La chioma di Berenice (1803)/Discorso II
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DISCORSO SECONDO
DI BERENICE
I. Chi delle regine di Egitto fosse questa di Callimaco, è da desumersi da’ versi del poeta, applicandovi i documenti delle storie:
— Atque ego certe
Cognoram a parva virgine magnanimam:
Anne bonum oblita es facinus, quo regium adepta es
Conjugium, quod non fortior ausit alis?
A questi versi tutti i commentatori applicano concordemente questo passo d’Igino1: ═ Hanc Berenicem nonnulli cum Callìmocho dixerunt cquos alere, et ad Olympiam mittere consuetam fuisse. Alii dicunt hoc amplius: Ptolomaeum, Berenices patrem, multitudine hostium perterritum, fuga salutem petiisse; filiam autem saepe consuetam insilisse in equum, et reliquam exercitus copiam constituisse, et complures hostium interfecisse, reliquos in fugam coniecisse; pro quo etiam Callimachus eam magnanimam dixit. Erathostenes autem dicit et virginibus dotem, quam cuique relictam a parente nemo solverct, inssisse reddi, et inter eas constituisse petitionem ═ . Che molti principi e privati mandassero cavalli in Olimpia, ogn’uomo seil vede negli storici e ne’ poeti antichi; ma non era merito questo che s’acquistasse il titolo di magnanimo e mon ancora che si dicesse bonum facinus premiato di nozze regali. La terza opinione, intorno alle doti fatte restituire alle giovani lesbie, cade sotto la stessa opposizione. La seconda peserebbe, se negli annali de’ Tolomei si trovassero Berenici guerriere; il che dubito ricavato da Igino più dalla fama che da scrittori assennati: se non che, dalle varie opinioni da lui recate, si manifesta ch’ei pur sospettava di tutte. Quindi gl’interpreti o tacciono, o senz’altri testimoni ascrivono il poemetto alla moglie di Tolomeo Lago o a quella di Filadelfo. Soli il Doering ed il Valckenario la dicono moglie di Evergete, senza però che né l’uno né l’altro appaghino della loro interpretazione rispetto al bonum facinus quo regium adepto, est conìugium. Gioseffo Maria Pagnini, quel dottissimo, benemerito, più ch’altri mai, della poesia greca, reputa il poemetto2 consecrato a Berenice, madre di Filadelfo; ed il Jean Sylvain Bailly3, alla moglie di Tolomeo Sotere. Per chiarire questi abbagli, toccherò quanto più brevemente le storie de’ Tolomei.
II. Primo re d’Egitto dopo la morte d’Alessandro magno fu Tolomeo Lago, creduto bastardo del re Filippo4, o, come altri scrive adulando, principe reale di Macedonia e discendente, al pari di Alessandro, da Alcide5, o, più veracemente, d’umile schiatta, ma fortunato soldato e sapiente politico6. Serbò il nome paterno, anzi istituì un ordine militare in onore di Lago7; il che forse guiderebbe a rintracciare l’origine degli ordini da noi chiamati cavallereschi, ed a paragonare i governi ne’ quali vennero stabiliti. Scrisse la vita di Alessandro suo capitano8, e, come letterato ch’egli era, fondò la biblioteca ed il musco, ospizio di tutti i dotti9.Ebbe quattro mogli: Artonide e Taide, privato; Euridice e Berenice, sul trono. Di Berenice, vedova di un guerriero, nacquero Arsinoe e Filadelfo10; e tanto poteva sul re, che lo strinse ad associarsi al trono Filadelfo, per troncare le speranze e i diritti a’ primogeniti nati d’Euridice11. Donde ebbe questi ironicamente il cognome di Filadelfo, poiché si sgombrò il trono con l’ingiustizia, ed assicurò le sue ragioni allo Stato col sangue de’ fratelli. Ed, anziché per riconoscenza e carità figliale, fece deificare la madre per prudenza politica12. Morto Tolomeo primo, lasciando specchio di sé a’ pastori de’ popoli, tacciato solamente, come Aurelio, di aver troppo compiaciuto all’amore della consorte, Filadelfo sposò Arsinoe di Lisimaco, da cui nacque Evergete13. Ma, ripudiatala per congiura, raccolse la sorella Arsinoe, male avventurata nelle sue nozze in Siria; e, menatala moglie, l’amò sì caldamente14, che la tristezza per la morte di lei gli affrettò il fine della vecchiaia. Fu principe di alti vizi, comandati dalla necessità del trono, ma compensati da somme virtù; ospite delle scienze e delle arti, felice in guerra, e primo de’ re lontani che si alleasse co’ romani, già illustri per la ritirata di Pirro15.
III. Ma Berenice, che preoccupò il soglio d’Alessandria per Filadelfo, ottenne, con quella medesima persuasione che le schiudeva l’animo del marito Tolomeo Lago, il regno di Cirene ad Aga16, suo figliuolo dal primo marito. Temendo poi Aga il diritto degli egizi al suo regno, mosse guerra, con gli aiuti del suocero Antioco Sotere17, contro Filadelfo, suo fratello uterino. Ma, forzato dalla fortuna delle armi a domandar pace, l’ebbe con questi patti: che, s’ei non avesse successione maschile, tornasse il regno di Cirene alla casa de’ Tolomei, come dote di Berenice, unica figlia di Aga, la quale andrebbe in Egitto sposa all’erede di Filadelfo. Morto Filadelfo ed, alcun tempo dopo, Aga senza figliuolo18, la madre di Berenice, ambiziosa del regno, chiamò dalla Macedonia Demetrio d’Antioco, anch’egli della stirpe de’ Tolomei, promettendogli le nozze e la dote della figliuola. Ma, innamorata del genero, ch’era giovine altèro della propria avvenenza, si concitò contro l’ira del popolo e la congiura de’ militari, guidati dalla donzella Berenice. Fu ammazzato Demetrio fra gli abbracciamenti della suocera, che, senza la figlia, a cui piangendo gridava pietà, sarebbe stata trafitta sul medesimo letto. Per questi fatti Berenice riebbe in isposo Evergete, successore di Filadelfo, recandogli in dote il regno di Cirene.
Rex novo auctus hymenaeo,
Cognoram a parva virgine magnanimam.
Bonum facinus, quo regium adepta es
coniugium, quod non fortior ausit alis.
IV. Resta ad applicare i documenti storici alla guerra, cagione del voto di Berenice.
Qua rex tempestate . . . . . .
Vastatum fines iverat Assyrìos.
Queste guerre siriache furono per gli egizi perpetue, e quasi dote di quella monarchia, causate dalla vicinanza e dal potere reciproco; onde le vediamo sin dalla età di Sesostre19. Ma più incitamento di guerra erano a’ Tolomei le parentele, fonte d’odii a’ mortali e pretesto a’ principi di diritti; e la preparava lo stato agguerrito di quegl’imperi, nati dagli eserciti e da’ capitani d’Alessandro. Fra tutte le guerre, quella mossa da Tolomeo Evergete ci venne serbata da Giustino20. Seleuco, che ereditò da Antioco il trono della Siria, uccise la matrigna, sorella di Tolomeo Evergete, ed il figliuoletto di lei. Per la fraterna vendetta e per isperanza di conquiste volò Tolomeo. Ribellarono le città avverse a Seleuco, e con quelle città si univa all’egizio tutta la Siria, se da domestica sedizione non fosse stato richiamato a’ suoi regni. Rinforzatosi Seleuco, assalì l’Egitto; ma, vinto, rifuggiì in Antiochia al fratello Antioco, giovinetto di anni quattordici. Assumendo costui virile ardimento ed astuzia principesca, mosse l’esercito sotto sembianza d’aiuto, ma per arricchirsi delle spoglie fraterne, abusando della fede ospitale e della sventura del re consanguineo. Tolomeo, per rompere le forze collegate, o che si avvedesse che la guerra occulta fra questi due, ove fossero senza timore d’altro nemico, li distruggerebbe alla scoperta, si pacificò con Seleuco. Ed i fratelli, d’alleati, tornarono nemici implacabili, commettendosi alle armi de’ Galli mercenari, che si pasceano dell’oro del vinto e del sangue del vincitore.
Di queste tre guerre la prima e la seconda distano di pochi mesi21. Pongo le nozze di Berenice dopo la prima, perché fu interrotta da sedizioni domestiche, delle quali Callimaco non fa motto, né il ritorno sarebbe stato sì fausto alla regina. Anzi, non mentovandosi dagli storici sedizioni sotto Evergete, credo che le parole di Giustino alludano alle insidie tramategli dalla regina di Cirene, che, per li patti della pace con Aga, era sotto la dipendenza dell’Egitto. Né poteano avvenir molto prima. Aga ebbe lunghissimo regno di anni li. Le quali congetture mi persuadono a porre le nozze pochi di innanzi la seconda guerra, giacché il re partì nel tempo del nuovo imeneo.
Dulcia nocturnae portans vestigio, rixae,
Quam de virgineis gesserat exuviis:
dopo avere còlto il fiore della giovinetta, e’ ritornò trionfando di vittoria presta ed intera:
— Is haut in tempore longo
Captam Asiam Ægypti finibus addiderat.
La terza guerra non fu guerreggiata.
V. Per liberare d’ogni opposizione le autorità delle quali abbiamo formata la storia, recheremo questi documenti. La guerra siriaca del terzo re, di cui né lo Scaligero, né il Mureto, né il Vossio, e meno i loro seguaci vollero far parola, è celebrata nel Monumentum Adulitanum, edito in Roma da Leone Allacci, or son anni clxxii. Nondimeno, quantunque molti compilatori di storie lo attestino come irrefragabile, non dissimulo che per molte congetture mi riesce sospetto. Ma né quel monumento ci è necessario: assai più provano queste memorie di Gioseffo ebreo22: Ὁ τρίτος Πτολεμαῖος ὁ λεγόμενος εὐεργέτης, κατασχὼν ὅλην Συρίαν κατὰ κράτος, οὐ τοῖς ἐν Αἰγύπτῳ θεοῖς χαριστήρια τῆς νίκης ἔθυσεν, ἀλλὰ παραγενόμενος εἰς Ἱεροσόλυμα, πολλὰς ὡς ἡμῖν νόμιμόν ἐστιν, ἐπετέλεσε θυσίας τῷ θεῷ, καὶ ἀνέθηκεν ἀναθήματα τῆς νίκης ἄξια. Le parole: il terzo Tolomeo appellato Evergete, e le altre: i doni degni di tanta vittoria andando a Gerosolima dalla Siria tutta conquistata, unite a queste di Eratostene23, coetaneo e concittadino24 di Callimaco: Ὁρόντ᾽ ὑπὲρ αὐτὸν [Leonem] ἐν τριγώνῳ κατὰ τὴν κέρκον ἀμαυροὶ ἑπτὰ [Stellae]: οἵ καλοῦνται πλόκαμοι Βερενίκης Εὐεργετίδος25, dove chiamasi l’asterismo trecce di Berenice Evergetide; convincono: 1º che le cose scritte da Igino26, ereditate di commentatore in commentatore, non sono, come asserisce il Volpi, unice illustrantia Callimachum; 2° che questa Berenice non è quella di Teocrito, come vorrebbe il Pagnini (la quale mostreremo moglie del primo Tolomeo, poiché fu la Berenice deificata27, né la moglie di Sotere, come narra, senza mai citar autori, il Bailly. Né ignoro che anche Tolomeo primo fu detto Sotere, salvatore, da’ rodiani28, soccorsi contro Demetrio e mantenuti da lui in libertà, e che, prevalendo questa adulazione, fu poi eredità di tutti i successori: ma il Tolomeo cognominato propriamente Sotere fu re in Alessandria ottavo, quando Conone e Callimaco non viveano più, se non nella memoria degli uomini; 3° che se il Conti, il Doering, il Volpi e gli altri, i quali la chiamano Evergetide, ma figlia anch’ella di Filadelfo, interpretando col costume, recato da Diodoro, di sposar le sorelle il verso
Et fratris cari flebile discidium.
avessero opposto al loro autore tutti quelli citati da noi, avrebber dato lume al passo di Diodoro; ed, anziché ritorcere a proprio soccorso la voce fratello, avrebbono confermato l’antico uso di chiamare fratelli anche i cugini. Testimonio il poeta forse più dotto de’ latini29, che, parlando di antichissime famiglie e di greci costumi, chiama Oreste fratello d’Ermione, figli l’uno di Agamennone, l’altra di Menelao:
Quid? quod avus nobis idem Pelopeius Atreus?
Et si non esses vir mihi, frater eras.
Così parimenti chiamavansi fratelli Berenice di Aga ed Evergete di Filadelfo, quantunque nati da due fratelli uterini.
VI. Fu l’età di Berenice splendida per trionfi e per le muse, a principio invitate da Tolomeo Lago, ed onorate poi da Filadelfo. Que’ letterati aveano protratta la vita ad una gloriosa vecchiezza, sino a godere delle liberalità di Evergete, o gli lasciarono illustri discepoli. Scrisse questo re i suoi commentari30 né so come sieno sfuggiti a Gherardo Vossio ed a’ letterali che fecero il supplemento all’opera De Historicis Graecis. Arricchì la biblioteca fondata dall’avo, per consiglio di Demetrio Falereo, filosofo e principe31. Con munificenza degna del nome suo di liberale, fece copiare i tragici greci32. Viveva ancora Callimaco sotto il suo regno, e vecchio scrisse questo poemetto, poiché da Filadelfo, che regnò anni ventisette, fu chiamato in Alessandria mentre era in età da far da precettore33. Il secolo de’ tre Tolomei (gli altri tralignarono in peggio sempre) merita una storia sua propria, pari a quella che l’inglese Roscoe34, amico dell’onore italiano, scrisse con sommo studio del secolo mediceo: seppure l’Heyne non vi avesse supplito nel suo libro, ch’io vidi citato, ma che non ho potuto leggere, De genio saeculi Ptolomaeorum. Né recherà detrimento alla loro fama il giudizio d’Ottaviano35, che, dopo avere onorata la sepoltura d’Alessandro, sdegnò quella di Tolomeo36, dicendo: ch’ei voleva vedere re, e non morti; quasi quell’usurpatore della fortuna di Cesare, grande per la sventura di Bruto e di Cassio, per le infelici passioni di Antonio, e molto più per la viltà del senato e la stanchezza del popolo romano dopo tanto sangue civile, di veruna dote fregiato di principe, tranne dell’astuzia di Ulisse, volesse dare, con quelle parole, speranze all’impero di emulare più quel grandissimo macedone che Tolomeo, suo successore. Ma Alessandro diede regni a’ suoi capitani, ed il nipote di Cesare l’ebbe dal valore de’ suoi guerrieri.
La Grecia restituì con le sue rovine le arti e le lettere all’Egitto dopo la schiavitù delle repubbliche, ed all’Italia dopo la caduta dell’impero d’Oriente, col favore della famiglia de’ Tolomei in Alessandria, e de’ Medici in Firenze ed in Roma37. Ma ora appena si degnano di ricordanza que’ greci, che, rifuggiti dopo il decimoquarto secolo a’ veneti ed a’ toscani, portarono agli avi nostri le greche muse e li armarono contro alla signoria degli scolastici.
Vixere fortes
Multi! Sed omnes illacrymabites
Urgentur ignotique longa
Nocte, carent quia vate sacro.
Note
- ↑ Astronom. poet., lib. II, cap. 24, in Leone.
- ↑ Annot, a Teocrito, idil. xv, v. 107.
- ↑ Histoire de l’astronomie moderne, t. I, cap. 23.
- ↑ Pausania, in Atticis; Q. Curzio, lib. iv.
- ↑ Teofilo Antiocheno, lìb. ii; Teocrito, idil. xvii, v. 18 e sg.
- ↑ Giustino, lib. xiii, cap. 4; Plutarco, De ira cohibenda.
- ↑ Epifanio, De mensura et pondere
- ↑ Plutarco, in Alexandro; Arriano, in praef. Exped. Atexandri; Plin., lib. xii e xiii.
- ↑ Gioseffo, Antich. giud., lib. xii, cap. 2; Ateneo, lib. 1. — Emendisi il Montucla, Histoire des mathematiques, part. 1, lib. v, cap. 1, che senza autorità ascrive la fondazione della biblioteca a Filadelfo.
- ↑ Ateneo, lib. xiii, cap. 13; Teocrito, idil. xvii, v. 57.
- ↑ Laerzio, in Demetrio Falereo, num. 8; Eliano, Storie varie, lib. iii, cap. 7; Cicer., De finibus, lib. v.
- ↑ Considerazioni nostre al verso 53 (Considerazione IX).
- ↑ Pausania, in Atticis; Scoliaste greco di Teocrito, idil. xvii, v. 130.
- ↑ Teocrito, idil. xvii, v. 128 e sg.; Ateneo, lib. xii, cap. 10; Plinio, lib. xxxiv, cap. 14.
- ↑ Eutropio, lib. ii, cap. 15, ed altri.
- ↑ Così Giustino. Altri leggono Maga.
- ↑ Pausania, in Atticis, descrittore esattissimo di questa guerra.
- ↑ Giustino, lib. xxvi, cap. 3. Ecco il passo, inosservato da tutti i commentatori ed accennato a me da Luigi Lamberti, prefetto della biblioteca Braidense in Milano, come scoperta d’Ennio Quirino Visconti. Dicono che quest’uomo illustre n’abbia scritto una dissertazione; ma o non l’ha stampata, o non mi è toccato di vederla.
- ↑ Bianchini, storia universale, deca III, secolo xxx, cap. 30, num. 28.
- ↑ Lib. xvii, cap. 1 sgg.
- ↑ Giustino, lib. xxvii, cap. 2.
- ↑ Contro Appione, lib. ii, cap. 5.
- ↑ Edidit Ioannes Fellus, Oxonii, 1632.
- ↑ Strabo, in Lybiae descriptione, lib. xvii.
- ↑ In catasterismo Leonis, cap. 12.
- ↑ Oltre le citate al numero 1 di questo discorso, Igino, nel medesimo capo 24 del libro ii, parla dell’argomento del poema, nominando Berenici e Tolomei, ma senza i loro cognomi, né l’anno del loro regno. Cagione degli errori di tutti gli interpreti.
- ↑ Considerazioni nostre al verso 53 (Considerazione ix).
- ↑ Diodoro siculo, lib. xx; Plutarco, in Demetrio; Pausania, in Atticis.
- ↑ Ovidio, in Ermione, verso 27.
- ↑ Ateneo, lib. xiii, ove cita il lib. iii di questi Commentari.
- ↑ Laerzio, in Demetrio Falereo.
- ↑ Aulo Gellio, lib. vi, cap. 17.
- ↑ Suida; Strabone, in Lybiae descriptione, lib. xvii.
- ↑ Life of Lorenzo de Medici, Liverpool.
- ↑ Svetonio, in secundo Coesore, cap. 18.
- ↑ Leggo Ptotomaeum, con le antiche edizioni, e non Ptolomaeûm o Ptolomaeorum, secondo le correzioni degli eruditi.
- ↑ Leone decimo fu figliuolo secondogenito di Lorenzo il Magnifico; e Clemente settimo di Giuliano, ucciso nella congiura Pazziana.