Il libro del Cortegiano/Indice delle materie

Indice delle materie

../Catalogo cronologico delle principali edizioni del Cortegiano ../Sommario IncludiIntestazione 5 gennaio 2022 75% Da definire

Catalogo cronologico delle principali edizioni del Cortegiano Sommario

[p. 363 modifica]

INDICE DELLE MATERIE

contenute

NEL CORTEGIANO DEL CONTE BALDESSAR CASTIGLIONE.

A

Abbate, sciocca opinione di certo Abbate, 127.

Abbracciare i parenti perchè, incontrandosi in essi, solessero le donne romane, 195.

Abito conveniente al Cortegiano, 101, 102.

Abito non fa il Monaco, 102.

Abito proprio aveva anticamente l’Italia, 100.

Abiti come debba adattarsi la donna, 177.

Abiti di diverse nazioni introdotti in Italia, 100.

Accorta esser dee la Donna di Palazzo, 220.

Accortezza, differente dall’inganno, 115.

Accusar sè medesimo non è lodevole se non in qualche caso, 114. — Alle volte, ma con buona grazia, fa ridere, 149.

Achille impara musica da Chirone, 63, — In che fosse invidiato da Alessandro, 60 — Formato nelle azioni da Omero, 281.

Acqua, similitudine tratta da essa, 257.

Adulatore, suo officio, 116. — Non ama, 91. — Si fugga, 59. — Adulatori perchè divengano gli uomini, 245, 247.

Affabilità piacevole, è il più necessario requisito nella Donna di Palazzo, 173.

Affettazione dee fuggirsi, 35. — Biasimata nel Cortegiano, 53, 81, 129.
— Nella Donna di Palazzo, 175.
— Cagiona difetti nelle donne, 54.
— Come si fugga e nasconda, 55.
— Affettazione di certi vani, 36. —
Affettazioni estreme muovono il riso, 129.

Affetto deriva dal corpo, e come diventi virtù o vitio, 253. — Affetti non si debbono svellere, ma temperare, 255. — Ajutano le virtù, ivi.

Affezione inganna nel giudicare, 69.

Afflitti non gustano alle volte d’esser trattenuti con facezie, 151.

Affrica, vittorie in essa di Ferdinando il Cattolico re d’Aragona, 310.

Agesilao godeva d’esser ammonito da Senofonte, 247.

Aggraziati naturalmente, hanno in ciò bisogno di pochi ammaestramenti, 33.

Agone (d’). (Vedi Piazza.)

Agnello, comparato colla temperanza, 254.

Agnello (Antonio) Mantovano, suo giudizio sopra due papi, 124.

Agricoltura, bella similitudine tolta da essa, 279.

Alamanni. (Vedi Altoviti.)

Alcibiade lodato, 31. — Rifiuta gl’istrumeuti da fiato, 87. — Amato onestamente da Socrate, 209.

Aldana combatte con Peralta, 148.

Alessandra moglie d’Alessandro Re dei Giudei; fatto illustre di essa descritto, 188.

Alessandria in Egitto fabricata da Alessandro Magno, 271. [p. 364 modifica]

Alessandrino Cardinale, 138.

Alessandro VI, papa per la forza, 124.

Alessandro Magno lodato, 271. — Pronostico che di lui fanciullo fanno gli ambasciatori del Re di Persia, 319. — Piange per non avere ancor vinto un sol mondo di infiniti che avea udito ritrovarsi, 28, — Discepolo d’Aristotele, 34. — Venera Omero, 57. — Quanto amasse e onorasse Apelle, 67, 68, — Perchè una volta piagnesse in udire le vittorie di Filippo suo padre, 139. — Sua continenza, 204. — Estenuata, 208. Sue imprese, 212, — Quanto bene facesse a molti popoli barbari, cogl’insegnamenti d’Aristotele, 281, 282. (Vedi Dario.)

Alessandro re de’ Giudei, uomo crudelissimo, 188.

Alfonso I, d’Aragona, ironicamente faceto, 143. — Si compiacea d’esser burlato, 152. — Sua risposta, 150 (Vedi Anella.)

Allegrezza; morte di Argentina gentildonna pisana proceduta da subita ed estrema allegrezza, 123.

Altoviti nemico d’un Alamanni; casetto ridicolo, 146.

Amabilità produce amore, 227.

Amalasunta regina de’Goti, lodata, 198.

Amare; chi ama assai, parla poco, 221. — Con minor pericolo possono gli uomini mostrar d’amare che le donne, ivi. — Maniera di farsi amare da’ principi, 267 e seg.

Amato; sue condizioni necessarie, 223.

Amatori; loro differenti costumi, 18.

Ambigui molli di varie sorte, 132.

Ambiguità rende le facezie acutissime e maravigliose, 131.

Ambizione delle donne, 236.

Amici celebrati presso gli antichi, 103.

Amici veri pochi si trovano, 103. — Si debbono eleggere con molto studio, ivi.

Amici de’ principi come si portino con essi per lo più, 245.

Amicizia affettata, 116. — Amicizia non dee tralasciarsi di coltivare a cagione de’ falsi amici, 104.

Ammonizioni dissimulate quai siano, 141.

Amore; sua definizione, 285. — Non pare che possa stare colla ragione, 293. — Mezzi cattivi che inducono amore, detestati, 162. — Ragionamenti d’amore, e come in essi debba diportarsi la Donna di Palazzo, 219, 220 — Amore di amicizia solo conviene alle maritate, 222. — Amore ne’ vecchi, ridicolo, 82. — Amore publico è cosa durissima; pur qualche volta giova, 230. — Amor quieto e ragionevole, accennato, 284. — Sue lodi, 293. È pericoloso anch’esso, 220, 291. — Amor sensuale è malo in ogni età, 288. — Suoi mali effetti, 298. — Amor vero dal falso è difficile a discernersi, 220. — Segni del vero, 221. — Danni e pregiudici del falso, 286. — Amor verso la bellezza in astratto, e universale, 299. — Amore sostanziale, cioè lo Spirito Santo, sue lodi, e suoi Maravigliosi effetti, 302 E seg.

Ancille liberano Roma, 196. (Vedi Giunone.)

Anconitani due che combattono insieme a Perugia, derisi, 30.

Anella; curioso fatto di certe anella rubate ad Alfonso i d’Aragona, 143.

Angeli; come l’uomo con essi communichi, 285. — Perchè ad essi comparata una bella, ancorché attempata, gentildonna, 137.

Angolem (d ') Monsignor, lodato, 56, 272.

Anima bella, cagione per lo più della bellezza de' corpi, 292. — Anima, divisa in due parli, 265. — Sua cura, ivi. — Dee contemplar sè medesima, 300. — Anima, per indole, 290. — Anime delle donne più ingombrate dalle passioni che quelle degli uomini, 304.

Animali imperfettissimi a gran torto si dicon le donne, 119.

Animali; loro vario instinto come si conosca, 290.

Animo; beni dell’animo e lor natura, 269. — L’animo e non il corpo il vero amante tenta di possedere, 162.

Animosi. (Vedi Arditi.)

Anna regina di Francia, lodata, 198.

Annibaie scrisse un libro in greco, 62.

Anteo biasimato, 271.

Antichi scrittori imitavano, ma non in [p. 365 modifica] ogni cosa, 49. — Antichi si hanno in maggior concetto da chi legge, di quello che si rilevi dalla stessa lettura, 169.

Antichi stimavano molto la pittura e i pittori, 65.

Antonello da Forli, lodato e motteggiato, 144.

Apelle, molto amato e onorato da Alessandro, 67. — A lui solo era lecito il dipingerlo, 68. — Perchè biasimasse Protogene, 37.

Api; loro re d’altra specie, 257.

Appetito; sua cura, 265.

Aragona (Monsignore di), ottiene licenza di trarre certo numero di cavalli del Reame di Napoli, 312.

Aragona (re di). (Vedi Ferdinando.)

Arcieri, comparati a chi attende alle virtù, 274.

Arcivescovo di Firense; suo detto, 138.

Arditi e animosi veramente quai sieno, 184, 185.

Aretino, detto l’Unico, propone il IV giuoco sopra la lettera S che la Duchessa d’Urbino portava in fronte, 12.

Argentina, gentildonna pisana, quanto amasse M. Tommaso suo consorte, 183. (Vedi Allegrezza.)

Arguzia cosa sia, 118. — Arguzia della Duchessa d’Urbino in difesa delle donne, 110.

Ariosto (Alfonso), lodato, 2.— A sua instanza il Castiglio de scrive il libro del Cortegiano, 7, 307, 315.

Aristodemo tiranno Argivo, dove dormisse per timore, 261.

Aristotele; institutore d’Alessandro Magno, 52. — Perfetto Cortegiano del medesimo, 281, 282. — Quanto amato e stimato da lui. (Vedi Stagira.) Esso e Platone vogliono che l’uomo ben disciplinato sia anche musico, 63. (Vedi Artefici.)

Arme; prima e principal professione del Cortegiano, 26, 31, 173. — Ornamento, secondo il Bembo, dell’altre sue virtuose qualità, 60. — Se le armi superino in eccellenza le lettere, 52. — Motto piacevole intorno all’una e all’altra professione, 52. — Armi; sopra esse convengono colori aperti ed allegri, 101.

Armónia, figliola di Cieron Siracusano, e sua impresa, 188.

Arrischiare; chi si arrischia in guerra o per guadagno o per altra vil cagione, merita d’essere stimato mercatante vilissimo, 52.

Arte, necessaria nelle facezie, 118. — Arte, non dee apparire, 35.

Artefici varii che cosa ammirino in Platone ed Aristotele, 282.

Artemisia, lodata, 202.

Arti delle donne per mantenersi gli amanti, 236 e seg.

Ascensione. (Vedi Sposalizio.)

Asco, vocabolo spagnuolo, cosa significhi, 147.

Asdrubale più di sua moglie teme la morte, 188.

Asino comparato ad un Tullio, 126.

Aspasia lodata, 194.

Aspettazione; far contra l’aspettazione, è la sostanza delle burle, 152.

Aspetto nel Cortegiano quale dovrebbe essere, 29.

Astuzia è falsa prudenza, 267.

Atarantati, o sieno morsicati dalla tarantola, come risanino, 15. (Vedi Puglia.)

Atene. (Vedi Peste.)

Ateniesi; loro industrie per tenere il popolo allegro, 120, 121, (Vedi Leona.)

Atos, monte, 224.

Attilature varie di Cortegiani biasimate, 101 e seg.

Avarizia d’alcuni detestata, 214.

Augelletti che cominciano a volare, con quali amanti comparati, 299.

Aurora, sua descrizione, 305.

Autori imitati dal Castiglione in quest’opera, tanto degni quanto il Boccaccio, 4.

Autorità de’ principi quando sarebbe rispettata, 269.

B

Bacio; sua natura ed effetti, 296, 297.

Baje; abondano di reliquie di antichi edifici, 274.

Bajare. (Vedi Litigante.)

Barbari in gran numero mansuefatti con [p. 366 modifica] molta loro utilità da Alessandro Magno, 272, 281 e seg.

Barletta, musico e danzatore celebre, 72, 85.

Barraria dee fuggirsi da chi burla, 158.

Bartolommeo. Motto ridicolo, nato dalla discrepanza che passa tra questo nome, e qualsiasi sorta di pazzia, 148.

Basse persone spesso d’alti doni di natura dotate, 24.

Bastonate avute da un gentiluomo, spesso da lui scioccamente ricordate, 114.

Battaglia del piacere e del dolore contra il giudicio, 252.

Battra; suoi ferini abitatori accennati, 282.

Beatrice duchessa di Milano, lodata, 201.

Beccadello (Cesare) finto pazzo dal Bibiena; curiosa novelluccia, 157.

Becco di bella razza comparato a San Paolo, 126.

Belle cose diverse, naturali e artificiali descritte, 280.

Belle donne più casto che le brutte, e perchè, 292.

Bellezza è nome generico) e a quali cose ella si convenga, 285, 286. — Che cosa sia, 290 e seg. — E cosa buona, ivi. — L’amor vero di essa è buonissimo, ivi. (Vedi Dio.) — Perchè chiamata sacra dal Bembo, ivi, 292. — Rare volte senza bontà, 290. — Suoi effetti, 292. — Qual sia la vera, 294, e quale la falsa, ivi. (Vedi Generare.) — In due modi si può desiderare, 285. — Bellezza angelica, 300. — Bellezza astratta da’ corpi si dee amare, 299. — Bellezza biasimata dal signor Morello, 289. (Vedi Morello.) — Bellezza divina, e suoi effetti, 292. — Cagione d’immensa gioia, 301 — Nascosta agli occhi profani, 302. — Bellezza e utilità. (Vedi Utilità e Bellezza.) — Bellezza grave ed austera spaventa per lo più gli amanti; alcuni però ne invita, 225. — Bellezza invisibile si contempla cogli occhi della mente, 300. — E così pure l’assente, ivi. — Bellezza presente, 298. — Bellezza sopra tutto desiderata dalle donne, 222. — Le fa superbe, 224, — Necessaria alla Donna di Palazzo, 173. — È di diverse sorte, 177. — Bellezza umana, che consiste principalmente ne’ volti, che cosa sia, 285, — Si conosce meglio dagl’intendenti di pittura, 68.

Bellicosi i popoli perchè esser debbauo, 263.

Belvedere; strada in Roma, da chi fabbricata, 271.

Bembo (Pietro) propone il VI giuoco; da chi dovrebbe voler l’amante che nascesse piuttosto lo sdegno della persona amata, da sè, o da essa, 19. Motteggiato destramente dal l’autore, 60. — Non voleva amicizia intrinseca con alcuno, e perchè, 103, 104. — Secretario di Papa Leone X, 241. — Teme d’essere stimato vecchio, 284. — Tassato disobedienza, e da chi, ivi. — Suo ragionamento intorno a varie specie di amore, 285. (Vedi Platone.) — sua orazione allo Spirito Santo, 302 e seg.

Bene, quando è vero, genera quiete nel possessore, 286.— -Bene senza male non può essere quaggiù, 76, Benevolenza de’ principi perchè acquistar si debba, 247 e seg.

Ben fare; sua laude, consiste in due cose, 244.

Beni diversi dee procurare il principe ai sudditi, 269.

Beni infiniti cagionati dalle donne, 187.

Bergamasco contadino. (Vedi Cartiglio.) Bergamo abbonda nelle sue montagne di certi scimuniti gozzuti e mutoli, 103.

Beroaldo (M. Filippo), sua pronta e curiosa risposta ad un tedesco, 136. — Motteggiato dal Sadoleto, e perchè, ivi.

Berto; bravo, 26. — Buffone, 125.

Bestialità di alcuni popoli abolite da Alessandro Magno, 272.

Bevazzano (Agostino) sua facezia d’un avaro, 141.

Biante; sua bella sentenza circa i Magistrati, 260.

Biasimar troppo il rivale non è sicura cosa in amore, 233. [p. 367 modifica]

Biasimo; l’amante non dee parlare io biasimo di se stesso, 233.

Biastemare, benché facetamente, detestato, 140.

Bibiena (Bernardo), che fu poi Cardinale di Santa Maria in Portico, 241. — Lodato, 2. — Era di bello aspetto, 28, — Facetissimo, 119. — Propose di scrivere un trattato delle Facetie, ivi. — Credè, essendo maschera, di burlare un frate, ed in vece restò burlato, 155, 156.

Bidon; musico eccellente, 80.

Bischiazi che cosa sieno, 133.

Boadilla, dama spagnuola, morde Alfonso Cardio, e qual risposta ne riportasse, 145, 160. — Motteggiata un’altra volta, ma troppo villanamente, dallo stesso, 161.

Boccaccio; perchè non imitato dal Castiglione, 3. — Quando abbia scritto meglio, e come s’ingannò di giudicio, ivi. — Osò parole di varie nazioni, ivi. — Altre pur oggi rifiutate, 42. — Mirabile nelle circostanze delle facete narrazioni, 124. — Racconta di belle e brutte burle, 158, 161. — Nemico delle donne, 163.

Boccaccio e Petrarca, se ora vivessero, lascerebbero d’usare molte parole, 42. — Non si debbono soli imitare, 51.

Bontà; per lo più non va scompagnata dalla bellezza, 290.

Borgogna. (Vedi Cavalieri.)

Boristene, fiume che divide la Polonia dalla Moscovia, 129.

Borso, duca. (Vedi Cortegiani.)

Botton da Cesena; due volte, ma con diverse parole, allo stesso proposito motteggiato, 148.

Bracciesca licenza, 164.

Bravure non convengono al Cortegiano, 26.

Bresciano; qual sorta d’istrumcnto musicale lodasse, e perchè, 128.

Bruttezza che cosa sia, 290.

Bucefalia, città dell’India, edificata da Alessandro Magno, 274.

Bucentoro, navilio unico in Venezia, 128.

Buffoni; benché stian nelle corti, non meritano d’esser chiamati Cortegiani, 121.

Bugia, detestata, 245. — Il principe deve odiarla, 266. — Quanto gli noccia, 245. — Qual sia la maggior di tutte, ivi.

Bugie bene accozzate insieme, muovono il riso, 129.

Buonarroti (Michelangelo), pittore eccellente, 2, 50 — E scultor simile, 66.

Buon compagni, alcuni tengono sè stessi falsamente, 111. (Vedi Scioccherie.)

Burlatori alle volte premiati da’ principi, 152.

Burle che cosa sieno, 123, 152. — Di quante sorte, 152, (Vedi Detti, ove ne ha gran copia,ed anche Novelle.)

C

Caccia, conviene a’ gran signori e ai buoni Cortegiani, 31.

Cacciatori; lor costume, 161.

Cacco, biasimato, 271.

Caglio, vocabolo spagnuolo, che cosa significhi, 134.

Caldo, più perfetto del freddo, 183.

Calfurnio; faceta interpretazione di tal nome, 135.

Calidità del maschio, e suoi effetti, 183.

Callistene, buon filosofo, ma cattivo Cortegiano, 282. — Quanto danno da ciò a lui e ad Alessandro Magno risultasse, ivi.

Calmela (Vincenzo), 70. — Sua bella avvertenza, 72.

Calvizio, in lode di esso fu scritto un libro, 91.

Camma, suo maraviglioso amore verso il marito, novella, 190 e seg.

Campanile in Padova che diede la commodità al siciliano Ponzio scolare di far la burla de’ capponi, 158. (Vedi Capponi e Ponzio.)

Canossa (da) conte Lodovico, eletto per formare il perfetto Cortegiano, 20 e seg. — Facetissimo, 119. — Sua faceta risposta, 148. — Eloquentissimo, 165. — Della costui famiglia fu la contessa Matilda, 198. — Vescovo di Bajous, 241.

Cantare; perchè cantino di notte i fanciulli, 90. [p. 368 modifica]

Capitani antichi come venisseroo onorati, 248. — Capitani antichi letterati, 52, — Che diedero opera alla musica, 63. — Capitano motteggiato, 148.

Capitolio vuol che si dica, e non Campidoglio, il Castiglione, 47.

Capitolio, tradito da Tarpea, 136.

Cappellano. (Vedi Messa.)

Capponi rubati astutamente da certo Ponaio scolare siciliano in Padova ad un contadino, 138. (Vedi Campanile e Ponaio.)

Cappuzzo, proprio de’ Fiorentini, 102.

Capua saccheggiata da’ Francesi, 211.

Capuana gentildonna, castissima; sua maravigliosa costanza in morire per conservarsi intatta, 212.

Cara (Marchetto) eccellente cantore, 50.

Cardinal di Pavia motteggiato, 142, 143, 148.

Cardinale giovane, sua usanza singolare, 84. — Cardinali, perchè non nominati nelle preghiere della Chiesa il venerdì santo, 183. — Altro molto contro i medesimi, 142. — Altro di Ratfaello d’Urbino, 145, 146.

Carestia di ciò di che avrebbero più bisogno, patiscono i principi, 245.

Carillo (Alonso), sua acuta e mordace risposta alla signora Boadilla, che l’avea motteggiato, 145, 161. — Altra faceta alla regina, 147. — Villanamente morde la suddetta signora Boadilla, 161.

Carlo principe di Spagna, Iodato, 273.

Carlo re di Francia, lodato, 132, (Vedi Parmegiana.)

Casi nuovi muovono a riso, 130.

Castellina; suo assedio accennato, 127.

Castigare non si dovriano gli uomini’ de’ vizii, se fossero affatto naturali, 250. (Vedi Leggi.)

Castiglia; regno di Castiglia dato in dote da Isabella a Ferrando, fu minor della riputazione che ella gli diede, per cagione delle maravigliose sue virtù, 199. — Fu avanti ad Isabella occupato da’ grandi, ivi.

Castiglione (conte Baldcssar) scrisse il libro del Cortegiano ad istanza di Alfonso Ariosto, 7, 307, 315. — E per suggerimento del re di Francia, 308. — Perchè si movesse a pubblicarlo, 1 — Ribatte alcune accuse mosse contro il suo libro, 3. — Quali norme si sia proposto nella scelta delle parole, 4, — Sue opinioni intorno alla lingua ed alla ortografia italiana, 3 e seg., 46 e seg.— Fu in Inghilterra, 8, 226. — Sua modestia, 169. — Sua molta pietà, 267. — Biasima l’amor sensuale, 287.

Castiglio spagnuolo, ottimo Cortegiano; per tale è mostrato a certe gentildonne un vaccaro bergamasco, 133.

Castità necessaria tanto nelle donne, quanto negli uomini, per la certezza de’ figlioli, 202.

Catilina; sua congiura scoperta da una donnicciuola, 126. (Vedi Cicerone, e Donnicciuola.)

Catone ironicamente faceto, 143. — Sua curiosa domanda, 146.

Catoniana severità, 203.

Catri; monte di Catri, 305.

Cattivi non possono essere amici, 104.

Cavalcatori non buoni, di qual nazione, 127.

Cavaliere; officio suo è difender la verità, 204.

Cavalieri del Gartier, sotto ’l nome di San Giorgio, nella casa d’Inghilterra, 170.

Cavalieri del Toison d’oro, nella casa di Borgogna, 170.

Cavalieri dì San Michele, nella casa di Francia, 170.

Cavallereschi- esercizii ben praticati da alcune gentildonne, 126.

Cavalli, come debbansi disciplinare, 233.

Cavallo; volteggiare a cavallo conviene al Cortegiano, 32.

Cavallo che fuggiva dall’arme quanto dovesse stimarsi; facezia acuta, 131.

Caucaso monte; suoi efferati abitatori, 232.

Causa; dee esser maggior del suo effetto, 277.

Causidiche eloquenti furono alcune donne, 181.

Causidici; loro arte e sottilità son la ruina delle leggi e de’ giudicii, 267.

Caute più degli uomini perché soglian esser le donne, 180. [p. 369 modifica]

Cauto e prudente debb’esser il Cortegiano, 80, 115, 116.

Centro; punto di esso difficile a ritrovarsi nel circolo, 274.

Cerere, lodata, 194.

Cervi si prepongono un capo; non sempre però lo stesso, 256.

Cervia; Vescovo di Cervia deluso dal papa, 150.

Chie donne, o vogliam dire di Chio, liberano la patria, 197. — Altra lor prodezza in Leuconia, ivi. — Chii vinti dagli Eritrei, ajutati dalle lor donne a diminuire la vergogna della resa, 197.

Chio assediato. (Vedi Filippo.)

Chirone insegna musica ad Achille, 63.

Cianciatori, biasimati, 92.

Cibi stomacosi e schifi mangiati imprudentemente, che effetto facciano risapendosi, 253.

Cicerone; imitato nel proemio dell’Oratore dal Castiglione in quello del suo Cortegiano, 7 e seg. — Altrove pure imitato, come a 119, 122, 132, 145, 151, 168 e seg., 240. — Sua dottrina intorno all’imitazione, 50 — Il Castiglione piglia da Cicerone varie avvertenze circa le facezie, 118, 119. — Cicerone molto si lauda per avere disvelata la congiura di Catilina; la quale scoperta però ebbe origine da una donnicciuola, 196.

Cicuta; veneno temperato con cicuta a qual fine publicamente si conservasse in Massilia, 189.

Cieco. (Vedi Giuocatore.) — Cieco d’un occhio; facezia insolente intorno ad esso, 132.

Cintone tassato di bevitore, 247.

Cipro, già congiunta alla Soria, 313.

Circe; bella argomentazione tolta dalla favola di Circe, intorno alla grandezza vera de’ principi, 269.

Circolo. (Vedi Centro.)

Cirignola; sua giornata accennata, 143.

Ciro rompe i Persiani, 197. — Ma subito è rotto da essi, per opera delle loro donne, ivi.

Città; si assegna da Platone nella sua Republica alle donne da custodirsi, 178. — Buono stato di essa qual sia, 275. — Come vada in ruina, ivi. — Città già floride, ora distrutte, o cadute dall’antico onore, 314.

Civita Vecchia di che abbondi, 271.

Clearco, tiranno di Ponto, a che fosse indotto dal timore, 261.

Cleopatra, lodata, 202.

Cognizioni diverse necessarie alla Donna di Palazzo, 177,.

Collera eccessiva cagiona il riso, 150.

Colombo impiccato; facezia, 144.

Colonna (Marco Antonio) lodato, 137.

Colonna (Vittoria) Marchesa di Pescara, lodata, 1.

Colossi di stoppa e di strassi comparali ai cattivi principi, 246. (Vedi principi.)

Colpa primiera perchè si chiami dalla Chiesa felice, 185.

Comandare, esser comandati per esser governati, dice l’Autore, 269 — Comandare chi sa, è sempre obedito, 262. — Comandare a’ virtuosi come si debba, 258, 259. — Come comandi l’anima al corpo, ivi. — La ragione all’appetito, ivi.

Comandi de’principi, 97.

Combattimenti privati, o sieno duelli, 30.

Comici, esprimono l’imagine della vita umana, 73.

Comedia di certo M. Antonio motteggiata, 149.

Comparazioni facete quali esser debbano, 139.

Compiacere si deve al principe, 91 — È necessario all’amante, 228.

Complession temperata è quella della donna, 184.

Commune lingua qual fosse presso i Greci, per sentenza del Castiglione, 47.

Communicare le sue passioni è uno sfogo di esse, 236.

Communità delle mogli introdotta da Platone nella sua republica, toccata per ischerxo, 266. (Vedi Platone, e Mogli.)

Concordia ed amore regnavano nella corte d’Orbino, 11.

Confessione; novelletta d’uno che si lodava nel confessarsi, 135.

Confessor di Monache: avventura galante, 134.

Conoscere in tre modi può l’anima [p. 370 modifica] nostra, 285. — Ciascun conosce l’error del compagno, e non il suo, 15.

Consalvo (Ferrando), detto il gran Capitano, da chi eletto; sue lodi, 200. — Suoi detti, 138.

Consuetudine buona quanto sia necessaria, 265. — Consuetudine, si dee conservare nel parlare e nello scrivere, 3, — Sua forza in tutte le cose, 8, — Maestra nelle lingue, 42. — Consuetudini male quanto importi al principe tener lontane dai sudditi, 269.

Contadinella di Gasuolo in Mantovana; suo estremo amore verso la castità, 212.

Conte di Pianella, 139.

Contemplativa vita è più propria dei principi; è in essi divisa iu due parti; è il fine dell’attiva, 262.

Contemplazione, e sua forza, 300.

Continenza, perchè si chiami virtù imperfetta, 253, 254. — Comparata ad un capitano che si mette a pericolo d’esser vinto, benché vinca, ivi. — Perchè tanto si ricerchi nelle donne, 160. — Frequente e mirabile in esse, 210, 211. — Continenza maravigliosa di donna giovane, 207, 208, 210.

Contrafare come si debba, 125.

Convenevolezza dee servarsi dal Cortegiano., 83.

Conversare; chi ba a conversare, dee guidarsi col giudicio proprio, 92. — Conversare cogli eguali come debba il Cortigiano, 105.

Coraggiosi dove spesso più si conoscano, 26.

Corinna poetessa eccellente, 194.C

ornelia figliuola di Scipione, lodata, 187.

Corpo; sua cura, 265. — Qual debba essere, ivi, 266, — Non è il fonte della bellezza, 294, 228, — Anzi la estenua e diminuisce, ivi.

Correggere; le donne hanno corretti molti errori degli uomini, 187.

Corrispondenze d’amore innocenti qual sieno, 294, 295.

Cortigiana, 166, 172. (Vedi Donna di Palazzo.)

Cortegiania, o sia profession del Cortigiano, 243 e seg. (e in molti altri luoghi.) — È buona riguardo al fine, ivi. — Qual sia questo fine, ivi. — È arte nuova, 314.

Cortegiano, opera del Castiglione; occasione che mosse l’Autore a scriverla, 1, (Vedi Castiglione.)

Cortegiano è nome onorevolissimo, 281, — Cortegiano qual debba essere, 113 e seg. — Dee fare tutto ciò che gli altri fanno con maniere lodevoli, 32. — Dee parlare e scriver bene, 42. — Debb’essere uomo da bene e intero, 55 — Come debba adoperar la musica, 64. — Dee saper disegnare, e aver cognizion di pittura, ivi. — Come debba portarsi co’ signori, 95. — Come nelle conversazioni, 116. — Suo vero officio qual sia, 279, 280. — È buono non per sè, ma per lo suo fine, 243 e seg. — Cortegiano tanto perfetto com’è formato in quest’opera, non può ritrovarsi, 5, 315. — Varietà di giudizii intorno alle qualità che costituiscono il perfetto Cortegiano, 316.

Cortigiani adulatori, e corruttori dei principi quanto gran castigo meritino, 248.

Cortegiani del duca Borso, lodati, 75. — E del duca Filippo, ivi.

Coscia (Andrea); sua facezia, 142.

Cose buone; loro distinzione, 243.

Costanza. (Vedi Ostinazione.)

Costumi buoni, quanto necessarii, 265. — Costumi da fuggirsi dal Cortigiano, 105. — Costumi varii nelle Corti di Cristianità, 8.

Cote che non taglia, e pur fa acuto il ferro, comparata al Cortegiano che ammaestra il suo principe, 272.

Credere; mostrar di creder fatta una cosa che dovea farsi, fa ridere, 149.

Credula non debb’esser la donna, 220.

Credulità de’ principi più dannosa che l’incredulità, 275.

Crivello (Biagino); sua facesia, 149.

Crotone. (Vedi Fanciulle e Zeusi.)

Crudeltà orribile d’un giovane romano, 213.

Curie trenta in Roma nominate da Romolo co’ nomi delle donne Sabine, 196. [p. 371 modifica]

Curioso non debb’essere il Cortegiauo d’entrare, ne’ gabinetti de’ principi, colà ritirati per attendere alla quiete dell’animo, 93.

D

Damasco; sorta di drappo di seta, come interpetrato da Alonso Carillo, 142.

Denari, fanno prevaricar molti, 211. 215. — Bella metafora tratta da una specie di denari falsi, 137. (Vedi Fiorentino.)

Danzare, ove e come si debba. 38, 86, — Nei vecchi è cosa ridicola e disconveniente, 88.

Dario fa acconciar la sua spada persiana alla macedonica, prima di combattere eoo Alessandro; ciò fu pronostico di servitù, 100, 101. — Donne bellissime di Dario non toccò Alessandro, benché giovane e vincitore, 204.

Debatto; rissa, contrasto, 157.

Debito dee prevalere a tutti i rispetti, 97.

Decrepiti si escludono dall’amare, 288.

Deformità non mala partorisce il riso, 121.

Demetrio lascia di prender Rodi per non abruciare una pittura di Protogene, 68.

Democrito disputa del riso, 121.

Demostene, cosa rispondesse ad Eschine che avea tassate di poco attiche alcune parole in una sua orazione, 53.

Desiderare. (Vedi Impossibili.)

Desiderii strani delle donne, 226.

Detti; cosa sieno presso gli antichi, 118, — Per esprimere chi operi meno bene con riflessione che all’improvviso, 21. — D’una signora ad un millantatore di combattimenti, 26, 22. — Di due sciocchi millantatori, 28. — Di Alessandro Magno sull’aver udito che vi erano più mondi, ivi. — Di Demostene sopra alcune parole, 53. — Di doppio opposto senso, 122. — Verso una signora che, senza parlare, venne tacciata di crudeltà, superbia e vanità, 122. — Sopra due inscrizioni di due pontefici, 124. — Su di un becco paragonato a San Paolo, 126. — D’un che paragonò due suoi figliuoli a due sparvieri. ivi. — D’uno ammonito a camminar presto, mentre veniva frustato, ivi. — D’uno sciocco abate, che insegnò come e dove collocar un’enorme quantità di terra scavata, 127. — D’un che voleva avvelenar le palle d’artiglieria, ivi. — D’uno che domandò chi fosse il Prelibato, ivi. — D’uno che, per trovar gran quantità di denari, consigliò si raddoppiassero le porte della capitale e le zecche dello Stato, 128. — Di un che disse aver visto un suonatore a ficcarsi in gola più di due palmi di tromba, ivi. — D’una cui dispiaceva dover comparir ignuda il dì del giudizio, 129. — D’un che narrò aver col fuoco fatte liquefar le parole congelatesi nel mezzo del Boriatene, 130. — D’uno che narrò una strana azione d’una scimia, ivi. —. Sul doppio significato del vocabolo letto, 132. — Sulla spezzatura del vocabolo mattonato, ivi. — Ad un cieco, e ad un altro senza naso, ivi. — Di un litigante che trattò l’avversario da ladro, e d’un da Narni che trattò pur da ladri i Sanesi, 133, — Con aumento o mutazion di lettere a qualche vocabolo, ivi. — D’uno che avea bruttissima moglie, ivi. — Sulle donne e su i giovani di Roma, ivi.- — Sulla parabola dei cinque talenti, 134. — Sull’equivoco significato di due Offici, ivi. — Sul nome di Calfurnio, 135. — Sulla preghiera Oremus pro hæreticis et scismaticis, ivi. — Sul volto lucido d’una signora, ivi. — Su d’una bizzarra confessione, ivi. — Su d’un cavallo che fuggiva dall’arme, ivi. — Su di un atto in apparenza riverente d’un trombetta, ivi. — Su d’un augurio di bene e male, 136. — Sulla parola Pino, ivi. — Sull’equivoco significato di tre conti, ivi. — D’un prodigo ad un usuraio, ivi. — Sul sermone d’un prete in forma di confessione, 137. — Sulla vecchiezza assomigliata agli Angeli, ivi. — Di Palla Strozzi e Cosimo De’ Medici sul covar delle galline, ivi. — Sulle laudi impartite ad un valoroso, e paragonate a monete false, ivi. [p. 372 modifica] — Sul far mangiare chi ne avea procurato altrui, 138. — Sulla paura in guerra, ivi. — Di Luigi XII. sulle offese ricevute mentr’era duca d’Orleans, ivi. — Di Gein Ottomani sul giostrar degl’italiani, ivi. — Del medesimo, sulla differenza delle azioni proprie degli schiavi e de’ signori, ivi. — Su la roba, il corpo e l’anima degli uomini; e su i giureconsulti, i medici e i teologhi, ivi. — Su d’una valigia comparata ad un uomo, 139. — Sul perdere e vincere di due Alessandri, ivi. — Su di Siena sposa, e Fiorenza dote, 140. — D’un prelato che si credea grand’uomo, 141. — D’uno magrissimo portato via dal fumo su per il camino, ivi. — D’un avaro che volea gli fosse pagata la fune colla quale erasi appiccato, ivi. — Di Lorenzo de’ Medici ad un freddo buffone, e ad un che il riprendea di troppo dormire, 141, 142. — Del marchese Federico ad un mangione, 142 — Su d’un tiranno falso liberale, ivi. — Sul forzarsi a credere verità una bugia, ivi. — Sulla fortuna de’cardinali in Roma, ivi. — Su d’un impiccato invidiato, 143. — D’Alfonso d’Aragona ad un che aveagli trattenute alcune snella, ivi. — Su di Sant’Ermo, comparato ad un militar vigliacco, ivi. — Sulla sollecitudine d’un soldato partitosi, 144 — Del duca d’Urbino al castellano di San Leo, ivi. — Su di uno morto, mentre incominciava a divenir ricco, ivi. — Del Marchese di Maulova, su d’un colombo impiccato, 145. — Di Scipione ad Ennio, sull’essere o no in casa, ivi — Di Alonso Carillo alla signora Boadilla, con cui trattolla da publica meretrice, ivi. — Di Rafaello d’Urbino ad alcuni Cardinali, 145, 146. — D’uno che domandò un ramo d’un fico, al quale erasi una donna impiccata, 146. — Di Catone ad un contadino che urtollo con una cassa, ivi. — D’uno degli Altoviti, il quale rispose a ciò che udito non avea, ivi. — D’un medico, il quale promise ad un contadino di rimettergli un occhio, 146, 147. — Di Alonso Carillo, su di un cavaliero bruttissimo che aveva una moglie bellissima, 147. — Su d’un soprascritto d’una lettera, ivi. — Di Cosimo de’ Medici ad un ricco ignorante, 148. — Del Conte Ludovico Canossa ad uno che volea vestirsi in incognito, ivi. — Sul Cardinal di Pavia, ivi. — Su di cose discrepanti, e che pajon consentanee, ivi. — Su due gobbi, ivi. — Su d’uno imputato non aver divozione o fede alcuna, ivi. — Di Marc’Antonio a Bottone, sul capestro e la forca, 149. — Su d’un sajo solito a portarsi da un capitano dopo le vittorie, ivi. — D’uno non invitato a sedere e che sedette, ivi. D’un prete sul perchè dicesse una messa cortissima, ivi. — D’un che chiedeva un beneficio, ivi. — D’un che bramava che lo starsi in letto fosse un esercizio militare, 150. — D’Alfonso d’Aragona, ad un suo servitore non contento d’un ricco donativo, ivi. Del papa al vescovo di Cervia, ch’esser volea governatore, ivi. — D’uno, al quale una donna domandò gran prezzo di sè, 216. — Di un contadino Sanese a Bernardo Bibiena, 316. — Di papa Giulio II, 317. — Ad altro, che diceva temere non poter uscire del Reame di Napoli, ivi.

Detrazione d’altre donne, non ascolti volentieri la Donna di Palazzo, 174.

Deviare se alle volte si possa da’ comandi dei Signori, 97. — Belle avvertenze intorno a ciò, 98.

Diana, parole di Camma a Diana, 191.

Diego de Chignones, suo detto mordace ad uno spagnuolo, 136. — (Vedi Vino. Y no lo conocistes.)

Difetti de’ principi, benché picciolissimi, notati, 247.

Difetti naturali si possono in gran parte emendare, 23 — Perchè nascosti dall’uomo, 249.

Dimostrazioni d’amore quanto alle volle nocive, 237.

Dio, è protettore de’ buoni principi, 259, 267. (Vedi Fortuna.) — Tesoriere de’ principi liberali, 270. Similitudine di Dio ne’ cieli, in quai cose si ritrovi, 259. E così in terra, ivi. Da esso nasce la bellezza, 290. (Vedi Bellezza.) [p. 373 modifica]

Diomede, biasimato, 271.

Dione Siracusano, formato da Platone, 282.

Dionisio tiranno, abbandonato da Platone come disperato, 282.

Diotima, lodata, 194. — Sua impresa, ivi. — Rivela a Socrate gli amotosi misteri, 304.

Discepolo, suo officio, 34 e seg.

Disciplina, adorna le operasioni, e aiuta le virtù, 251.

Disconvenevolezze generali, 79, 80.

Discorso della ragione non ha luogo nella perfetta contemplazione, 300.

Discrepanze ridicole, e varii esempii di esse, 148. (Vedi Bartolommeo.)

Discrezione, condimento d’ogni cosa, 87.

Diseccare; perché nel generare si disecchi più l’uomo che la donna, 184.

Disegnare, conviene al Cortegiano, 64.

Disoneste cose, di esse l’amata dee levare affatto ogni speranza all’amante, 224.

Disperare, in significato attivo, per far perdere la speranza, 269.

Dissimili, molte cose dissimili degne di laude, 50, 51.

Dissimulazione gentile qual sia, 142. — Necessaria agli amanti è la dissimulazione, 231.

Disobidire per qualsisia motivo a’ lor Signori, è sempre cosa pericolosa per li Cortegiani, 93.

Dolcezza e utilità della virtù, 248.

Dolor vero è sempre malo; come s’intenda, 252.

Dominio è di tre sorte, 257. — Corruzion pur triplice di esso, 258.

Dominio più secondo la natura, e più simile a quel di Dio, qual sia, 206. — Felicissimo per li sudditi e per lo principe, 264. — Vero e grande, 270, 271.

Donato (Ieronimo). Sua risposta ad un verso d’Ovidio, 133.

Doni fra gli amanti, si biasimano, lfi9.

Donna tanto perfetta come l’uomo, 178, 179, 180. — Sua proprietà e distintivo, 172. — Sue virtù necessarie, 123, — Perché dicasi amare sopra tutti il primo uomo da lei carnalmente conosciuto, 182. — Perché desideri esser uomo, ivi.

Donna di Palazzo formata nel III libro dal Magnifico, 169. — Sue qualità necessarie, 123 e seg. — Potrebbe instiluire la sua Signora, 278. (Vedi Cortegiana.)

Donne sono di naturali assai diversi, 224, 225. — Donne, lodate, 171 — Utilità che da esse si traggono, 216 e seg. — Loro merito e dignità, 218. — Falsamente biasimate, 110, 159, 160, 163 e altrove. — In che principalmente si debbano rispettare, 151, 159, 160, 163 e altrove. — Desiderano d’essere o di parer belle, 53, 54. — Debbono fuggir l’eccesso nell’adornarsi, ivi. — Varie loro maniere, indoli e portamenti, 225. — Rare volte sanno amare, 226. — È più lecito ad esse mordere gli uomini di disonestà, che agli uomini le donne, e perché, 159. — Donne belle, biasimate, 289. (Vedi Belle donne.) — Donne, eguali agli nomini di dignità e virtù, 165. — Donne grandi, amano da dovero i minori di sé, e perché, 162. — Donne maritate non possono amare oltre il marito, alcun altro, se non con amor di amicizia, 222 — Donne non maritate possono alle volte lecitamente amare, dentro i termini però dell’onesto, 221. — Quai debbano amare, 222, — Donne oneste, lodate, 140, 141. — Che resistono a tutti gli stimoli degl’importuni amanti, mirabili, 214, 215. — Donne sante molte si trovano, benché nascoste agli occhi degli uomini, 135. — Donne sante de’ tempi del Castiglione come favorite da Dio, 304. — Donne valorose in armi, in lettere, e in ogni altra cosa, acceunate, 180, 185.

Donnicciuola, origine dello scoprirsi lo, congiura di Catilina, 196. (Vedi Cicerone.)

Dono il più pregiato che possa fare il Cortegiano al suo principe, qual sia, 256, — Doni degli sciocchi a’ principi quai sieno, 356.

Doti delle mogli si debbono moderare dai principi, 275.

Duca di Calavria. (Vedi Fiorentino commessario.)

Ducati falsi. (Vedi Denari.)

Due soli debbono essere i veri amici, 104. [p. 374 modifica]

E

Ebrietà, dee fuggir., da’ vecchi, 214.

Eccellenza suprema, benché l’uomo non possa giugnervi, non dee sgomentarsi di operare, 112.

Eccessi ridicoli, tanto in grandezza, quanto in picciolezza, 141.

Edifici grandi si convengono a’ principi, 270.

Educazione del principe qual esser debba, 265.

Effeminatezza degli animi da quai cose venga cagionata, 243, 244.

Effeminati uomini sbandir si dovrebbero dal commercio delle persone discrete, 29.

Effetti delle cause contrarie, tra sè pur conlrarii, 258. - Effetti lodevoli alle volte nascono da causa degna di biasimo, 288.

Egitto, già mare, ora terra fertilissima, 313.

Egnazio Catulliano, 56.

Eguali. (Vedi Conversare.)

Eleonora d’Aragona, duchessa di Ferrara, lodata, 201.

Elia, suo carro infiammato, 301.

Elide. (Vedi Olimpici giochi.)

Empietà, detestabile benché faceta, 140. (Vedi Biastemare.)

Ennio, 145, (Vedi Scipion Nasica.)

Enrico principe di Waglia, assai lodato, 272.

Epaminonda, udiva volentieri le ammonizioni di Lisia Pitagorico, 247.

Epicari, libertina romana, sua costanza, 189.

Epimeteo, sua favola descritta, 249.

Equalità pari con chi debba usare il principe, 262.

Ercole, sua statura, come e da chi ritrovata, 168, — Lodato, 272, (Vedi Pitagora.) — Suo rogo, che cosa significhi, 301

Eremita del Lavinello di M. Pietro Bembo, accennato, 284.

Eritrei, muovono guerra a’ Chii, 197.

Ermo (Sant’), facesia gentile del Gran Capitano, 143.

Errore nostro quando ci diletti, 136.— Errori infiniti de’ cattivi principi, 246— Errori non sono tutti eguali, 79.

Esempio, chi fallando dà mal esempio, merita doppio castigo, 32.

Esempio faceto, 21.

Esercizii cavallereschi come debba fare il Cortegiano, 83.

Esiodo imitato, ma non sempre, da Virgilio, e perciò da questo superato, 49.

Esopo tassato da Socrate presso Platone per aver tralasciato certo Apologo, 76.

Estense (Ippolito) Cardinal di Ferrara, lodato, 23.

Estensi donne celebri, accennate, 198.

Estremo, ad esso s’attaccano le donne, 193. — Estremi, come da essi dobbiamo discostarci, 274.

Età de’ Prìncipi e de' Cortegiani, varie difficoltà che nascono dalla diversità di essa, 278, — Età matura, più capace dell’amor onesto e ragionevole, 287, — Età, tutte hanno qualche peculiar virtù e vizio, 89.

Età d’oro. (Vedi Saturno.)

Euboea,già congiunta alla Bcotia, 313.

Eva col suo fallo, accennata, 185.

Evangelio, luogo di esso circa l'essere invitalo a nozze, allegato, 94. — Faceti, intorno un altro passo dell’Evangelio, 134.

F

Fabio pittore, perché così cognominato, 64.

Faceto, chi propriamente chiamar si possa, 151.

Facezie. (Vedi Detti, ove ne ha gran copia, ed anche Novelle.)

Facezie sono di due sorte, 118. Anzi di tre, 123. — Ciò che in esse debbasi osservare, 118, (Vedi Arte. Giudicio. Ingegno. Rispondere.) — Facezie giudiciose, proprie d’un buon Cortcgiano, 117, — Luoghi varii donde si cavano, enumerati, 150. Effetti diversi delle medesime, ivi. — Avvertenze notabili nell’usarle, 125, 151.

Facilità nel parlare, difficile, 46.

Fallare, chi falla, e dà mal esempio, dee doppiamente esser punito, 32. [p. 375 modifica]

Fama buona o cattiva quanto importi, 25. — Quanto giovi mandar innanai la buona, prima d’entrar nelle corti, 108. — Quanto si debba procurare di conservarla, 25.

Fanciulle cinque bellissime di Crotone. (Vedi Zousi.)

Fanciulletti a cui spuntano i primi denti, con quali amanti dall’autore comparati, 298.

Fanciulli, perché cantino di notte, 90.

Fatiche, lor fine qual sia, 262, 263. — Utilissimo ad ognuno il tolerarne, 264.

Favori de’ principi, sodi e veri quai sieno, 94. — Non si debbono uccellare, 293. — Come in essi debba diportarsi il Cortegiano, 94.

Favorire, i principi favoriscono talvolta chi non lo merita, 25.

Federico duca d’Urbino, lodato, 9, 271. — Gustava che gli fossero fatte delle burle, 152. — Sua sentenza, 262.

Federico Marchese di Mantova; sua gentil riprensione, 142. — E faceta risposta, 144, 145.

Federico. (Vedi Gonzaga.)

Felicità de’ sudditi dee procurarsi dal principe, 259, 260.

Femina e maschio intende di produr la natura, 181.

Fenice, perfetto Cortegiano presso Omero, 281.

Ferdinando. (Vedi Ferrando.)

Fermezza della donna in amare il primo compagno del suo letto, donde nasca, 182.

Ferrando re di Spagna, marito d’isabella, lodato, 199. — Soggioga il regno di Granata, e toglie parecchie città ai Mori in Affrica, ivi, 310.

Ferrando minore d’Aragona, re di Napoli, eccellente negli esercizii cavallereschi, 138. — Sua avvertenza, 116. — Scioccamente imitato da un mal avveduto in un suo difetto, 35.

Ferro non esercitato, comparato con alcuni principi, 263.

Festività, che cosa sia, 118.

Fetide cose. (Vedi Mangiar.)

Fico, novelletta di certa donna impiccata ad un fico, 146.

Filippo di Demetrio assedia Chio; e suo iniquo bando, 197.

Filippo Duca. (Vedi Cortegiani.)

Filippo il Macedone, sua cura di trovare un ottimo maestro ad Alessandro, 34. (Vedi Alessandro.)

Filosofie celebri, 181.

Filosofia più nobile qual sia, 281.

Filosofi antichi, come definiscano l’amore, 285. — Filosofi paiono e non sono alcuni poeti, 214. — Filosofi severi intervenivano a’ pubblici spettacoli ed a’ conviti, e perchè, 121. — Filosofo morale qual sia, 55.

Fine nobilissimo della Cortegiania descritto, 243, 244.

Fiore della Cortegiania qual sia, 244.

Fiorentini guerreggiano contra Pisani, 127. — Usavano il cappuccio, 102.

Fiorentino commessario, sua sciocca minaccia al duca di Calavria, 127. Due ridicole proposte d’un Fiorentino per far danari, 128. — Oscena facezia d’un altro, 140.

Fiorenza ha XI porlte, 128.

Fisionomi, lor dottrina accennata, 290.

Foglietta (Messer Agostino), sua gentil dissimulazione, 142.

Folli chiama l’Autore questi suoi ragionamenti, in comparazione delle cose sacre e divine, 185.

Fonte publico comparato al principe, 249.

Forbici, novelletta accennata, 188.

Forche, in alcuni paesi quando uno condannato alle forche venga richiesto per marito da una publiea meretrice, resta libero, con questo che la sposi; facezia curiosa alludente a ciò, 145.

Forestieri, quando non sieno necessarii per custodire il principe, 268.

Forma, ad essa s’assomiglia l’uomo generante, 182.

Fortezza che cosa sia, 255. — Viene ajutata dall’ira, ivi. — Nasce dalla temperanza, ivi. — Più propria dell’uomo che della donna, 180. — Qual sia la vera nella guerra, 264.

Fortuna seconda e avversa, ministra di Dio, 267. — Perchè mandata da Dio, ivi. [p. 376 modifica]

Fortuna e suoi effetti, 2, 10, 24, 106, 240 e altrove.

Francesco (San) riceve il sigillo delle cinque piaghe, 304.

Francesco I re di Francia, sue lodi, 308. — Esortato a mover le armi contro gVl’Infedeli, 309.

Francesi in che sieno eccellenti, 31. A’ tempi del Castiglione disprezza vano le lettere, 56. — Modesti, 95. — Lodati, 112. — Saccheggiano Capua, 211. — Francesi uccisi a Metelin, 310.

Francia, sua corte lodata, 95. (Vedi Cavalieri.) — Re di Francia, loro guerre contro gl’Infedeli, 309.

Frate finto, che da burlato divien burlante: novella curiosa, 155, 156.

Frati, lor mali costumi, 186.

Freddo non è infuso da’ cicli e non entra nelle opere di natura, 183.

Fregoso (Federico) propone il VII gioco, cioè di formare un perfetto Corlegiano; e questo solo viene abbracciato, 19, 20. — Per comando della Signora Emilia Pia seguita il ragionamento del Cortegiano, 71. — Era eloquentissimo, 166. — Arcivescovo di Salerno, 241.

Fregoso (Ottaviano) lodato, 2, 262, 266. Propone il V giuoco, cioè per qual cagione vorrebbe l’amante che la sua donna s’adirasse seco, 18. — Nemico delle donne, I160. — Duce di Genova, 241. — Si fa aspettare, 242. — Era magro, 266.

Frequenza eccessiva nelle facezie si biasima, 151.

Frigida è la donna; effetti di tal qualità, 183.

Frigio (Nicolò), 165. — Deride la Donna di Palazzo che si andava formando, 171. — Sua facezia, 193.

Frustato, ciò che rispondesse a chi esortavalo a camminare in fretta, 126.

Frutto della Cortegianía, qual sia, 214.

G

Gagliardi, nelle guerre i più gagliardi non sono i più pregiati, 180.

Gaja Cecilia, moglie di Tarquinio Prisco, lodata, 187.

Galeotto da Narni moltteggiato per essere assai corpulento, acutamente risponde, 133.

Galeotto (Giovantommaso) notato di viltà, e da chi, 135.

Galline mal covano fuori del nido; acuta risposta di Cosimo de’ Medici, 137.

Gartier. (Vedi Cavalieri.)

Garzia (Diego), 138.

Gazuolo. (Vedi Contadinella.)

Gelosi, loro difetti, 232.

Generar bellezza nella bellezza cosa sia, 295. — Come ciò intendesse il signor Morello, iivi.

Generar figlioli, è falso che non si abbia dalle donne altra utilità che questa, 203, 205, 217 e seg.

Genovese prodigo, ciò che rispondesse ad un avaro che ’l riprendea, 130.

Gcorgio (San). (Vedi Cavalieri del Gartier.)

Georgio da Castelfranco, pittor celebre, 50.

Gerione, biasimato, 271.

Germane donne lodate, 198.

Giocatore, che si crede divenuto cieco: novella curiosa, 153 a 155.

Giocatore di dadi, perchè comparato colla prudenza, 267.

Giochi varii proposti nella corte d’Urbino, 12 e seg.

Giochi, quali approvati nel Cortegiano, 106.

Giostra famosa; come in essa si portasse un gentiluomo, 114.

Giostre, come debba in queste diportarsi il Cortegiano, 82.

Giovane ciascun si studia d’apparire, 88.

Giovane donna di maravigliosa continenza, 202.

Giovanetti due scioccamente comparati nel canto a due sparvieri, 126.

Giovani come debbansi diportare, 82. — Ripresi da’ vecchi in molle cose, 77. — Perchè inclinati all’amor sensuale, 288. — Quai si possan chiamar divini, ivi.

Gioventù comparata alla primavera, 74.

Giove, secondo Orfeo, era maschio e femina, 182. — Nella sua rocca qual sapienza fosse custodita, 249. — [p. 377 modifica] Senza qual virtù non potesse governare il regno suo, 255.

Giovenale. (Vedi Juvenale.)

Girolamo. (Vedi Jcronimo.)

Giudicare ti possono alcune cose subito e in un’occhiata, non così le virtù e i costumi degli uomini, 108.

Giudici, che cosa facciano alle volte per parer savii, 296.

Giudicio, maestro di chi scrive, 49. — Più perfetto diventa per la lunga esperienza, 73. — Necessario nelle facezie, 118.

Giulio Cesare perchè portasse la laurea, 116.

Giulio II pontefice ricevuto magnificamente in Urbino, 43, — Suoi magnifici edificii accennati, 271. — Sua faceta risposta, 317.

Giunone, festa detta delle Ancille in onore di tal dea perchè instituita, 136.

Giureconsulti. (Vedi Jurisconsulti.)

Giustizia che cosa sia, 255. — Da chi, e per cui comando portata in terra, secondo i poeti, 249. — Ajutata dall’odio contra i cattivi; sue lodi; nasce dalla temperanza, 255. — Massima cura de’ buoni principi, 267.

Golpino, servo del Magnifico, facezia intorno ad esso, 141. (Vedi de’ Medici Giuliano.)

Gonfiarsi ne’ favori non dee il Cortegiano, 94.

Gonnella, faceto burlatore, 158.

Gonzaga (Alessandro) gentilmente comparato ad Alessandro Magno, 139.

Gonzaga (Cesare) propone il II giuoco, cioè, se l’uomo fosse necessitato d’impazzire, qual sorta di pazzia, essendo ciò in sua potestà, dovrebbe eleggere, 15 e seg. — Fu uomo raro e di belle qualità, 240 e 241.

Gonzaga, donne celebri di tal casa accennate, 198.

Gonzaga (Eleonora) duchessa d’Urbino, lodata, 242.

Gonzaga (Elisabetta) duchessa d’Urbino, lodata, 2, 169. — Sua modestia e grandezza d’animo. 11, 12, — Sua forte castità ad onta dell’impotenza del marito, 214, e altrove lodata.

Gonzaga (Federico) marchese di Mantova. (Vedi Federico.)

Gonzaga (Federico) figliuolo di Francesco marchese di Mantova, lodato, 276, 318.

Gonzaga (Francesco) Marchese di Mantova, lodato, 271.

Gonzaga (Giovanni), sua piacevole comparazione di suo figliuolo Alessandro con Alessandro Magno, 139.

Governare, dal non saper governare i popoli quanti mali nascano, 246 e seg.

Governator buono, è gran laude d’un principe l’esser così chiamato, 275.

Governo ottimo qual sarebbe, 266, 267.

Grammatico che non aveva letto, come ciò fosse inlerpetrato da Annibale Paleotto, 131, 132, (Vedi Letto.)

Granata, e suo regno, conquistato da Ferdinando re di Aragona, 310. — Per cagione e virtù di chi, 199, 217.

Gran Capitano. (Vedi Coasalvo Ferrando.)

Grandezza di animo conveniente a’principi qual sia, 270. — Suoi effetti, ivi.

Grasso de’ Medici, e scherzo intorno ad esso, 62.

Grati universalmente, non si debbono motteggiare, 122.

Gravità nelle donne moderata, induce riverenza, 225, — Gravità faceta, lodata, 138.

Grazia non s’impara, ma è dono di natura, 33 e seg. — Si può rubare e come, 35.

Grazia, o sia favore, quanto importi al Cortegiano essere in grazia del suo Signore, 107. — Come debba da esso guadagnarsi prima di volergli insegnar la virtù, 270. — Della sua donna come debba mantenersi l’amante, 232.

Graziati alcuni nascono, altri no, 23. — Graziato deve essere il Cortegiano, ivi.

Grazie come debbansi dimandare a’ principi, 92. (Vedi Favori.)

Grecia, sua consuetudine trasportata in Massilia, 189.

Grue, hanno il lor principe, vario però, 256. [p. 378 modifica]

Guerra, suo fine è la pace, 263.— Senza di esso non è lecita, 263. — In se sola considerata è mala, 264. — Disordine che spesso in essa succede, ivi. — Le cose notabili io essa faccia il Cortegiano al cospetto di pochi e segnalati, 82 (Vedi Gagliardi. Pace. Turchi.)

Guerre di donne, 180.

Guerrieri debbono sopra tutti gli altri esser letterati, 61.

Guidubaldo, duca d’Urbino, infermo di podagre, lodato, 10. — Sotto quai principi militasse, ivi. — Dottissimo e di gran giudicio in tutte le cose, 11. — Impotente nel matrimonio, 214. (Vedi Gonzaga Elisabetta.)

I

Idea del perfetto Cortegiano, simile a quella della republica di Platone, del re di Senofonte, e deill’Oratore di Cicerone, 5.

Ignoranza e ragione di tutti gli errori e vizii, 252, 253, 262. — In quai cose non noccia, 246. — È uno dei maggiori errori dei principi, 245. — Come pure la più enorme fra tutte le lbugie, ivi, 247.

Ignoranti si saziano delle cose spesso vedute, 86.

Imitare i difetti altrui è scioccheria, 35.

Imitazione, necessaria per iscriver bene, 41.

Impossibili cose desiderate inducono altrui a riso, 149.

Impressioni prime sono di gran forza, 25, 108.

Imprudenza di molti, descritta e biasimata, 206.

Impudenza fucata di certe donne presa alle volte per bellezza, 293. — Impudenza intolerabile d’alcuni principi, 246.

Incontinenza, differente dall’intemperanza, 252. — Perchè si chiami vizio diminuto, 253.

Inconvenienti cose, toccate, 255.

Incredulità, (Vedi Credulità.)

India, suoi efferati abitatori, accennati, 282.

Indiscretezza d’un cavaliere nell’intertenere una dama, 83.

Industria dell’uomo in mansuefare gli animali, 250. — Della stessa dee servirsi in domar le passioni, ivi.

Inegualità ragionevole con chi debba usare il principe, 268.

Infamare donne, anche di colpe vere, è cosa degna di gravissimo castigo, 203 e seg.

Infermi ebe sognano di bere a un chiaro fonte, comparati a’ cattivi amanti, 286.

Infermità perchè date a noi da natura, 76.

Ingannar l’opinione è il forte di tutte le facezie, 150.

Inganno da non biasimarsi qual sia, 115 — Grande degli uomini qual sia, 251, 252. — Inganni grandi e miserabili de’ principi, toccati, 246.

Ingegnero punito con troppa severità da Publio Crasso Muziano, 99.

Ingegno, maestro di chi scrive, 49. — Tiene le prime parti nelle facezie, 118.

Inghilterra. (Vedi Cavalieri.)

Ingratitudine di alcuni Cortegiani verso i principi loro benefattori, 92.

Inimici, come si portino co’ principi, 245.

Innamoramento curioso di molte donne nubili in un sol gentiluomo, 108, 109.

Innamoransi gli uomini per altre cagioni, oltre alla bellezza, 69. — Anche per fama, 109.

Innamorati sensualmente sono infelicissimi, 286 e seg.

Insegnare, non sempre chi sa insegnare qualche cosa, sa anche eseguirla, 34.

Instabilità d’amare nell’uomo onde nasca, 183.

Institutore del principe qual esser debba, 265. — Chi meriti un tal nome, 270.

Instituzion del principe come abbia a farsi, 264, 265.

Intellettiva virtù come si perfezioni, 265.

Intelletto particolare non può esser capace drll’immensa bellezza universale, 300.

Intelligenza, sua virtù, 265.

Intemperanza quanto differente dall’incontinenza, 252.

Intemperanti, e loro infelicità, 260. [p. 379 modifica]

Interpretare un detto in senso non inteso da colui che ’l dice, è cosa graziosa, 136, 137.

Interpretazioni giocose, 147.

Intertenersi con chi debba il Corlegiano, 105.

Inventioni mollte degli uomini per muovere il riso, 120.

Invisibili cose veramente sono, 303.

Ipocriti esagitati, 185, 186. — Loro costumi descritti, ivi.

Ira aiuta la fortezia, 255.

Ironie facete, proprie de’ grandi, 143. — Loro doppio uso, ivi.

Isabella d’Aragona, duchessa, sorella del re Ferrando di Napoli, lodata, 201.

Isabella marchesa di Mantova, lodata, 201.

Isabella duchessa d’Urbino, lodata copertamente, 243. (Vedi Gonzaga Elisabetlta.)

Isabella regina di Napoli, lodata, 201. — Suoi infortuni accennati, ivi.

Isabella regina di Spagna, esaltata con somme laudi, 19i), 200, 217. Godeva delle burle fattele, 152. (Vedi Ruota.)

Isola Ferma, chi ad essa dovrebbe mandarsi, 220.

Istrione antico, perchè volesse sempre in iscena comparire il primo, 83.

Istrumenti musicali da fiato, poco convenienti al Cortegiano, 87, — E meno alla Donna di Palazzo, 176.

Italia avea anticamente il suo abito proprio, 100. — Suo frequente commercio con Francia e Spagna, 112, — Per qual cagion rovinata, 268. — Re d’Italia chi si poteva chiamare, 271.

Italiani in che più vagliano, 31 — Posposero un tempo l’armi alle lettere, 58. — Si confanno più cogli Spagnuoli, 112. — Malamente imitano i Francesi, ivi.

Italiano nome per quai cagioni ridotto in obbrobrio, 244.

Invidia, si fugge colla mediocrità, 116.

J

Jeronimo, e non Girolamo, vuol che si scriva l’Autore, 42.

Jeronimo (San) celebra molte sante e maravigliose donne, 185

Josquin di Pris, musico eccellente, 110. (Vedi Mottetto.)

Jurisconsulti avari, 211. — Non litigano, 139.

Juvenale (Latino), sua facezia, 148.

L

Lamenti increscevoli in amore, 232.

Latina lingua si variò in diversi tempi, 44.

Latine cose del Petrarca, non sono molto stimate in paragone delle toscane, 218.

Latini, da chi apprendessero le lettere, 194.

Laude, come possa acquistarsi dal Cortegiano, 80.

Lavinello. (Vedi Eremita.)

Laura del Petrarca, di quanto bene fosse cagione, 218.

Laurea. (Vedi Giulio Cesare.)

Legge ingiusta fatta dagli uomini, 159.

Leggi, perchè castighino i delinquenti, 250. — A qual fine debbano indirizzarsi, 203. — Quando sarebbon volentieri obedite, 268.

Leggere i fatti degli antichi celebri capitani e imperadori, quanto giovi, 52.

Leggiadria delle donne, 225.

Legno cui volger del tempo impietrisce, 313, 314.

Leona, meretrice ateniese, suo mirabil silenzio, come onorato dagli Ateniesi, 189.

Leona di bronzo senza lingua, cosa significasse in Atene, 189.

Leonardo da Vinci, pittore, lodato, 50, 115.

Leonico (M. Niccolò) sua gentil riprensione, 142.

Lettere, lodate, 56 e seg. — Se sieno più eccellenti che l’armi, 57.

Letto, ec., 132. — Scherzo sopra questa parola pel suo doppio significato. (Vedi Grammatico.) [p. 380 modifica]

Leuconia. (Vedi Chie donne.)

Liberalità falsa qual sia, 273. — È di varie specie, ivi. — Liberalità s’insegna fra i Turchi ai fanciulli nobili, 138.

Libertà, supremo dono di Dio agli uomini, 257. — Qual sia la vera, 258, Libertà troppa ne’ popoli quanto nociva al principe, 263, — Segno di libertà perduta dalla maggior parte d’Italia, non avere abito proprio, 100. (Vedi Abito.)

Libertine donne, o sieno immodeste, biasimate, 174.

Libreria insigne de’ Duchi d’Urbino, 2.

Licenia ingiusta presasi dagli uomini, 159, 202.

Licurgo nelle sue leggi approvò la musica, 63.

Lingua, in ogni lingua alcune cose sono sempre buone, 48. — Lingua italiana, o volgare: sua origine e suoi incrementi, 43.

Lingue dipartite di fuoco che comparvero sopra gli Apostoli, 301

Liscio, perchè ripresa una gentildonna che usava certo liscio, 135.

Lisia Pitagorico ammoniva Epaminonda, 247.

Litigante, ciò che rispondesse all’avversario che l’avea motteggiato di bajare, 133.

Livio, notato di Patavinità, 47.

Lodar sè stesso come si possa onestamente, 27. — Avvederne in ciò del buon Cortegiano, ivi. — Lodano sè stessi molte volte gli uomini eccellenti, ivi. — Lodarono sè stessi gli antichi scrittori, ivi.

Lombardia, paese di libertà, 84.

Lombardo vestire a’ tempi del Bembo, assai curioso e bizzarro, 101, 102.

Lombardi, affettati, 38.

Lucchese mercatante, novella curiosa, 129.

Lucullo avuto da alcuni per mangiatore, 247.

Ludovico re di Francia, lodato, 190. — Suo motto, 138.

Luigi re di Francia. (Vedi Ludovico.)

M

Macchia, tutti abbiamo qualche macchia, 14.

Maestà, dee conservarsi dal principe, 270.

Maestro, è necessario nelle arti, e nelle virtù, 251. — Maestri ottimi in tutte le cose si debbono scegliere, 34. — Debbono considerare essi la natura de’ discepoli, 51.

Magistrati, a chi si debbono dare, 258, 259, — Magistrati cattivi, loro errori, 260. — A chi si debbano attribuire, 267.

Magnanimità non può darsi senza altre virtù, 255. — E queste quali sieno, 256.

Magnifico (il), così si chiamava Giuliano de’ Medici. (Vedi De’ Medici Giuliano.)

Malfattori perchè castigati, 250. (Vedi Leggi)

Malignità si fugga ne’ motti, 131, — E nelle facezie, 151.

Malvagi, amano d’esser tenuti buoni e giusti, perchè, 249.

Mangiar cose fetide e schifose; prodezza sciocchissima d’alcuni francesi e italiani, 112.

Maniche a comèo. (Vedi Veneziani.)

Maniera riposata si loda ne’ giovani, 89, 90.

Maniere diverse di donne, 225.

Manlio Torquato perchè uccidesse il figliuolo, 93. — Non si approva tanto suo rigore, ivi.

Mansuetudine conveniente al Cortegiano, 81. — Al principe, 270 — Soave. propria della Donna di Palazzo, 178.

Mantegna (Andrea), pittor celebre padovano, 50.

Mantua, vescovo di Mantua, e suo bel disegno, 212, 213.

Maraviglia d’alcuno fa ridere, 150.

Margherita, figliola di Massimiliano imperatore, lodata, 199.

Maria Vergine accennata, sue lodi, 185.

Maria (Santa) Maddalena, 304.

Mariauo, certe frate faceto, 158. — Sua [p. 381 modifica] piacevolezza accennata, 120. — Soleva far l’elogio della pazzia, 16.

Mario rompe i Tedeschi, 198.

Mario da Volterra, sua facezia, 141

Maritare, bestialità di alcuni padri nel maritar le figliole, 207, 222.

Marito, orazione di un marito al senato per ottener licenza di morire a cagion di sua moglie, 190. — Mariti cattivi accennati, ivi. — Mariti, non sempre amati dalle mogli, 163. —

Martiri invittissime accennate, 185. —

Maschere, loro uso e utilità, 85.

Maschio e femina intende di prudar la natura, 181. — Maschio e femina formò Dio gli uomini a sua similitudine, 182.

Massilia, costanza mirabile di una sua cittadina, 189. (Vedi Cicuta.)

Materia, ad essa s’assomiglia la donna, 183.

Materia di questo Trattato, 7. — Sua utilità, 8.

Matilda contessa, lodata, fu di casa Canossa, 198.

Mattia Corvino re d’Ungheria, lodato, 201. — Batte più volte i Turchi, 310.

Mattonato, facezia su tal parola divisa, 132.

Medicina, bella similitudine del modo di dar medicina a’ fanciulli, 248.

Medico eccellente può darsi senza ch’abbia infermi da guarire, 280. — Medico solo serve a molli infermi, 280. — Medici, quali infermità debbano principalmente curare, ivi. — Medici avari, 211. — Scherzo intorno ai medici, 139.

Medici (Cosimo de’), sua risposta a M. Palla Strozzi, 137. — Sua ammonizione dissimulata, 147.

Medici (Giuliano de’), duca di Nemours, detto il Magnifico, 241. — Lodato, 2. — Protettor delle donne, 140, 164, — Sua facezia. (Vedi Golpino.) — Sua modestia, 169, 171.

Medici (Lorenzo de’), suoi detti, 141.

Mediocrità, le virtù sono mediocrità, 274. — Difficile a ritrovarsi, ivi. — Mediocrità non soggiace ad invidia, 116. — Mediocrità nel giocar agli scacchi più laudabile dell’eccellenza, 106. (Vedi Spagnuoli.) — Mediocrità ne’ sudditi, molto giovevole ai principe, 268.

Meliolo, burlator celebre, 158.

Memoria, le cose che risvegliano la memoria de’ gustati piaceri, sono grate, 74, 75.

Mercatanti debbono essere ajutati dai principi, 275. — Mercatanti giudiziosi imitar deve chi pensa di discostarsi alcuna volta dai comandi del suo principe, 99.

Mercurio quali virtù recasse in terra, secondo le favole, 249.

Meretrice publica come potesse liberare un condannato alle forche, 145.

Merito è la vera via d’ottenere i favori dei principi, 94. — Meriti come debbano essere rimunerati dai principi, 268.

Messa frettolosa, facezia d’un prete, 149.

Metafora, lodevole, 49. — Metafore ben accomodate e loro uso, 137. — Metelino, Francesi uccisi dai Turchi a Metelino, 310.

Metrodoro, filosofo e pittore, 68.

Michele (San). (Vedi Cavalieri.)

Millantatore cavaliere come fosse mortificato da una dama, 27.

Minacce alle volte fanno ridere, 150.

Minerva quai musici istrumenti rifiutasse, 87.

Ministri buoni. (Vedi Principe.)

Minuzia non si dee chiamate cosa alcuna che possa migliorare un principe, 274.

Miseri non si motteggino, toltone un sol caso, 122.

Mitridate temè la morte più che non la temesser sua moglie, e le sue sorelle, 188.

Modestia nel Cortegiano, lodata, 37, 59. — Sola non fa l’uomo grato, 96. — Non diventi rusticità, ivi.

Moglie brutta motteggiata, 133. — Mogli. (Vedi Communità, ec.) — Mogli cattive accennate, 190.

Moisè, rubo ardente da esso veduto, 301.

Molart, capitano, come molleggiasse il Peralta, 148.

Molli di carne, atti della mente; assioma filosofico, 180.

Moltitudine, naturalmente ha odore del bene e del male, 5. (Vedi Valore.) [p. 382 modifica]

Mondo è una pittura, 65. — Descritto come bello, 291. — Mondo piccolo ai dice l’uomo, ivi.

Montefeltro (di). Donne insigni di questa famiglia accenna7e, 198.

Montefiore, osteria, 151.

Monte (Pietro), lodato, 34, 171.

Mò quarta sera, cioè ora è la quarta sera, 272.

Morali virtù non sono totalmente da natura, 250. — Come si perfezionino, 264.

Mordacità eccedente dee fuggirsi, 125.

Morello da Ortona, cavalier molto vecchio, 285. — Suoi scherzi e bizzarrie, 288, 289. 295, 296.

Mori e Turchi troverebbero la lor salute nella propria ruina, 272. (Vedi Turchi.) — Mori uccisi in grandissimo numero dagli Spagnoli per causa di chi, 218.

Morte, che facciano alcuni per paura di essa, 211.

Mosca, fu lodata con un libro intero da certo ingegnoso scrittore, 91.

Moscovia produce quantità di zibellini, 129.

Motteggiare all’improviso è più conveniente, che dopo d’avervi pensato sopra, 161.

Mottetto non istimato prima che si sapeste essere compositione di Josquin di Pris, 110. (Vedi Josquin.)

Motti. (Vedi Detti, ove ne ha gran copia, ed anche Novelle.)

Motti di due sensi, quai sieno, 122. — Motti ridicoli onde nascono, 121.

Musica lodata, 62, 63. — Sua forza, ivi. — È probabile che sia grata a Dio, ivi.— È di molta consolazione, ivi. Conviene al Cortegiano. 62. — Quando oprar si debba, 86, 87. — Qual sia la più lodevole, ivi. — Suo difetto, 37.

Musico deve esser l’uomo ben disciplinato. (Vedi Platone ec.) — Musico eccellente divenuto pessimo poeta, 115, — Musico quando diletti e si stimi, 38.

Mutazion di Stato da quai cagioni Originata, 268, 269.

N

Napoli abonda di vestigi di grandi edifici degli antichi, 271. — Due regine di Napoli di gran virtù accennate, 200.

Narrar facezie come si debba, 123.

Nascono per lo più i buoni dai buoni, 24.

Naso, facezia troppo acerba intorno ad un senza naso, 33.

Natura, e sua proprietà, 179. — Dee seguirsi nello scrivere, 52, — Legge di natura qual sia, 263. — Sempre la stessa, e sempre diversa nelle sue opere, 312 e segg.

Nave che parte dal porto comparata alla vecchiaja, 74. — Bella similitudine d’una nave colla ragione, 252. — E d’un governator di nave colla stessa, 255. — Navi, perchè abbruciate da certe donne Trojane presso Roma, 194.

Nero colore, abiti di color nero, o tirante al nero, più convenienti nel vestire ordinario, 101.

Nerone, congiura contr’esso accennata, 189.

Nicoletto, buon filosofo, ma niente intendente di leggi, sua opinione contraria ad una di Socrate, 114. — Suo detto, 138, 139.

Nicolao V, papa, scherzo su una sua inscrizione, 124.

Nicostrata, madre d’Evandro, mostrò le lettere ai Latini, 194.

Nobile è tenuto a operar virtuosameote, 22. — Nobili molti viziosi, 24. — Consiglio de’ nobili qual esser dovrebbe, 266 — Nobili in che maniera debban giocar coi villani, 84. — Nobile sia il Cortegiano, 22.

Nominar con oneste parole una cosa viziosa è modo faceto, 143.

Novelle, del Proto da Lucca, 134. —. D’un giocatore che si crede divenuto cieco, 154. — D’un frate finto che da burlato divenne burlante, 156. — D’uno che fu creduto pazzo, 157. — D’un tal Ponzio, che involò ad un contadino un pajo di capponi, 158. — D’una tal Camma, che perir volle, e fece perir di [p. 383 modifica] veleno il suo amante uccisor del di lei marito, per serbarsi a questo fedele, 190 e seg. — Di Madonna Argentina, che morì d’improviso per l’allegrezza d’avere a riveder il marito già schiavo dei Mori, 193. — Di rara onestà in una giovane donna, 207, 208. — E d’altre due donzelle, 212. — E d’altra, 213. — D’uno che volea farsi pagar l’osteria dalla sua innamorata, 224.

Novità, sempre cercata dagli uomini, 1.

Nozze, costume in esse degli antichi, 191.

Numeri nello scrivere donde nascano, 52.

O

Obedire è tanto naturale, utile e necessario, quanto il comandare, 258. — Obedito è sempre chi sa comandare, 262.

Obelisco intorno a’ sepolcri cosa significassero presso certi antichi, 263.

Occhi della mente da tutti si hanno, e da pochi si adoprano, 300. — Quando divengano acuti e perspicaci, ivi.

Occhi, loro efficacia, 229, 230. — Diversità, ivi. — Guida in amore, ivi. — Occhio infermo guasta il sano, ivi.— Novella di uno che avea perduto un occhio, 146, 147.

Odio contro gli scelerati aiuta la giustisia, 255.

Officii, scherzo gentile su questa parola, 134, 135.

Oglio, fiume che passa accanto Gazuolo in Mantovana, in esso perchè si gittasse una fanciulla, 212. (Vedi Contadinella.j

Olimpici giochi dove si celebrassero, 168.

Omero in che imitato da Virgilio, 44. — Venerato da Alessandro, 57. — Formò due uomini eccellenti per esempio della vita umana, e quali, 281. (Vedi Achille. Ulisse. Fenice.)

Onestà delle donne non s’offenda, 159, 164. — Come si scuopra, 174. — Quanto si stimi, ivi. — Amata più della vita da alcune, 211.

Opera migliore che possa farsi dal Cortegiano qual sia, 248.

Operazioni, di varie sorte, 102, 103. — Per esse si vien in cognizione del valore di chi le fa, ivi.

Opinione, credesi alle volte più all’altrui che alla propria., 116.

Opinione, facezie fuor d’opinione quai sieno, 132. (Vedi Ingannare.)

Oratori diversi tra loro, benché tutti perfetti, 50.

Orazione del Bembo allo Spirilto Santo, 302.

Orazione d’uno annoiato sì della moglie, fin a voler morire di veleno, accennata, 190. (Vedi Marito.)

Orazio riprende gli antichi per aver troppo lodato Plauto, 44.

Ordine, cose dette fuor d’ordine fanno ridere, 150.

Orfeo, sua sentenza intorno a Giove, 182.

Orma di Dio si trova nella contemplazione, 300.

Osca lingua, affatto perduta, 48.

Oscenità nelle facezie detestata, 140.

Oscurità nel parlare si dee fuggire, 47. — Nello scrivere, alle volte apporta grazia, 40, 41.

Osteria, curiosa novelletta d’un amante che volea che gli fosse pagata l’osteria dalla sua amata, 234. (Vedi Sciocchezza d’un gentiluomo.)

Ostinazione propria delle donne, 188.

Ostinazione tendente a fine virtuoso si dee chiamar costanza, 189.

Ottavia, moglie di Marc’Antonio, e sorella d’Augusto, lodata, 187.

Ottimati, sorta di governo, 257.

Ottomani (Gein), suoi detti, 138.

Ovidio, gran maestro d’amore, 235. — Alcuni costumi rozzi de’suoi tempi, ivi.

Ozio, e suoi mali, 264.

P

Pace è in se buona, deve essere il fine della guerra, 262. — Disordine che suole avvenire in essa, 263. — Il suo fine è la tranquillità, ivi. — Principi gloriosi in guerra, perchè vadano in ruina in tempo di pace, 263, 264. [p. 384 modifica]

Padoa, il Podestà dispensava amicamente alcune letture di quello studio, 114. (Vedi Campanile.) — Vescovo di Padova. (Vedi Della Torre.)

Palazzo publico d’Orbino, il più bello di tutta Italia, 9.

Palazzo (Donna di).(Vedi Donna di Palazzo.)

Palano (Uomo di) per Cortegiano. (Vedi Cortegiano )

Paleotto (Annibaie). (Vedi Grammatico.)

Paleotto (Camillo), 135. — Suo detto, 144.

Palla, gioco conveniente al Corlegiano, 31.

Pallade, lodata, 194.

Pallavicino (Gasparo), propone il I giuoco, cioè di qual virtù vorrebbe chi ama che l’amata sua fosse più adorna, e qual vizio in lei più dovesse comportare, supposto che di tutti priva non potesse essere, 14— Nemico delle donne, 160. — Gran guerriero, 163. — Lodato; sua morte immatura, 240.

Panexio ammoniva Scipione, 247.

Pari, conversatone co’ pari più frequentata di tutte, 99.

Parlare, ciò che ad esso si richieda, 45. — Tolera alcune cose che aborrisce lo scrivere, 39, 40. — Bellissimo è quello che è simile alle belle scritture, 40. — Onde nasca la buona consuetudine di esso, 48, — Parlare e scriver bene deve il Corlegiano, 42. — Di che debba parlare, 45, 46. — Come la Donna di Palazzo, 175.

Parmegiana, o sia distretto di Parma, prodezza d’un gentiluomo nel fatto d’arme che ivi si fece contra il re Carlo, 114.

Parole senza le sentenze, disprezzevoli, 44. — Detto di Cicerone, ivi. — Lor mutamento, 48. — Parole di diverse nazioni usate dal Boccaccio, 3.

Passioni perchè date a noi da natura, 76.

Patavinità ripresa in Tito Livio, 47.

Patria come debba amarsi dal principe, 267, 268.

Patria universale, voleva Aristotele, che Alessandro facesse divenir tutto il mondo, 281.

Pavia. (Vedi cardinale di Pavia.)

Paolo (San) a che paragonato, 126. — Rapito al terzo cielo, 304.

Paolo gcntiluomo pisano, come liberasse Tommaso suo padre dalle mani dei Mori, 193.

Paura vana cagiona il riso, 153.

Pazzia delle donne in che si conosca, 275.

Pazzie diverse, 15.

Pazzi, divenuti tali in grazia di Dio, secondo l’opinione di fra Mariano, si salvano sicuramente, 16.

Pazzi (Rafaello De’), sua giocosa interpretazione, 147.

Peccare procede quasi sempre da ignoranza, 253.

Pedagoghi buoni, cosa insegnino a’ fanciulli, 251.

Peggiori (a’) sempre s’attaccano le donne, 110.

Peleo padre d’Achille, 281.

Pentirsi, ditto di un tale, che non comprava sì caro il pentirsi, 211.

Pepoli conte, discepolo del Beroaldo, 136.

Peralta capitano, motteggiato, 148. — (Vedi Molart. Aldana.)

Perdonar troppo a chi falla, è ingiurioso a chi non falla, 33.

Perfezione, chi più ad essa s’avvicina, è più perfetto, 5. — Quanto sia difficile a conoscersi, 21. — Di tutte le cose, non si trova nella natura umana, 113.

Pericle, sua continenza lodata, 204. — Oppugnata, 210.

Persia, ambasciatori del re di Persia presso Filippo, quale pronostico facciano di Alessandro fanciullo, 319.

Persiana spada di Dario accommodata alla Macedonica prima ch’egli combattesse con Alessandro, cosa pronosticasse, 100, 101. — Persiane donne col riprendere i loro uomini fuggitivi per la rotta di Ciro, sono cagione di lor vittoria, 197.— Persiani gentiluomini, molto gentili, 170.

Persuasion falsa di sè stessi, mun de’m aggiori errori de’ principi, 245, 247. [p. 385 modifica]

Peste la più mortale al mondo qual sia, 247. — Peste per dieci anni tenuta lontana da Atene per mezzo di chi, 194.

Pestiferi alle città quai sieno; loro castigo, 250.

Petrarca e Boccaccio, usarono parole oggidì rifiutale, 42. — Se fossero stali vivi a’ tempi dell’autore, avrebbero tralasciato d’usar molte parole, 48. — Non si debbono soli imitare, 51.

Petrarca si rese immortale coll’avere in grazia di Laura scritto, in lingua volgare, il suo Canzoniere, 218. — Suoi versi in lode delle lettere, C60. — Acutamente interpretati, 61.

Piacer falso qual sia, 286. — Piacer vero è sempre buono, 252.

Piazza d’Agone in Roma; in essa si facea un’annual festa a’ tempi dell’autore, 246.

Pietà verso Dio quanto necessaria nei principi, 267.

Pietro (San), suo tempio in Roma da chi rifabricato con gran magnificenza, 271.

Pii (Emilia De’), dama di grande spirito nella Corte d’Urbino, 11. — Ordina che si propongano i giochi, 13. — Donne valorose di quella casa accennate, 198.

Piccinino (Niccolò), suoi detti celebri accennati, 75.

Pierpaolo, affettato nel danzare per troppo studio, 36.

Pigmalione s’innamorò d’una statua d’avorio da lui formata, 172.

Pindaro, discepolo d’una donna, 194.

Piramidi d’Egitto, e loro origine, 264.

Pisane donne, lodate, 201. — Celebrate da’ poeti, ivi. — Pisani guerreggiano co’ Fiorentini, 127, 128.

Pistoia, cognome d’uno che scherza con fra Serafino, 139.

Pitagora sentiva nella musica certa divinità, 88. — Come ritrovasse la misura del corpo d’Ercole, 168.

Pittori, molto stimati dagli antichi, 64, 67 e seg.

Pittori tra sé diversi, benchè tutti perfetti nella lor maniera, 50.

Pittura quale esser debba, 37. — Se sia più nobile della scultura, 64, 65, 66, 67.— Sua utilità, ivi. — Deve intendersi dal Cortegiano, ivi. — Assai stimata dagli antichi, 67 e seg. — Chi non la stima, è privo di ragione, 65, — Pittura, similitudine di essa, 45, 81.

Platone, fu perfetto Cortegiano de’ re di Sicilia, 281. — Assegna alle donne la custodia delle città nella sua Repubblica, 178. — Esso ed Aristotele vogliono che l’uomo ben disciplinato sia anche musico, 63.

Plauto, troppo lodato dagli antichi, al parere di Orazio, 44.

Poemi greci e latini, nati per cagion delle donne, 218.

Poetesse insigni, accennate, 189.

Poeti che paiono e non sono filosofi, 114.

Polifilo, parole di esso troppo ricercale, 233.

Pompe in ogni genere di cose debbonsì reprimere dal principe, 275.

Pontremolo (Giovati-Luca da). Auditor di Rota, motteggiato, 148.

Ponzio scolare siciliano in Padova, gran burlatore, 158. (Vedi Campanile.)

Popolar Consiglio dovrebbe istituirsi, ed a qual fine, 266. — Popolare amministrazione; sorta di governo, 257, 258.

Popoli buoni, indizio del principe buono, 260. — Popoli, come debbano amare il principe, 267.

Porcaro (Antonio), 135.

Porcaro (Camillo), molto gentilmente loda M. Antonio Colonna, 137.

Porcia, figliuola di Catone, e moglie dì Bruto, lodata, 187.

Porta (Domenico Dalla), Auditor di Rota, motteggiato, 148.

Portamenti delle donne, diversi, 225.

Porte, che parlavano senza lingua e udivano senza orecchie, facezia, 123.

Porte XI sono in Firenze; ripropose una volta di farne altrettante, da chi e perchè, 128.

Porto, abonda di vestigi di gran fabbriche degli antichi, 271.

Potenti non si debbono motteggiare, 122, 151. [p. 386 modifica]

Potenza, nelle cose puramente naturali precede l’operarione, 251.

Potenza de’ sudditi, nociva al principe, 268. — È più facile impedirla da principio, che cresciuta reprimerla, 269.

Povero importuno che diede occasione a tre diversi motti, 122.

Povertà de’ sudditi, nociva al principe ed al governo, 268.

Pozzuolo, ahonda di vestigi dell’antica magnificenza, 271.

Precetti, molto giovano, 80.

Prefetto di Roma, sopragiunge nella Corte d’Urbino in tempo di questi ragionamenti, 70. — Lodato, ivi, 241. — Suo motto, 149. (Vedi Della Rovere Francesco Maria.)

Preghiere degli amanti debbono esser modeste, 229.

Prelato che pensava scioccamente d’esser grandissimo di statura, ciò che facesse, 141. — Prelati avari, 211.

Prelibato, termine forense, che significa sopraccennato, suddetto, preso goffamente da un fiorentino forse per qualche gran Prelato, 127.

Presenza de’ principi è spesso necessaria, 262.

Presuntuosi, per lo più favoriti da’ principi, 95. — Presuntuosi che vogliono giudicare di ciò che non sanno, 53, 59.

Presunzione affettata d’alcuni, 100.

Prete. (Vedi Messa.) — Prete da Varlungo innamorato della Belcolore, 124. — Prete di villa come motteggiato, 136, 137.

Primo dee procurar di comparire nelle publiche feste il Cortegiano, 82.

Principe, condizioni in esso richieste, 270 e seg. — Cose a lui convementi, toccate sommariamente, 266 a 271. — Cure e cognizioni allo stesso necessarie, 275 e seg. — Principe buono qual sia, 273. — Quanto sia giovevole al mondo, 218. (Vedi Squadro.) — Principe cattivo quanto noccia, ivi. — Quando si conosca ìncorrigibile, dee abbandonarsi dal Cortegiano, 282. — E perchè, ivi. — Principe, elegger buoni ministri è proprio ufficio di esso, 200. — Virtù de’ principi necessarie, ivi.— Convenienti, 244. — Con esso dee principalmente conversare il Cortegiano, 91. — E come possa in ciò essergli grato, ivi. — Principe mascherato come debba portarsi, 85. — Principi, aborriscono per lo più d’udire la schietta verità, e però nel porgerla loro si richiede gran destrezza, 247. — Di che cosa abbiano essi più bisogno, 245. — Loro principal incumbenza, 260. — Principi cattivi e ignoranti, peggiori di certi colossi fatti di stoppa e di stracci, e perchè, 246. — Principi eccellenti quanto sien rari, 276. — Principi, quando sono di buona natura, facilmente s’instituiscono, 279.

Procuste, biasimato, 271.

Profession di colui con cui si parla, attender si dee, 83.

Prometeo, qual sapienaa fingesi che rubasse a Minerva e a Vulcano, 249.

Propinqui come debbausi amare dal principe, 263.

Prosperità de’ principi da che dipenda, 267. — Prosperità, pericoli di essa, 264.

Proto da Lucca, sua novella, 134.

Protogene, perchè biasimato da Apelle, 37. (Vedi Demetrio.)

Provenzal lingua antica non s’intende dagli stessi paesani, 48.

Prudenza che cosa sia, 256, 267. — Corregge la mala fortuna, 267. — Necessaria a tutte l’altre virtù, 274.

Prudenza del Cortegiano, 113 e seg.

Publio Crasso Muziano punisce troppo severamente un ingegnero, 99.

Pudicizia nelle donne quanto sia laudabile, 205. — È più commune in esse che negli uomini, ivi. — Per quai cose spesso da esse si venda stoltamente e vergognosamente, 275.

Puglia, come si risanino colà gli atarantati, ovvero morsicati dalla tarantola, 15.

Q

Querele, il Cortegiann dev’essere intendente delle querele che insorgono tra i nobili, 30. [p. 387 modifica]

Quartana febre, lodata con un libro, da un ingegnoso scrittore, 91.

Quattro viole da arco, musica di esse lodata, 87.

R

Rafaello d’Urbino, eccellentissimo nella pittura, 2, 66. — Sua risposta acuta e libera a due cardinali, 145, 146.

Ragione umana, sua maravigliosa forza, 253. — Aiutata dagli alletti, 255. — Cura che di essa dee prendersi, 265. — Sua legge come sempre debba osservarsi dal principe, 260.

Rangone (Conte Ercole) discepolo del Beroaldo, 136.

Ratti, perchè odiati dalle donne, questione proposta da fra Serafino, 16.

Re di nobile stirpe, qual dovrebbe essere, aiutato da un perfetto Cortegiano, 259.

Re di Francia e di Spagna, lodali, 112, 307 e seg.

Regina perfetta più facile a formarsi, che una perfetta Corlegiana, 171, 172.

Regnare, più contrastar dovrebber gl’ignoranti principi per non regnare, che per regnare, 246.

Regno, se sia migliore della republica, 256.

Religioso, cioè pio, deve essere il principe, 267.

Remunerazioni fatte da’ principi quali esser debbano, 268.

Republica. (Vedi Regno.)

Ricchezze eccessive cagionano gran ruine, 268.

Ricreazione, cercala da tutti gli uomini, 120.

Ridere, far sempre ridere non si conviene al Cortegiano, 121. (Vedi Riso.) — Ridere senza proposito provoca il riso altrui, 150.

Ridicoli. (Vedi Motti.)

Riposo, dev’essere il fine delle fatiche, 262.

Riprendere, senza parer di ciò fare, è grazioso, 142.

Risguardi utilissimi che debbono aversi dai principi, 270, 271.

Riso, quanto sia proprio dell’uomo, 120. — Dee muoversi a tempo, 121, — È difficile a saper cosa sia, ivi.

Rispondere al contrario, lentamente, e con certo dubbio, provoca il riso, 150. — Rispondere all’improviso motteggiando, è più conveniente, che dopo d’aver ben pensato, 161. (Vedi Motteggiare.)

Rispondere al non detto, fa ridere, 149. — Rispondere altramente di quello ch’aspetta l’uditore, è la sostanza delle facezie, 150.

Risposta argutissima d’una dama ad un cavaliere millantatore, 22.

Rivali, come debbano trattarsi; scherzo, 233.

Riverente e rispettoso dev’essere il Cortegiano verso il suo principe, 92 c seg.

Rizzo (messer Antonio), suo detto discrepante, 148.

Roberto da Bari, eccellente nel contrafare, 124. — Affettato nel danzare per troppa sprezzatura, 36. — Morto giovane; sue lodi, 241.

Rodi. (Vedi Demetrio.)

Roma, tradita da Tarpea, s’accenna, 196. — Moderna, feracissima di reliquie di grandi edifici degli antichi, 271. — Già regina del mondo, ora non si nomina che per la religione, 314.

Roma si chiamò una donna, capo di alcune valorose Troiane, 194.

Romana giovane morta gloriosamente per difesa della sua castità, 213. — Romaua republica molto aiutata da Cicerone, 196. — Romane donne. (Vedi Abbracciare.) — Romani ciò che facessero per tenere il popolo allegro, 120, 121 — Loro magnificenza nel fabricare, 224.

Romolo, sue imprese accennate, 195.

Rovere (Signora Felice Della), sua mirabile deliberazione per conservare la castità, 214.

Rovere (Francesco Maria Della), Prefetto di Roma, e poi duca d’Urbino, lodato, 241. (Vedi Prefetto di Roma.)

Rota, magistrato celebre in Roma; indrizzar la Rota volea il papa con due gobbi; curiuso scherzo, 148. [p. 388 modifica]

Ruota, bella comparazione d’una ruota con Isabella regina di Spagna, 200.

Rusticità non dee diventar la modestia, 96.

S

S, lettera geroglifica, portata in fronte dalla duchessa d’Orbino, li (Vedi Aretino.)

Sabine donne, come giovassero all’aumento di Roma, 195, 196.

Sadoleto (M. Jacomo), suo ingegnoso motto al Beroaldo, 126.

Saffo, poetessa eccellente, 194.

Sagacità nelle donne piace ad alcuni, 225.

Saguntine donne, lodate, 198.

Sallaza dalla Pedrada, suo gentil motto, 137.

Salomone, sua Cantica accennata, 218.

Sannararo, vario effetto che cagionarono certi versi recitati come del Sanazaro, quando si scoperse che non erano di lui, 110.

Sanese, suo detto, 110.

Senesi, motteggiati, 127. — Si dànno sotto la protezione dell’imperatore, 140.

San Leo, fortena perduta, scherzo intorno a tal perdita, 144.

Sansecondo (Jacomo) eccellente in cantare alla viola, 120.

Sanseverino (Galeazzo), lodato, 34.

Santacroce (Alfonso), sua facezia, 142, 143. Sapere, è l’origine del parlare e scriver bene, 45. — Sopra tutte le cose desiderato dalla natura, 56.

Sapienza artificiosa qual sia, 249. — E qual la civile, ivi.

Sardanapali infiniti si trovano al mondo, 202.

Sasso, sua natura, 250.

Saturno, età d’oro che fingesi essere stata a’ tempi di lui, come si potrebbe far ritornare, 256.

Scacchi, mediocrità nel saper giocare ad essi, più lodevole della eccellenza, 106. — Costume di chi gioca a scacchi, 130, 131. (Vedi Scimia, Spagnoli.)

Scelerali non muovono a riso, 122. — Non si motteggino, 151.

Scienza vera qual sia, 253.

Scimia che giocava eccellentemente a scacchi, descritta, novella graziosa, 130, 131.

Scioccherie di alcuni che per esse si stimano buon compagni, 111.

Sciocchezza fingere, modo factto, 144, 146.

Sciocchezza di certo Cardinal giovane, 84, 85. — D’un gentiluomo amato da una gran signora, 234 (Vedi Osteria.) — Sciocchezze nelle facezie lunghe si fuggano, 131.

Scipione Africano ironicamente faceto, 143. — Sua continenza, 204, 206. — Oppugnata, 209. — Negata da alcuni scrittori, ivi. — Tenuto per sonnolente, 247. — Gustava delle ammonizioni di Panezio, ivi.

Scipione Nasica ciò che rispondesse ad Ennio, 145.

Scirone, biasimato, 271.

Scizia, suoi efferati abitatori, 282.

Sciti, lor barbaro costume, 263.

Scrittori, da chi si conoscano, 58, 59. — Scrittori antichi, in che consista la lor differenza, 52. — Diversi da Cicerone in alcuni termini, 53.

Scrittura altresì aborrisce le parole che si fuggono nel parlare, 39.

Scrivere, quali utilità apporti, 58, 59.— Scrivere e parlar bene deve il Corlegiano, 42. — In che consista lo scriver bene, 3.

Scultura se sia più nobile che la pittura, 65. — Sua difficoltà, 66.— Non può mostrar molte cose, ivi.

Scurrilità dee fuggirsi dal Cortegiano, 159.

Secreterai in amore quanto giovi, 231.

Secreto come debba tenersi l’amore, 235.

Sedulità, propria delle donne, 130.

Semiramis, lodata, 202.

Semplicità nelle donne piace ad alcuni, 225.

Senile età, inetta a gustare i piaceri, 74.

Senocrate, sua continenza, 204. — Negata, 209, 210. — Dedito all’ubbriachezza, ivi.

Senofonte ammonitore di Agesilao, 247. — Sua sentenza, 267.

Senso, suoi errori nel giudicare, e suoi danni, 286. — Ne’ giovani è [p. 389 modifica] potentissimo, 287. — Sensi che tengono poco del corporeo nell’uomo, quai sieno, 295.

Serafino (Frate) propone il III gioco, perchè le donne abbiano in odio i ratti, e amino le serpi, 16. — Burlatore faceto, 158.

Serafino, medico Urbinate, novelletta di caso, e d’un contadino, 146, 147.

Serafino, motteggiato per esser limile ad una valigia, 139.

Serpi, perchè amate dalle donne, 16. — Servi naturalmente quai sieno, 258. — Ad essi è più utile l’ubbidire, che il comandare, ivi. — Servi, non debbono essere oziosi, antico proverbio, 264.

Servire a’ principi fin a qual segno si debba, 97.

Servitù troppa ne’ popoli quanto nociva al principe, 267, 268.

Sesto Pompeo spettatore in Massilia della meravigliosa costanza d’una donna, 189, 190.

Severi uomini debbonsi obedire appuntino, 99.

Sibille, lodate, 194.

Sicilia, giù congiunta all’Italia, 313.

Signore veramente degno degli uomini in terra qual esser dovrebbe, 252.

Signori che intervennero a’ ragionamenti del Cortegiano, enumerali, 12, 13.

Signori buoni debbonsi eleggere da servire, 96, 92. — Signori, favoriscono alle volte chi non lo merita, 25.

Signoreggiare è di due modi, 258.

Simulazione dell’animo impossibile a conoscersi, 104.

Sinatto maravigliosamente amato da Camma sua moglie, 190 e seg.

Sinorige, infelice esito de’ suoi amori verso di Camma, cui ucciso avea il marito Sinatto, 192.

Socrate vecchissimo impara musica, 62. — Sente in essa certa divinità, 88. (Vedi Pitagora.) — Si diletta delle ironie facete, 143. — Ama Alcibiade, 209. — Si maraviglia presso Platone che Esopo abbia tralasciato certo Apologo, 76.

Sofi re di Persia, sua Corte lodata, 170.

Sole, bella similitudine d’un raggio di sole, 285, 286.

Sonetto dell’Unico accennato, 17. (Vedi S.)

Spagna, costume di Spagna e d’altri luoghi, 145.

Spagnoli lodati, 112. — Loro abilità, 31. — Maestri della Cortegiania, 95. — Gli stimati sono modestissimi, 96. — Eccellenti nel gioco degli scacchi, 106. (Vedi Mediocrità.) — Buoni motteggiatori, 117. — Per cagion di chi uccidessero tanti Mori, 218.

Spagnolo. (Vedi Diego.)

Spartane donne, lodate, 198.

Sparvieri. (Vedi Giovanetti.)

Specie umana senza donne non può conservarsi, 181.

Speranza nutrisce amore, 225. — Speranza di cose disoneste dee levarsi affatto dalla donna amata all’amante, 224. — Spericnza perfeziona il giudicio, 73.

Sposalizio del mare si fa in Venezia il giorno dell’Ascensione, 128.

Sprezzatura lodevole qual sia, 37. — La troppo affettata si biasima, 36.

Squadro degli architetti comparato al buon principe, 260.

Stadio di quanti piedi sia, 168.

Stagira, patria d’Aristotele, da chi e per qual cagione riedificata, 281.

Statue di varii metalli fecero gli antichi per onorare i celebri capitani, e per istimolo alla loro imitazione, 248.

Statura più conveniente dell’uomo e del Cortegiano qual sia, 29.

Stefano (San) vede i cieli aperti, 304.

Stile, donde nasca, 53.

Strascino, buffone, 125.

Strozzi (Messer Palla), sua minaccia a Cosimo de’Medici, 137.

Studii del Cortegiano, 58, 59.

Sudditi buoni, rendono grande e felice il principe, 269. — Che essi sieno più savii di lui, è cosa perniciosa e difforme, 246.

Superbia dee fuggirsi dal Cortegiano, 113.

Superstizioni dee fuggir il principe, 267.

Suspizion di ridere, i motti che in sè la racchiudono, sono arguti, 146. [p. 390 modifica]

T

Taciturnità con maraviglia fa ridere, 150.

Taciturnità di Leona meretrice, come significata dagli Ateniesi, 189.— (Vedi Leona di bromo.)

Tarpea, sai accenna il suo tradimento di Roma nella guerra di Tito Tazio, 196.

Tatto, non è a proposito per fruir la bellezza, 264.

Tedeschi, superati da Mario, 198. (Vedi Germane.) — Tedesco come salutasse il Beroaldo, e come da esso risalutato, 135.

Temistocle, suo detto intorno a’ vecchi, 74. — Sua bella sentenza, 272.

Temperanza libera da ogni perturbazione, a qual sorta di capitano comparata, 254. — È virtù perfetta, ivi. — Dovrebbe possedersi da’ principi, ivi. Da essa nascono molte virtù, 255.

Tempo, giusto giudice del merito degli scritti, 5. — Scuopre d’ogni cosa gli occulti difetti, ivi.

Tempi passati, lodati alle volte non senza errore, 73.

Teodelinda regina de’ Longobardi, lodata, 198.

Teodora, greca imperatrice, lodata, ivi.

Teofrasto, conosciuto forestiero in Atene per parlar troppo ateniese, 4.

Teologi, scherzo intorno ai medesimi, 138.

Terra scavata nel far i fondamenti del palazzo ducale d’Urbino, dove s’avesse a riporre per sciocca opinione di certo Abbate, 126, 127.

Tesauriero. (Vedi Dio.)

Teseo, lodato, 271.

Tevere, ove il Tevere entra in mare, vennero dopo la guerra alcuni Troiani, 194.

Timidità, alle volte cagiona il riso, 150. — Timidità, nelle donne onde nasca, 184.

Timore de’ buoni principi è per li popoli, non per se stessi, 261.

Tirannide, è il pessimo de’ tre governi mali, 258.

Tiranni, detestati, 271. — Temono per loro, non per i sudditi, 261.

Tito Tazio, re de’ Sabini, lodato, 195. (Vedi Tarpea.)

Toison d’oro. (Vedi Cavalieri.)

Tolosa (Paolo), motteggiato, 147.

Tomiris, regina di Scizia, lodata, 202.

Tommaso, gentiluomo pisano, schiavo de’ Mori: come liberato da un suo figliolo, e quanto amato dalla moglie, 192, 193. (Vedi Argentina.)

Torello (Antonio), sua facezia, 148.

Torneamenti, come in essi debba diportarsi il Cortegiano, 82.

Torre (Marcantonio Dalla), sua novelletta, 133.

Toscane parole antiche rifiutate, debbonsi fuggire dal Cortegiano, 39. — Toscane voci quai sieno da tralasciarli, secondo il Castiglione, 47, 48.

Toscani, acuti ne’ motti e nelle facezie, 117.

Tradimenti anche amorosi si dannano, 162.

Traditori de’ principi, accennatig, 211.

Tranquillità, è il fine della pace, 264.

Trofeo della vittoria dell’anima qual sia, 202.

Troia perché resistesse dieci anni a tutta Grecia, 217. — Ruina di essa da chi cagionata, 289.

Troiano cavallo comparato colla Corte d’Urbino, 241. — Troiane donne come influissero alla grandezza di Roma, 194. — Troiani si dispersero dopo la guerra, ivi.

Trombetta, lepida risposta d’un di costoro, 135.

Trombone, suonator di esso perché lodato da un goffo Bresciaoo, 128.

Tullio. (Vedi Asino.)

Turchia, il Castiglione esorta il re di Francia a muoverle guerra, 309 e seg.

Turchi, cosa più stimino nelle persone grandi tra di loro, 138. — Battuti più volte da Mattia Corvino re d’Ungheria, 310.

Turchi e Mori troverebbero la lor salute nella propria ruina, 272. (Vedi Mori.) — Guerra contra di essi desiderata, e lodala, ivi.

Turco, sua Corte accennata, 170. [p. 391 modifica]

U

Ubaldino Ottaviano, 144.

Ulisse, nelle passioni e toleranze formato da Omero, 281.

Ungheria. (Vedi Malttia Corvino.) — Regina d’Ungheria, moglie del re Mattia Corvino, lodata, 201.

Unico (l’) o l’unico Aretino, Pietro Accolti, uno degli Interlocutori del presente Dialogo; suo sonetto sulla lettera S portata in fronte dalla duchessa di Urbino, 17.

Universal bellezza fa rivolger l’amante in se stesso, 300.

Un solo in molte cose preposto a governare, 256. — Un solo più facile a pervertirsi che molti, si prova con una similitudine dell’acqua, 257.

Uomo, che si può dir picciolo mondo, descritto, 291.

Uomo, sua proprietà e distintivo, 172. — Perchè dicasi odiare la prima donna con cui si sia mescolato, 182.

Uomini, sempre cupidi di novità, 1. — Si dilettano di riprendere, 2, 3. — Più bisognosi di tutti gli altri animali, 249. — Uomini belli alle volte degni di biasimo, 289, 290. — Uomini di grande statura, per lo più di poco ingegno e di poca agilità, 29.

Urbanità, cosa sia, 118.

Urbino descritto, 8, 9. — Sua Corte lodata, 19, 77, 168, 169, 241, 242. — Acuto detto del duca d’Urbino, 144. — Palazzo pubblico di quella città, lodato, 271. (Vedi Federico. Palazzo ec.)

Uso, sua forza, 8.

Utilità e bellezza vanno del pari, tanto nelle cose della natura, come dell’arte, 290, 291.

V

Vaccaro bergamasco. (Vedi Castiglio.)

Valore (il), e non la moltitudine de’ sudditi, rende grandi e felici i principi, 269. — Valore proprio dee considerare il Cortegiano, 95.

Valorosi uomini come si portino con le donne, 163, 165.

Vantatori due; lor detti, 28.

Vasi lessi ripieni di liquore, leggiadramente comparati agli uomini posti nei magistrati, 260.

Vecchiaia, comparata all’inverno, 74. — Ad una nave che si parte dal porto, ivi.

Vecchiezza verde e viva, lodata, 90.

Vecchi, lor natura, 74. — Loro industrie per parer giovani, 88. — Lodano i tempi passati, biasimando i presenti, e perchè, 73, 74. — Dannano molle cose, 75. — Loro sciocchi detti, 77. — Alle volte buoni musici, 88. — Da che debban guardarsi, ivi. (Vedi Viola.) — Quali esercizii debban fuggire, 278, 280. — Cose a loro disdicevoli, 283. — sensualmente innamorati, quanta degni di biasimo, 288. — Come debbano amare, 294 e seg.

Vendetta nobile, detto per ironia, 206.

Veleno, comparazione di esso con amore, 109. (Vedi Cicuta.)

Venere Armata, perchè con questo titolo fosse un tempio in Roma a lei sacro, 196.

Venere Calva, tempio in Roma con tal nome, e perchè, 196.

Veneziani, non ottimi cavalcatori, 37. — Portavano le maniche a coméo, 102. — Amichevolmente motteggiati, 127.

Vergogna nobile, propria delle donne ben nate, 176 — È gran virtù, 205. Da chi, e per ordine di chi, al mondo recata, secondo le Favole, 249.

Verità, il difenderla è officio di buon cavaliere, 204. — Dirla al principe sempre ed in ogni cosa è il vero fine del perfetto Cortegiano, 244, 245, 247, 280. — Quanto dovrebbe essere a cuore al principe, e quanto dovrebbe esso industriarsi per conoscerla, 266.

Versi. (Vedi Petrarca. Sannazaro.)

Vescovo di Potenza, proposto a farne un mattonato ad una stanza, 132.

Vestiti bene, seguiti dagli sciocchi, 100.

Vicende umane accennate, 281.

Viduità, vivente il marito, in che consista, 214.

Villani. (Vedi Nobili.) [p. 392 modifica]

Vinci (Leonardo da) pittore eccellente, 60. (Vedi Leonardo.)

Vino. I no lo conocistes; scherzo di Diego de Chignones, 136.

Vino d’una stessa qualità, lodato e biasimato per falsa opinion che fosse diverso, 111.

Viola, cantare alla viola, lodato, 87. —

I vecchi lo facciano in segreto, 88. (Vedi Sansecondo.)

Viole, musica delle quattro viole da arco, lodata, 87.

Virgilio, ripreso perchè non parlasse romano, 47. — In che imitasse Omero, 44. — Imitò Esiodo, ma non in tutto, e perciò il superò, 49.

Virile età, è la più temperata, 89.

Virtù vera qual sia, 185, 251. — Non nuoce mai ad alcuno, 273. — Virtù, una e principale in tutte le operazioni, 81. — Virtù (la) esser femina, e il vizio maschio; gentile scherzo d’Emilia Pia, 165. — Virtù che paiono date agli uomini dalla natura e da Dio, 249. — Virtù, si possono imparare, 250, 251. — Virtù, utili e necessarie debbonsi esercitare nella guerra, 264. — Della guerra, e oneste della pace (che sono il fine delle utili) enumerate, ivi. — Virtù d’un buon principe, 248. — Tutte non si possono esercitare dal perfetto Cortegiano, 279. — Virtù necessarie alla Donna di Palazzo, 177. —

Visiva virtù, ha per proprio obietto la bellezza, 294

Vita, non dee mettersi a pericolo per cose di poco momento, 82. — Vita più lunga, secondo l’autore, vivono le donne, e perchè, 184. — Vita attiva e contemplativa, qual di esse più convenga al principe, 261, 262. (Vedi Contemplativa.) — Vita del buon principe qual esser debba, 261.

Vittoria dee avere in pugno chi si mette a qualche impresa cogli inferiori, 84.

Vittorie gloriose di donne, 180.

Vivaci più degli uomini sono le donne, e perchè, 184.

Vizio che cosa sia, 251. — Esser maschio, e la virtù femmina; gentile scherzo d’Emilia Pia, 165. — Ove non fu gran vizio non fu gran virtù, 76, 77. — Levando i vizii, si levano le virtù, 78. — Vizii non sono affatto naturali, 250. — Sopravvennero alle virtù, 76, 77. — Vizii che debbonsi fuggire nelle professioni di ciascuno, 84.

Vocaboli stranieri alle volte si debbono usare, 46. — Vocaboli toscani corrotti dal latino, 4.

Voci nuove e formate da’ vocaboli latini e greci, si lodano, 46.

Volgar lingua, sua origine, 43 e seg. — In che consista la sua bontà, 52. — Ancor tenera e nuova a’ tempi dell’autore, 43. — Più colla in Toscana che in tutto il resto d’Italia, ivi.

Z

Zaffi, bergamasco parlare, 153.

Zenobia, lodata, 202.

Zeusi elegge cinque bellissime fanciulle di Crotone per trarre da esse una sola pittura eccellentissima, 69.

Zibellini, gran copia d’essi trovasi nella Moscovia, 129.