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270 ATTO TERZO

Eleonora. (Ecco il complimento accennato dal signor Anselmo). (da se) Vi ringrazio, signor Dottore: come va la causa?

Dottore. Ma! Che vuol ella ch’io le dica? Disgrazie sopra disgrazie.

Colombina. Eh, l’ho detto, l’ho detto.

Eleonora. Vi è qualche novità?

Dottore. Pare a lei piccola novità la morte del marito? Non vede che immediatamente la causa muta d’aspetto? Noi abbiam domandato gli alimenti dal fisco vivente viro, che vuol dire vivente il marito; il marito è morto, conviene variare la domanda.

Eleonora. Come? Tornar da capo?

Colombina. Almeno dateci li quaranta scudi.

Dottore. Oh, sono spesi, sono andati1. Appena sono di qui partito, andai subito a ritrovare l’amico e gli contai li venti scudi, e presto s’aveva da rilasciare la sentenza. Si è sparsa la nuova della morte di suo marito, e dubito che tutto sia andato in fumo.

SCENA XI.

Don Rodrigo e detti, poi un Messo della Curia.

Rodrigo. Si può entrare? (di dentro)

Colombina. Questo dottoraccio ha lasciato la porta aperta.


Eleonora. Favorite, don Rodrigo.

Rodrigo. Donna Eleonora, senza che io parli, credo sarete ben persuasa ch’io sia a parte del vostro dolore. Permettetemi ch’io rivolga prima il discorso al signor Dottore. Signore, che fate qui? Come va la causa?2

Dottore. Dubito che voglia andar male.

Rodrigo. Io vi ho da dare una buona nuova. La sentenza è uscita, la causa è terminata. E voi non lo sapete?

Dottore. Dice davvero? (con allegria)

  1. Bett. e Sav. aggiungono: «Eleon. Anco li venti di ieri sera? Dott. Certamente. Appena sono ecc.»
  2. Nelle edd. Bett. e Sav. si legge più brevemente: «Rodr. Servo di D. Eleonora. Oh, sig. Dottore, che fate qui? Come va la causa?»