La statistica e i suoi metodi/II
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II.
Ed ora permettete che diamo un passo più avanti. Vediamo quale sia la ragione di essere della Statistica, e quale la sua posizione dirimpetto all’altre discipline sociali; quale il suo ufficio teoretico in generale, e il suo valor pratico.
Nell’ordine intellettuale, il più gran fatto che distingua ciò che veramente può dirsi l’Evo moderno, in contrapposto all’Evo medio, non che all’antico, è il dominio che oggi si addice alla scienza.
La scienza, o Signori, quest’è la vera e legittima sovrana dei giorni nostri, in tutte le relazioni della vita sociale, dalla più umile applicazione dell’industria fino al campo di battaglia, dove si decidono le sorti delle nazioni e della civilta. — E lo sarà sempre più in avvenire.
Nella scienza stessa, di tutte le mirabili sue scoperte, la più grande e mirabile è incontrastabilmente quella del suo metodo.
Si è per l'efficacia del loro metodo, questo stromento universale e democratico di scoperta e di accumulazione indefinita, accessibile anche a modesti intelletti, più ancora che pel genio gagliardo e solitario di alcuni fra i loro corifei; si è, dico, per virtù del loro metodo, che le scienze fisiche hanno espugnato per sì gran parte il mistero del cosmo; spostato ad infinita distanza, con una leva ben più possente di quella che dimandava Archimede, il centro dell’ universo, che un tempo faceasi coincidere con quello del picciolo globo nostro; spostato ad un tempo il centro morale della credenza, e riproposto in altra e più vasta forma il problema altissimo delle origini e quello sì profondo dei fini. Le scienze fisiche, e con esse le storiche e filologiche, le psicologiche, ed altresì le morali e sociali.
Da men di tre secoli a questa parte vi è una profonda rivoluzione in tutto il procedimento scientifico; l’ osservazione e l’ esperienza prendono sempre più il posto della speculazione a priori, e l’induzione usurpa sul terreno che era dapprima esercitato con dominio quasi esclusivo dalla deduzione.
E ciò che accade nel campo speculativo, si traduce pure nel campo pratico, in tutte le applicazioni, come altresì nel governo della pubblica cosa. L’azione non può altrimenti legittimarsi che in nome dei fatti osservati, e di dottrine fondate sopra di essi, o che ne abbiano la sanzione; dettato veramente sovrano è anzitutto quello dell'esperienza.
Per altra parte i fatti, e principalmente i fatti sociali, sono così numerosi e complessi, la società nel suo
insieme è un organismo così variamente articolato, così molteplice e multiforme, che l’osservazione individuale riesce affatto inadeguata; la cognizione di pochi e semplici fatti non basta; bisogna che l’osservazione si moltiplichi, si estenda, si ripeta sotto tutte le forme, e con potenza proporzionata di mezzi; all’osservazione solitaria bisogna sostituire la collettiva, alla temporanea la continuata, all’avventizia, e senza norma ed accordo, la regolare, concorde e metodica. E ciò tanto più, che vi è pure un altro prodotto di quell’indirizzo, di quel carattere scientifico signoreggiante, che or ora vi accennava; ed è il sentimento che tutto nella vita si connette e si tiene, e nulla vi è di inutile o senza ragione di esservi; che un ordine naturale, regolato da proprie leggi ineluttabili, governa l’insieme ed ogni sua parte; e che talvolta la soluzione decisiva può anche uscire donde men si sospetta, al modo che G. B. Biot affermava essere accaduto per le scienze fisiche, dove spesso si è riconosciuta esser vera la soluzione che a primo aspetto era apparsa come la men verisimile.
Or bene, la Statistica, nella sua costituzione scientifica, è anch’ essa il risultato di questo movimento, di questa generale condizione di fatto.
Essa è l’osservazione metodica, per grandi masse, generale e continua, posta principalmente al servizio delle discipline morali e sociali, e delle loro applicazioni.
Nell’altre scienze vi è sempre una prima parte, un primo stadio di lavoro, che ha per assunto di raccogliere gli elementi di fatto, descriverli, ordinarli e discuterli, perchè possano poi servire, come materiale alle costruzioni teoretiche della scienza. Nelle scienze sociali, per una specie di divisione di lavoro, cotesto ufficio appartiene (in comune per tutte) alla Statistica.
E notate come per tale riguardo la Statistica sia venuta anch’ essa a suo tempo. Per le sue origini scientifiche essa coincide all’incirca coll’Economia, e pro cede intimamente unita con essa; ad una volta essa attinge ai metodi sperimentali e matematici, nel momento stesso in cui si vengono elaborando, si accosta e si stringe alle scienze fisiche. Oggi essa non è soltanto una disciplina che fa corpo da sè, ma una preparazione e un cimento insieme dell’altre; altresì essa è un metodo, e un metodo che ha una portata logica generale, uno stromento di elaborazione e di scoperta, il quale risponde ad una certa condizione, ad un certo scopo, dell'indagine scientifica, qualunque ne possa esser l’oggetto.
Gli è questo il punto più notevole e il meno avvertito. Tollerate, o Signori, che un tratto io v’insista, poichè esso tocca nel modo più spiccato all’essenza stessa della nostra disciplina.
Il metodo, qualunque sieno le differenti sue applicazioni, risponde pur sempre a certe forme generali di logica; ma ad un tempo esso si atteggia, e assume, per così dire, un proprio carattere specifico, a seconda della natura dell’oggetto cui si applica, e dell’assunto proprio delle varie discipiine cui deve servire; oltrechè esso risentesi anche della qualità di quelli che possano chiamarsi i suoi mezzi istromentali, come sarebbe allorchè esso procede armato di calcolo. Egli è in questo senso che può parlarsi di un metodo proprio e speciale trattando della fisica o della chimica, della biologia o delle scienze sociali, quand'anche il procedimento logico fondamentale si ravvisi identico in tutti questi vari casi. L’identità, per così esprimersi, è nel genere, ma essa punto non esclude che siavi la diversità nella specie. Ora, il metodo proprio della Statistica ha un carattere, che in parte gli è pur comune con quello della storia in generale, e che lo differenzia dal modo ordinario dell’osservazione e dell’esperienza, in quanto esse cadano sopra oggetti singoli e determinati. E questo carattere sta in ciò, che la Statistica non guarda tanto agli individui, o a fatti isolati, quanto all’insieme di molti fatti, alla collezione, al gruppo di molti individui. Si direbbe, per tale rispetto, che la Statistica riscontri a ciò che si usa ripetere della natura, vale a dire che essa guardi alla specie, piuttostochè all’individuo, e non sia sollecita che di quella.
La Statistica è l’osservazione dei fatti in generale, ma presi per serie e gruppi omogenei, sia nello spazio, sia nel tempo; è l’osservazione di complesso, per masse di fatti, come altri pure l’ha detta1. L’individuo, ovvero il fatto, il fenomeno individuale, entra bensì come elemento, ma per sè solo non basta, e non è ad esso, in modo isolato, che propriamente si mira.
Gli è per questo che si usa pur dire che la Statistica non si contenta che di termini medi, ovvero che essa non opera e non riesce che sotto la condizione di grandi numeri, cioè di osservazioni ripetute e numerose (la loi des grands nombres di Poisson, avvertita già prima anche da Fourier), allo scopo di scernere, attraverso le variazioni individuali, ciò che può esservi di costante o di regolare nell’insieme.
Alla sua volta, siffatta forma di metodo è generalissima; essa non tiene soltanto nella sfera de’ fatti sociali, ma, per certa proporzione, in quella di ogni specie di fatti, sian essi puramente fisici, fisiologici, od altri. Essa accenna ad un ordine tutto intero di ricerche, ad un assunto, ed altresì ad un concetto scientifico fondamentale, che importa al sommo di mettere in evidenza.
Non vi è scienza che di fatti costanti; non vi è scienza che non si proponga l’indagine di ciò che costituisce la legge dei fenomeni, ossia di ciò che può riguardarsi come il risultato generale delle relazioni naturali delle cose.
Nell’ordine pratico anch’ esso, la prevalenza dello spirito scientifico si appalesa per un senso di più in più spiccato e signoreggiante dell’idea di legge, sostituita a quella di arbitrio.
Così accade per le scienze fisiche e le loro applicazioni; così per tutte le altre, che meritino veramente cotesto nome di scienza. Nulla di arbitrario, nulla di capriccioso o di puramente convenzionale: il naturale, il necessario, la legge dappertutto.
Senonchè nel corso dell’indagine scientifica il concetto stesso di legge è venuto a prendere un’estensione, che è alquanto maggiore di quella che gli si attribuiva in origine. Può dirsi che, in certo modo, si riconoscano due diverse categorie di leggi: avuto, cioè, riguardo all’estensione ed al modo della loro efficienza.
Vi è tal legge assoluta, indeclinabile, la quale tiene per tutto un ordine di fatti e di fenomeni, in modo uniforme e costante, sia per l’insieme, sia pei singoli individui e i singoli casi individuali. Ed è questo (non v’ha dubbio) il tipo normale della legge, come ne è stato l’originario concetto. Tutte le leggi prime sono di questa fatta; e tale, per esempio, mostra esser quella della gravitazione.
Vi è invece tal’altra categoria di leggi, che valide per un certo insieme, per un certo complesso, sembrano venir meno nei singoli casi particolari. La massa obbedisce, segue un dato ordine, più o meno costante, nell’atto stesso che l’individuo direbbesi sottratto alla loro balìa. Sono leggi derivate, secondarie, e, per lo più, semplici regolarità od uniformità, della specie di quelle che diconsi leggi empiriche, vere non tanto in assoluto, quanto fra certi limiti, e sotto certe condizioni.
Per esempio, è una legge di questa specie che nelle nascite si verifichi una prevalenza del sesso maschile in confronto del femminile, la quale accenna a certa regolarità e costanza, quando si consideri in grandi gruppi, ma che invece fallisce per pochi individui; ovvero l’altra che la mortalità relativa sia al massimo nei primi istanti della vita, e che i maschi vi soccombano in proporzione assai maggiore delle femmine. Passate se vi piace, un’altra classe di fatti, ad un campo come quello della Meteorologia e della Climatologia, e riscontrerete che quivi pure quasi tutte le leggi finora scoperte sono di cosiffatta indole; tengono, cioè, per l’insieme, mentre falliscono per casi particolari.
Ho detto che siffatte leggi tengono per l’insieme, pel gruppo, e falliscono pel caso individuale. — Ciò va inteso a dovere. Il caso individuale devia, sfugge a quel tal ordine, non perchè esso sia èslege del tutto, ma perchè il gruppo è dominato da un complesso di cause discrepanti, di numerose componenti particolari, che nel gruppo si uniscono in una risultante unica sistematica, mentre fra loro stanno più o meno in contrasto. Gl’individui oscillano in ogni senso, distratti dalle singole forze componenti, e possono (per così figurare la cosa) prendere tutte le possibili posizioni di un pendolo; il gruppo, colla sua legge, risponde alla verticale comune e fissa.
Ovvero, per un’idea analoga, vi è in tali casi alcunchè di fisso, e per così dire di tipico; e questo si riscontra nel gruppo; gl’individui invece ne figurano le deviazioni parziali e limitate: deviazioni che possono obbedire esse medesime a certe leggi, secondo la natura del caso; e che obediscono anzi ad una legge unica ed universale, tutte le volte che possono considerarsi come il prodotto di cause puramente accidentali, che sarebbe appunto il caso generale contemplato nel calcolo delle Probabilità.
Ed è questa la sfera propria, di competenza specifica del metodo statistico: metodo universale per siffatto riguardo, e buono (sotto le debite condizioni) per ogni specie di scienza.
Che anzi può dirsi che esso viene ad applicazione ogni volta che abbiasi anche solo una serie di osservazioni ripetute, sia pure sopra un medesimo oggetto, e trattisi d’assegnare, nella loro parziale discordanza, quale sia il valore più probabile da adottarsi: caso cotesto, che può verificarsi in tutte le scienze di osservazione ad elementi numerici.
L’osservazione di complesso, per masse di fatti, o gruppi omogenei; la serie numerica; l’osservazione ripetuta e compensata; la ricerca del costante per mezzo dell’eliminazione del variabile; i valori medi, rispondenti ad un certo tipo relativamente normale; la legge collettiva, se anche puramente empirica, non assoluta, la legge statistica insomma, nel senso in cui già si viene adoperando questa parola: - tutto ciò (giova ripeterlo) non è che la formola variamente espressa del metodo statistico, considerato in sè stesso, nel suo uffizio, nella forma generale dei risultati cui esso aspira.
E, torno a dire, vi è più o meno materia di applicazione in servigio delle varie scienze di osservazione, ma sopratutto poi delle sociali. In queste ultime, più che in altre, si ha essenzialmente a fare col gruppo, e le leggi solitamente che vi si possono riconoscere non tengono che per l’insieme. L’individuo, il caso individuale, mostra loro sfuggire, appunto perchè la legge essa medesima è l’espressione molteplice di una risultante, il prodotto di una composizione e compensazione di forze eiementari, tra loro più o meno discrepanti e numerosissime. Così avviene in ispecie delle leggi economiche, in quanto esse risultano dal fatto complessivo della concorrenza, e ne presuppongono la pratica effettuazione. Ond’è altresì che io non saprei ammettere coi Positivisti principalmente inglesi, che la scienza sociale possa per intero dedursi, come un semplice corollario, dalla psicologia individuale.
E aggiungo pure che ne’ trattati, anche più autorevoli, di Logica generale dei metodi, mi sembra esistere una vera lacuna, per quanto riguarda il metodo statistico; poichè non ravviso che questo siavi ancora apprezzato in tutta la sua importanza scientifica, e nè tampoco compreso in tutta la sua estensione, e giusta la sua vera essenza.
Di tal modo pertanto mi pare definita, per via di quello che può dirsi il suo essenziale carattere, la posizione e l’ufficio della Statistica dirimpetto all’altre scienze, e più specialmente alle scienze sociali.
Esposizione ordinata dell’attualità, ovvero (se meglio piaccia l’espressione) della vita e attività sociale, a un dato momento; ed anzi, potrebbesi dire, di un’attualità in genere, qualunque essa sia (poichè anche qui il metodo ha influito sul concetto, portandolo ad una maggiore generalità); la Statistica somministra alle altre discipline i necessari elementi di fatto, e ne riscontra sperimentalmente le teorie. Essa è ad un tempo, come metodo, la forma propria dell’induzione matematica, fondata sopra l’osservazione de’ fatti per gruppi omogenei, e rivolta all’indagine, o verificazione, delle leggi che per entro vi signoreggiano. È il metodo sperimentale e di osservazione, nella sua forma esatta, cioè a base numerica, e trasferito in tal forma anche nel campo delle discipline sociali.
Ed ora vogliate pur aggiungere che all’indole e all’importanza scientifica risponde esattamente anche l’importanza e l’indole pratica nelle applicazioni.
Non vi è amministrazione, non vi è opera legislativa (ve l’ho gia detto), che non senta oggimai di dover riposare sopra una base di fatto, o che rifiuti di riconoscere nei fatti la riprova più autorevole dell’opera sua. I principii anch’essi, questi antichi sovrani di diritto divino, non possono diniegarsi al riscontro. La Statistica, aveva detto il primo Napoleone, è il bilancio delle cose (le budget des choses); e un eminente economista, Michele Chevalier, soggiungeva esser ella il nosce te ipsum applicato alle nazioni. Date un governo fondato sulla libertà e sulla pubblicità, e voi avrete a più doppi accresciuto il bisogno di questo appello continuo all’esperienza, e di un’esperienza di ogni luogo, di ogni tempo, e che si porta sopra ogni argomento, sopra ogni manifestazione della pubblica vita. Voi lo vedrete siffatto governo sollecito di creare, e di continuo occupato a perfezionare, e rendere più efficace e veridico nella sua funzione, quest’organo della cognizione di sè stessi, che è la Statistica. Chiedete a’ governi antiliberali, ripensando a ciò che essi sono stati un tempo anche fra noi; chiedete, dico, se essi l’amino in cuor loro, ogni volta che loro non riesca di averla compra e mendace, ovvero ingannata, questa eterna curiosa, che vuole veder tutto, e propalar tutto, erigendo l’indiscrezione in sistema; e avrete senz’altro la misura di quello che può chiamarsi il valore politico della Statistica.
Aggiungete che anche pel legislatore e per l’amministratore, ciò che praticamente importa sono i criteri medi, di complesso, quanto v’ha di regolare e relativamente costante in mezzo all’accidentale ed anomalo; sono appunto quelle leggi che tengono per l’insieme, se anche non valgano pegli individui singoli; quelle leggi che sono e diconsi per eccellenza statistiche, se pure non riesca per ogni caso di tradurle in espressione esattamente numerica. — E sarà di tal modo reso compiuto il riscontro fra l’ordine teoretico e il pratico, di cui vi accennava.
Non reco esempi, non mi arresto per discutere a lungo obbiezioni ed appunti; mi limito anche su ciò a poche avvertenze. Se i documenti statistici (come se ne muove lagnanza) sono inesatti ed imperfetti, ebbene si emendino e si compiano. Non accade altrimenti in ogni altro campo d’indagini, principalmente quando siasi ancora sul cominciare. — Bisogna sapere anzitutto che cosa si debba osservare e raccogliere, e come, per quali metodi, e in qual forma; bisogna saper assegnare il senso vero e la fede che meritano i dati raccolti, il grado di loro esattezza e l’errore che può temersi in essi. Vi è anche qui, come vi è altrove, una teorica dell’osservazione; vi è di una critica dei dati: due assunti ben difficili nella Statistica (non ne disconvengo); ma immaginate forse che di consimili difficoltà non ne abbiano, a vario grado, anche tutte le altre scienze?
Se dei dati statistici si può abusare, e si è spesso e grandemente abusato (non vi è alcun dubbio), ma e di che mai non si abusa? E non soltanto qui, ma dappertutto. — In ispecie, quando si tratti di applicare la Statistica alla soluzione di qualche particolare problema, bisogna andarvi senza idee preconcette, senza pregiudizi nell’argomento; non bisogna eliminare alcun dato senza averne una ragione sufficiente; non bisogna comparare altri dati che quelli che sono veramente comparabili (punto capitale cotesto e delicatissimo, il più arduo forse in tutta la discussione statistica); bisogna aver i dati compiuti in tutte le loro circostanze importanti; bisogna enumerare in modo compiuto le cause, divisandone partitamente l’esistenza e l’azione, con un processo di analisi che l’Engel ha sagacemente paragonato a quello della Chimica per mezzo de’ suoi reagenti; non bisogna in generale fidarsi che di osservazioni numerose, e tante quante di regola son necessarie all’eliminazione di ciò che può di esservi di anomalo e puramente accidentale (l’abbiamo già detto); bisogna (norma suprema) non conchiudere che nella misura dei fatti osservati. — Sono questi alcuni fra i canoni massimi della logica statistica, ma sono altresì fra quelli che tengono per tutte le scienze; sono la sostanza stessa del metodo induttivo, come lo professava Galileo, e come lo insegnano Bacone e John Herschel, Whewell e Stuart Mill.
La Statistica può avere, ed anzi ha bene spesso, delle difficoltà da superare assai maggiori di quelle di altre scienze; e guai in molti casi al malaccorto: — voglio dire soltanto che vi è una identità logica nel fondo, se anche tornino più o men difficili, a norma dei casi, le applicazioni.
Se le cifre in ispecie (come si usa dire) riescono a parlare tutti i linguaggi, a volontà di chi le interroga, badate, o Signori, che il fatto non dipenda più che tutto da ciò, che s’incomincia dall’ignorare quel linguaggio che è il loro proprio. — Anche le iscrizioni egizie un tempo, ed oggi ancora le etrusche, hanno mostrato rispondere in modo stranamente contraddittorio ai differenti loro interpreti; ma e di chi la colpa, o Signori?
Non si tratta competentemente una cifra statistica che a due condizioni: l’una, d’intendersi a fondo del soggetto a cui la cifra si riferisce; l’altra d’intendersi appieno del calcolo che si vuol istituire sopra di essa.
Ed anche per quest’ultimo rispetto, come per tutto il resto, la posizione della Statistica nello studio dei fatti sociali, se anche più difficile, non è però sostanzialmente diversa da quella di ogni altra scienza ad elementi numerici. I metodi sono anche qui esattamente i medesimi; l’induzione matematica ha dappertutto le eguali norme, che bisogna principiar dal conoscere; data una serie numerica, non vi è che un solo modo di discuterla (come si dice), qualunque ne sia l’oggetto.
Bensi è diverso ii grado di precisione a cui si può in generale aspirare, ossia il margine dell’errore temibile (come lo si chiama); perchè è diversa l’esattezza del dato fondamentale da cui si prendon le mosse, e la natura del caso non la comporta maggiore. E nondimeno vi è anche su ciò un canone universale di metodo, buono per tutti i casi, per tutte le applicazioni egualmente, il quale pone di arrestarsi nella deduzione a quel punto, in cui (quest’è l’espressione tecnica) il risultato rientra per intero nell’errore di osservazione. È assurdo, di regola, attendersi nel risultato ad esattezza, per esempio, di millesimo, se i dati su cui si opera non comportano per sè stessi che appena il centesimo.
Lo statistico invero deve arrestarsi per lo più ad una distanza enorme, in confronto di quella a cui possono toccare nel campo loro proprio l’astronomo ed il fisico; spesso altresì è giocoforza riconoscere che mancano le condizioni pratiche per muovere quel tal passo in avanti, che pur si vorrebbe; ed è in queste occasioni che si rivela, oltrechè il sapere, anche l’accorgimento e il senso pratico dello studioso; ma con tuttociò i criteri sono nel fondo pur sempre gli stessi; vi è un’arte delle cifre schietta e sincera, diversa da quella spuria ed infida, cui abitualmente si vuol alludere con questa espressione; al modo stesso che vi è a’ giorni nostri una filologia comparata, la quale riposa sopra principii appieno accertati, e cui farebbesi troppo torto imputando gli arbitrii delle antiche dottrine etimologiche.
E se volete su ciò anche un indizio estrinseco, per norma del vostro giudizio, ebbene mi è agevole il porgervelo: giudicate dal grado di discrezione e di peritanza con cui vi si va. Poichè anche qui, o Signori, come dapertutto, il metodo vero, e il solo efficace, è quello che comincia dall’intimare la modestia del proprio intelletto.
State pure in guardia (ne avete ragione) contro certe fantasmagorie aritmetiche, contro certi giuochi di prestigio, che mascherano il più delle volte il difetto di conoscenza dei metodi, ne o sono la più flagrante violazione; ed io vorrei prender impegno, per qualche altra volta, di farvi assistere ad alcuno di siffatti trastulli, allo scopo che possiate erudirvene e tenervi in sull’avviso. Trattando degli usi della Statistica, vorrei parlarvi anche dei suoi abusi, delle fallacie più frequenti, in cui si rischia d’incorrere, delle cause di esse, e degli accorgimenti necessari per evitarle. Vorrei fare un tratto come quel giocoliere, che una sera si presentò al teatro, sfidò al giuoco chiunque volle misurarsi con lui, e vinse ogni colpo; poi, la sera seguente tornò, ma per isvelare le sue arti, allo scopo, com’egli diceva, di premunire i suoi spettatori contro le arti di segreti giocolieri in società.
Ma ad un tempo io vi chiederò licenza di fare con tutta imparzialità anche la parte contraria, mostrandovi quante opinioni che hanno corso o corrono tuttora il mondo con sicurezza di assiomi, falliscano al cimento rigoroso della Statistica; ed anche alcuna fra quelle che più ci costa talvolta di dover abbandonare.
Per esempio, quella causa, un tempo sì vantata, del clima, e tenuta per onnipossente anche nell’ordine de’ fatti morali, da Ippocrate fino a Montesquieu, è appunto fra le più restìe alla determinazione statistica. E similmente accade anche di quella della razza, che vi si è venuta più tardi sostituendo a ragione d’importanza.
Appena entrata in quel sì vasto e sì fecondo campo delle applicazioni antropologiche, la rigorosa misurazione statistica ha già cominciato ad abbattere una folla di sistemi a priori che vi tenevano il predominio; e si vedono scomparire dai risultati metrici certe troppo semplici e troppo esatte proporzioni, aritmetiche o geometriche, lineari, quadratiche od altre, che alcuno avea creduto di prenunziavi2.
In quel fitto intrico di cause di ogni ragione e di ogni grado, dirette o indirette, intrinseche od estrinseche, che esercitano un’efficacia nella criminalità, l’analisi statistica non è ancor giunta a sceverare, in modo compiuto, ed irrefragabile, la parte che spetta all’istruzione, sopratutto ove si assuma a criterio di questa la semplice proporzione di coloro che frequentano la scuola.
E parimenti, io dubito non vada senza eccezione, anche solo per le ragioni matematiche, quel famoso concetto dell’uomo medio, che è divenuto sì comune, fra gli statistici; e stimo che i metodi applicati dall’illustre autore della Fisica sociale e dell’Antropometria, sì luminosi e felici finchè trattasi della media di singoli elementi, addimandino invece di essere nuovamente discussi, per quello che concerne la sintesi dei vari elementi fra loro, e la media sistematica (se così posso chiamarla, ovvero il sistema medio), che dev’esserne la rappresentazione. Ed è un altro punto cotesto, sui quale ci converrà pure intrattenerci alquanto a suo tempo.