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566 | ATTO PRIMO |
Conte. Possibil che voi donne,
Quasi per un costume universale,
Non vogliate cessar di pensar male?
Contessa. E voi col pensar bene,
E voi sempre volete
Essere quel babbeo che stato siete?
Conte. Più rispetto, Contessa, ad un germano.
Dentro di queste porte
Il padrone son io,
Nè si parla così con un par mio.
Dell’amor non vi abusate
Che per voi nutrisco in seno;
Quell’orgoglio almen frenate,
Che può farvi disamar.
Imputar non mi potete
Poco amor, poco rispetto,
Ma indiscreta allor che siete,
Son costretto a minacciar. (parte
SCENA VII.
La Contessa, poi Carpofero.
Col rispettar discreta suora e nobile,
Come di farlo non avesse il debito.
Ma se cangierà stil su tal proposito,
Son donna, e farò anch’io qualche sproposito.
Carpofero. Servitore umilissimo
Di lei padrona mia riveritissima.
Contessa. Serva sua divotissima.
Chi siete voi, se è lecito?
Carpofero. Il mio nome è Carpofero,
Fratel di quella giovane,