Il cavaliere e la dama/Atto III

Atto III

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Atto II Appendice

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ATTO TERZO.

SCENA PRIMA. 1

Strada.

Don Rodrigo e Don Alonso.

Alonso. Don Flaminio ha poca prudenza.

Rodrigo. Ha fatta un’azione indegna.

Alonso. Veramente n’ebbe il premio ch’ei meritava. Partì svergognato e confuso.

Rodrigo. Parve ch’egli mi minacciasse partendo. Scesi poco dopo di lui, ma non l’ho più veduto.

Alonso. Per altro egli piuttosto è coraggioso; ma un uomo che sa d’aver il torto, si rende vile. [p. 260 modifica]

Rodrigo. A qual fine tentava egli ingannare quella povera dama?

Alonso. Voleva essere il di lei cavaliere.

Rodrigo. Sa pur egli ch’ella è da me servita.

Alonso. Egli ha per massima, che una dama non abbia a contentarsi di un servente solo.

Rodrigo. È nota la prudenza di donna Eleonora.

Alonso. Ha meco scommesso un orologio d’oro, che si sarebbe impadronito della di lei grazia.

Rodrigo. E voi avete avuto la debolezza di concorrere a tale scommessa?

Alonso. So il carattere di donna Eleonora; l’ho fatto per convincere altre persone della di lei virtù.

Rodrigo. No, amico, perdonatemi, avete contribuito a porla in discredito. Dell’onor delle dame non si scommette. Questa è una materia delicatissima, di cui gli uomini onesti debbono favellare con rispetto. Il mondo facilmente mette in ridicolo la virtù istessa. La vostra scommessa, presso chi non conosce donna Eleonora, pone in dubbio la di lei onestà: e tosto che si dubita di una cosa, dal tristo mondo si crede il peggio.

Alonso. Avete ragione, io lo confesso. Non dovea dar pascolo alle pazzie di due donne, che hanno promossa colle loro critiche la questione. Ma ora, che sarà di donna Eleonora?

Rodrigo. Non saprei2. Ho creduto dover partire, per evitare la maldicenza; nè ho avuto campo ancor di vederla.

Alonso. Tocca a voi ad assisterla.

Rodrigo. Mi sgomentano le lingue indegne.

Alonso. Non l’abbandonate questa povera sventurata.

SCENA II.

Balestra e detti.

Alonso. Ecco il servo di don Flaminio.

Balestra. Servitore umilissimo di V. S. Illustrissima, (a don Rodrigo)

Rodrigo. Cosa vuoi? [p. 261 modifica]

Balestra. Il mio padrone le manda questo viglietto3.

Rodrigo. Sentiamo4. Don Rodrigo, da Voi mi chiamo offeso, e ne pretendo soddisfazione. Se siete cavaliere, v’aspetto fuori5 di porta Capuana, ove colla spada mi dovrete render conto dell’insulto fattomi jersera, allorachèe vi prendeste spasso di farmi comparire mentitore in una pubblica conversazione. Provvedetevi di un cavaliere padrino, ch’io pure farò l’istesso, intendendo che la disfida debba estendersi fino all’ultimo sangue.

Don Flaminio del Zero.

Balestra. (Oh diamine! Che cosa sento! Una disfida? Ed io l’ho recata? Il padrone mi ha gabbato). (da sè)

Alonso. Che risolvete di fare?

Rodrigo. Or ora sentirete la mia risoluzione. Aspettami, che ora torno con la risposta. (a Balestra)

Alonso. Andate a casa?

Rodrigo. Attendetemi. Vado alla spezieria qui vicina. (Trattenete costui, che non parta). (piano ad Alonso, e parte)

Alonso. E tu ti azzardi a portar disfide?

Balestra. Giuro da uomo onorato, che io non sapevo cosa contenesse il viglietto. Che se l’avessi saputo, non sarei entrato in tale impegno, nè posto mi sarei ad un tale pericolo, e tanto è vero, che in questa sorta d’affari io non me ne voglio impicciare, che ora me la colgo6, e vado a fare i fatti miei. (vuol partire)

Alonso. No, no, galantuomo, di qui non si parte.

Balestra. Che vuol ella da me? Perchè m’impedisce d’andarmene?

Alonso. Tu devi attendere don Rodrigo.

Balestra. Signore... mi perdoni... non voglio altri impegni... Con sua buona grazia...

Alonso. Ti fiaccherò l’ossa di bastonate.

Balestra. Per qual ragione? [p. 262 modifica]

Alonso. Se tu ritorni senza risposta, don Flaminio non saprà che pensare di don Rodrigo, e forse attribuendo a viltà il suo silenzio, si vanterà vincitore senza combattere. Ecco don Rodrigo che torna, non ti partire.

Balestra. (Pazienza! Ci sono, e non me ne posso ire. Se la scampo questa volta, non mi ci lascio più ritrovare). (da sè)

SCENA III.

Don Rodrigo e detti.

Rodrigo. Ecco la risposta che recherai a don Flaminio in mio nome.

Alonso. Poss’io essere a parte delle vostre risoluzioni?

Rodrigo. Vi leggerò il mio viglietto, e mi direte poi se io abbia risposto da cavaliere.

Alonso. Lo sentirò con piacere.

Rodrigo.7 Don Flaminio. Rispondo alla vostra disfida, non poterla, nè doverla io accettare, poichè tutte le leggi me lo inibiscono. Se non vi fosse altro da temere, oltre le pene pecuniarie ed afflittive, fulminate dai Sovrani Decreti, forse mi esporrei a soffrirle, per darvi pruova del mio coraggio; ma poichè le leggi cavalleresche dichiarano infame il cavaliere duellista, ricuso assolutamente di venire al luogo della disfida. Vi dico però nello stesso tempo, ch’io porto la spada al fianco per difesa della mia vita e dell’onor mio, e che in qualunque luogo avrete ardire di provocarmi, saprò rispondervi da cavaliere qual sono.

Don Rodrigo Rasponi.


Che dite? Vi pare che io abbia adempito all’uno e all’altro de’ miei doveri?

Alonso. Sì certamente. Non potevate in miglior maniera obbedire alle leggi, e dimostrare il vostro valore.

Rodrigo. (Chiude il biglietto coll’ostia, e lo dà a Balestra) Tieni, portalo al tuo padrone. Amico, compiacetevi di venir meco, (parte) [p. 263 modifica]

Alonso. Avverti non mancare, che don Rodrigo ed io ti faremmo pagar cara la tua mancanza. (a Balestra e parte)

Balestra. Obbligatissimo. Questa volta a portar viglietti mi son guadagnata una bella mancia. (parte)

SCENA IV.

Camera di donna Eleonora.

Donna Claudia e Donna Virginia.

Virginia. Vogliamo dire che donna Eleonora riposi ancora?

Claudia. Oibò, l’ho sentita muoversi prima che noi uscissimo della camera.

Virginia. Perchè dunque non esce, o non ci fa entrare?

Claudia. Prima di farsi vedere, vorrà porsi in bellezze.

Virginia. Credo non ne avrà volontà, dopo il dolor sofferto per la perdita di suo marito.

Claudia. Oh l’avete detta maiuscola! Credete voi ch’ella abbia sentito dolore per la morte del marito?

Virginia. Non l’avete voi veduta svenire?

Claudia. Cara donna Virginia, siete pur donna anche voi. Non vi siete mai servita di veruno svenimento, per dare ad intendere quel che non era?

Virginia. Voi mi fate ridere. Certo che all’occasioni non ho mancato anch’io di prevalermi di due lacrimette per intenerire. Ma per altro credetemi che la perdita di don Roberto l’ha sconcertata.

Claudia. Ed io penso tutto il contrario. Credo anzi che non vedesse l’ora ch’egli morisse.

Virginia. In quanto a questo poi, il marito è sempre marito, e per cattivo ch’ei sia, non si può fare di meno qualche volta di non amarlo.

Claudia. Sapete cosa dicono gli uomini di noi? Che vi sono per essi due giorni felici. L’uno, quando si maritano; l’altro, quando muore ad essi la moglie: e perchè non abbiamo noi a dire lo stesso di loro? [p. 264 modifica]

SCENA V.

Colombina, che esce dalla camera di Donna Eleonora e chiude l’uscio, e dette.


Virginia. Colombina, che fa la tua padrona?

Colombina. Sta meglio, sta meglio.

Claudia. Che fa che non esce di quella camera?

Colombina8. Aspetta don Rodrigo. L’ha mandato a chiamare.

Claudia. Vuol ella bene a don Rodrigo?

Colombina. Uh! è innamorata morta.

Claudia. Ed egli come si porta verso di lei?

Colombina. Tutto il giorno è qui.

Virginia. Se non fosse stata assistita da lui, come avrebbe fatto a vivere?

Claudia. Si sa, egli l’ha mantenuta del tutto.

Colombina. No, no, v’ingannate. Sinora non ha speso un soldo.

Virginia. Chi le paga la pigione di casa?

Colombina. Ha venduto un abito per dar venti scudi al signor Anselmo, ed egli per compassione non li ha voluti.

Virginia. Ed il rinfresco9 chi l’ha mandato?

Claudia. Oh, si sa, don Rodrigo.

Colombina. No davvero. È stato il signor Anselmo10.

Claudia. Che! è innamorato il signor Anselmo della tua padrona?

Colombina. Oh pensate! è un uomo di buon cuore, fa volentieri servigio a tutti.

Claudia. Dunque don Rodrigo non ispende?

Colombina. Niente affatto.

Claudia. E come si diverte colla tua padrona?

Colombina. Pare una marmotta. Stanno a sedere lontani, che [p. 265 modifica] passerebbe un carro fra le due sedie. Discorrono o delle liti, o delle cose di casa, o delle guerre, e passano così il tempo inutilmente. Qualche volta si guardano sottocchi e s’ammutiscono che fanno crepar di ridere.

Claudia. Tu non puoi sapere quello che facciano, quando sono soli.

Colombina. Oh, soli non istanno mai. Ma zitto, che la padrona mi domanda. Non le dite nulla di quel che vi ho detto, per l’amor del cielo. Vengo, signora, vengo11. (entra in camera di donna Eleonora)

SCENA VI.

Donna Claudia e Donna Virginia.

Virginia. Che ne dite, donna Claudia? La cosa non è poi come si discorreva.

Claudia. Io non credo che Colombina dica la verità.

Virginia. Non l’avete sentita? Ha principiato subito a dir male della padrona, e se avesse potuto dir altro, l’averebbe detto assolutamente.

Claudia. Non si può però negare ch’ella non sia un poco ambiziosetta.

Virginia. Cara donna Claudia, specchiamoci in12 noi.

Claudia. Che? Vorreste metterla in confronto mio? Mi fareste un bell’onore!

Virginia. Eccola, eccola che viene. (s’apre la camera13)

SCENA VII.

Donna Eleonora in abito vedovile e dette.

Claudia. (Oh bella! ha messo il bruno). (a donna Virginia)

Virginia. (Guardate come sta bene). (a donna Claudia)

Claudia. (Spicca, spicca la biacca con quel nero). [p. 266 modifica]

Eleonora14. Scusatemi, o care amiche, se vi ho fatto un po’ troppo rimaner sole.

Claudia. In verità non pare che siate stata punto travagliata. Siete bianca e rossa come una rosa.

Eleonora. Eh, donna Claudia, io non mi curo far pompa d’una mestizia che potrebbe anche credersi simulata, nè per autenticarla affetto la pallidezza. Il mio dolor l’ho nel cuore. Io lo sento, e non m’importa che lo creda chi non può darmi sollievo alcuno.

Virginia. (Sentite? questa vi sta bene). (piano a donna Claudia)

Claudia. (Se lo dico! è superba quanto Lucifero).

Virginia. Donna Eleonora, ora che siete vedova, che pensate di fare?

Eleonora. In così brevi momenti non ho avuto comodo di pensare a me stessa.

Virginia. Io vi consiglio a rimaritarvi.

Claudia. Ed io vi consiglio a starvene vedova. Oh che bella cosa è la libertà! È vero che vi sono de’ mariti indulgenti, che non vietano15 alla moglie far ciò che vuole, ma però di quando in quando vogliono farsi conoscere mariti, e qualche volta impediscono quello che averanno cento altre volte concesso.

Virginia. In quanto a me, se restassi vedova, vorrei rimaritarmi in capo a tre giorni.

Claudia. Voi lo dite per impegno: per altro non credo che lo diciate di cuore; se avete un diavolo di cicisbei!

Virginia. Maritata li posso avere, e vedova non potrei.

Claudia. Ah sì! il marito serve di mantello.

Eleonora. Non mi par che sia gran piacere dar motivo al mondo di mormorare.

Claudia. Oh, in quanto al mondo, mormora con ragione e senza ragione, onde far bene o non far bene è l’istesso. [p. 267 modifica]

Eleonora. In questo v’ingannate. Se il mondo mormora con giustizia, chi fa male ne sente pena; se mormora ingiustamente, chi è innocente si consola. So che di me ancora è stato mormorato non poco: pure non me ne sono afflitta, perchè conosco non meritarlo.

Claudia. Che possono aver detto di voi? Quando hanno detto che siete innamorata di don Rodrigo, hanno finito.

Eleonora. Don Rodrigo è un cavaliere d’onore.

Claudia. E voi siete una dama onorata. Farete all’amore onoratamente, ed ora con un onorato matrimonio potrete dare al mondo una dozzina di onoratissimi bimbi16.

SCENA VIII.

Colombina e dette, poi Don Alonso.

Colombina. Signora, il signor don Alonso desidera riverirla.

Eleonora. Passi, è padrone.

Colombina. (Consigliatela che si rimariti presto. Non vedo l’ora di fare un buon pasto). (piano a donna Claudia)

Alonso. Mie signore, vi sono schiavo. Come sta donna Eleonora?

Claudia. Sta meglio di donna Virginia e di me.

Alonso. Perchè sta meglio di voi?

Claudia. Perchè si è liberata dalla catena del matrimonio.

Alonso. Donna Claudia, temo che presto vogliate aver ancor voi una simile consolazione.

Claudia. Perchè dite questo? Ha forse la febbre mio marito?

Alonso. Peggio assai. Egli ha sfidato a duello don Rodrigo.

Eleonora. (Oimè! che sento!) (da se)

Claudia. L’ha sfidato a duello?

Alonso. Certamente.

Claudia. Ha egli accettata la disfida?

Alonso. No, ma se s’incontreranno, si batteranno.

Claudia. Oh, meschina me! Che sento mai! Se don Flaminio [p. 268 modifica] uccide il rivale, sarà esiliato, come don Roberto; si confischeranno i suoi beni, ed io diverrò povera come donna Eleonora!

Virginia. Ah, vi sta più sul cuore la roba, che la vita di don Flaminio?

Claudia. Che? Vi è paragone fra la roba e il marito?17 Presentemente dove sarà don Flaminio? (a don Alonso)

Alonso. Io l’ho veduto girare, e credo aspetti don Rodrigo per attaccarlo.

Claudia. Donna Virginia, andiamolo a ritrovare; fra voi e me vedremo di dissuaderlo.

Virginia. Volentieri. Ma non vi è alcuna delle nostre carrozze.

Alonso. Servitevi della mia.

Claudia. Venite ancor voi.

Alonso. Verrò, per non darvi motivo di una nuova mormorazione.

Claudia. Andiamo. (s’incammina)

Virginia. Addio, donna Eleonora, ci rivedremo avanti pranzo.

Claudia. Andiamo, andiamo, non facciamo altri complimenti.

Alonso. Donna Eleonora, a voi m’inchino. (partono tutti tre)

SCENA IX.

Donna Eleonora, Colombina, poi Anselmo.

Eleonora. Donna Claudia nemmeno mi ha fatto grazia d’un addio. Che donna altera è mai quella! Ma ciò poco mi preme. Quello che mi sta sul cuore si è il pericolo in cui ritrovasi don Rodrigo. Ah, che don Rodrigo occupa una gran parte del mio cuore e de’ miei pensieri.

Colombina. Signora, il signor Anselmo vorrebbe riverirla.

Eleonora. Passi, è padrone.

Colombina. Via, state allegra, non piangete più il marito; già per quello che ne facevate: egli stava a Benevento, e voi a Napoli. (parte) [p. 269 modifica]

Eleonora. Niuno sa da quante passioni sia combattuto il mio cuore.

Anselmo. Col più sincero sentimento del cuore protesto alla signora donna Eleonora il mio dolore per la perdita fatta della felice memoria del degnissimo suo consorte. Ho veduto il signor don Rodrigo, mi ha data egli questa cattiva nuova, e non ho voluto mancare al debito mio, protestandole che queste mie lacrime non sono cagionate da un affettato complimento, ma dal cuore addolorato per la compassione delle sue disgrazie.

Eleonora. Caro signor Anselmo, quanto sono tenuta al generoso amor vostro! Non accrescete colla vostra tenerezza la pena mia. Non mi fate lacrimar di vantaggio.

Anselmo. Veramente conosco che troppo mi lascio trasportare dal dolore per cagione di una vera amicizia. Doveva anch’io farle il solito complimento. Ella si consoli, siamo tutti mortali. Ma queste son cose che chi le ascolta le sa meglio di chi le dice, e non giovano nè per i morti, nè per i vivi. Sa ella cosa io le dirò, di buon cuore, da buon amico e servitore che le sono? In tutto quello che occorre, son qui per lei. Parli con libertà, se qualche cosa le bisogna per la casa, per il bruno, per altre spese; alle corte, per tutto, son qua io, mi comandi e disponga di me; questo è il più bel complimento ch’io possa farle.

Eleonora. Voi mi sorprendete con un eccesso di generosità. Pur troppo anco iersera mi avete favorito. Vi ringrazio delle cere, dello zucchero e di quant’altro mi avete abbondantemente favorita18.

Anselmo. Niente, queste son piccole cose. Mi dà permissione ch’io le possa parlare con libertà?

Eleonora. Anzi mi fate grazia a parlarmi liberamente.

Anselmo. Si degna ella, riguardo alla mia età, di tenermi in conto di padre?

Eleonora. Per tale vi considero e vi rispetto.

Anselmo. Ed io, non per il grado, sapendo non esser degno di tanto, ma per l’amor che le porto, la tengo in luogo di figlia. [p. 270 modifica] Favorisca ascoltarmi, e senta quel che le dice un uomo, che desidera unicamente il suo bene. Ella è vedova, sprovveduta di danari e di beni. Ella è nobile, ed è ancor giovine; che cosa ha intenzione di fare?

Eleonora. Questo è quel pensiere che occupa la mia mente.

Anselmo. Andiamo per le corte, senza tanti raggiri. Se vuole restar vedova, sola non istà bene, onde la consiglio ritirarsi o con i suoi parenti, o con qualche famiglia onesta e dabbene, ed io le passerò, fino ch’ella vive, un trattamento da povera dama, e le farò un assegnamento per dopo la mia morte ancora. Se vuol ella ripigliar marito, quattro, cinque, sei mila scudi glieli darò io, secondo il partito che si ritroverà. Io non ho figliuoli, i miei parenti non hanno di bisogno di me. Ho qualche poco di bene al mondo, il cielo me l’ha dato. Il cielo vuole ch’io ne disponga, oltre il mio bisogno, per qualche opera di pietà, e fra tutti li guadagni che ho fatti nel corso della mia vita, il guadagno maggiore sarà questo, di aver soccorso una vedova abbandonata, perchè povera e miserabile, perchè onesta.

Eleonora. Oh Dio! Voi mi fate piangere per tenerezza.

Anselmo. Via, si consoli. La sua bontà, la sua modestia, la sua rassegnazione mi muove, mi stimola a quest’atto di pietà umana; onde ella mi ha capito. O ritirarsi, o maritarsi: o il suo mantenimento, o una dote discreta. Tanto esibisce un padre per affetto ad una figlia per rassegnazione.

Eleonora. Voi avete un cuore pieno di bontà e di vero amore.

Anselmo. Sì, signora, questo è il vero amore, e non quello di certi cacazibetti: gioia19... Non ho mai potuto tollerare le frascherie; ed ella mi piace, perchè è una donna prudente, che non bada a simili sciocchezze. Il matrimonio non lo condanno. Ella è stata maritata una volta, è giovane, non sarebbe male che si tornasse ad accompagnare, ma con giudizio, da donna saggia, per istar bene e non per istar male; pensare più al giorno che alla notte, e considerare che la gioventù e la bellezza [p. 271 modifica] sono cose che passano presto, ma i buoni costumi, la virtù e la prudenza stabiliscono la vera pace delle famiglie.

Eleonora. Oh, se vi fossero al mondo padri della vostra sorta, quanto meno tristi figliuoli si vedrebbero!

Anselmo. Signora, s’ella mi dà licenza, le leverò l’incomodo.

Eleonora. Così presto volete privarmi delle vostre grazie?

Anselmo. Ho da badare a’ miei interessi, e non ho tempo da gettar via; quello che io aveva da dirle, l’ho detto. Ella pensi e risolva; e quando averà risoluto, mi avvisi: si fidi di me, e non pensi ad altro. La cosa passerà con segretezza fra lei e me. Troveremo un pretesto per far credere al mondo che la provvidenza sia derivata o dai parenti,20 o dal fisco. Non voglio che si sappia che lo fo io; perchè chi dona, e fa sapere d’aver donato, mostra d’averlo fatto per ambizione, e non per zelo, nè per buon cuore, e quando il benefattore fa arrossire la persona beneficata, vende a troppo caro prezzo qualsisia benefizio. Le fo umilissima riverenza. (parte)

SCENA X.

Donna Eleonora, poi Colombina, poi il Dottore Buonatesta.

Eleonora. Io rimango incantata! Gran bontà del signor Anselmo! Gran provvidenza del cielo nei miei disastri!

Colombina. Signora, il signor Dottore.

Eleonora. Fa che passi, mi porterà la sentenza.

Colombina. (Se lo credo, ch’i’arrabbi). (da sè) Venga, venga, signor Dottore.

Eleonora. Consolati che, se la causa andasse male, il cielo mi ha provveduta per altra parte.

Colombina. Sì? me ne rallegro.

Dottore. Fo riverenza alla signora donna Eleonora. Mi dispiace della morte del signor don Roberto. Che vuol ella fare? Si consoli. Siamo tutti mortali. (in atto di mestizia) [p. 272 modifica]

Eleonora. (Ecco il complimento accennato dal signor Anselmo). (da se) Vi ringrazio, signor Dottore: come va la causa?

Dottore. Ma! Che vuol ella ch’io le dica? Disgrazie sopra disgrazie.

Colombina. Eh, l’ho detto, l’ho detto.

Eleonora. Vi è qualche novità?

Dottore. Pare a lei piccola novità la morte del marito? Non vede che immediatamente la causa muta d’aspetto? Noi abbiam domandato gli alimenti dal fisco vivente viro, che vuol dire vivente il marito; il marito è morto, conviene variare la domanda.

Eleonora. Come? Tornar da capo?

Colombina. Almeno dateci li quaranta scudi.

Dottore. Oh, sono spesi, sono andati21. Appena sono di qui partito, andai subito a ritrovare l’amico e gli contai li venti scudi, e presto s’aveva da rilasciare la sentenza. Si è sparsa la nuova della morte di suo marito, e dubito che tutto sia andato in fumo.

SCENA XI.

Don Rodrigo e detti, poi un Messo della Curia.

Rodrigo. Si può entrare? (di dentro)

Colombina. Questo dottoraccio ha lasciato la porta aperta.


Eleonora. Favorite, don Rodrigo.

Rodrigo. Donna Eleonora, senza che io parli, credo sarete ben persuasa ch’io sia a parte del vostro dolore. Permettetemi ch’io rivolga prima il discorso al signor Dottore. Signore, che fate qui? Come va la causa?22

Dottore. Dubito che voglia andar male.

Rodrigo. Io vi ho da dare una buona nuova. La sentenza è uscita, la causa è terminata. E voi non lo sapete?

Dottore. Dice davvero? (con allegria) [p. 273 modifica]

Rodrigo. È sicurissimo.

Eleonora. Com’è questa sentenza?

Rodrigo. Or ora lo saprete. Vi è qui un messo della Curia, venuto a posta per darvene parte. Colombina, fallo passare.

Colombina. Ancora mi pare impossibile. (parte)

Dottore. Vede, signora donna Eleonora, se io son un uomo di garbo? Tutta opera del mio giudizio, della mia buona condotta.

Messo. Servitore umilissimo di V. S. Illustrissima.

Rodrigo. Eccolo il signor Dottore, notificategli la sentenza.

Dottore. Eh, la può notificare alla principale, che è qui presente.

Rodrigo. No, no, la deve notificare a voi.

Messo. D’ordine regio. Il signor Dottor Buonatesta in termine di ventiquattr’ore deve andarsene esiliato da Napoli, in pena, trasgredendo, della carcere e d’altre pene ad arbitrio.

Dottore. Come! A me un simile affronto! Per qual causa? Qual male ho fatto?

Messo. Per aver tradita la signora donna Eleonora, dandole ad intendere delle falsità, a solo motivo di carpirle di mano il denaro, senza compassione delle sue indigenze, e per aver fatto credere mancatori e corrotti li signori Ministri, con pregiudizio del loro decoro.

Dottore. Intendo di voler esser sentito.

Messo. O parta subito di questa casa, o gli sbirri la faranno partire. (parte)

Dottore. Oh me infelice! Qualche mala lingua mi ha rovinato.

Rodrigo. io sono stato la mala lingua, che ha discoperte le vostre iniquità.

Dottore. Povera la mia riputazione! Povera la mia casa! Ma! Questo è il frutto che si ricava dalle falsità e dagl’inganni. Parto pien di rossore e di confusione, e voglia il cielo che questo caso, che questo mio gastigo serva di documento a me ed a’ pari miei: che chi cerca per fas e per nefas di guadagnare, trovasi alla fine scoperto, punito e precipitato. (parte, e Colombina gli va dietro) [p. 274 modifica]

SCENA XII23.

Donna Eleonora e Don Rodrigo.

Eleonora. Misera me, in che mani io era caduta!

Rodrigo. V’ingannaste a fidarvi d’un forestiere. Colui non si sa di qual paese egli sia.

Eleonora. Orsù, lasciamo per ora di ragionare di ciò: ho piacere che mi abbiate ritrovata sola, e solo con voi bramo di restare per poco. Deggio farvi un discorso, da voi forse non preveduto.

Rodrigo. Lo sentirò volentieri.

Eleonora. Ma prima favorite dirmi qual esito abbia avuto la disfida di don Flaminio.

Rodrigo. La cosa si è pubblicata, si sono frapposti dei cavalieri comuni amici, ed ora si tratta l’aggiustamento.

Eleonora. Don Rodrigo, questa ch’io vi parlo forse è l’ultima volta. Deh, permettetemi ch’io vi parli con libertà.

Rodrigo. Oimè! Perchè l’ultima volta?

Eleonora. Non è più tempo di celar un arcano, finora con tanta gelosia nel mio cuor custodito. Finchè fui moglie, malgrado le violenze dell’amor mio frenai colla ragione l’affetto; ora che sono libera e che potrei formare qualche disegno sopra di voi, più non mi fido dell’usata mia resistenza, nè trovo altro riparo alla mia debolezza che il separarmi per sempre dall’adorabile aspetto vostro.

Rodrigo. Mi sorprende non poco la vostra dichiarazione. La bontà, che voi dimostrate per me, esige in ricompensa una confidenza. Sì, se mi credeste insensibile alle dolci maniere vostre, v’ingannaste di molto. So io quanto mi costa la dura pena di superare me stesso.

Eleonora. Ecco un nuovo stimolo all’intrapresa risoluzione. Noi non siamo più due virtuosi soggetti, che possano trattarsi senza passione, ed ammirarsi senza pericolo. Il nostro linguaggio ha [p. 275 modifica] mutato frase, i nostri cuori principierebbero ad uniformarsi alla corruttela del secolo. Rimediamoci, finchè vi è tempo.

Rodrigo. E non sapete proporre altro rimedio che quello di una sì dolorosa separazione? Veramente lo stato mio, i miei numerosi difetti non mi possono lusingare di più.

Eleonora. V’intendo, con ragione mi rimproverate che io non preferisca al mio allontanamento le vostre nozze. Se io vi sposassi ora che sono vedova, direbbe il mondo che vi ho vagheggiato da maritata, e in luogo di smentire le critiche di chi pensa male di noi, si verrebbero ad accreditare per vere le loro indegne mormorazioni.

Rodrigo. Ah sì, pur troppo è vero. Le malediche lingue hanno perseguitata la nostra virtù; negar non posso che saggiamente voi non pensiate, ma il separarci per sempre... Oh cielo! Compatite la mia debolezza. Non ho cuor da resistere a sì gran colpo.

Eleonora. Che dobbiam fare? Avete cuor di resistere a fronte delle dicerie? Siete disposto a preferire la vostra pace al vostro decoro?

Rodrigo. No, donna Eleonora, non voglio perdervi per acquistarvi. Conosco la vostra delicatezza; non soffrireste gl’insulti del mondo insano. Andrò esule da questa patria, andrò ramingo pel mondo; ma prima di farlo, bramo sapere quale sarà lo stato in cui vi eleggerete di vivere.

Eleonora. Ritirata dal mondo.

Rodrigo. Ed io vi offro quanto sia necessario per una sì eroica risoluzione.

Eleonora. Dareste per altra via motivo di mormorare. Non temete, il cielo mi ha provveduta.

Rodrigo. E come? Ma vita... Ah, vedete se sia necessaria questa nostra separazione. (resta pensoso)

Eleonora. Gran disavventura! Dover prender motivo di separarci da quell’istessa ragione, che ci dovrebbe rendere uniti. (restano tutti due sospesi) [p. 276 modifica]

SCENA XIII.

Colombina e detti, poi Don Alonso.

Colombina. Dormono o cosa fanno? Signora padrona.

Eleonora. Che vuoi?

Colombina. È qui il signor don Alonso.

Eleonora. Fa che egli venga.

Colombina. (Non so s’ella pianga per il morto o per il vivo). (da sè, parte)

Rodrigo. Donna Eleonora, coraggio.

Eleonora. Mi confido che per poco dovrò penare.

Rodrigo. Perchè?

Eleonora. Perchè morirò quanto prima.

Alonso. M’inchino a donna Eleonora. Amico, tutto è accomodato. Con don Flaminio sarete amici.

Rodrigo. E quali sono i patti dell’aggiustamento?

Alonso. Giusti ed onesti per ambidue. Or ora vena qui don Flaminio, chiederà egli scusa a donna Eleonora d’averle detta una falsità, e dirà averlo fatto per puro scherzo, a motivo di renderla lieta nella conversazione. Così ancor voi, che avete prese le parti di donna Eleonora, rimarrete con ciò soddisfatto. Voi, posciachè l’avete reso ridicolo in pubblica conversazione, dovrete dire averlo fatto senza pensiere di offenderlo, e per puro impegno di svelare una verità, che non si poteva tener celata. Vi chiamerete amici e si terminerà la contesa; siete di ciò contento?

Rodrigo. Un cavaliere che dà la sua parola ad un altro, non ha che ripetere sul già fatto.

SCENA XIV.

Colombina e detti.

Colombina. Uh, uh, quanto sussurro! Tre, o quattro carrozze in una volta24. [p. 277 modifica]

Alonso. Saran donna Claudia e donna Virginia con don Flaminio.

Eleonora. Eccole, sono desse.

SCENA XV.

Donna Virginia, Donna Claudia, Don Flaminio e detti.

Virginia. Serva, donna Eleonora.

Eleonora. Serva, donna Virginia.

Claudia. Serva, donna Eleonora.

Eleonora. Serva, donna Claudia.

Flaminio. Donna Eleonora, vi chiedo scusa anco alla presenza di don Rodrigo, mio buon amico, della favola che vi ho inventato, assicurandovi averlo unicamente fatto per motivo di rendervi nella conversazione più lieta.

Eleonora. Per me accetto in buon grado le vostre giustificazioni, e vi ringrazio di quest’atto della vostra bontà.

Rodrigo. Don Flaminio, vi protesto nel fatto di ieri sera non aver avuto intenzione d’offendervi, ed aver letta la lettera unicamente per disvelare una verità che non doveva tener celata, protestandomi d’essere vostro amico.

Claudia. Oh via, è fatta la pace. Sediamo un poco.

Colombina. (Porta da sedere, e tutti seggono.)

Virginia. E così, donna Eleonora, come ve la passate?

Eleonora. Benissimo, grazie al cielo.

Claudia. Vi è passato il dolor di cuore25?

Eleonora. Sì, mi è passato un poco.

Claudia. E che sì ch’io indovino chi ve lo ha fatto passare?

Eleonora. Via, dite.

Claudia. Don Rodrigo.

Rodrigo. (Ecco le lingue perfide!) (da sè)

Eleonora. Certo, don Rodrigo mi ha consolato, in grazia d’un ottimo consiglio da lui propostomi, e da me placidamente abbracciato. [p. 278 modifica]

Claudia. M’immagino vi averà consigliata a prendere stato.

Eleonora. Per l’appunto.

Claudia. Dunque quanto prima vedremo questo bel matrimonio.

Eleonora. No, signora, quanto prima mi vedrete ritirata dal mondo.

Virginia. E perchè una simile risoluzione?

Eleonora. Per consiglio di don Rodrigo.

Claudia. Don Rodrigo, perchè piuttosto non la sposate?

Rodrigo. E perchè l’ho io da sposare?

Claudia. Non le volete bene?

Rodrigo. La stimo e la venero come dama.

Claudia. E voi, donna Eleonora, non siete un poco accesa di don Rodrigo?

Eleonora. Lo stimo e lo venero come cavaliere.

Virginia. (Che ne dite, donna Claudia, sono due eroi?) (a donna Claudia)

Claudia. (Secondo me, sono due pazzi). (a donna Virginia)

Alonso. Le lingue satiriche e maldicenti vi spronano a far conoscere, per quanto io vedo, la vostra onestà e la vostra virtù.

Flaminio. E volete abbadare a quello che dice il mondo? Siete pur buoni. So che dicono male di me, io dico male degli altri, e così siamo al pari.

Alonso. E volete vivere ritirata? (a donna Eleonora)

Eleonora. Così ho stabilito.

Alonso. E voi l’accorderete? (a don Rodrigo)

Rodrigo. Io non la saprei sconsigliare d’una eroica risoluzione.

Alonso. Mi fate entrambi pietà.

Claudia. Via, se vi fa pietà, sposatela voi.

Alonso. Chetatevi una volta con questo vostro parlar mordace. Voi siete forse il principale motivo, per cui la povera dama perde in don Rodrigo uno sposo.

Claudia. Per causa mia lo perde? Che importa a me che ella ne prenda anco dieci? [p. 279 modifica]

SCENA ULTIMA.

Anselmo e detti.


Anselmo. Con permissione di lor signori. Ho ritrovato la porta aperta, ho chiamato, nessuno ha risposto, e mi son preso l’ardire di venire avanti.

Eleonora. Avete fatto benissimo. Accomodatevi, signor Anselmo.

Flaminio. (Non vorrei avesse portato il conto delle cere). (da sè)

Anselmo. (Siede) In questo punto è arrivata una staffetta da Benevento, che mi ha recate diverse lettere di negozio. Fra queste ve n’è una che mi manda un mio corrispondente, per consegnare in proprie mani della signora donna Eleonora.

Colombina. (Sta a vedere che don Roberto è risuscitato). (da sè)

Eleonora. Caro signor Anselmo, fatemi voi il piacere di aprirla e di leggerla. Se altro non contiene, oltre la notizia della morte del povero don Roberto, non ho bisogno di accrescermi la tristizia.

Anselmo. Volentieri, la servirò. (apre, e legge piano)

Virginia. (Eppure è vero, don Rodrigo non ha per donna Eleonora quella passione che si diceva). (a donna Claudia)

Claudia. (Che volete ch’io dica? Rimango stupida26).

Virginia. (Quanto ingiustamente abbiamo mormorato di lei!)

Claudia. (Finalmente poi le nostre parole non le hanno ammaccate le ossa).

Anselmo. Signora, vi è qualche cosa di più. (a donna Eleonora) Vi è tutto quello che ha detto il povero signor don Roberto prima di morire a quelli che lo assistevano, e fra le altre cose questa mi pare la più rimarcabile. Signor don Rodrigo, la supplico di ascoltarmi. Se si contentano, leggerò io. Caro amico, che avete la bontà di assistermi in questi ultimi periodi della mia vita, vi raccomando la cosa più cara ch’io abbia al mondo, che è la mia povera moglie. Ella rimane miserabile e abbandonata, senza assegnamento veruno, e questo è il maggior dolore ch’io provo nella mia morte. (Mi vien da piangere). [p. 280 modifica] Don Rodrigo Rasponi, ch’è il cavaliere più savio e più onesto ch’io abbia trattato, ha sempre avuto della bontà per me e per la mia casa. Supplicatelo vivamente in mio nome con vostra lettera, o per mezzo di qualche vostro amico, che per carità non abbandoni la mia povera moglie. Ciò spero nella provvidenza del cielo, a cui raccomando questa povera onoratissima dama27.

Alonso. Via, don Rodrigo, movetevi a compassione di lei. Se non vi sentite portato a farlo dall’amore o dal genio, fatelo per le tenere amorose preghiere del vostro amico defunto.

Flaminio. Se non vi movete a pietà, siete troppo crudele. Guardatela, poverina, farebbe piangere i sassi.

Virginia. Deh, mostratevi men severo per le massime di una troppo rigorosa virtù. Ormai è pubblica la vostra passata onestà. Si vede quale sia stato il vostro savio contegno. Sposatela, per amor del cielo.

Claudia. Io vi assicuro che rimango sorpresa. Non mi credeva che al mondo si dessero tali caratteri, e quando ne sentiva discorrere, mi poneva a ridere. Ora mi chiamo da voi convinta, e credo sia necessario che v’accoppiate insieme, per produrre al mondo, se sia possibile, degli animi imitatori delle vostre belle virtù.

Anselmo. Animo, signor don Rodrigo, non si faccia pregar più oltre. Ella conosce appieno il buon carattere di quella dama, tanto savia, tanto rassegnata e prudente28.

Colombina. (Se non dice di sì, è più ostinato di un mulo). (da sè)

Rodrigo. Tutti mi persuadono, tutti m’invitano, e donna Eleonora non dice nulla?

Eleonora. Che volete che io dica?29 Siete voi persuaso delle ragioni de’ buoni amici? [p. 281 modifica]

Rodrigo. Il povero consorte vostro a me vi ha raccomandato. Adempirei le sue brame, se non temessi gl’insulti de’ maldicenti.

Flaminio. Ammirerà tutto il mondo la vostra condotta.

Virginia. Donna Eleonora potrà servire d’esempio all’onesto modo di conversare.

Claudia. Ma l’imitarla sarà difficile.

Alonso. Siete in debito di cavaliere premiare la virtù di questa singolarissima dcima.

Eleonora. (Che farò?) (da sè)

Rodrigo. (Che risolve?) (da sè)

Eleonora30. Don Rodrigo.

Rodrigo. Donna Eleonora. (mirandosi con tenerezza)

Eleonora. Non so resistere31.

Rodrigo. Non posso più. (sì prendono per la mano)

Tutti. E viva, e viva. (s’alzano)

Rodrigo. Sì, donna Eleonora, giacchè posso sperare di ottenervi senza discapito della vostra estimazione e del mio decoro, vi offerisco la mano.

Eleonora. Accetto la generosa offerta vostra, e vi giuro inalterabile la mia fede. Considerate per altro che son vedova di poche ore, nè mi è lecito passar sì presto a novelle nozze.

Rodrigo. La vostra onestà lo esige. La mia discretezza l’accorda. Un anno vivrete vedova.

Claudia. È troppo, è troppo.

Virginia. Bastano tre o quattro mesi.

Flaminio. Via, per ogni buon riguardo starete nove mesi.

Rodrigo. Chi si marita sol per capriccio, non sa tollerare gl’indugi; ma chi sposa il merito e la virtù, si contenta della sicurezza del premio, e gode colla dilazione di meritarlo.

Eleonora. In quel ritiro ch’io mi aveva eletto per sempre, se vi contentate, mi tratterrò per quest’anno. (a don Rodrigo)

Rodrigo. Saggiamente da vostra pari pensate32. (a donna Eleonora) [p. 282 modifica]

Alonso. Felicissimo maritaggio, perfetta unione, coppia singolare e magnanima, che fa discemere al mondo in un vivo esemplare il cavaliere e la dama.

Eleonora. Rendo grazie al cielo d’avermi inalzata dal fondo della miseria ad una singolare fortuna. Ringrazio voi, mio adorato sposo, della bontà che avete per me. Ringrazio tutti, e precisamente il signor Anselmo, della generosa propensione dimostrata al mio scarso merito, dovendo io confessare per gloria della verità essere arrivata a questo grado di felicità col mezzo dell’onestà e della sofferenza, che sono il più ricco tesoro di una dama povera, ma onorata.

Fine della Commedia.



Note

  1. Le edd. Bett. e Sav. portano quest’altra indicazione: Giorno.
  2. Le parole di Rodrigo, che seguono, mancano nelle edd. Bett. e Sav.
  3. Segue nelle edd. Bett. e Sav.: «Alon. Qualche disfida, a D. Rodrigo».
  4. Bett. e Sav.: Apre e legge forte.
  5. Bett. e Sav.: v’aspetto stamane, tra le ore tredici e quattordici, fuori.
  6. Bett. e Sav.: batto.
  7. Bett. e Sav.: legge forte.
  8. Così nelle edd. Bett. e Sav.: «Col. Zitto, si dà un poco di rossetto. Claud. Ve l’ho detto io? Virg. Ma perchè si belletta? Col. Oh, sempre, sempre. Claud. E vi era bisogno che per farsi vedere da noi stamattina, si desse il rossetto? Col. Oh, non lo fa mica per voi. Virg. E dunque per chi? Col. Aspetta D. Rodrigo. Claud. Vuol ella bene ecc.»
  9. Bett. e Sav.: di ieri sera.
  10. Segue nelle edd. Bell, e Sav.: «Virg. E i candellieri? Claud. Quelli li ho conosciuti. Erano di D. Rodrigo. Col. Eppure v’ingannate, sono del signor Anselmo. Claud. Che! è innamorato ecc.»
  11. Le edd. Bett. e Sav. aggiungono: Vorrà forse la molettina per strapparsi i peli della fronte.
  12. Bettin. e Sav.: Guardiamoci.
  13. Bettin. e Sav. aggiungono: e si vede uscire
  14. Così Bett. e Sav.: «Scusatemi, care amiche, se io vi ho fatto un poco soverchiamente rimaner sole. Vi confesso la verità, già siamo tutte donne, ero tanto trista per la mala notte sofferta, che ho voluto assettarmi il capo. Virg. Avete fatto benissimo. Claud. In verità, non pare ecc.»
  15. Bett. e Sav.; impediscono.
  16. Bett. e Sav.: bambolini.
  17. Bett. e Sav. aggiungono: Che vorreste ch’io facessi senza la carrozza, senza li staffieri, senza il mio trattamento da dama? Ah, che in pensarvi mi sento venire i sudori freddi. Presentemente dove sarà ecc.
  18. Bett. e Sav.: graziato.
  19. Bett. e Sav. hanno invece: Ahi! anima mia! Viscere mie! Spasimo, moro...
  20. Bett. e Sav. aggiungono: dal marito.
  21. Bett. e Sav. aggiungono: «Eleon. Anco li venti di ieri sera? Dott. Certamente. Appena sono ecc.»
  22. Nelle edd. Bett. e Sav. si legge più brevemente: «Rodr. Servo di D. Eleonora. Oh, sig. Dottore, che fate qui? Come va la causa?»
  23. Questa scena, com’è nelle edizioni Bettinelli e Savioli, vedasi in Appendice.
  24. Bett. e Sav. aggiungono: (se restano qui a pranzo, vogliono farla magra).
  25. Bett. e Sav.: il gran dolore del marito?
  26. Bett. e Sav.: incantata.
  27. Bett. e Sav. aggiungono: termina di leggere piangendo.
  28. Bett. e Sav. aggiungono: Cosa vuol Ella di più? Gli resta forse qualche difficoltà, perchè è priva di dote? Sappia che ella ha di dote seimila scudi, e se ne dubita, io gli sarò mallevadore.
  29. Segue nelle edd. Bett. e Sav.: «Sapete ch’io dipendo da’ vostri saggi consigli. Rodr. Siete voi persuasa dalle ragioni de’ buoni amici? Eleon. Il povero mio consorte a Voi mi raccomanda. Rodr. Adempirei le sue brame ecc.»
  30. Nelle edd. Bett. e Sav. precede l’esclamazione di Rodrigo.
  31. Nelle edd. Bett. e Sav. queste parole sono di Rodrigo, e quelle che seguono, vengono pronunciate da Eleonora.
  32. Segue nelle edd. Bett. e Sav.: «Ans. Ed io son qui. Quel che ho detto, mantengo. La m’ha capito. a D. Elleon.».