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266 | ATTO TERZO |
uccide il rivale, sarà esiliato, come don Roberto; si confischeranno i suoi beni, ed io diverrò povera come donna Eleonora!
Virginia. Ah, vi sta più sul cuore la roba, che la vita di don Flaminio?
Claudia. Che? Vi è paragone fra la roba e il marito?1 Presentemente dove sarà don Flaminio? (a don Alonso)
Alonso. Io l’ho veduto girare, e credo aspetti don Rodrigo per attaccarlo.
Claudia. Donna Virginia, andiamolo a ritrovare; fra voi e me vedremo di dissuaderlo.
Virginia. Volentieri. Ma non vi è alcuna delle nostre carrozze.
Alonso. Servitevi della mia.
Claudia. Venite ancor voi.
Alonso. Verrò, per non darvi motivo di una nuova mormorazione.
Claudia. Andiamo. (s’incammina)
Virginia. Addio, donna Eleonora, ci rivedremo avanti pranzo.
Claudia. Andiamo, andiamo, non facciamo altri complimenti.
Alonso. Donna Eleonora, a voi m’inchino. (partono tutti tre)
SCENA IX.
Donna Eleonora, Colombina, poi Anselmo.
Eleonora. Donna Claudia nemmeno mi ha fatto grazia d’un addio. Che donna altera è mai quella! Ma ciò poco mi preme. Quello che mi sta sul cuore si è il pericolo in cui ritrovasi don Rodrigo. Ah, che don Rodrigo occupa una gran parte del mio cuore e de’ miei pensieri.
Colombina. Signora, il signor Anselmo vorrebbe riverirla.
Eleonora. Passi, è padrone.
Colombina. Via, state allegra, non piangete più il marito; già per quello che ne facevate: egli stava a Benevento, e voi a Napoli. (parte)
- ↑ Bett. e Sav. aggiungono: Che vorreste ch’io facessi senza la carrozza, senza li staffieri, senza il mio trattamento da dama? Ah, che in pensarvi mi sento venire i sudori freddi. Presentemente dove sarà ecc.