
Per molto tempo si abbandonò a tale frenesia, imprecando contro la sua situazione, contro la sua stessa pazzia, furioso contro coloro che l’avevano imprigionato. Si ostinava in quella collera per evitare di considerar con calma la propria posizione: e vi si abbandonava ciecamente nel timore di diventar preda della paura.
Pur nonostante si accorse in breve di riacquistar l’uso della ragione. Una tal prigionia era inesplicabile, è vero, ma non c’era da dubitare che le forme legali, — le nuove forme legali, — non la permettessero. La sua clausura doveva dunque esser legale. Quelle persone erano da più di duecento anni più avanzate nella civiltà dei suoi contemporanei di un tempo. Era, anche poco probabile che fossero meno.... umani. Tuttavia essi avevano liberato il loro spirito dalle formule: la pietà, l’umanità, la castità stessa non erano forse delle formule?
La sua immaginazione si mise all’opera per congetturare sulla sorte che gli sarebbe stata riservata: e gli sforzi della ragione per scacciare le sue previsioni, la maggior parte delle quali logicamente ammissibili, furono senza successo.
— Perchè mi dovrebbero far del male? Se le cose volgessero al peggio, — conchiuse finalmente, — io non avrò che ad acconsentire a ciò che essi vogliono. Ma che cosa vogliono? E perchè non m’interrogano invece di tenermi chiuso in questo modo?
Quindi riprese le sue meditazioni sulle possibili intenzioni del Consiglio, ed esaminò dettagliatamente il contegno di Howard, i suoi biechi sguardi, le sue inesplicabili esitazioni. Per un momento la sua mente si afferrò ad un’altra idea.... quella di scappare da quelle stanze. Ma dove avrebbe, mai potuto rifugiarsi in quel vasto mondo così popolato? Si sarebbe trovato più a disagio di un contadino del medio evo, caduto per caso nella città di Londra al XIX secolo.
— Chi ne profitterebbe, del male che mi venisse fatto?
Pensava al tumulto, alla grande rivoluzione sociale di cui era divenuto l’oggetto in una maniera così inconcepibile.
Del resto egli discuteva una tesi che non aveva relazione alcuna co’ propri pensieri, ma che stranamente insistente, vagava tra le tenebre della sua memoria.... Un altro Consiglio aveva in altri tempi così dichiarato:
— È necessario che un uomo muoia per tutto un popolo!