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governo sollecito di creare, e di continuo occupato a perfezionare, e rendere più efficace e veridico nella sua funzione, quest’organo della cognizione di sè stessi, che è la Statistica. Chiedete a’ governi antiliberali, ripensando a ciò che essi sono stati un tempo anche fra noi; chiedete, dico, se essi l’amino in cuor loro, ogni volta che loro non riesca di averla compra e mendace, ovvero ingannata, questa eterna curiosa, che vuole veder tutto, e propalar tutto, erigendo l’indiscrezione in sistema; e avrete senz’altro la misura di quello che può chiamarsi il valore politico della Statistica.
Aggiungete che anche pel legislatore e per l’amministratore, ciò che praticamente importa sono i criteri medi, di complesso, quanto v’ha di regolare e relativamente costante in mezzo all’accidentale ed anomalo; sono appunto quelle leggi che tengono per l’insieme, se anche non valgano pegli individui singoli; quelle leggi che sono e diconsi per eccellenza statistiche, se pure non riesca per ogni caso di tradurle in espressione esattamente numerica. — E sarà di tal modo reso compiuto il riscontro fra l’ordine teoretico e il pratico, di cui vi accennava.
Non reco esempi, non mi arresto per discutere a lungo obbiezioni ed appunti; mi limito anche su ciò a poche avvertenze. Se i documenti statistici (come se ne muove lagnanza) sono inesatti ed imperfetti, ebbene si emendino e si compiano. Non accade altrimenti in ogni altro campo d’indagini, principalmente quando siasi ancora sul cominciare. — Bisogna sapere anzitutto che cosa si debba osservare e raccogliere, e come, per quali metodi, e in qual forma; bisogna saper assegnare il senso vero e la fede che meritano i dati raccolti, il grado di loro esattezza e l’errore che può temersi in essi. Vi è anche qui, come vi è altrove, una teorica dell’osservazione; vi è di una critica dei dati: due assunti ben difficili nella Statistica (non ne disconvengo); ma immaginate forse che di