La statistica e i suoi metodi/I
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I.
La Statistica, nel suo proprio e sommario concetto, è l’esposizione ordinata dello stato sociale, in tutti i suoi aspetti, a un dato momento.
Essa ne assegna i dati di fatto, ne indaga il sistema causale, formola il modo in cui si esplica l’azione delle varie cause, ossia legge a cui esse in quel momento obbediscono.
Il suo punto di partenza è quello dell’osservazione ripetuta sopra un grande numero di fatti omogenei e fra loro comparabili; il suo linguaggio naturale, quello della cifra; il suo stromento scientifico, l’induzione matematica.
Prendete uno Stato, un complesso sociale qualunque, e proponetevi di studiarlo e conoscerlo sotto tutti i punti di vista, nel sistema delle forze vitali da cui è animato, e nel loro modo attuale di azione, nel loro prodotto molteplice.
A tal fine, cominciate con un procedimente di analisi; decomponete la grande unità organica ne’ suoi elementi (è la parola); assegnate di questi l’espressione e il valore quantitativo; ordinatene il sistema; poi divisatene i risultati; e non già isolatamente, e come se gli uni andassero indipendenti e separati dagli altri, bensì nella mutua loro azione e reazione, nel loro nesso e nelle loro ragioni causali, intendendo sotto il nome di cause, in senso larghissima, ogni circostanza comunque efficace.
Pigliate, per esempio, il territorio e la popolazione, due fattori fondamentali di ogni Stato, di ogni società civile, e analizzateli in tutti i loro elementi, in tutte le principali loro relazioni.
Elementi topografici da un lato: — topografia terrestre, acquea, atmosferica, con altre suddistinzioni di più in più particolari e distinte.
Elementi demografici dall’altro: — la popolazione nel suo stato, cioè nel suo modo di essere e nella sua composizione, staticamente; la popolazione nel suo movimento, dinamicamente, cioè nel modo con cui si rifà, e nelle variazioni a cui va soggetta, così nel suo numero assoluto che nel sistema della sua composizione, per cause intrinseche od estrinseche, nascite o morti, immigrazioni od emigrazioni; con quanto qui pure vi si attiene di fatti connessi, di risultati molteplici, colle leggi da cui tali risultati mostrano essi medesimi andar regolati; in particolare, ciò che riguarda la bionomia, o legge vitale, di movimento, della popolazione. Aggiungete tutto quello che può esser importante ad assegnare il valore di siffatta popolazione, per tutti i rispetti: — la popolazione ne’ suoi elementi antropometrici, giusta il vocabolo recente, ma che sembra già voler prendere un posto definitivo nella scienza; in ispecie, quello che più propriamente concerne la biometria, o misura della vitalità.
Considerate i due grandi fattori anzidetti, territorio e popolazione, non soltanto in modo isolato, ciascuno per sè, ma altresì nelle relazioni che intercedono fra di loro, e fra i rispettivi elementi subordinati; comparate principalmente, poichè siete sopra un terreno dove importa sopratutto di comparare, e può dirsi che ogni criterio dipenda essenzialmente dalla comparazione.
Il tutto, come accennava, quale espressione di uno stato, o modo di essere, dirò brevemente di un’attualità, per quel momento, per quel periodo più o meno esteso di tempo, che vi sarete proposti; in via di dato quantitativo, ogni volta che questo sia possibile, e però senza ometter nulla di cio che è necessario alla retta intelligenza e al giusto apprezzamento del dato stesso.
Tentate di affigurare questa attualità nel modo il più compiuto, il più evidente possibile; e voi avrete con ciò lavorato nel senso della Statistica, giusta il suo oggetto, a norma del suo uffizio.
La vostra Statistica sarà essa medesima più o meno estesa e compiuta, generale, particolare, o speciale, secondo gli elementi che avrete abbracciato per un singolo Stato, o paese; secondo gli Stati, o paesi, che avrete voluto comprendere; secondo il tempo, a cui vi sarà piaciuto allargare le vostre indagini e i vostri raffronti; per tacere di altre differenze, che possono derivare anche solo dall’ordine che avrete seguìto, o dalla forma estrinseca dell’esposizione, e che qui non importa di rilevare.
Territorio, popolazione, non sono che due elementi massimi, fondamento materiale l’uno, agente l’altro, e fine ad un tempo, della vita sociale. Considerate allo stesso modo siffatta vita, e la cultura, la civiltà a vario grado, che n’è l’espressione, la vita economica, la intellettuale, la morale e la politica, in tutti i loro aspetti, in tutte le loro relazioni, per assegnarne i risultati e il modo loro attuale di essere; e avrete senz’altro adempiuto al còmpito della Statistica.
Dico che avrete adempiuto al còmpito che è proprio della Statistica, considerata nel suo concetto sintetico, in qualità di disciplina sociale. — E questo (s’intende bene) ad un patto: cioè che, data la possibilità pratica di operare, voi abbiate altresì operato effettivamente a dovere; e, a tal uopo, che voi abbiate anzitutto avuto il giusto concetto dell’opera vostra, e di ciò che vi toccava fare per riescire nella medesima: il concetto delle indagini da istituire, dei metodi con cui procedervi, dei criteri secondo cui interpretare i risultati, combinarli e assegnarne il giusto valore; in altri termini, che vi sia stato conosciuto con intera competenza l'oggetto, ossia la materia su cui operare, l’uffizio, ossia la qualità delle ricerche da intraprendere, e il metodo, cioè la via da tenere nella medesime: le tre condizioni essenziali di ogni ricerca scientifica veramente legittima, come di ogni applicazione pratica veramente efficace.
Vale a dire, o Signori, che qui, come in ogni altra opera scientifica, e in modo più spiccato che altrove, vi è necessariamente una cultura preliminare, preparatoria, la quale deve precedere ad ogni applicazione; vi è una dottrina che deve additare la via, e scorgere per essa, mostrare quale sia lo stromento, e come vada adoperato; vi è quella insomma che oggi si chiamerebbe piuttosto la Teoria della Statistica, ma che i nostri un tempo usavan dire la sua Filosofia: il soggetto, come or ora v’indicava, sul quale dovea cadere in quest’anno il mio insegnamento a questo illustre Ateneo.
Il suo assunto generale è tracciato da quanto or ora vi esponeva. — Assegnare il concetto, l’uffizio e lo scopo, il metodo e le applicazioni della Statistica; educarvi il criterio dell’uomo di scienza e di quello di pratica, in ispecie del pubblico amministratore; esporre ciò che a tal uopo si addimanda per le indagini da istituirsi, i dati da raccogliere, le istituzioni da promuovere; e tutto quello che concerne il procedimento statistico ne’ differenti suoi stadi, in relazione ai singoli oggetti, ai capi massimi della vita sociale; toccando pur anco de’ maggiori e più generali risultamenti, cui oggi può trovarsi condotta la scienza: — tal è nuovamente il còmpito, l’assunto proprio della Filosofia della Statistica; e voi siete troppo sagaci, o Signori, perchè io possa sentirmi mosso ad aggiunger altre parole, a dimostrarvene più partitamente il tenore e l’importanza.
In quella vece acconsentite a seguirmi in una rapida rassegna storica, da cui vi si appalesi come la Statistica siasi venuta essa medesima formando, e pigliando qualità scientifica, pel suo concetto teoretico e pe’ suoi metodi; e come le si accrescesse ad un tempo l’alimento dei fatti, e si estendesse di più in più la sua competenza di applicazione.
A tal uopo, badiamo a non confondere, quanto alle origini, ciò che può dirsi la materia propria della scienza, colla scienza stessa che deve elaborarla; e per quest’ultima, fermiamoci a quel primo momento, in cui, dopo una lunga trattazione frammentaria, o, come altri pure la disse, indeterminata, la Statistica comincia a presentarsi in forma metodicamente ordinata, e in certo modo colla piena coscienza di un suo proprio assunto, e viene a reclamare un posto distinto nella grande famiglia delle discipline sociali.
Una materia statistica, cioè de’ fatti e delle istituzioni che noi oggi comprendiamo con tale denominazione, si capisce bene che, in certa proporzione, debba aver sempre esistito, fino dagli esordi delle umane societa. La prima cosa che gli uomini fanno nell’atto che si uniscono (come altri ha già detto) è quella di contarsi.
E del pari, non vi è governo, per quanto ancora mal definito, e, per così dire, allo stato rudimentale, fra i cui organi e le cui funzioni non si evolva, più o meno distintamente, qualcosa che tiene alla conoscenza di sè, a quella del paese e degli uomini cui intende d’imporsi, o di coloro di cui dev’essere esso medesimo l’emanazione, alla conoscenza dei mezzi materiali o morali di cui può disporre, e di ciò che esso considera come il prodotto dell’opera sua.
Non vi sono forse stati nella storia generale del mondo che tre grandi governi: Roma, Venezia e l’Inghilterra; e tutti e tre sono governi che in questo senso direbbonsi eminentemente statistici. Il censo romano, la relazione veneta, l’inchiesta britannica, sono tre sorte di documenti, tre tipi, che stanno a testimonio e modello di sapienza politica e statistica ad una volta.
Di pari colle istituzioni è pur naturale che vadano le idee; e colle idee anche una certa trattazione, che tiene di più in più di scientifica, ma che si presenta dapprima in forma indistinta, non sceverata da argomenti analoghi, nè compiuta o bene ordinata, come altresì senza un nome che le appartenga in proprio, e in certo modo la personifichi: parte, sussidio, illustrazione di altri studi, storici o geografici, morali o politici, ovvero di dottrine naturali, oltrechè fondata per lo più sopra dati mal certi e puramente induttivi. Solo alquanto tardi si appalesa un’aspirazione e uno sforzo per dare a siffatto genere di lavori un corpo distinto e proprio, sotto forma di descrizione degli Stati, e di ponderazione dei loro mezzi e del grado di loro potenza. Ed è così, per esempio, che già sul principio del secolo XIV, e quando ai primi e generosi impeti delle Crociate erano da lungo tempo subentrati i freddi e misurati calcoli della ragione di Stato, un illustre patrizio veneto, Marin Sanudo il vecchio, corrispondeva al pensiero e alle incalzanti apprensioni della sua Repubblica col Liber secretorum fidelium Crucis (1306), dettato coll'intendimento di gittare di nuovo l’Occidente sopra l’Oriente, e primo saggio comprensivo di una di quelle bilancie politiche, di cui s’incontrano frequenti riscontri dappoi.
Bisogna però scendere fino alla metà del secolo passato, prima che siffatto lavorio si traduca in forma più esatta e compiuta, e che la nuova disciplina, col nome che oggi le è proprio, entri nello stadio che è stato chiamato della trattazione scientifica determinata.
E in ciò la principal parte spetta alla Germania e alle sue Università, le feconde allevatrici e custodi del genio scientifico di quella nazione. Noi da Stato (respublica) abbiamo fatto statista, uomo di Stato, e scrittore di cose di Stato; i Tedeschi alla lor volta dissero statistiche le cose attinenti allo Stato, e Statistica la nuova disciplina, che doveva raccoglierle ed esporle metodicamente. È questa l'etimologia vera, la sola storicamente vera, del nome di Statistica; e non altrimenti da stato, nel senso di condizione, o modo attuale di essere, per quanto pure quest’ultima derivazione sembri meglio rispondere al concetto presente, nella sua forma più generale. Nè veggo poi per mia parte che il nome di Statistica sia da appuntarsi tanto di barbaro, come da alcuno si è fatto; nè ad ogni modo è cosa cotesta che rilevi gran che. Altre scienze, per tale rispetto, non si trovano punto a miglior partito.
Col nome (o poco appresso) veniva l’ordine, il metodo, l’autonomia scientifica, ciò che veramente importa; e se ne reca concordemente il merito all’Achenwall (uomo, non di genio, ma di metodo esso medesimo), il quale professava all’Universita di Gottinga intorno alla metà del passato secolo.
È quello, come vi accennava, il primo momento, in cui la Statistica dimanda un posto suo proprio nell’enciclopedia delle scienze di Stato; e le viene assegnato quasi disciplina che si tramezzi fra la Storia e la Politica. La Storia, dicevasi, guarda al passato; la Politica si riteneva avesse a guardare all’avvenire; restava il presente, e parve dover esser questo il campo riservato per la Statistica.
Ritrarre nel presente la fisionomia dello Stato, affigurarlo a questo momento in tutte le cose notevoli che vi si attengono: — tal era l’uffizio che allora credevasi dover riconoscere alla Statistica, e tale è stato il suo primo, originario concetto.
In appresso tale concetto si determina meglio, e in qualche parte si trasforma o modifica, per un procedimento critico che si continua per tutto il secolo scorso, e non può dirsi intieramente posato nemmeno a’ dì nostri.
L'idea del presente, il presente per sè, obbiettivo (come parlano i Tedeschi), è presto abbandonata, e vi si sostituisce quella di un’attualità nel tempo, anche passato, qualunque pur sia.
Al posto di quell’idea indistinta e poco scientifica di cose notevoli dello Stato, subentra via via un concetto più largo e sintetico, che tende ad affigurare lo Stato nel suo sistema ordinato, nelle sue forze operanti, nella potenza sua risultante.
E allora non è più una semplice descrizione a cui si possa starne contenti, ma vuolsi un’esposizione sistematica, dominata da un corrispondente ordine logico.
Poi, per la stessa via, si passa all’idea di uno studio anche delle cause, anzichè contenersi nella sola notizia dei risultati; e insieme allo studio delle cause va pur quello della loro legge, o modo di agire; e così fino a considerare lo Stato, non più come un semplice aggregato di cose importanti o curiose, ma quale un complesso organico, e alcunchè di vivente; e la scienza chiamata a ritrarlo, quale un’anatomia comparata dei suoi organi, e un’analisi fisiologica delle sue funzioni e del loro prodotto a un determinato momento.
Più ancora, il concetto stesso di Stato veniva grandemente ad ampliarsi; e mentre dapprima in quel concetto non si mostrava comprendere che il sistema degli ordini e de’poteri politici, ossia il governo e ciò che può ad esso servire, ravvisavasi in appresso lo Stato, con assai più larga veduta, come l’insieme di tutte le forze umane accolte in Società. E con ciò la Statistica, la quale colle sue proprie indagini aveva non poco contribuito a siffatto risultamento, da semplice disciplina politica, ancella all’arte governativa e niente più, come dapprima si concepiva, sorgeva a grado di disciplina sociale, che considera la vita del grande aggregato umano nel suo insieme, in tutte le sue manifestazioni, ed in tutti i suoi elementi singoli, in servizio di ogni scienza od arte, senza distinzione, compresa (non ultima, ed anzi pur sempre la prima, non però l’unica) anche la grande scienza ed arte di Stato.
Nello stesso tempo, e mentre si andava di tal modo rettificando e fissando il suo generale concetto, la Statistica risentiva l’efficacia di un altro ordine di studi, che ne elaboravano lo stromento logico, ossia la parte tecnica de’ suoi metodi.
Il secolo passato, secolo matematico per eccellenza, è altresì quello della così detta Aritmetica politica, ossia del calcolo applicato ai fatti statistici; e in ciò si comincia già alquanto prima che la Statistica abbia essa medesima un nome e un proprio ordinamento scientifico, e, per così dire, man mano che se ne presenta la materia.
Lo stromento matematico si deriva in principal modo da un ramo di analisi, uscito in un lampo di genio dalle menti di Pascal e di Fermat, a proposito di un problema di giuoco di sorte, e conosciuto sotto il nome di calcolo delle Probabilità; il quale senza essere immemore delle sue prime origini, e con ardimenti spesso mirabili, non di rado intemperanti, od anche talvolta affatto illegittimi, aspirò bentosto a tradursi in tutta la sfera dei fatti, nonchè fisici, anche morali e sociali.
Di già fino dal termine del secolo decimosettimo si tenta da Halley, il celebre astronomo, che procede egli stesso sulle orme di Graunt e di Petty, la prima formolazione delle leggi della mortalità, e della vita media e probabile di una popolazione; e poco appresso Giacomo Bernouilli, nell’Ars conjectandi, pubblicata sul principio del secolo scorso (1716), già postuma, e rimasta incompiuta, e che è ad ogni modo l’opera fondamentale (come dicesi) in siffatto argomento, accenna ad un programma amplissimo delle possibili applicazioni della sua dottrina anche nelle cose civili, morali ed economiche: programma, che egli direbbesi aver legato, morendo, a’ suoi successori, cioè ai più possenti geometri del secolo, e che questi mostrano proporsi mano mano di adempiere.
Non è tuttavia che alquanto tardi, relativamente, e già oltrepassata la metà del secolo, che spuntano quelle applicazioni, le quali dovean fare in appresso la parte principale, come altresì la meno contestabile, di tali procedimenti; cioè quando Simpson dapprima (1757), indi Lagrange (1770-75), e Daniele Bernouilli (1778), apprestano la teorica dei valori medi e degli errori di osservazione: – momento, che a me sembra de’ più decisivi nella storia di que’ calcoli, se anche forse de’ meno avvertiti.
Ad un tempo si viene sempre più alle applicazioni nel campo delle scienze fisiche, e in ispecie dell’Astronomia; e così, grado grado, e per l’opera d’uomini di cui le scienze esatte non contano i maggiori, per l’opera principalmente di Lagrange ed Eulero, di Legendre, di Gauss in particolare, e di Laplace, tra il finire del passato secolo e i primi decennii del presente, si allestisce, e si perfeziona per un continuo cimento pratico, quell’insieme di metodi, da cui oggi risulta l’induzione matematica nei vari suoi stadi.
E voi certo mi scusate, o Signori, se a me è sembrato non del tutto inutile farvene almeno questo cenno; poichè non vi è argomento che più intimamente importi anche allo studio nostro, ma di cui è raro che sappiasi fare il dovuto apprezzamento1.
Sono quei metodi che tengono senz’altro anche nella Statistica; e il connubio con essa può dirsi ormai irrevocabilmente sancito, per merito principalmente di quel venerando Nestore delle dottrine statistiche, che è l’illustre Adolfo Quetelet; sono i metodi dell’Aritmetica politica, intesa ed applicata a dovere, e con tutta la flessibilità e l’efficacia di uno stromento perfezionato; e son essi che devono fornire, in modo compiuto, quell’Analitica, cui di recente aspirava il Guerry, egli stesso però troppo diffidente di un ordine di calcoli, del quale mostrava non valutare a dovere l’ultimo e il più fecondo stadio di applicazione2.
Sì, o Signori, l’induzione matematica, coi suoi processi, i suoi criteri direttivi, le sue forme di figurazione grafica, sì varie, sì luminose, sì estese oggimai nell’intero campo dell’indagine sperimentale, tutto ciò è divenuto il retaggio, e quasi l’essenza stessa della Statistica; e non vi è possibilità vera di scienza che a questo patto e per questa via.
Nè vi sgomenti il concetto ed il nome di quel calcolo delle Probabilità, come un tempo generalmente lo s’intendeva, e ancora lo s’intende dal maggior numero. Oggi quel calcolo non ha che un solo capitolo veramente importante, ed è il capitolo che riguarda la teorica degli errori di osservazione, creata dagli studi che or ora vi ricordava; e il suo ufficio in tutta la scienza è semplicemente di accertare e formulare ciò che nei fatti osservati può esservi di costante e normale, mediante l’eliminazione di ciò che vi s’incontra di accidentale ed anomalo. Tutto questo non potea rimanere senza efficacia anche nel concetto e nell’indirizzo generale della Statistica.
La forma del metodo ha naturalmente deciso anche di quella della materia da elaborarsi; il dato quantitativo, numerico, ha preso sempre più il disopra, rispetto al dato puramente descrittivo, per un procedimento che trova un riscontro anche nelle scienze fisiche, dove il progresso consiste per gran parte nel sostituire all’espressione delle qualità quella delle funzioni quantitative corrispondenti; e si è potuto disputare, come ancor oggi si disputa (e avremo noi pure a toccarne ad altra occasione), se il numero non sia affatto essenziale alla Statistica; e tanto, da porger esso il carattere vero, ed il solo, per cui la Statistica si differenzi da altre discipline, che le sono congeneri, o cadono parzialmente sugli stessi soggetti. Per altra parte sorgeva non è molto in Germania un’idea, che ancora vi si agita, ed anzi accenna a farvisi più vivace; cioè se non sieno da distinguersi e tenere disgiunte due discipline differenti: l’una, essenzialmente descrittiva, e di ragione storica, la Statistica di Achenwall, la Statistica accademica, ossia delle Università, come un tempo la si diceva in quel paese; l’altra, a base numerica, e di ragione matematica, l’erede e continuatrice dell’Aritmetica politica, serbando a questa seconda anche il nome proprio di Statistica, e assegnando invece alla prima quello di descrizione degli Stati (Staatenkunde), od altro che vi somigli 3.
Frattanto lo stesso moto che animava la scienza, si veniva pur imprimendo alle istituzioni. Vi è stata anche per questo rispetto un’opera assidua, incessante, la quale si è enormemente accelerata accostandosi all’epoca nostra.
La materia statistica, che dapprima era (a così dire) puramente sporadica e affatto insufficiente, si ordina in appresso e si accresce metodicamente, per opera di appositi organi amministrativi, che professano di raccoglierla ed apprestarla, cercandola dappertutto dove essa si trovi. La Statistica ottiene di tal modo ciò che direbbesi una propria rappresentanza uffiziale, e diventa una istituzione dello Stato per servire ai bisogni pratici di esso, nell’atto che serve anche alla scienza, e che risente di più in più l’efficacia di questa nel suo ordinamento.
Colla fine dello scorso secolo cominciano i primi Uffici di Statistica, che oggi si risguardano come un istituto indispensabile d’ogni civile governo; e coi governi cooperano sempre più largamente anche le private associazioni.
Da ultimo, quel sentimento di solidarietà che stringe le nazioni moderne, quasi in una sola famiglia, e induce a libertà di scambi, non soltanto nella sfera degli interessi commerciali, ma in quella della vita sociale tuttaquanta, facea sorgere, in occasione delle Esposizioni mondiali, coteste statistiche in atto dell’industria, l’idea de’ Congressi internazionali di Statistica, di cui il primo s’inaugurava nel 1853 a Bruxelles: — allo scopo che le amministrazioni dei differenti Stati potessero fra loro concertarsi, e lavorare, per così dire, in comune, soddisfacendo, colla uniformità del linguaggio e dei metodi a quella che è suprema condizione di ogni giudizio statistico, la omogeneità e comparabilità dei vari elementi.
A quest’ora, su tutta la faccia dei mondo civile è stesa come un’immensa rete di osservatorii, ordinati sopra uno stesso disegno, intenti di continuo a cogliere, in tutte le molteplici e svariate sue esplicazioni, la materia statistica, registrarla e diffonderne la cognizione, al modo stesso che altri osservatorii seguono nella loro vicenda i fenomeni astronomici e quelli della fisica cosmica.
Senonchè io sento, o Signori, che mi dilungo già troppo in questa prima parte del mio discorso, io che debbo ancora contare per buon tratto sulla vostra cortese indulgenza. Lasciatemi però aggiungere una sola linea al quadro, già tanto manchevoie, che ho tentato abbozzarvi; e sarà per ricordare la parte che anche in siffatto ordine di cultura è dovuta ai nostri connazionali.
A’ tempi antichi e mezzani noi avevamo contato al primo posto per l’eccellenza delle istituzioni e pei primi saggi un po’ ordinati di lavoro statistico; in appresso abbiam pure seguìto nell’arringo, e nei primi anni di questo secolo la scienza e l’arte statistica ci hanno debito di due nomi, che contano fra quelli de’ maestri, i nomi di Gioia e di Romagnosi; nè l’efficacia di quegli esempi può dirsi più perduta dappoi in alcuna delle regioni del bel Paese.
Senza aver trascurato, per quanto stava in noi, la parte positiva, e nel difetto della necessaria materia, contesaci spesso dalla sospettosa politica di governi antinazionali, abbiamo con certa predilezione elaborata la teoria; e parecchi altri nomi di egregi sarebbero da ricordarsi, anche fra i viventi. Più tardi, fin dai primi moti del nostro risorgimento, abbiamo fatto della Statistica anch’essa uno stromento di congiura e di lotta nei giornali e negli almanacchi; le abbiamo dato ad affermare negli annuarii la nostra unità in tutte le relazioni della vita materiale e morale; finchè un giorno, in seno alla dotta Germania, e al cospetto de’ rappresentanti di tutti gli Stati civili, quivi convenuti a Berlino nel 1863 pel quinto Congresso internazionale di Statistica, i nostri delegati poteano con nobile alterezza intimare che noi non avevamo bisogno d’invocare alcuna tolleranza, ma potevamo sedere degnamente accanto di chicchessia.
Oggi, dei tre che ebbimo a rappresentanti in quella solenne occasione, uno è l’egregio Uomo, arguto ed elegante cultore de’ nostri studi, cui debbo io stesso l’onore di potermi intrattenere in questo momento davanti a voi; e con lui ne andava quel tanto benemerito esso pure delle discipline statistiche, come della nuova vita politica della nazione, e troppo immaturamente a noi rapito, che fu Valentino Pasini; il terzo è stato l’indefesso ordinatore della nostra Statistica amministrativa, quando non era opera di scarsa mole, nè lieve merito anche solo il poter cominciare: — assentitemi questo mesto tributo di onoranza e di lode alla memoria di Pietro Maestri.
Note
- ↑ [p. 44 modifica]Veggasi, pei metodi, Todhunter, History of the Theory of Probabilities (1865); e per le applicazioni in ispecie, Gouraud, Histoire du Calcul des Probabilités. Il primo però non giunge che a Laplace, e il secondo è superficiale, e troppo manchevole per quanto riguarda quell’ultima e più importante fase applicativa, alla quale si accenna nel testo.
- ↑ [p. 44 modifica]Siami permesso rimandare alla mia Relazione critica sull’opera del Guerry (Statistique morale de l’Angleterre comparée à la Statistique morale de la France, 1864), inserita nel Vol. X, Serie III, degli Atti del R. Istituto veneto.
- ↑ [p. 44 modifica]Si consulti in particolare l’opera dello Jonàk (Theorie der Statistik, Vienna 1856), dove si tratteggia magistralmente la formazione progressiva della scienza, per conchiudere nel senso della scuola storica. Egregiamente pure fra noi il Lampertico negli Atti del R. Istituto veneto, e a parte (Sulla Statistica teorica in generale e su Melchiorre Gioia in particolare, Venezia 1870). I più recenti studi e il nuovo indirizzo, nel senso della scuola matematica, sono riassunti dallo Haushoffer (Lehr-und Handbuch der Statistik, Vienna 1872).