La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene (1895)/Ricette/Pasticceria
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PASTICCERIA
409. - Strudel
Non vi sgomentate se questo dolce vi pare un’intruglio nella sua composizione e se dopo cotto vi sembrerà qualche cosa di brutto come, ad esempio, una enorme sanguisuga o un informe serpentaccio, perchè poi al gusto vi piacerà.
Mele reinettes, oppure mele tenere e di buona qualità, grammi 500.
- Farina, grammi 250.
- Burro, grammi 100.
- Uva di Corinto, grammi 85.
- Zucchero in polvere, grammi 85.
- Raschiatura di un limone.
- Cannella in polvere due o tre prese.
Spegnete la farina con latte caldo, burro quanto una noce, un uovo e un pizzico di sale per farne una pasta piuttosto soda che lascierete riposare per mezz’ora in luogo tiepido. Tirate con questa pasta una sfoglia sottile come quella dei taglierini e sopra la medesima, lasciando gli orli scoperti, distendete le mele che avrete prima sbucciate, nettate dai torsoli e tagliate a fette sottili. Sopra il suolo delle mele spargete l’uva, la raschiatura di limone, la cannella, lo zucchero e infine i 100 grammi di burro liquefatto, lasciandone un po’ indietro per l’uso che sentirete. Ciò eseguito, avvolgete la sfoglia sopra sè stessa per formarne un rotolo ripieno il quale adatterete in una teglia di rame, già unta col burro, assecondando per necessità la forma rotonda della medesima; col burro avanzato ungete tutta la parte esterna del dolce e mandatelo al forno.
Avvertite che l’uva di Corinto o sultanina è diversa dall’uva passolina. Questa è piccola e nera: l’altra è il doppio più grossa, di colore castagno chiaro e senza vinacciuoli anch’essa.
Il limone raschiatelo con un vetro.
410. - Presnitz
Eccovi un altro dolce di tedescheria e come buono! Ne vidi uno che era fattura della prima pasticceria di Trieste, lo assaggiai e mi piacque. Chiestane la ricetta la misi alla prova e riuscì perfettamente, quindi mentre ve lo descrivo, mi dichiaro gratissimo alla gentilezza di chi mi fece questo favore.
- Uva sultanina, grammi 100.
- Noci sgusciate, grammi 130.
- Zucchero, grammi 130.
- Focaccia rafferma, grammi 110.
- Mandorle dolci sbucciate, grammi 60.
- Pinoli, grammi 60.
- Cedro candito, grammi 35.
- Arancio candito, grammi 35.
- Spezie di cannella, garofani e macis, grammi 5.
- Sale, grammi 2.
- Cipro, decilitri 1.
- Rhum, decilitri 1.
L’uva sultanina, dopo averla nettata, mettetela in infusione nel cipro e nel rhum mescolati insieme; lasciatela così diverse ore e levatela quando comincia a gonfiare. I pinoli tagliateli in tre parti per traverso, i frutti canditi tagliateli a piccolissimi dadi, le noci e le mandorle tritatele colla lunetta alla grossezza del riso all’incirca e la focaccia, che può essere una pasta della natura dei brioches o del panettone di Milano, grattatela o sbriciolatela. L’uva lasciatela intera e poi mescolate ogni cosa insieme, il rhum ed il cipro compresivi.
Questo è il ripieno; ora bisogna chiuderlo in una pasta sfoglia per la quale può servirvi la ricetta N. 116 nella proporzione di farina grammi 160, burro 80. Tiratela stretta, lunga e della grossezza poco più di uno scudo.
Distendete sulla medesima il ripieno e fatene un rocchio a guisa di salsicciotto tirando la sfoglia sugli orli per congiungerla. Dategli la circonferenza di 10 centimetri circa, schiacciatelo alquanto o lasciatelo tondo, ponetelo entro a una teglia di rame unta col burro avvolto intorno a sè stesso come farebbe la serpe; però non troppo serrato. Infine, con un pennello, spalmatelo con un composto liquido di burro sciolto e un rosso d’uovo.
Invece di uno potete farne due, se vi pare, con questa stessa dose, la metà della quale io ritengo che basterebbe per otto o dieci persone.
411. - Kugelhupf
- Farina d’Ungheria o finissima, grammi 200.
- Burro, grammi 100.
- Zucchero, grammi 50.
- Uva sultanina, grammi 50.
- Lievito di birra, grammi 30.
- Uova, uno intero e due rossi.
- Sale un pizzico.
- Odore di scorza di limone.
- Latte quanto basta.
Intridete il lievito col latte tiepido e un pugno della detta farina per formare un piccolo pane piuttosto sodo; fategli un taglio in croce e ponetelo in una cazzarolina cou un velo di latte sotto, coperta e vicina al fuoco, badando che questo non la scaldi troppo.
D’inverno sciogliete il burro a bagno maria, poi lavoratelo alquanto coll’uovo intero, indi versate lo zucchero e poi la farina, i rossi d’uovo, il sale e l’odore, mescolando bene. Ora aggiungete il lievito che nel frattempo avrà già gonfiato e con cucchiaiate di latte tiepido, versate una alla volta, lavorate il composto con un mestolo entro a una catinella per più di mezz’ora riducendolo a una consistenza alquanto liquida, non però troppo. Per ultimo versate l’uva e mettetelo in uno stampo liscio imburrato e infarinato ove il composto non raggiunga la metà del vaso che porrete ben coperto in caldana o in luogo di temperatura tiepida a lievitare, al che ci vorranno due o tre ore.
Quando sarà ben cresciuto da arrivare alla bocca del vaso, mettetelo in forno a calore non troppo ardente, sformatelo diaccio, spolverizzatelo di zucchero a velo e se credete (questo è a piacere) annaffiatelo col rhum.
412. - Savarin
Ad onore forse di Brillat-Savarin fu applicato a questo dolce un tal nome. Contentiamoci dunque di chiamarlo alla francese, e di raccomandarlo per la sua bontà ed eleganza di forma, ad ottenere la quale fa d’uopo di uno stampo a forma rotonda, col buco in mezzo, convesso alla parte esterna e di capacità doppia del composto che deve entrarvi.
- Farina d’Ungheria o finissima, grammi 180.
- Burro, grammi 60.
- Zucchero, grammi 40.
- Mandorle dolci, grammi 40.
- Latte due decilitri.
- Uova, due rossi e una chiara.
- Una presa di sale.
- Lievito di birra quanto un piccolo uovo.
Ungete lo stampo con burro diaccio, spolverizzatelo di farina comune e spargete in fondo al medesimo le dette mandorle sbucciate e tagliate a filetti corti. Se le tostate, farete meglio.
Stemperate ed impastate il lievito con un gocciolo del detto latte tiepido e con un buon pizzico della farina d’Ungheria per fare un piccolo pane che porrete a lievitare come quello del Babà N. 414. Ponete il resto della farina e gli altri ingredienti, meno il latte che va aggiunto a poco per volta, in una catinella e cominciate a lavorarli col mestolo; poi uniteci il lievito e quando il composto sarà lavorato in modo che si distacchi bene dalla catinella, versatelo nello stampo sopra le mandorle. Ora mettetelo a lievitare in luogo appena tiepido e ben riparato dall’aria, prevenendovi che per questa seconda lievitatura occorreranno quattro o cinque ore. Cuocetelo al forno comune o al forno di campagna e frattanto preparate il seguente composto: Fate bollire grammi 30 di zucchero in due dita d’acqua e quando l’avrete ridotto a siroppo denso, ritiratelo dal fuoco e, diaccio che sia, aggiungete un cucchiaino di zucchero vanigliato e due cucchiaiate di ruhm oppure di kirsch; poi sformate il savarin e così caldo, con un pennello, spalmatelo tutto di questo siroppo finchè ne avrete. Il dolce così preparato servitelo caldo o diaccio a piacere.
Questa dose, benchè piccola, può bastare per cinque o sei persone.
Se vedete che l’impasto diventasse troppo liquido con l’intera dose del latte, lasciatene indietro un poco. Si può fare anche senza le mandorle.
413. - Gateau à la noisette
A questo dolce diamogli un titolo pomposo alla francese, chè non sarà del tutto demeritato.
- Farina di riso, grammi 125.
- Zucchero, grammi 170.
- Burro, grammi 100.
- Mandorle dolci, grammi 50.
- Nocciuole sbucciate, grammi 50.
- Uova, N. 4.
- Odore di vainiglia.
Le nocciuole (avellane) sbucciatele coll’acqua calda come le mandorle e le une e le altre asciugatele bene al sole o al fuoco. Poi, dopo averle pestate finissime, con due cucchiaiate del detto zucchero mescolatele alla farina di riso.
Lavorate bene le uova col resto dello zucchero, indi versateci dentro la detta miscela e dimenate molto colla frusta il composto. Per ultimo aggiungete il burro liquefatto e tornate a lavorarlo.
Ponetelo in uno stampo liscio di forma rotonda e alquanto stretta onde venga alto quattro o cinque dita, e cuocetelo in forno a moderato calore.
Questa dose potrà bastare per sei o sette persone.
414. - Babà
Questo è un dolce che vuol vedere la persona in viso, cioè per riuscir bene richiede pazienza ed attenzione. Ecco la dose:
- Farina d’Ungheria o finissima, grammi 250.
- Burro, grammi 70.
- Zucchero in polvere, grammi 50.
- Uva sultanina, detta anche uva di Corinto, gr. 50.
- Qualche chicco d’uva Malaga a cui levansi i vinacciuoli.
- Uova, N. 2 e un rosso.
- Latte mezzo bicchiere all’incirca.
- Lievito di birra, centesimi 15, che in Firenze corrisponde al volume di un piccolo uovo.
- Marsala una cucchiaiata.
- Rhum o cognac una cucchiaiata.
- Candito tagliato a filetti, grammi 10.
- Un pizzico di sale.
- Odore di vainiglia.
Con un pugno della detta farina e con un gocciolo del detto latte tiepido, s’intrida il lievito di birra e se ne formi un pane di giusta sodezza. A questo s’incida col coltello una croce, non perchè esso e gli altri così fregiati abbiano paura delle streghe; ma perchè a suo tempo dieno segno del rigonfiamento necessario, ad ottenere il quale si pone a lievitare vicino al fuoco, a moderatissimo calore, entro un vaso coperto in cui sia un gocciolo di latte.
Intanto che esso lievita, per il che ci vorrà mezz’ora circa, stiacciate le uova in una catinella e lavoratele collo zucchero; aggiungete dipoi il resto della farina, il lievito, il burro sciolto e tiepido, la marsala e il rhum, e se l’impasto riuscisse troppo sodo, rammorbiditelo col latte tiepido. Lavoratelo molto col mestolo finchè il composto non si distacchi dalla catinella; per ultimo gettateci l’uva e il candito e versatelo in uno stampo unto prima col burro e infarinato.
La forma migliore di stampo, per questo dolce, è quello di rame a costole; ma badate ch’esso dev’essere il doppio più grande del contenuto. Copritelo con un testo onde non prenda aria e ponetelo in caldana o entro a un forno di campagna, pochissimo caldo, per lievitarlo; al che non basteranno forse due ore. Se la lievitatura riesce perfetta si vedrà il composto crescere del doppio, e cioè arrivare alla bocca dello stampo. Allora tirate a cuocerlo, avvertendo che nel frattempo non prenda aria. La cottura si conosce immergendo un fuscello di granata che devesi estrarre asciutto; nonostante lasciatelo ancora a prosciugare in forno a discreto calore, cosa questa necessaria a motivo della sua grossezza. Quando il Babà è sformato, se è ben cotto, deve avere il colore della corteccia del pane; spolverizzatelo di zucchero a velo.
415. - Sfogliata di marzapane
Fate una pasta sfoglia nella quantità e proporzione del N. 116. Quando è spianata, tagliatene due tondi della dimensione di un piatto comune, a grandi smerli sugli orli. Sopra ad uno di essi, lasciandovi un po’ di margine, distendete il composto di marzapane del N. 424, che dovrebbe riuscire dell’altezza di un centimetro circa; poi soprapponetegli l’altro tondo di pasta sfoglia attaccandoli insieme sugli orli con un dito intinto nell’acqua.
Dorate la superficie della sfogliata col rosso d’uovo, cuocetela al forno o al forno di campagna e dopo spolverizzatela di zucchero a velo.
Questa dose potrà bastare a sette od otto persone e sentirete che questo dolce sarà molto lodato per la sua delicatezza.
416. - Budino di nocciuole (avellane)
- Latte, decilitri N. 7.
- Uova, N. 6.
- Nocciuole sgusciate, grammi 200.
- Zucchero, grammi 180.
- Savoiardi, grammi 150.
- Burro, grammi 20.
- Odore di vainiglia.
Spellate le nocciuole nell’acqua calda ed asciugatele bene al sole o al fuoco; indi pestatele finissime nel mortaio collo zucchero versato poco per volta. Mettete il latte al fuoco e quando sarà entrato in bollore sminuzzateci dentro i savoiardi e fateli bollire per cinque minuti, aggiungendovi il burro. Passate il composto dallo staccio e rimettetelo al fuoco con le nocciuole pestate per isciogliervi dentro lo zucchero. Lasciatelo poi ghiacciare per aggiungervi le uova, prima i rossi, dopo le chiare montate; versatelo in uno stampo unto di burro e spolverizzalo di pangrattato, che non venga del tutto pieno, e cuocetelo in forno o nel fornello e servitelo freddo.
Questa dose potrò bastare per nove o dieci persone.
417. - Biscotti croccanti
- Farina, grammi 500.
- Zucchero in polvere, grammi 220.
- Mandorle dolci, intere e sbucciate frammiste a qualche pinolo, grammi 120.
- Burro, grammi 30.
- Anaci, un pizzico.
- Uova, N. 5.
- Sale, una presa.
Lasciate indietro le mandorle e i pinoli per aggiungerli dopo ed intridete il tutto con quattro uova, essendo così sempre in tempo di servirvi del quinto, se occorre per formare una pasta alquanto morbida. Fatene quattro pani della grossezza di un dito e larghi quanto una mano; collocateli in una teglia unta col burro e infarinata e dorateli sopra.
Non cuoceteli tanto per poterli tagliare a fette, il che verrò meglio fatto il giorno appresso, che la corteccia rammollisce. Rimettete le fette al forno per tostarle appena dalle due parti, ed eccovi i biscotti
croccanti.418. - Biscotti teneri
Per questi biscotti bisognerebbe vi faceste fare una cassettina di latta larga 10 centimetri e lunga poco meno del diametro del vostro forno di campagna per poterci entrare, se siete costretti di servirvi di esso e non del forno comune. Così i biscotti avranno il cantuccio dalle due parti e, tagliati larghi un centimetro e mezzo, saranno giusti di proporzione.
- Farina di grano, grammi 40.
- Detta di patate, grammi.30.
- Zucchero, grammi 90.
- Mandorle dolci, grammi 40.
- Candito (cedro o arancio), grammi 20.
- Conserva di frutta, grammi 20.
- Uova, N.3.
Le mandorle sbucciatele, tagliatele a metà per traverso ed asciugatele al sole o al fuoco. I pasticcieri, per solito, le lasciano colla buccia, ma non è uso da imitarsi perchè quelle pellicole s’attaccano spesso al palato e sono indigeste. Il candito e la conserva, che può essere di cotogne o d’altra frutta, ma soda, tagliatela a piccoli dadi.
Lavorate prima molto, ossia più di mezz’ora, i rossi d’uovo collo zucchero e un poco della detta farina, poi aggiungete le chiare montate ben sode e dopo averle immedesimate uniteci la farina, facendola cadere da un vagliettino. Mescolate adagio e spargete nel composto le mandorle, il candito e la conserva. La cassettina di latta ungetela col burro e infarinatela; i biscotti tagliateli il giorno appresso, tostandoli, se vi
piace, dalle due parti.419. - Biscotto alla sultana
Il nome è ampolloso, ma non del tutto usurpato.
- Zucchero in polvere, grammi 150.
- Farina di grano, grammi 100.
- Detta di patate, grammi 50.
- Uva sultanina, grammi 80.
- Candito, grammi 20.
- Uova, N. 5.
- Odore di scorza di limone.
- Rhum o cognac, due cucchiaiate.
Ponete prima al fuoco l’uva e il candito tagliato della grandezza dei semi di cocomero con tanto cognac o rhum quanto basta a coprirli; quando questo bolle, accendetelo e lasciatelo bruciare fuori del fuoco finchè il liquore sia consumato; poi levate questa roba e mettetela ad asciugare fra le pieghe di un tovagliuolo. Fatta tale operazione, lavorate ben bene con un mestolo per mezz’ora lo zucchero e i rossi d’uovo ove avrete posta la raschiatura di limone. Montate sode le chiare colla frusta, e versatele nel composto; indi aggiungete le due farine facendole cadere da un vagliettino e in pari tempo mescolate adagio adagio perchè si amalghimi il tutto, senza tormentarlo troppo. Aggiungete per ultimo l’uva, il candito e le due cucchiaiate di rhum menzionate in principio e versate il miscuglio in uno stampo liscio o in una cazzaruola che dieno al dolce una forma alta e rotonda. Lo stampo ungetelo col burro e spolverizzatelo di zucchero a velo o di farina, avvertendo di metterlo subito in forno onde evitare che l’uva e il candito precipitino al
fondo. Se questo avviene, un’altra volta lasciate indietro una chiara.420. - Brioches
- Farina d’Ungheria o finissima, grammi 250.
- Burro, grammi 80.
- Lievito di birra, grammi 15.
- Zucchero, grammi 10.
- Sale, grammi 5.
- Rossi d’uovo, N. 3.
- Latte quanto basta.
Dalla detta farina separatene grammi 50 per intriderla col lievito di birra e con acqua tiepida. Formatene un panino rotondo di giusta consistenza, fategli un taglio in croce e ponetelo a lievitare in luogo tiepido entro a una cazzarolina con un velo di latte sotto.
Intridete il resto della farina coi rossi d’uovo, il burro (mantrugiato prima con una mano bagnata per renderlo pastoso), il sale, lo zucchero, latte quanto occorre e, formato l’impasto senza dimenarlo, unite al medesimo il panino, già posto a lievitare, quando sarà aumentato, per la fermentazione, di circa due terzi e leggermente colle mani formatene tutto un pane di giusta consistenza. Fategli una croce e collocatelo in un vaso qualunque con uno strato leggero di farina sotto e ben coperto, con un canovaccio a quattro doppi, ponetelo a lievitare al riparo di correnti d’aria in luogo temperato. Quando sarà ben rigonfiato, al che occorreranno a seconda della stagione, dalle 4 alle 6 ore, rimaneggiatelo alquanto e rimettetelo di nuovo a lievitare il che avverrà più presto dell’altra volta. Ottenuta la seconda lievitura dividete il pane in tanti pezzetti quanti brioches vorrete formare, arrotondateli e poneteli in una teglia a qualche distanza l’uno dall’altro e poi sull’apice di ognuno collocate una pallina della stessa pasta, grossa quanto una nocciuola; ma perchè vi si appiccichi bone, fategli l’ imposto con la punto di un dito bagnata nell’acqua. Dopo dorateli col rosso d’uovo, copriteli con un coperchio di ferro con qualche carbone acceso sopra onde lievitino nuovamente; ma raddrizzate la pallina se durante il rigonfiamento del brioche minaccia di piegar troppo da una parte, e infine cuocetoli al forno o anche al forno di campagna.
Con questa dose potrete ottenerne 10 o 12, ma meglio è di metterli, invece che liberi nella teglia, in degli stampini appositi che allora riescono di forma più regolare e fanno più bella figura: ma tanto la teglia che gli stampini dovete ungerli col burro e infarinarli.
421. - Pasta Margherita
Avendo un giorno, il mio povero amico Antonio Mattei di Prato (del quale avrò occasione di riparlale), mangiato in casa mia questa pasta ne volle la ricetta, e subito, da quell’uomo industrioso ch’egli era, portandola a un grado maggiore di perfezione e riducendola finissima, la mise in vendita nella sua bottega. Mi raccontava poi essere stato tale l’incontro di questo dolce che quasi non si faceva pranzo per quelle campagne che non gli fosse ordinato. Così la gente volenterosa di aprirsi una via nel mondo coglie a volo qualunque occasione per tentar la fortuna la quale, benchè dispensi talvolta i suoi favori a capriccio, non si mostra però mai amica agl’infingardi e ai poltroni.
- Farina di patate, grammi 120.
- Zucchero in polvere, grammi 120.
- Uova, N. 4.
- Agro di un limone. Sbattete prima ben bene i rossi d’uovo collo zucchero, aggiungete la farina e il succo di limone e lavorate per più di mezz’ora il tutto. Montate per ultimo
le chiare, unitele al resto mescolando con delicatezza per non ismontar la fiocca. Versate il composto in uno stampo liscio e rotondo imburrato e spolverizzato di zucchero a velo e mettetelo subito in forno.
Sformatela diaccia e spolverizzatela di zucchero a velo e vaniglia.
422. - Torta mantovana
- Farina, grammi 170.
- Zucchero, grammi 170.
- Burro, grammi 150.
- Mandorle dolci e pinoli, grammi 50.
- Uova intere, N. 1.
- Rossi d’uovo, N. 4.
- Odore di scorza di limone.
Si lavorano prima per bene col mestolo entro una catinella, le uova collo zucchero; poi vi si versa a poco per volta la farina, lavorandola ancora, e per ultimo il burro liquefatto a bagno maria. Si mette il composto in una teglia di rame unta col burro e spolverizzata di farina o di pangrattato e si rifiorisce al disopra con le mandorle e i pinoli.
I pinoli tagliateli in due pel traverso e le mandorle, dopo averle sbucciate coll’acqua calda e spaccate per lo lungo, tagliatele di traverso, facendone d’ogni metà quattro o cinque pezzi. Badate che questa torta non riesca più grossa di un dito e mezzo o al più due dita ond’ella abbia modo di rasciugarsi bene nel forno, il quale va tenuto a moderato calore.
Spolverizzatela di zucchero a velo e servitela diaccia, che sarà molto aggradita.423. - Torta ricciolina I
Vi descrivo la torta ricciolina in due maniere con due ricette distinte perchè la prima avendola fatta fare, me presente, da un cuoco di professione, pensai di modificarla in modo che riuscisse più gentile di aspetto e di gusto più delicato.
- Mandorle dolci con alcune amare, sbucciate, gr. 120.
- Zucchero in polvere, grammi 170.
- Candito, grammi 70.
- Burro, grammi 60.
- Scorza di limone.
Intridete due uova di farina e fatene taglierini eguali a quelli più fini che cuocereste per minestra nel brodo.
In un angolo della spianatoia fate un monte colle mandorle, collo zucchero, col candito tagliato a pezzetti e colla buccia del limone raschiata e questo monticello di roba, servendovi della lunetta e del matterello, stiacciatelo e tritatelo in modo da ridurlo minuto come i chicchi del grano. Prendete allora una teglia di rame e così al naturale senz’ungerla cominciate a distendere in mezzo alla medesima, se è grande, un suolo di taglierini e conditeli cogl’ingredienti sopra descritti, distendete un altro suolo di taglierini e conditeli ancora, replicando l’operazione finchè vi resta roba e procurando che la torta risulti rotonda e grossa due dita almeno. Quando sarà così preparata versatele sopra il burro liquefatto servendovi di un pennello per ungerla bene alla superficie e perchè il burro penetri eguale in tutte le parti.
Cuocetela in forno o nel forno di campagna; anzi per risparmio di carbone, può bastare il solo coperchio di questo. Spolverizzatela abbondantemente di zucchero
a velo quando è calda e servitela diaccia.424. - Torta ricciolina II
Fate una pasta frolla con
- Farina, grammi 170.
- Zucchero, grammi 70.
- Burro, grammi 60.
- Lardo, grammi 25.
- Uova, N. 1.
Distendetene una parte, alla grossezza di uno scudo, nel fondo di una teglia di rame del diametro di 20 a 21 centimetro (che prima avrete unta di burro) e sopra alla medesima versate un marzapane fatto nelle seguenti proporzioni:
- Mandorle dolci, con tre amare, sbucciate, gr. 120.
- Zucchero, grammi 100.
- Burro, grammi 15.
- Arancio candito, grammi 15.
- Un rosso d’uovo.
Pestate nel mortaio le mandorle collo zucchero, aggiungete dopo l’arancio a pezzettini, e col burro, il rosso d’uovo e una cucchiaiata d’acqua fate tutto un impasto.
Col resto della pasta frolla formate un cerchio e con un dito intinto nell’acqua attaccatelo giro giro agli orli della teglia; distendete il marzapane tutto eguale e copritelo, con un suolo alto mezzo dito, di taglierini sottilissimi perchè questi devono essere come una fioritura, non la base del dolce, ed ungeteli con grammi 20 di burro liquefatto, servendovi di un pennello.
Cuocete la torta in forno a moderato calore e dopo spargetele sopra grammi 10 di cedro candito a piccoli pezzettini; spolverizzatela con zucchero a velo vanigliato e servitela un giorno o due dopo cotta, perchè il tempo la rammorbidisce e la rende più gentile.
Dei taglierini fatene per un uovo, ma poco più della metà basteranno.
425. - Torta alta marengo
Fate una pasta frolla metà dose del N. 431, ricetta A.
Fate una crema nelle seguenti proporzioni:
- Latte, decilitri 4.
- Zucchero, grammi 60.
- Farina, grammi 30.
- Rossi d’uovo, N. 3.
- Odore di vainiglia.
Prendete grammi 100 di pan di Spagna e tagliatelo a fette della grossezza di mezzo centimetro. Servitevi di una teglia di rame di mezzana grandezza, ungetela col burro e copritene il fondo con una sfoglia della detta pasta; poi soprapponete giro giro a questa, un orlo della stessa pasta largo un dito ed alto due, e per attaccarlo bene bagnate il giro con un dito intinto nell’acqua.
Dopo aver fatto alla teglia questa armatura, coprite la pasta del fondo colla metà delle fette di pan di Spagna intinte leggermente in rosolio di cedro. Sopra le medesime distendete la crema e coprite questa con le rimanenti fette di pan di Spagna egualmente asperse di rosolio. Ora montate colla frusta due delle tre chiare rimaste dalla crema e quando saranno ben sode versate a poco per volta nelle medesime grammi 130 di zucchero a velo e mescolate adagio per aver così la marenga colla quale coprirete la superficie del dolce, lasciando scoperto l’orlo della pasta frolla per dorarlo col rosso d’uovo. Cuocetela al forno o al forno di campagna e quando la marenga si sarà assodata copritela con un foglio onde non prenda colore.
La torta sformatela fredda e spolverizzatela leggermente di zucchero a velo.
Coloro a cui non istucca il dolciume, giudicheranno questo piatto squisito.
426. - Torta coi pinoli
Questa è una torta che alcuni pasticcieri vendono a ruba. Chi non è pratico di tali cose crederà che l’abbia inventata un dottore della Sorbona; io ve la do qui imitata perfettamente.
- Latte, mezzo litro.
- Semolino di grana mezzana, grammi 100.
- Zucchero, grammi 65.
- Pinoli, grammi 50.
- Burro, grammi 10.
- Uova, N. 2.
- Sale, una presa.
- Odore di vainiglia.
La quantità del semolino non è di tutto rigore, ma procurate che riesca alquanto sodo.
I pinoli tritateli colla lunetta alla grossezza di un mezzo granello di riso.
Quando il semolino è cotto nel latte aggiungete tutto il resto e per ultime le uova mescolandole con sveltezza.
Fate una pasta frolla con
- Farina, grammi 200;
- Burro, grammi 100;
- Zucchero, grammi 100;
- Uova, N. 1;
e se questo non basta servitevi di un gocciolo di vino bianco o marsala. Prendete una teglia nella quale il dolce non venga più alto di due dita, ungetela col burro e copritene il fondo con una sfoglia sottile di detta pasta; versateci il composto e fategli sopra colla stessa pasta tagliati a listarelle un reticolato a mandorle. Doratelo, cuocete la torta al forno e servitela diaccia spolverizzata di zucchero a velo.
427. - Torta svizzera
Sia o non sia svizzera, io ve la ficco per tale e sentirete che non è cattiva.
Fate una pasta di giusta consistenza con
- Farina, grammi 300.
- Burro, grammi 100.
- Sale quanto basta.
- Odore di scorza di limone.
- Latte quanto basta per intriderla, e lasciatela per mezz’ora in riposo.
Prendete una teglia di mezzana grandezza, ungetela col burro e copritene il fondo colla detta pasta tirata alla grossezza di due monete da 5 lire. Col resto della pasta formate un orlo all’ingiro e dentro a questo collocate grammi 500 di mele reinettes, o altre di qualità tenera, sbucciate e tagliate a tocchetti grossi quanto le noci. Sopra le medesime spargete grammi 100 di zucchero mescolato a due prese di cannella in polvere e grammi 20 di burro liquefatto.
Mandatela in forno e servitela calda o diaccia a sette o ad otto persone, che a tante potrà bastare.
La cannella in polvere, l’odore della scorza di limone e il burro liquefatto sopra alle mele sono aggiunte mie; ma, stando a rigore, non ci vorrebbero.428. - Bocca di dama I
La faccia chi vuole senza farina: io la credo necessaria per darle più consistenza.
- Zucchero in polvere, grammi 250.
- Farina d’Ungheria o finissima, grammi 150.
- Mandorle dolci con alcune amare, grammi 50.
- Uova intere N. 6 e rossi N. 3.
- Odore di scorza di limone.
Le mandorle, dopo averle sbucciate e asciugate bene, pestatele in un mortaio con una cucchiaiata del detto zucchero e mescolatele alla farina in modo che non appariscano bozzoli. Il resto dello zucchero ponetelo in una catinella coi rossi d’uovo e la raschiatura del limone lavorandoli con un mestolo per un quarto d’ora; versate la farina e lavorate ancora per più di mezz’ora. Montate con la frusta, in un vaso a parte, le sei chiare e quando saranno ben sode da sostenere un pezzo da due franchi d’argento, versatele nella menzionata catinella e mescolate adagino adagino ogni cosa insieme.
Per cuocerla versatela in una teglia di rame unta col burro e spolverizzata di zucchero a velo o farina, oppure in un cerchio di legno da staccio, il cui fondo sia stato chiuso con un foglio.
429. - Bocca di dama II
- Zucchero, grammi 250.
- Farina finissima, grammi 100.
- Mandorle dolci con tre amare, grammi 50.
- Uova, N. 9.
- Odore di scorza di limone. Sbucciate le mandorle, asciugatele bene al sole o al
fuoco, pestatele finissime con una cucchiaiata del detto zucchero e mescolatele alla farina.
Il resto dello zucchero e i rossi delle uova uniteli insieme in una catinella di rame, o altro vaso consimile, e sopra al fuoco a poco calore batteteli colla frusta per più di un quarto d’ora. Uniteci poscia, fuori del fuoco, le chiare ben montate e la scorza di limone grattata, mescolate adagio e quando il composto sarà assimilato fateci cadere sopra da un vagliettino la farina preparata con le mandorle, mescolate di nuovo e versate il composto in una teglia unta col burro e spolverizzata di farina per mandarla in forno.
430. - Pasta genovese
- Zucchero, grammi 200.
- Burro, grammi 150.
- Farina di patate, grammi 170.
- Detta di grano, grammi 110.
- Rossi d’uovo, N. 12.
- Chiare, N. 7.
- Odore di scorza di limone.
Si lavorano primieramente ben bene in una catinella i rossi d’uovo col burro e lo zucchero, poi si aggiungono le due farine e quando queste avranno avuto mezz’ora circa di lavorazione, si versano nel composto le chiare montate. Mandate in forno la pasta in una teglia di rame preparata al solito con una untatina di burro e infarinata. Tenetela all’altezza di un dito circa, tagliatela a mandorle quando è cotta e spolverizzatela
di zucchero a velo.431. - Pasta frolla
Vi descrivo tre differenti ricette di pasta frolla per lasciare a voi la scelta a seconda dell’uso che ne farete; ma, come più fine, vi raccomando specialmente la terza per le crostate.
Ricetta A
- Farina, grammi 500.
- Zucchero bianco, grammi 220.
- Burro, grammi 180.
- Lardo, grammi 70.
- Uova intere, N. 2 e un torlo.
Ricetta B
- Farina, grammi 250.
- Burro, grammi 125.
- Zucchero bianco, grammi 110.
- Uova intere, N. 1 e un torlo.
Ricetta C
- Farina, grammi 270.
- Zucchero, grammi 115.
- Burro, grammi 90.
- Lardo, grammi 45.
- Rossi d’uovo, N. 4.
- Odore di scorza d’arancio.
Se desiderate di tirare la pasta frolla senza impazzamento, lo zucchero pestatelo finissimo e mescolatelo colla farina; e il burro, se è sodo, rendetelo pastoso lavorandolo prima, con una mano bagnata, sulla spianatoia. Il lardo badate che non sappia di rancido. Farete di tutto un pastone maneggiandolo il meno possibile chè altrimenti vi si brucia, come dicono i cuochi nel loro linguaggio; perciò, per intriderla, meglio è il servirsi da principio della lama di un coltello. Se vi tornasse comodo fate pure un giorno avanti questa pasta la quale cruda non soffre, e cotta migliora col tempo perchè frolla sempre di più. Nel servirvene per pasticci, crostate, torte, ecc., assottigliatela da prima col matterello liscio e dopo, per più bellezza, lavorate con quello rigato la parte che deve stare di sopra, dorandola col rosso d’uovo. Se vi servite dello zucchero a velo la tirerete meglio. Per lavorarla meno, se in ultimo restano dei pastelli, uniteli insieme con un gocciolo di vino bianco o di marsala, il quale serve anche a rendere la pasta più frolla.
432. - Paste di farina gialla
- Farina di granturco, grammi 200.
- Detta di grano, grammi 150.
- Zucchero in polvere, grammi 150.
- Burro, grammi 100.
- Lardo, grammi 50.
- Anaci, grammi 10.
- Uova, N. 1.
Mescolate insieme le due farine, lo zucchero e gli anaci ed intridete col burro, il lardo e l’uovo, quella quantità che potrete, formandone un pane che metterete da parte. I rimasugli intrideteli con un poco di vino bianco e un poco d’acqua e formatene un altro pane, poi mescolate insieme i due pani e lavorateli il meno possibile procurando che la pasta riesca piuttosto morbida. Spianatela col matterello alla grossezza di mezzo dito, spolverizzandola di farina mista onde non si attacchi sulla spianatoia, e tagliatela cogli stampini di latta a diverse forme e grandezze. Ungete una teglia col lardo, infarinatela e collocateci le paste, doratele coll’uovo, cuocetele al forno e spolverizzatele di zucchero a velo.
433. - Cenci
- Farina, grammi 240.
- Burro, grammi 20.
- Zucchero in polvere, grammi 20.
- Uova, N. 2.
- Acquavite, cucchiaiate N. 1.
- Un pizzico di sale.
Fate con questi ingredienti una pasta piuttosto soda, lavoratela moltissimo con le mani e lasciatela un poco in riposo, infarinata e involtata in un canovaccio. Se vi riuscisse tenera in modo tale da non poterla lavorare, aggiungete altra farina. Tiratene una sfoglia della grossezza di uno scudo e, col coltello o colla rotellina a smerli, tagliatela a striscie lunghe un palmo circa e larghe due o tre dita. Praticate in codeste striscie qualche incisione per ripiegarle o intrecciarle o accartocciarle onde vadano in padella (ove l’unto, olio o lardo, deve galleggiare) con forme bizzarre. Spolverizzatele con zucchero a velo quando non saranno più bollenti. Basta questa dose per farne un gran piatto.
Se il pane lasciato in riposo avesse fatta la crosticina, tornatelo a lavorare.
434. - Stiacciata coi siccioli
Nel mondo bisognerebbe rispettar tutti e non disprezzar nessuno per da poco ch’ei sia, perchè, se ben vorrete considerarla, può pure codesta persona da poco essere dotata di qualche qualità morale che non la renda indegna. Questo in massima generale; ma venendo al particolare, benchè il paragone non regga e si tratti di cosa meschina, vi dirò che della stiacciata di cui mi pregio parlarvi sono debitore a una rozza serva che la faceva a perfezione.
- Lievito, grammi 650.
- Zucchero in polvere, grammi 200.
- Siccioli, grammi 100.
- Burro, grammi 40.
- Lardo, grammi 40.
- Uova, N. 5.
- Odore d’arancio o di limone.
Per lievito qui intendo quello che serve per impastare il pane.
Lavoratela la sera avanti; prima sulla spianatoia il lievito senza i condimenti, poi in una catinella per più di mezz’ora con una mano aggiungendo a poco per volta gli ingredienti e le uova. Poi copritela bene e ponetela in luogo tiepido perchè lieviti durante la notte. La mattina appresso rimpastatela e poi versatela in una teglia di rame unta e infarinata ove stia nella grossezza non maggiore di due dita. Fatto questo, mandatela in caldana per la seconda lievitatura e passatela al forno. Si può anche compiere tutta l’operazione in casa e cuocerla nel forno da campagna; ma vi prevengo che questa è una pasta alquanto difficile a riuscir bene, specialmente se la stagione è molto fredda. Meglio è che per farla aspettiate il dolco; ma non vi sgomentate alla prima prova.
Nel brutto caso che la mattina avesse lievitato poco o punto, aggiungete lievito di birra in quantità poco maggiore di una noce, facendolo prima lievitare a
parte con un pizzico di farina e acqua tiepida.435. - Stiacciata unta
La chiameremo stiacciala unta per distinguerla dalla precedente. Se quella ha il merito di riuscire più grata al gusto, questa ha l’altro di una più facile esecuzione.
La dose di questa stiacciata e la ricetta della torta mantovana mi furono favorite da quel brav’uomo, già rammentato, che fu Antonio Mattei di Prato; e dico bravo, perch’egli aveva il genio dell’arte sua ed era uomo onesto e molto industrioso; ma questo mio caro amico, che mi rammentava sempre il Cisti, fornaio di messer Giovanni Boccaccio, morì l’anno 1885 lasciandomi addoloratissimo. Non sempre sono necessarie le lettere e le scienze per guadagnarsi la pubblica stima; anche un’arte assai umile accompagnata da un cuor gentile ed esercitata con perizia e decoro ci può far degni del rispetto e dell’amore del nostro simile.
Sotto rozze maniere e tratti umili
Stanno spesso i bei cuori e i sensi puri;
Begli uomini temiam troppo gentili,
Quai marmi son: lucidi, lisci e duri.''
Ma veniamo all’ergo.
- Pasta lievita da pane, grammi 700.
- Lardo, grammi 120.
- Zucchero, grammi 100.
- Siccioli, grammi 60.
- Rossi d’uovo, N. 4.
- Un pizzico di sale.
- Odore della scorza d’arancio o di limone.
Si lavori moderatamente perchè potrebbe perder la forza. Fatta la sera e lasciata in luogo tiepido si lievita da sè; fatta la mattina avrà bisogno di tre ore di caldana in terra. Se la volete senza siccioli aggiungete altri due rossi d’uovo ed altri 30 grammi di lardo.
Metà di questa dose basta per cinque o sei persone.
436. - Stiacciata alla livornese
Le stiacciate alla livornese usansi per Pasqua d’uova forse perchè il tepore della stagione viene in aiuto a farle lievitar bene e le uova in quel tempo abbondano. Richiedono una lavorazione lunga, forse di quattro giorni, perchè vanno rimaneggiate parecchie volte. Eccovi la nota degl’ingredienti necessari per farne tre di media grandezza, o quattro più piccole:
- Uova, N. 12.
- Farina finissima, chilogrammi 1,800.
- Zucchero, grammi 600.
- Olio sopraffine, grammi 200.
- Burro, grammi 70.
- Lievito di birra, grammi 30.
- Anaci, grammi 20.
- Vin santo, decilitri 1 ½
- Marsala, ½ decilitro.
- Acqua di fior d’aranci, decilitri 1.
Mescolate le due qualità di vino e in un poco di questo liquido mettete in infusione gli anaci dopo averli lavati bene.
Intridete il lievito di birra con mezzo bicchiere di acqua tiepida facendogli prendere la farina che occorre per formare un pane di giusta consistenza che collocherete sopra il monte della farina, entro a una catinella, coprendolo con uno strato della medesima farina. Questa
la Operazione potrete farla a tarda sera; tenete la catinella riparata dall’aria e in cucina, se non avete luogo più tiepido nella vostra casa. 2a Operazione. La mattina, quando il detto pane sarà ben lievitato, ponetelo sulla spianatoia, allargatelo e rimpastatelo con un uovo, una cucchiaiata d’olio, una di zucchero, una di vino e tanta farina da formare un’altra volta un pane più grosso, mescolando ogni cosa per bene senza troppo lavorarlo. Ricollocatelo sopra la farina e copritelo come l’antecedente.
3a Operazione. Dopo sei o sette ore, che tante occorreranno onde il pane torni a lievitare, aggiungete tre uova, tre cucchiaiate d’olio, tre di zucchero, tre di vino e farina quanto basta per formare il solito pane e lasciatelo lievitare nuovamente, regolandovi sempre nello stesso modo. Per conoscere il punto della fermentazione calcolate che il pane debba aumentare circa tre volte il suo volume.
4a Operazione. Cinque uova, cinque cucchiaiate di zucchero, cinque d’olio, cinque di vino e la farina necessaria.
5a ed ultima Operazione. Le tre rimanenti uova e tutto il resto sciogliendo il burro al fuoco, mescolando ben bene per rendere la pasta omogenea. Se il pastone vi riuscisse alquanto morbido, il che non è probabile, aggiungete altra farina per renderlo di giusta consistenza.
Dividetelo in tre o quattro parti formandone delle palle e ponete ognuna di esse in una teglia sopra a un foglio di carta che ne superi l’orlo, unta col burro, ove stia ben larga; e siccome via via che si aumenta la dose degli ingredienti, la fermentazione è più tardiva, l’ultima volta, se volete sollecitarla, ponete le stiacciate a lievitare in caldana e quando saranno ben gonfie e tremolanti spalmatele con un pennello prima intinto nell’acqua di fior d’arancio, poi nel rosso d’uovo.
Cuocetele in forno a temperatura moderatissima, avvertendo che quest’ultima parte è la più importante e difficile perchè, essendo grosse di volume, c’è il caso che il forte calore le arrivi subito alla superficie, e nell’interno restino mollicone.
Con questa ricetta, eseguita con accuratezza, le stiacciate alla livornese fatte in casa, se non avranno tutta la leggerezza di quelle del Burchi di Pisa, saranno in compenso più saporite e di ottimo gusto.
437. - Pane di Spagna
- Uova, N. 6.
- Zucchero fine in polvere, grammi 150.
- Farina d’Ungheria o finissima, grammi 120.
- Odore di scorza di limone per chi piace.
- Asciugate prima la farina al fuoco o al sole e pel resto regolatevi come pei biscotti N. 418.
Questo dolce serve specialmente per intingerlo o nel vino o in altro liquore.
438. - Biscotto
- Uova, N. 6.
- Zucchero in polvere, grammi 250.
- Farina di grano, grammi 100.
- Detta di patate, grammi 50.
- Odore di scorza di limone.
Lavorate per mezz’ora almeno i rossi d’uovo collo zucchero e una cucchiaiata delle dette farine, servendovi di un mestolo. Montate le chiare ben sode ed aggiungetele; mescolate adagio e quando saranno immedesimate fate cadere da un vagliettino le due farine, che prima avrete asciugate al sole o al fuoco. Cuocetelo in una teglia ove venga alto tre dita circa, ma prima ungetela con burro diaccio e spolverizzatela di zucchero a velo o di farina.
439. - Biscotto di cioccolata
- Uova, N. 6.
- Zucchero in polvere, grammi 200.
- Farina di grano, grammi 150.
- Cioccolata alla vainiglia, grammi 50.
Grattate la cioccolata e mettetela in una catinella con lo zucchero e i rossi d’uovo. Lavorate il composto con un mestolo per più di mezz’ora, e per tutto il resto regolatevi come è detto nel numero precedente.
440. - Focaccia coi siccioli,
- Farina, grammi 500.
- Zucchero in polvere fine, grammi 200.
- Burro, grammi 160.
- Siccioli, grammi 150.
- Lardo, grammi 60.
- Marsala o vino bianco, cucchiaiate N. 4.
- Uova, due intere e due rossi.
- Odore di scorza di limone.
Formata che avrete la pasta, lavorandola poco, uniteci i siccioli sminuzzati, poi ungete una teglia di rame col lardo e versatela nella medesima pigiandola colle nocche delle dita onde venga bernoccoluta; ma non tenetela più alta di un dito.
Prima di metterla in forno fatele dei tagli quadrati colla punta di un coltello, ripetendoli a mezza cottura perchè facilmente si chiudono, e quando sarà cotta
spolverizzatela di zucchero a velo.441. - Focaccia alla tedesca
- Zucchero, grammi 120.
- Pangrattato fine, grammi 120.
- Candito a pezzettini, grammi 30.
- Uva sultanina, grammi 30.
- Uova, N. 4.
- Odore di scorza di limone.
Lavorate prima i rossi d’uovo con lo zucchero finche sieno divenuti quasi bianchi; aggiungete il pangrattato, poi il candito e l’uva, e per ultimo le chiare montate ben sode. Mescolate adagio per non smontarle e quando il composto sarà tutto unito, versatelo in una teglia imburrata e infarinata o spolverizzata di pangrattato, ove alzi due dita circa, e cuocetelo al forno; questo dolce prenderà l’apparenza del pan di Spagna che spolverizzerete, dopo cotto, di zucchero a velo.
Se dovesse servir per dieci o dodici persone raddoppiate la dose.
442. - Panettone Marietta
La Marietta è una brava cuoca e tanto buona ed onesta da meritare che io intitoli questo dolce col nome suo, avendolo imparato da lei.
- Farina finissima, grammi 300.
- Burro, grammi 100.
- Zucchero, grammi 80.
- Uva sultanina, grammi 80.
- Uova, una intera e due rossi.
- Un pizzico di sale.
- Bicarbonato di soda, un cucchiaino.
- Odore di scorza di limone.
- Latte quanto basta.
D’inverno rammorbidite il burro a bagno maria e lavoratelo colle uova; aggiungete la farina e il latte a poco per volta, poi il resto meno l’uva che serberete per ultimo; ma, prima di versar questa, lavorate il composto per mezz’ora almeno e riducetelo col latte a giusta consistenza, cioè nè troppo liquido nè troppo sodo. Versatelo in uno stampo liscio più alto che largo e di doppia tenuta onde nel gonfiare non trabocchi e possa prendere la forma di un pane. Ungetene le pareti col burro, copritene il fondo con carta imburrata e cuocetelo in forno. Se vi vien bene vedrete che rigonfia formando in cima un cocuzzolo screpolato.
443. - Ciambelle ossia buccellati
- Farina finissima, chilogrammi 1,700.
- Zucchero, grammi 300.
- Lievito, grammi 200.
- Burro, grammi 150.
- Lardo, grammi 50.
- Latte, decilitri 4.
- Marsala, decilitri 2.
- Rhum, due cucchiaiate.
- Uova, N. 6.
- Bicarbonato di soda, un cucchiaino.
- Un pizzico di sale.
- Odore di scorza di limone.
Se siete preciso colle dosi indicate, la farina deve bastar per l’appunto ad ottenere una pasta di giusta sodezza.
Per lievito, come ho detto altra volta, intendo quella pasta, già preparata, che serve di fermento al pane. Il limone da grattare dev’essere di giardino.
Sciogliete il lievito in una catinella colla metà del latte facendogli prendere tanta farina da farne un pane di giusta consistenza. Dopo formato lasciatelo stare in mezzo alla farina in modo che ne sia circondato da uno strato più alto di un dito. Ponete la catinella in luogo non freddo, riparato dall’aria, e quando quel pane sarà ben lievitato, per il che occorreranno, a seconda della stagione, otto o dieci ore, guastatelo e rifatelo più grande col resto del latte e della farina occorrente. Aspettate che abbia di nuovo lievitato e che sia ben rigonfiato, per il che ci vorrà altrettanto tempo; versatelo allora sulla spianatoia ed impastatelo col resto della farina e con tutti gl’ingredienti citati; ma lavoratelo ben bene e con forza onde la pasta si affini e divenga tutta omogenea.
Preparate dei teglioni di ferro o delle teglie di rame stagnate, unte col lardo e infarinate, e nelle medesime collocate le ciambelle che farete grandi a piacere, ma in modo che vi stieno assai larghe. Lasciatele a lievitare in cucina o in altro luogo di temperatura tiepida, ed allorchè saranno ben rigonfiate, ma non passate di lievito, fate loro colla punta di un coltello delle lunghe incisioni alla superficie, doratele coll’uovo e spargeteci sopra dello zucchero cristallino pestato grosso.
Cuocetele in forno a moderato calore.
Vi avverto che d’inverno sarà bene impastare il lievito col latte tiepido e mandare le ciambelle a lievitare nella caldana.
Colla metà dose potete ottenere quattro belle ciambelle di grammi 350 circa ciascuna, quando non vogliate farle più piccole.444. - Pasta Maddalena
- Zucchero, grammi 130.
- Farina fine, grammi 80.
- Burro, grammi 30.
- Rossi d’uovo, N. 4.
- Chiare, N. 3.
- Une presa di bicarbonato di soda.
- Odore di scorza di limone.
Lavorate da prima i rossi d’uovo collo zucchero e quando saranno divenuti biancastri, aggiungete la farina e lavorate ancora per più di un quarto d’ora.
Unite al composto il burro liquefatto se è d’inverno, e per ultime le chiare montate.
La farina asciugatela al fuoco, o al sole se d’estate.
A questa pasta potete dare forme diverse, ma tenetela sempre sottile e di poco volume. Potete metterla in degli stampini lavorati, unti col burro e infarinati, oppure in teglia alla grossezza di un dito scarso, tagliandola dopo in forma di mandorle che spolverizzerete di zucchero a velo. Potete anche farla della grossezza di mezzo dito e appiccicare insieme le mandorle a due per due con conserve di frutta.
445. - Pizza alla napoletana
Pasta frolla metà della ricetta A del N. 431, oppure l’intera ricetta B dello stesso numero.
- Ricotta, grammi 150.
- Mandorle dolci con tre amare, grammi 70.
- Zucchero, grammi 50.
- Farina, grammi 20.
- Uova, N. 1 e un rosso.
- Odore di scorza di limone o di vainiglia.
- Latte, mezzo bicchiere.
Fate una crema col latte, collo zucchero, colla farina, con l’uovo intero sopra indicati e quando è cotta ed ancor bollente aggiungete il rosso e datele l’odore.
Unite quindi alla crema la ricotta e le mandorle sbucciate e pestate fini.
Mescolate il tutto e riempite con questo composto la pasta frolla disposta a guisa di torta, e cioè: fra due sfoglie della medesima ornata di sopra e dorata col rosso d’uovo. S’intende già che dev’essere cotta in forno, servita fredda e spolverizzata di zucchero a velo.
A me sembra che questo riesca un dolce di gusto squisito.
446. - Pizza gravida
Servitevi del seguente composto, uso crema.
- Latte, un quarto di litro.
- Zucchero, grammi 60.
- Amido, grammi 30.
- Due rossi d’uovo.
- Odore che più aggradite.
Aggiungete quando la ritirate dal fuoco:
- Pinoli interi, grammi 30.
- Uva passolina, grammi 80.
Riempite con questo composto una pasta frolla come avete fatto per la Pizza alla napoletana.
447. - Quattro quarti all'inglese
- Uova N. 5 e del loro peso, compreso il guscio, altrettanto zucchero ed altrettanta farina.
- Uva passolina, grammi 200.
- Burro, grammi 200.
- Candito a pezzettini, grammi 30.
- Bicarbonato di soda, un cucchiaino.
Lavorate prima le uova collo zucchero, aggiungete la farina e continuate a lavorare con un mestolo per mezz’ora all’incirca. Lasciate il composto in riposo per un’ora o due, indi unite al medesimo il burro, sciolto a bagno maria, l’uva e il candito; versatelo in una teglia o in una forma liscia, unta col burro e spolverizzata di zucchero a velo o di farina e cuocetelo al forno.
L’uva passolina lavatela prima, onde nettarla dalla terra che ordinariamente contiene, ed asciugatela. Qui viene a proposito uno sfogo contro la proverbiale indolenza degl’italiani i quali sono soliti di ricorrere ai paesi esteri anche per quelle cose che avrebbero alla portata della mano nel proprio. Nelle campagne della bassa Romagna si raccoglie un uva nera a piccolissimi chicchi e senza seme, colà chiamata uva romanina, che io, per uso di casa mia, ho messo talvolta a profitto perchè non si distingue dalla passolina se non per essere di qualità migliore e priva d’ogni sozzura. Per seccarla distendete i grappoli in un graticcio, tenetela in caldana per sette od otto giorni, nettandola dai raspi quando sarà secca.
448. - Quattro quarti all’italiana
Questo piatto si fa nella stessa maniera del precedente eccetto che si sostituisce al candito l’odore di buccia di limone e all’uva passolina grammi 100 di mandorle dolci con alcune amare. Le mandorle, dopo averle sbucciate, asciugatele al sole o al fuoco, pestatele fine con due cucchiaiate dello zucchero della ricetta e mescolatele alla farina prima di gettarle nel composto. Se non usate questa precauzione c’è il caso di trovar le mandorle tutte ammassate insieme. Questo dolce ha bisogno di essere lavorato molto, tanto prima che dopo averci versato il burro; fatta con attenzione, riuscirà una pasta squisita.
449. - Offelle di marmellata
La parola offella, in questo significato, è del dialetto romagnolo e, se non isbaglio, anche del lombardo, e dovrebbe derivare dall’antichissima offa, focaccia, schiacciata composta di farro, e anche di varie altre cose.
Dar l’offa al cerbero è una frase che ha il merito dell’opportunità parlandosi di coloro, e non sono pochi oggigiorno, che danno la caccia alle cariche onde aver modo di riceverla, e mangiare sul tesoro pubblico a quattro ganasce.
Ma torniamo alle offelle, che sarà meglio:
- Mele rose, grammi 500.
- Zucchero in polvere, grammi 125.
- Candito, grammi 30.
- Cannella in polvere, due cucchiaini.
Tagliate le mele in quattro spicchi, sbucciateli e levate loro la loggia del torsolo. Tagliate questi spicchi a fette più sottili che potete e poneteli al fuoco in una cazzaruola con due bicchieri d’acqua, spezzettandole col mestolo. Queste mele sono di pasta dura e per cuocere hanno bisogno d’acqua; anzi, se bollendo rimanessero troppo asciutte, aggiungetene dell’altra. Aspettate che sieno spappolate per gettarvi lo zucchero e poi assaggiate se il dolce è giusto perchè le frutta in genere, a seconda della maturità, possono essere più o meno acide. Per ultimo aggiungete il candito a piccoli pezzettini e la cannella.
Servitevi della pasta frolla N. 431 nel quantitativo della ricetta A, distendetela col matterello alla grossezza di uno scudo e tagliatela collo stampo rotondo e smerlato qui sotto segnato; un disco sotto e un disco
sopra, quest’ultimo tirato col matterello rigato, e in mezzo la marmellata, umettando gli orli perchè si attacchino. Dorate le offelle col rosso d’uovo e mandatele al forno, spolverizzandole dopo di zucchero a
velo.450 - Offelle di marzapane
Servitevi della medesima pasta frolla indicata nella precedente ricetta e per ripieno, invece della marmellata, ponete il marzapane descritto al N. 424 e, se non avete arancio candito, servitevi per odore dell’arancio fresco che è molto grato. A queste offelle potrete dare una forma diversa per distinguerle dalle altre. Io mi servo del precedente stampo, e le piego in due formando una mezza luna smerlata.
451. - Crostate
Per crostate io intendo quelle torte che hanno per base la pasta frolla e per ripieno le conserve di frutta o la crema.
Prendete la dose intera della ricetta B del N. 431, o la metà della ricetta A, e in ambedue servitevi, come si è detto, di un uovo intero e un torlo; ma prima di metterli nella pasta frullateli a parte e, per risparmio, lasciate indietro un po’ d’uovo che servirà per dorare la superficie della crostata. Alla pasta frolla che deve servire a quest’uso non sarà male che diate un qualche odore come quello di scorza di limone o di acqua di fior di arancio; il meglio sarebbe servirsi esclusivamente della ricetta C.
Per formar la crostata spianate col matterello liscio una metà della pasta per avere una sfoglia rotonda della grossezza di uno scudo all’incirca e ponetela in una teglia unta col burro. Sopra la medesima distendete la conserva oppure la crema od anche l’una e l’altra, tenendole però separate. Se la conserva fosse troppo soda rammorbiditela al fuoco con qualche cucchiaiata d’acqua. Sopra la conserva distendete a eguale distanza l’una dall’altra tante striscie di pasta tirata col matterello rigato, larghe un dito scarso, e incrociatele in modo che formino un mandorlato; indi coprite l’estremità delle striscie con un cerchio all’ingiro fatto colla pasta rimanente, inumidendolo coll’acqua per attaccarlo bene. Dorate coll’uovo la superficie come già si è detto della pasta frolla, e cuocete la crostata in forno o nel forno di campagna.
452. - Croccante
- Mandorle dolci, grammi 120.
- Zucchero in polvere, grammi 100.
Sbucciate le mandorle, distaccatene i lobi, cioè le due parti nelle quali sono naturalmente congiunte, e tagliate ognuno dei lobi in filetti o per lo lungo o per traverso come più vi piace. Ponete queste mandorle così tagliate al fuoco ed asciugatele lino al punto di far loro prendere il colore gialliccio, senza però arrostirle. Frattanto ponete lo zucchero al fuoco in una cazzaruola e quando sarà perfettamente liquefatto, versate entro al medesimo le mandorle ben calde e mescolate. Qui avvertite di gettare una palettata di cenere sulle bragi, onde il croccante non vi prenda l’amaro, passando di cottura, il punto preciso della quale si conosce dal color cannella che acquista il croccante. Allora versatelo a poco per volta in uno stampo qualunque, unto prima con burro od olio e, pigiandolo con un limone contro le pareti del medesimo, distendetelo sottile quanto più potete. Sformatelo diaccio e se vi riescisse difficile, immergete lo stampo nell’acqua bollente.
Si usa anche seccar le mandorle al sole e tritarle fini colla lunetta, unendovi un pezzo di burro quando sono nello zucchero.
453. - Salame inglese
Questo dolce, che si potrebbe più propriamente chiamare pan di Spagna ripieno e che fa tanto bella mostra nella vetrina de’ pasticcieri, sembra, per chi è ignaro dell’arte, un piatto d’alta credenza; ma non è niente affatto difficile ad eseguirsi.
Fate un pan di Spagna colle seguenti dosi e per cuocerlo al forno distendetelo all’altezza di mezzo dito in un teglione possibilmente rettangolare, unto col burro e spolverizzato di farina.
- Zucchero in polvere, grammi 200.
- Farina finissima, grammi 170.
- Uova, N. 6.
In questo e consimili casi, alcuni trattati dell’arte suggeriscono di asciugar bene la farina al sole o al fuoco prima di adoperarla, per renderla forse più leggiera.
Lavorate i rossi d’uovo collo zucchero per circa mezz’ora; unite ai medesimi le chiare ben montate e dopo averle mescolate adagino fate cadere la farina da un vagliettino. Levato dal forno tagliate dal medesimo, quando è ancora caldo, un numero sufficiente di strisce, larghe 2 centimetri circa e lunghe quanto il pezzo del pan di Spagna, al quale devono servire di ripieno; ma perchè queste strisce facciano un bell’effetto, devono prendere colori diversi; quindi alcune aspergetele di rosolio bianco e resteranno gialle; altre di alkermes e figureranno rosse, e alle ultime fate prendere il nero con un rosolio bianco ove sia stata infusa della cioccolata. Questi filetti così preparati disponeteli uno sopra l’altro, alternandoli, nel mezzo del pezzo di pan di Spagna rimasto intero, la superficie del quale avrete prima spalmata di una liquida conserva di frutta con cui avrete pure spalmati i filetti, onde stieno insieme uniti.
Ora tirate i lembi del pan di Spagna sopra i filetti e formate un rotolo tutto unito il quale, tagliato poi a fette, presenterà per ripieno una scacchiera a diversi colori. Questo dolce si può far più semplice per uso di famiglia nel seguente modo, bastando la metà della dose anche per una teglia grande.
Spalmate il pan di Spagna con rosolio e conserva di frutta, sia di cotogne, di albicocche o di pesca poco importa, distendete sulla medesima delle fettine sottili di candito e rotolate come un foglio il pezzo intero sopra sè stesso; ma nell’una o nell’altra maniera sarebbe bene, per dargli più bell’aspetto, di ornarne la superficie o con un ricamo di zucchero o con una crosta di cioccolata come usano i pasticcieri; ma codesti signori, per far tali cose a perfezione, hanno certi loro secreti particolari che non insegnano volentieri. Conosco, però, così alto alto, un loro processo speciale che troverete descritto al N. 574.
Frattanto contentatevi del seguente che è più semplice, ma non del tutto perfetto:
Intridete dello zucchero a velo con chiara d’uovo, facendolo molto sodo, e distendetelo sopra al dolce uniformemente, oppure mettetelo in un cartoccio foggiato a forma di cornetto e strizzandolo, per farlo uscire dal piccolo buco in fondo, giratelo sul dolce per formare il disegno che più vi piace. Se la crosta la fate nera, prendete grammi 60 di zucchero a velo e grammi 30 di cioccolata, mescolate, intridete egualmente con chiara d’uovo e distendete l’intriso sul dolce. Se non si asciuga naturalmente, ponetelo sotto l’azione di un moderato calore.
454. - Cavallucci di Siena
I dolci speciali a Siena sono il panforte, i ricciarelli e i cavallucci. I cavallucci sono pastine in forma di mostacciuoli della dimensione segnata nella pagina seguente; quindi vedete che la figura di un cavallo non ci ha niente che fare e perchè sieno così chiamati credo non si sappia neanche a Siena di tre cose piena: di torri, di campane e di quintane.
Con questa ricetta intendo indicarvi il modo di poterli imitare, ma non di farli del tutto precisi perchè se nel sapore all’incirca ci siamo, la manipolazione lascia a desiderare, ed è cosa naturale. Dove si lavora in grande e con processi che sono un segreto ai profani, l’imitazione zoppica sempre.
- Farina, grammi 300.
- Zucchero biondo, grammi 300.
- Noci sgusciate, grammi 100.
- Arancio candito, grammi 50.
- Anaci, grammi 15.
- Spezie e cannella in polvere, grammi 5.
- Le noci tritatele alla grossezza della veccia all’incirca.
L’arancio tagliatelo a dadettini.
Lo zucchero mettetelo al fuoco con un terzo del suo peso di acqua e quando è ridotto a cottura di filo gettate in esso tutti gl’ingredienti, mescolate e versate il composto nella spianatoia sopra la farina per intriderla; ma per far questo vedrete che vi occorrerà dell’altra farina, la quale serve a ridurre la pasta consistente. Formate allora i cavallucci, dei quali, con questa dose, ne otterrete oltre a 40, e siccome, a motivo dello zucchero, questa pasta appiccica, spolverizzateli di farina alla superficie. Collocateli in una teglia e cuoceteli in bianco a moderato calore.
State molto attenti alla cottura dello zucchero perchè se cuoce troppo diventa scuro. Quando, prendendone una goccia tra il pollice e l’indice, comincia a filare, basta per questo uso.
455. - Cialdoni
Ponete in un pentolo:
- Farina, grammi 80.
- Zucchero biondo, grammi 30.
- Lardo vergine e appena tiepido, grammi 20.
- Acqua diaccia, sette cucchiaiate.
Sciogliete prima coll’acqua la farina e lo zucchero poi aggiungete il lardo.
Ponete sopra a un fornello ardente il ferro da cialde e quando è ben caldo apritelo e versate sul medesimo ogni volta mezza cucchiaiata della detta pastella; stringete le due parti del ferro insieme, passatelo sopra al fuoco da una parte e dall’altra, levate le sbavature con un coltello ed apritelo quando conoscerete che la cialda ha preso il color nocciuola. Allora distaccatela alquanto da una parte col coltello e subito così calda sopra al ferro medesimo o sopra a un asciugamano disteso sul focolare arrotolatela con un bocciuolo di canna o semplicemente colle mani. Quest’ultima operazione bisogna farla con molta lestezza perchè se la cialda si diaccia non potrete più ravvolgerla sopra sè stessa.
Se le cialde restassero attaccate al ferro ungetelo a quando a quando col lardo, e se non venissero tutte unite, aggiungete un poco di farina.
Sapete già che i cialdoni si possono servir soli; ma è meglio accompagnarli colla panna o colla crema montate ed anche col latte brûlè o col latte alla portoghese.
456. - Fave alla romana o dei morti
Queste pastine sogliono farsi per la commemorazione dei morti e tengono luogo della fava baggiana, ossia d’orto, che si usa in questa occasione cotta nell’acqua coll’osso di presciutto.
Tale usanza deve avere la sua radice nell’antichità più remota poichè la fava si offeriva alle Parche, a Plutone e a Proserpina ed era celebre per le cerimonie superstiziose nelle quali si usava. Gli antichi Egizi si astenevano dal mangiarne, non la seminavano, nè la toccavano colle mani, e i loro sacerdoti non osavano fissar lo sguardo sopra questo legume, stimandolo cosa immonda. Le fave, e soprattutto quelle nere, erano considerate come una funebre offerta, poichè credevasi che in esse si richiudessero le anime dei morti, e che fossero somiglianti alle porte dell’inferno.
Nelle feste Lemurali si sputavano fave nere e si percuoteva nel tempo stesso un vaso di rame per cacciar via dalle case le ombre degli antenati, i Lemuri e gli Dei dell’inferno.
Festo pretende che sui fiori di questo legume siavi un segno lugubre e l’uso di offerire le fave ai morti fu una delle ragioni, a quanto si dice, per cui Pitagora ordinò a’ suoi discepoli di astenersene; un’altra ragione era per proibir loro di immischiarsi in affari di governo, facendosi con le fave lo scrutinio nelle elezioni.
Varie sono le maniere di fare le fave dolci; io vi indicherò le seguenti che certo non sono delle più fini, ma possono passare:
Prima Ricetta
- Farina, grammi 200.
- Zucchero, grammi 100.
- Mandorle dolci, grammi 100.
- Burro, grammi 30.
- Uova, N. 1.
- Odore di scorza di limone, oppure di cannella, o d’acqua di fior d’arancio.
Seconda Ricetta
- Mandorle dolci, grammi 200.
- Farina, grammi 100.
- Zucchero, grammi 100.
- Uova, N. 1.
- Burro, grammi 30.
- Odore come sopra.
Terza Ricetta
- Farina, grammi 200.
- Zucchero, grammi 100.
- Mandorle dolci, grammi 100.
- Burro, grammi 30.
- Cioccolata, grammi 20.
- Uova, N. 1.
- Odore come sopra.
Sbucciate le mandorle e pestatele collo zucchero alla grossezza di mezzo chicco di riso. Mettetele in mezzo alla farina insieme cogli altri ingredienti e formatene una pasta alquanto morbida con quel tanto di rosolio o d’acquavite che occorre. Poi riducetela a piccole pastine in forma di una grossa fava che risulteranno in numero di 60 o 70 per ogni ricetta. Disponetele in una teglia di rame unta prima col lardo o col burro e spolverizzata di farina, e doratele coll’uovo. Cuocetele al forno o al forno di campagna, osservando che, essendo piccole, cuociono presto.
457. - Cotognata
- Mele cotogne, chilogrammi 3.
- Zucchero bianco fine, chilogrammi 2.
Mettete al fuoco le mele coperte d’acqua e quando cominciano a screpolare, levatele, sbucciatele e grattatele alla meglio per levarne tutta la polpa che passerete poi dallo staccio. Rimettete la polpa al fuoco collo zucchero e rimestatela continuamente onde non si attacchi. Sette od otto minuti di bollitura basteranno; ma poi, se presa su col mestolo comincia a cadere a stracci, levatela. Se la mettete in vasi potrà servirvi come conserva e fatta in questa maniera resterà più bianca di quella che vi descriverò al N. 547, ma con meno fragranza, perchè una parte dell’odore particolare a questo frutto va sperduta nell’acqua.
Per ridurla a cotognata distendetela sopra un asse alla grossezza poco più di uno scudo ed asciugatela al sole coperta di un velo perchè le mosche e le vespe ne sono ghiottissime. Quando è asciutta di sopra tagliatela in forma di tavolette di cioccolata e passandole sotto un coltello per distaccarla dall’asse, rivoltatela dalla parte opposta. Se poi vi piacesse di darle forme bizzarre procuratevi degli stampini di latta vuoti dalle due parti, riempiteli, lisciateli e distaccando la marmellata dagli orli con delicatezza, ponetela egualmente sull’asse ed asciugatela nella stessa maniera.
Potete anche crostarla, volendo, e allora mettete a struggere grammi 100 di zucchero bianco con due cucchiaiate d’acqua e quando avrà bollito tanto da fare il filo (presane una goccia fra due dita), spalmate ogni pezzo con un pennello. Se lo zucchero vi si rappiglia durante l’operazione (che è bene fare in una giornata non umida) rimettetelo al fuoco con un altro gocciolo d’acqua e fatelo bollire di nuovo. Quando lo zucchero è asciutto da una parte e sugli orli, spalmate la parte opposta.
458. - Tortelli di ceci
Eccovi un piatto che si usa fare in quaresima.
Ceci secchi (dico secchi perchè in Toscana si vendono rammolliti nell’acqua del baccalà), grammi 300.
Metteteli in molle la sera nell’acqua fresca e la mattina unite ai medesimi 7 o 8 marron secchi e poneteli al fuoco con acqua egualmente fresca entro a una pentola di terra con grammi 3 di carbonato di soda legato in una pezzettina. Questo, il popolo lo chiama il segreto e serve a facilitare la cottura de’ ceci. Invece del carbonato di soda si può usar la rannata. La sera avanti mettete i ceci in un vaso qualunque, copritene la bocca con un canovaccio ove abbiate messo una palettata di cenere; fate passare attraverso la medesima dell’acqua bollente fino a che i ceci restino coperti e la mattina prima di metterli al fuoco lavateli bene coll'acqua fresca. Cotti che sieno, levateli asciutti e passateli per istaccio caldi, bollenti, insieme coi marroni; e se, nonostante il segreto, fossero rimasti duri per la qualità dell’acqua, pestateli nel mortaio. Quando li avrete passati conditeli ed aggraziateli con un pizzico di sale, con sapa nella quantità necessaria a rendere il composto alquanto morbido, mezzo vasetto di mostarda di Savignano, o di quella descritta al N. 573, grammi 40 di candito a piccoli pezzettini, un poco di zucchero, se la sapa non li avesse indolciti abbastanza, e due cucchiaini di cannella pesta.
In difetto di cavalli si cerca di far trottar gli asini; si va alla busca di compensi e in questo caso sevi mancassero la sapa e la mostarda (la migliore al mio gusto è quella di Savignano in Romagna) si supplisce alla prima con grammi 80 di zucchero e alla seconda con grammi 7 di senapa in polvere sciolta coll’acqua calda degli stessi ceci.
Ora passiamo alla pasta per chiuderli, in merito alla quale potete servirvi di quella de’ Cenci N. 433, metà dose di detti ricetta, oppure della seguente:
- Farina, grammi 270.
- Burro, grammi 20.
- Zucchero, grammi 15.
- Uova, N. 1.
- Vino bianco, cucchiaiate N. 3 circa.
- Sale un pizzico.
Tiratene una sfoglia della grossezza di mezzo scudo all’incirca, tagliatela collo stampo rotondo smerlato del N. 449 per piegarla in due, fate che il ripieno abbondi ed avrete i tortelli in forma di un quarto di luna. Friggeteli nel lardo o nell’olio e quando non sono più a bollore spolverizzateli di zucchero a velo.
Colla broda de’ ceci potete fare una zuppa o cuocervi, come si usa in Toscana, le strisce di pasta comperata.
Questi tortelli riescono così buoni che nessuno saprà indovinare che sono di ceci.
459. - Focaccia alla portoghese
Questo ve lo do per un dolce assai delicato e gentile.
- Mandorle dolci, grammi 150.
- Zucchero, grammi 150.
- Farina di patate, grammi 50.
- Uova, N. 3.
- Aranci, N. 1 ½
Lavorate da prima i rossi d’uovo collo zucchero, aggiungete la farina, poi le mandorle sbucciate e pestate fini e dopo il sugo passato degli aranci e la buccia superficiale raschiata di un solo arancio. Per ultimo unite al composto le chiare montate, versatelo in una scatola di carta unta di burro, alla grossezza di un dito e mezzo e cuocetelo al forno a moderatissimo calore. Dopo cotta, copritela di una crosta bianca come al N. 574.
460. - Amaretti
- Zucchero bianco in polvere, grammi 250.
- Mandorle dolci, grammi 100.
- Mandorle amare, grammi 50.
- Chiare d’uovo, N. 2.
Le mandorle spellatele e seccatele al sole o al fuoco, poi tritatele finissime colla lunetta. Lavorate con un mestolo lo zucchero e le chiare per mezz’ora almeno, e poi aggiungete le mandorle per formarne una pasta soda in modo da poterne fare delle pallottole grosse quanto una piccola noce; se riuscisse troppo morbida aggiungete altro zucchero e se troppo dura un altro po’ di chiara, questa volta montata. Se vi piacesse dare agli amaretti un colore che tirasse al bruno, mescolate nel composto qualche cucchiaino di cioccolata in polvere.
Via via che formate le dette pallottole ponetele sopra le ostie, o sopra pezzetti di carta, oppure in una teglia unta col burro e infarinata; ma a una discreta distanza l’una dall’altra perchè si allargano molto e gonfiano, restando vuote all’interno.
Cuocetele in forno a moderato calore.
461. - Pasticcini di marzapane
Fate una pasta frolla colla ricetta C del N. 431.
Fate un marzapane come quello del N. 424 nelle seguenti proporzioni:
- Mandorle, con tre amare, sbucciate, grammi 180.
- Zucchero, grammi 150.
- Burro, grammi 25.
- Arancio candito, grammi 25.
- Un rosso d’uovo.
- Diverse cucchiaiate d’acqua.
Servitevi degli stampini da brioches o alquanto più piccoli, che sarebbe meglio; ungeteli col burro, foderateli di pasta frolla sottile quanto uno scudo; riponeteci il marzapane, ripiegateci sopra i lembi della pasta, bagnate l’orlo coll’acqua, cuopriteli colla stessa pasta frolla, dorateli alla superficie, cuoceteli in forno o nel forno da campagna e dopo spolverizzateli di zucchero a velo.
Con questa dose potrete farne da 16 a 20.
462. - Pasticcini di semolino
- Semolino, grammi 180.
- Zucchero, 100.
- Pinoli, grammi 50.
- Burro, grammi 20.
- Latte, decilitri N. 8.
- Uova, N. 4.
- Sale una presa.
- Odore di scorza di limone.
Cuocete il semolino nel latte e quando comincia a stringere versateci i pinoli pestati nel mortaio insieme collo zucchero; poi il burro e il resto meno le uova che le serberete per ultimo quando il composto sarà diaccio. Pel resto regolatevi come i pasticcini di riso del N. 463.
Con questa dose ne farete da 18 a 20.
Prima di servirli spolverizzateli di zucchero a velo.
463. - Pasticcini di riso
- Riso, grammi 150.
- Zucchero, grammi 70.
- Burro, grammi 30.
- Candito, grammi 30.
- Latte, decilitri N. 8.
- Uova, N. 3.
- Rhum, cucchiaiate N. 2.
- Sale una presa.
Cuocete moltissimo il riso rimuovendolo spesso col mestolo perchè non si attacchi. A due terzi di cottura versateci dentro io zucchero, il burro, il sale e il candito tagliato a pezzettini. Quando sarà cotto e diaccio aggiungete il rhum, i rossi d’uovo prima e le chiare montate dopo.
Prendete gli stampini da brioches, ungeteli bene col burro, spolverizzateli di pangrattato, riempiteli e cuoceteli al forno di campagna.
Con questa dose ne farete 12 o 14.464. - Pasticcini di pasta beignet
- Acqua, grammi 150.
- Farina, grammi 100.
- Burro, grammi 10.
- Uova, N. 3 e un rosso.
- Sale quanto basta.
Quando bolle l’acqua versate la farina tutta a un tratto e, rimestando subito, aggiungete il burro e tenetela sul fuoco per 10 minuti, seguitando sempre a rimestarla. Deve riuscire una pasta dura che distenderete alla grossezza di un dito e pesterete nel mortaio insieme con un uovo per rammorbidirla alquanto. Ciò ottenuto, mettetela in una catinella per lavorarla col mestolo, aggiungendo le altre uova una per volta, montando le chiare. Non vi stancate di lavorarla finchè non sia ridotta come un unguento; lasciatela in riposo per qualche ora, e quindi mettetela a cucchiaiate (le quali riusciranno dieci o dodici) in una teglia, unta col burro. Frullate un rosso d’uovo con un po’ di chiara per renderlo più sciolto, dorateli e lisciateli con un pennellino (ma questo supplemento non è necessario), poi metteteli in un forno che sia ben caldo. Quando sono cotti fate loro col temperino un’incisione da una parte o in forma di mezzo cerchio nella parte di sotto per riempirli di crema o di conserve di frutta, spolverizzateli di zucchero a velo e serviteli.
Vi avverto che quando lavorate paste che devono rigonfiare, il mestolo invece di girarlo in tondo è meglio muoverlo dal sotto in su.
465. - Brigidini
È un dolce o, per meglio dire, un trastullino speciale alla Toscana ove trovasi a tutte le fiere e feste di campagna e lo si vede cuocere in pubblico nelle forme da cialde.
- Uova, N. 2.
- Zucchero, grammi 120.
- Anaci, grammi 10.
- Sale, una presa.
- Farina quanto basta.
Fatene una pasta piuttosto soda, lavoratela colle mani sulla spianatoia e formatene delle pallottole grosse quanto una piccola noce. Ponetele alla stiaccia nel ferro da cialde a una debita distanza l’una dall’altra e, voltando di qua e di là il ferro sopra al fornello ardente, levatele quando avranno preso colore.