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fece copiare i tragici greci1. Viveva ancora Callimaco sotto il suo regno, e vecchio scrisse questo poemetto, poiché da Filadelfo, che regnò anni ventisette, fu chiamato in Alessandria mentre era in età da far da precettore2. Il secolo de’ tre Tolomei (gli altri tralignarono in peggio sempre) merita una storia sua propria, pari a quella che l’inglese Roscoe3, amico dell’onore italiano, scrisse con sommo studio del secolo mediceo: seppure l’Heyne non vi avesse supplito nel suo libro, ch’io vidi citato, ma che non ho potuto leggere, De genio saeculi Ptolomaeorum. Né recherà detrimento alla loro fama il giudizio d’Ottaviano4, che, dopo avere onorata la sepoltura d’Alessandro, sdegnò quella di Tolomeo5, dicendo: ch’ei voleva vedere re, e non morti; quasi quell’usurpatore della fortuna di Cesare, grande per la sventura di Bruto e di Cassio, per le infelici passioni di Antonio, e molto più per la viltà del senato e la stanchezza del popolo romano