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IL CAVALIERE E LA DAMA 277

SCENA ULTIMA.

Anselmo e detti.


Anselmo. Con permissione di lor signori. Ho ritrovato la porta aperta, ho chiamato, nessuno ha risposto, e mi son preso l’ardire di venire avanti.

Eleonora. Avete fatto benissimo. Accomodatevi, signor Anselmo.

Flaminio. (Non vorrei avesse portato il conto delle cere). (da sè)

Anselmo. (Siede) In questo punto è arrivata una staffetta da Benevento, che mi ha recate diverse lettere di negozio. Fra queste ve n’è una che mi manda un mio corrispondente, per consegnare in proprie mani della signora donna Eleonora.

Colombina. (Sta a vedere che don Roberto è risuscitato). (da sè)

Eleonora. Caro signor Anselmo, fatemi voi il piacere di aprirla e di leggerla. Se altro non contiene, oltre la notizia della morte del povero don Roberto, non ho bisogno di accrescermi la tristizia.

Anselmo. Volentieri, la servirò. (apre, e legge piano)

Virginia. (Eppure è vero, don Rodrigo non ha per donna Eleonora quella passione che si diceva). (a donna Claudia)

Claudia. (Che volete ch’io dica? Rimango stupida1).

Virginia. (Quanto ingiustamente abbiamo mormorato di lei!)

Claudia. (Finalmente poi le nostre parole non le hanno ammaccate le ossa).

Anselmo. Signora, vi è qualche cosa di più. (a donna Eleonora) Vi è tutto quello che ha detto il povero signor don Roberto prima di morire a quelli che lo assistevano, e fra le altre cose questa mi pare la più rimarcabile. Signor don Rodrigo, la supplico di ascoltarmi. Se si contentano, leggerò io. Caro amico, che avete la bontà di assistermi in questi ultimi periodi della mia vita, vi raccomando la cosa più cara ch’io abbia al mondo, che è la mia povera moglie. Ella rimane miserabile e abbandonata, senza assegnamento veruno, e questo è il maggior dolore ch’io provo nella mia morte. (Mi vien da piangere).

  1. Bett. e Sav.: incantata.