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badate, o Signori, che il fatto non dipenda più che tutto da ciò, che s’incomincia dall’ignorare quel linguaggio che è il loro proprio. — Anche le iscrizioni egizie un tempo, ed oggi ancora le etrusche, hanno mostrato rispondere in modo stranamente contraddittorio ai differenti loro interpreti; ma e di chi la colpa, o Signori?
Non si tratta competentemente una cifra statistica che a due condizioni: l’una, d’intendersi a fondo del soggetto a cui la cifra si riferisce; l’altra d’intendersi appieno del calcolo che si vuol istituire sopra di essa.
Ed anche per quest’ultimo rispetto, come per tutto il resto, la posizione della Statistica nello studio dei fatti sociali, se anche più difficile, non è però sostanzialmente diversa da quella di ogni altra scienza ad elementi numerici. I metodi sono anche qui esattamente i medesimi; l’induzione matematica ha dappertutto le eguali norme, che bisogna principiar dal conoscere; data una serie numerica, non vi è che un solo modo di discuterla (come si dice), qualunque ne sia l’oggetto.
Bensi è diverso ii grado di precisione a cui si può in generale aspirare, ossia il margine dell’errore temibile (come lo si chiama); perchè è diversa l’esattezza del dato fondamentale da cui si prendon le mosse, e la natura del caso non la comporta maggiore. E nondimeno vi è anche su ciò un canone universale di metodo, buono per tutti i casi, per tutte le applicazioni egualmente, il quale pone di arrestarsi nella deduzione a quel punto, in cui (quest’è l’espressione tecnica) il risultato rientra per intero nell’errore di osservazione. È assurdo, di regola, attendersi nel risultato ad esattezza, per esempio, di millesimo, se i dati su cui si opera non comportano per sè stessi che appena il centesimo.
Lo statistico invero deve arrestarsi per lo più ad una distanza enorme, in confronto di quella a cui possono toccare nel campo loro proprio l’astronomo ed il fisico; spesso altresì è giocoforza riconoscere che mancano le con-