Gli sposi promessi/Tomo III/Capitolo VII
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cap. vii
In un disegno qualunque o di pensiero o di azione (quando sia di quei disegni che hanno a riuscire) dopo superati alcuni ostacoli, dopo1 avute certe arre di buon successo, giunge un momento, in cui le idee diventano più2 sicure e più3 vigorose, la cosa appare più fattibile: il già fatto4 conforta e5 indica nello stesso tempo quello che resta a farsi,6 la probabilità di ottenere lo scopo ne rinnova il desiderio,7 che la vista degli ostacoli aveva indebolito, e lo spirito acquista8 quasi una placida sveltezza, una risoluzione pronta, che governa gli avvenimenti.9
Il disegno di salvare un uomo debb’essere uno di quelli,
che danno10 in sommo grado all’animo di chi l’ha conceputo, e lo sta eseguendo, questa alacrità, questo vigore intenso, questa gioja crescente. La morte e lo scampo, le angosce estreme, e un sollievo inaspettato, i tormenti, e il riposo, un cadavero11 sfigurato, in cui12 nulla più appare che l’insulto fatto all’immagine di Dio, e l’aspetto d’un vivente, che si ricompone alla speranza, alla vita, alla riconoscenza,13 debbono14 essere incessantemente presenti a quell’animo, fargli sentire vivamente che15 l’una delle due sta per avverarsi;16 intendere tutte le sue potenze a fare che il bene s’avveri e sia cessato lo spaventoso irreparabile.
La porta, quando la carrozza vi si fermò, era in uno stato
miserabile: i gangheri in parte scassati fuori dalle spalle
del muro, le imposte, scheggiate, ammaccate,17 forzate nel mezzo e scombaciate l’una dall’altra,18 lasciavano tra loro una fessura, dalla quale si vedeva un pezzo di catenaccio torto
e quasi divelto con gli anelli; che teneva ancora insieme
quelle imposte, a un di presso come già Romolo Augustolo
teneva insieme l’impero d’occidente. Dinanzi a questa porta
si19 tenzonava tuttavia tra quelli, che volevano abbatterla ed entrare di forza, e gli altri, che volevano ch’ella fosse aperta soltanto al gran cancelliere.20 L’arrivo di questo, attestando in certo modo l’assenso della folla alla sua missione, e facendone vedere il compimento probabile e vicino, sconcertò i disegni violenti dei primi; i quali finalmente si rimasero.
21«Giustizia! giustizia!»22 si gridava! «Giustizia,» rispondeva Ferrer: «in castello, in prigione.» Uno di quegli amici della quiete si avvicinò allo sportello, e disse al gran cancelliere: «Faccia presto, e con coraggio, ché siamo qui molti galantuomini a darle ajuto.» «Bravi,» rispose Ferrer: «fate far largo, statemi intorno, e fate in modo che la porta s’apra tosto, e ch’ io entri solo.» «Lasci fare,» rispose quello; e in tanto23 egli ed i suoi compagni rispinsero i furibondi, occuparono tutto lo spazio fra la carrozza e la porta,24 si divisero quindi a25 rispingere e a contenere a destra e a sinistra
la folla, e lasciarono cosi una picciola piazzetta tra la carrozza e la porta. Uno di essi intanto s’era posto alla fessura, 26 e procurava di fare intendere a quei di dentro: che27
quegli che parlava era un amico, che era giunto un soccorso,
il gran cancelliere, che si aprisse o si finisse di aprire la
porta: che il Vicario stesse pronto per entrare in carrozza
ed esser salvo. Quei di dentro intesero, respirarono, e28 risposero che aprirebbero; e che si correva a cercare il padrone.
Un altro aperse lo sportello della carrozza, e il vecchio
Ferrer, in gran toga, discese.
Da una parte e dall’altra gli affollati29 stavano, in punta di piedi per vederlo, mille facce, mille barbe s’alzavano per sopravanzare30 quelli che erano davanti. Il momento di curiosità e di attenzione generale produsse un momento di generale silenzio. Ferrer, appoggiato31 a due benevoli,32 pose piede sul predellino; e quivi fermatosi un momento, e dato uno sguardo a destra e a sinistra,33 come da una bigoncia, salutò la moltitudine; indi, posta la destra al petto, gridò:34 «Avrete pane quanto ne vorrete: lo prometto io: vengo a far giustizia. Vengo a prenderlo prigione:» e35 a queste ultime parole, stese la destra in atto severo verso la porta di quella casa, come accennando che veniva a portarle un rigoroso giudizio; e36 pose piede in terra fra le acclamazioni, che n’andavano alle stelle.
La porta fu tosto aperta, o per meglio dire37 quei di dentro fecero uscire a stento il catenaccio incurvato dagli anelli squassati,38 e allargarono la fessura,39 badando bene a40 ragguagliarla appuntino allo spazio, che occupava il gran cancelliere.
«Presto presto,» diceva egli, «Signori, aprite bene, ch'io
entri,41 e voi42 ritenete la gente per amor di Dio:» diceva agli altri, «ch’io entri solo ... Così, così state,» diceva ancora a quei di dentro, «non ispingete... eh! raccomando le mie costole...chiudete ora...no, eh! eh! la toga, la toga.»
La toga sarebbe rimasta43 acchiappata fra le imposte, se Antonio Ferrer non ne avesse ritirato44 con molta disinvoltura45 lo strascico, che sparve come la coda di una biscia,46 che si rintana inseguita.
Le imposte furono ravvicinate e47 appuntellate per di dentro, mentre di fuori la porta era difesa dai benevoli, i quali andavano però gridando: «presto presto,» «Presto presto,» diceva pure Ferrer ai servitori: «dov’è
quest’uomo benedetto? venga venga, son qui per salvarlo.»
Il Vicario scendeva le scale, mezzo guidato e mezzo tirato
dai suoi, i quali gli persuadevano ch’era giunta la salute.
Quand’egli vide il gran cancelliere,48 mise un gran respiro, si senti49 scorrere un po’ di vita per le gambe, e 50 affrettò il passo incontro al suo salvatore.51 «Stia di buon animo ch’io vengo per salvarla,» disse Ferrer. «Son perduto! son perduto!» rispose il Vicario: «come uscire di qui? la strada è piena di gente che mi vuol morto.» «Ho qui la mia carrozza: venga tosto, e52 confidi in Dio,» disse Ferrer; e, presolo per mano, lo condusse verso la porta.
«Guardate un po’ come stanno le cose là fuori,» disse egli allora ad un servo:53 si tolsero i puntelli, si separarono un po’ le imposte, e un servo, facendo capolino, disse a quelli che facevano guardia al di fuori: «Siamo a tempo?... » « Sì, sì, ma tosto, tosto,» risposero quelli: il varco fu aggrandito, e Ferrer usci col Vicario, dicendo:54
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Quei della guardia, colle mani, colle cappe, coi cappelli,
fecero come un velo, una rete, una55 nuvola, per togliere il Vicario alla vista della moltitudine: il Vicario entrò, Ferrer gli tenne dietro, lo sportello fu chiuso; la moltitudine seppe, indovinò quello che era accaduto, e sollevò un grido confuso di56 viva e d’imprecazioni.
57 In tutto questo frattempo58 una parte di quelli che volevano il Vicario,59 s’era impiegata a preparare un po’ di via60 alla carrozza, facendo ritirare la moltitudine: il cocchiere stava pronto, e si mosse,61 cautamente però, tosto che sentì
chiudere lo sportello, e dirsi: «Andiamo.»
Ferrer voleva raccomandare al Vicario di tenersi rincantucciato nel fondo della carrozza, ma vide che il suo consiglio era stato prevenuto; egli si affacciava ora a destra ora a sinistra, rispondendo alle mille grida,62 e di tempo in tempo, passando colla faccia accanto all’orecchio del Vicario, gli63 diceva qualche parolina,64 che doveva essere intesa da lui solo.
«Sì sì, lo prometto,65 in castello, in prigione! un esempio, una giustizia esemplare. Tutto questo per bene di Vossignoria; no no, non iscapperà, è in mano mia, si farà un buon processo, un processo severo, e se è reo...voglio dire: sarà castigato rigorosamente. Sì sì66 uno scellerato, un birbante; ma si farà giustizia. Vossignoria perdoni. Lo faremo saltar fuori il frumento, lasciate fare, a buon mercato, brava gente, fedelissimi vassalli. Il re, nostro signore, non vuole che si patisca la fame. Avete ragione; la passerà male, se ha fallato, la passerà male. Stia di buon animo, che siamo quasi fuori.»
In fatti la carrozza era giunta67 in capo alla via;68 ad ogni passo la folla diveniva più rada, e la carrozza cominciava a scorrere liberamente.69 Fra i più avanzati alcuni avevano presa la corsa70 e battevano la strada alla carrozza,
per vedere se la s’avvicinava al castello davvero; altri la
seguivano lentamente, altri vi rimanevano addietro.
Quivi il Ferrer vide quei soldati, che erano stati spettatori oziosi del tumulto, e stavano ancora li ritti e ordinati, come per imporre alla moltitudine, per mantener l’ordine; ma in vero per non saper che farsi. Ferrer71 guardò72 all’ufìziale con un cenno del vólto, che voleva dire: - bell’ajuto che m’avete prestato: — l'ufiziale fece un inchino, e
si strinse nelle spalle: Ferrer, in un momento di vanagloria,
mormorò tra sé: — 73 oggi è proprio il caso di dire: Cedant arma togae. —
Quando la carrozza ebbe preso il largo affatto, il Vicario,
riavuto un po’ il fiato, rese grazie umili e sincere prima a Dio poi al vecchio Ferrer, che lo aveva74 cavato d'un bel fondo.
«Eh! eh!» diceva Ferrer, al quale75 i pensieri della vanagloria erano stati interrotti dai pensieri d’ una politica, nella quale era incanutito. «Eh! Che dirà il re nostro signore? Che dirà il conte Duca?»76 — Il conte Duca, — soggiunse77 tra sé a bassa voce — che non vuol romori, che s’adombra se una foglia fa un po’ più strepito del solito. —
«Ah! per me,» disse il Vicario: «non voglio più saperne, me ne lavo le mani, rassegnerò78 il mio posto, e
andrò a vivere in una grotta, sur una montagna, a far l’eremita, lontano, lontano da questa gente bestiale.» «Vossignoria farà quello che sarà più conveniente al servigio del re nostro signore,» disse Ferrer.
«Ah! il re nostro signore non mi vorrà veder morto,» rispose il Vicario: «lontano, lontano da costoro: in una grotta.»
In pochi momenti la carozza fu in castello, e il Vicario
respirò davvero, quando sentì alzarsi dietro di lui un ponte
levatojo, e si trovò in79 luogo, dove non si vedevano che soldati.
Gli storici originali80 contemporanei, non parlano più nulla di lui; ma noi, valendoci del privilegio che hanno
gli storici di seconda mano, di inventare qualche cosa di
verisimile, per rendere compiuta la storia e supplire alle
mancanze dei primi, affermiamo sicuramente, come se ne fossimo stati testimonj: che il Vicario, uscito dal castello, quando la sedizione fu affatto compressa, continuò ad essere Vicario pel tempo che gli rimaneva a compiere la sua carica, e da poi procurò di diventare tutto quello che potè.
Dobbiamo pur notare un’altra reticenza più importante e che dà luogo ad indovinare81 com minor timore d'ingannarsi. Non si trova scritto che il processo del Vicario, che il Ferre aveva promesso dugento volte in quel giorno sia stato fatto; e si può82 scommettere che non sia stato fatto. Su di che non possiamo lasciare di dire il nostro parere, perché, avendo noi83 accompagnato il Ferrer coi nostri vóti e coi nostri applausi in quella spedizione, non intendiamo per nulla di aver lodata una gherminella,84 un raggiro. Ferrer fece molto bene a promettere che il Vicario sarebbe giudicato, perché quella era85 una promessa ragionevole, e che poteva impedire un delitto. Ma fece molto male, o Ferrer o chiunque si fosse quegli o queglino, che non si curarono di86 fare, o impedirono che si facesse una cosa, la quale era stata promessa solennemente, e avrebbe pure dovuto esser fatta, quand’anche non si fosse promessa. Poiché, o il Vicario era reo, non dico87 delle pazzie che gli venivano apposte, ma di qualche cosa,88 ed era bene punirlo: o egli era del tutto innocente, ed era cosa ottima mettere in chiaro la sua innocenza, convincere la moltitudine89 della sua spaventosa credulità, e farle90 sentire, farle confessare che91 le era stato risparmiato92 una stolida atrocità. Invece
si mentì, le prevenzioni della moltitudine non furono tolte,
le fu dato per sopra più il rancore d’essere stata ingannata;93 e, col fare di questo mezzo di salute un inganno, si tolse,94 per altre occasioni simili, al mezzo la sua efficacia; la quale consisteva tutta nella fede data alle parole.
— Ma, sento dirmi, queste cose non vanno giudicate con questa misura: non sono come le parole che si danno tra privati : si trattava d’impedire un male, e ogni parola era buona: passato il pericolo, l’attenere quella parola era cosa difficile, pericolosa, strana: si avrebbe dovuto propalare molte cose,che dovevano stare segrete, insomma tutto il sistema era95 un ostacolo. — Tanto peggio per un sistema che mette i suoi autori, e i suoi agenti in impicci, dai quali
non si possono cavare che dando una parola, che il sistema poi impedisce di mantenere. Dovremmo noi dunque ammettere che i primi96 falli scusino, anzi santificano quelli che vengon dopo? — Eh! con questi argomenti, non si farebbe nulla. Il fondamento della vera sapienza pratica consiste nel prendere gli uomini come sono. — 97 Queste parole proferite cosi spesso, e sempre cosi a proposito,98 che, passando tanto per le bocche degli uomini, non99 hanno mai perduta la100 loro forza e 101 sciolgono tutte le questioni,102 troncano a maraviglia anche la presente; e ci103 dispensano dall’internarci in una digressione, la quale sa il cielo quanto avrebbe durato. Prendiamo dunque gli uomjni come sono, raccontando quello che hanno fatto.
104
La folla, che al moversi105 della carrozza s’era tutta messa in movimento, per tenerle dietro, cominciò a sparpagliarsi106
quando la carrozza, vincendo della mano, si allontanò e
disparve.
Ad ogni crocicchio per cui si passava, ad ogni via che
metteva capo107 sulla via per dove procedeva la folla, una parte di essa se ne scompagnava e ne usciva a destra o a sinistra: chi per andarsene a casa o ai fatti suoi per la più breve, chi per voglia di scialarsi un po’ al largo, dopo tante ore di pressa. Di quegli che rimanevano addietro, alcuni si stavano come trasognati,108 pensando109 alle imprese
di quel giorno, non110 sapendo bene111 render conto a se stessi se dovessero essere soddisfatti o no, parendo loro che la cosa fosse imperfetta, che si fosse terminato senza conchiuder nulla di serio, e guardandosi intorno, per vedere se la cosa voleva continuare in qualche modo. Altri si riunivano in piccioli crocchj,112 e113 procedendo lentamente, e talvolta sostando, tenevano ragionamento sul fatto114 e sull’ avvenire Si disputava del supplizio, che sarebbe dato al Vicario di provvisione: chi gli pronosticava le forche, chi il taglio della testa, perché era115 cavaliere; i più moderati si contentavano del bando. Si stabiliva il prezz 'del pane, si facevano leggi ancor più severe contra gli accapparatori116 e contra i fornaj, si117 benediceva Ferrer e si maledicevano tutti gli altri magistrati. In questi crocchj s’inframmettevano di quei pescatori nel torbido, che avevano dilatata e118 tenuta viva la sommossa119 in quel giorno e gettavano accuratamente i germi per l’indomani, ora mostrando di fidarsi poco delle promesse fatte120 in un momento di terrore, e facendo intendere che le promesse non sarebbero121 attenute, se non fossero122 rimasti uniti quelli, che le avevano fatte uscire con la forza; ora123 asserendo che124 nel tal luogo, alla tale ora
dell’indomani, vi sarebbe gran concorso, e preparando così un
concorso, al quale nessuno aveva pensato ancora.125 Quelle tali facce, delle quali già al mattino ne aveva riconosciuta alcuna quel prudente le cui parole avevano dato da pensare a Fermo, andavano ora in ronda più che mai origliando,126 sguaraguatando, intromettendosi ai discorsi, per andare a riferire127 qualche cosa ai magistrati; i quali tra la battisoffia e la stizza stavano consultando, e aspettando128 di conoscere129 un po’ meglio lo stato delle cose, di vedere le acque un po’ abbassate, per piantare un qualche argine.
130Fermo, dopo avere, finché potè, seguita131 la carrozza, che aveva salvato il Vicario dal furore del popolo e lo conduceva legalmente in prigione, si fermò a riaversi un poco, a ricapitolare, a riconoscere i suoi pensieri, che erano tutti132 esultanti. Quel133 disgusto, che gli avevano recato le grida134 del sangue e i preparativi della carnificina, aveva dato luogo alla gioia di vedere la giustizia e l’umanità vittoriose,135 il delitto punito senza delitti, e136 la dignità del ma¬ magistrato137 il potere legale unito col vóto pubblico, e divenuto suo amico e suo ministro.
138Fermo vedeva aprirsi il secolo dell’oro, e durava fatica a rinvenire dallo stupore di una tanta mutazione, avvenuta139 negli affari del mondo e nei140 suoi, come egli credeva.
Ieri sera141 fuggitivo142 a cercare un nascondiglio,143 perché? perché aveva ragione; senza forza, senza144 altro soccorso che di consigli, di consolazioni, e di buona volontà: oggi145 in mezzo ad una moltitudine146 di uomini, che parlavano come lui, e parlavano alto, e soli: oggi egli aveva esercitato con gli altri la giustizia e la clemenza, aveva147 cooperato a far punire un colpevole potente, a salvarlo da una pena ingiusta e crudele, aveva gridato148 tutto il giorno, aveva detto sempre il suo parere, e se pure aveva trovato contraddizione, alla fine, il suo vóto149 aveva trionfato. Pieno di entusiasmo pel passato e di più grandi speranze, egli si mischiò ad uno di quei crocchj; e, dopo essere stato uditore per qualche momento, si fece interlocutore, e poco stante divenne predicatore.
«Signori miei cari,» diss’egli, perché al forese sono signori tutti150 i cittadini che non domandano l’elemosina. «Signori miei cari, sentano un poco anche me, che ho delle cose giuste da dire. Ecco se non è vero che oggi si è
veduta la prova che, a saper fare, si ottiene più giustizia
in un giorno che in cento anni a star lì senza muoversi. Come sarebbe andata,151 se non ci fossimo trovati insieme tanti galantuomini? Si sarebbe tirato innanzi allo stesso modo, fino a che fossimo tutti morti di fame.152 Per lungo tempo fanno mostra di non intendere, e poi, per darvi un osso in bocca, mettono fuori una buona grida,153 che dice di sì, e pochi giorni dopo viene un'altra grida, che dice di no: e intanto passa il tempo, e i cenci vanno all’aria. È una lega malandrina:154 e i galantuomini che si trovano fra quelli che menano la polta, anch'essi non ponno parlare; come quel bravo Ferrer, sia benedetto! che è tutto della
nostra, eppure non poteva far niente; e oggi l’abbiamo veduto come era contento di poter dire la sua ragione e di vedersi sostenuto;155 come parlava col cuore in mano, e che faccia ridente aveva per trovarsi in mezzo ai galantuomini. Dunque156 ha potuto fare157 le cose giuste, e mettere in prigione un tiranno; ma eh! eh!... ce n’è tanti altri; e la cosa è chiara,158 perché lo dicono anche le gride: che il mondo è
pieno di tiranni; che159 fanno il Decalogo al rovescio, che160 vogliono tutte le cose a modo loro, ed è un modo da cani,161 che vanno in volta coi loro bravi, il fiore della canaglia,162
con certi uomini che cominciano in questo mondo a farsi la faccia che avranno a casa del diavolo, e con questi fanno
e disfanno, e tiranneggiano la povera gente; e163 se un povero figliuolo164 cerca di maritarsi onestamente, signor no, essi non vogliono perché... perché... birboni, birbononi! E se uno165 non vuol fare a modo loro, lo fanno bastonare; e se dice — ahi! — 166 i bastoni si cangiano in coltelli; e quando un povero figliuolo s’imbatte in colui, che lo ha tiranneggiato, bisogna che gli faccia di cappello, e che metta la testa fino in terra, come se passasse dinanzi al suo Santo protettore. Eppure le gride cantano chiaro, ed io lo so, che ne ho sentito leggere una da un avvocato...una buona
lana, anch’egli: tutti d’accordo; perché anche i giudici, a
che cosa credete che guardino i giudici? alla ragione? Eh!
guardano ai calzoni; e, se sono di seta, quegli che li porta
ha ragione, se sono di fustagno,167 ha torto. Dunque dico io: siccome le gride non servono a nulla, bisogna finirla; e dirlo al Ferrer, ma dirglielo in piazza, e in molti, che168
faccia fare il processo a tutti costoro;169 e poi, perché ci vuol altro che una carrozza a condur prigione tutti costoro, bisognerà170 far venir oltre tutti quelli che maneggiano, e che sono come Ferrer, che hanno il timore di Dio e vogliono le cose giuste: e condurli alle case di questi tiranni, loro signori li conosceranno meglio di me, e farli
metter tutti allo scuro, e far loro un buon processo, e giustizia sommaria, e poi far lo stesso anche fuori dalle porte
di Milano, ché vi so dir io che il bisogno è grande. Dico
bene, signori miei?»171
«Dite bene, benissimo!» risposero molte voci: «parla come un libro:» disse uno.172 «Eh! eh! che tabella hanno questi di fuora!» disse un altro. «Poh! poh!» mormorava un altro, crollando le spalle: «non bisogna metter troppa carne a fuoco: ci siamo mossi pel pane; e, se si173 mettono in campo altri174 piati,175 non avremo più nemmeno i pani.»176
La proposta divenne l’oggetto d’una discussione generale: il crocchio si suddivise in piccoli crocchj, dove altri narrava
fatti di tiranni, altri proponeva i mezzi di porre ad esecuzione il disegno di Fermo, altri faceva obiezione. Intanto
il sole era caduto,177 il barlume andava cedendo il luogo alle tenebre, e178 molti,179 stanchi già di deliberare, e non raffigurando più la faccia dei loro interlocutori (cosa che180 scema molto il diletto181 del conversare) si spiccavano a uno
a due a tre;182 e se ne andavano con le promesse di rivedersi. Quei che183 s’erano aggruppati intorno a Fermo,184 ed erano i più185 affetti al suo disegno, si separarono quandouno ebbe detto: «Buona sera, io vado a casa:» «anch’io,» disse un altro; «anch’io, anch’io: a rivederci domani: da buoni fratelli: non mancate: addio: addio:» «buona sera, buona sera.»
Fermo, rimasto solo, pensò ai casi suoi.186 Quando si dice che l’amore, le speranze, i timori, lo sdegno, l’ambizione, ed altri divertimenti di simil genere,187 tolgono la fame, la sete, la stanchezza,188 si deve intendere che le tolgono temporaneamente, che le sospendono; perché, a torle189 realmente e in modo utile, sono necessarj ingredienti di tutt'altro genere, come per esempio: cibo, bevanda, riposo. Fermo aveva190 passata vegliando la notte antecedente su
un barroccio disagiato, la mattina su la via da Monza a
Milano, e il resto di quel giorno191 a girare per le vie, o a192 dimenarsi per la calca; aveva mangiati in tutto il giorno due di quei pani, che aveva trovati su le sue orme come la manna nel deserto,193 e di liquido non aveva194 gustato pure una goccia. E siccome,195 dopo esser stato qualche tempo osservatore silenzioso, aveva poi schiamazzato196 la parte sua per qualche ora, cosi la sua gola era come197
d'aprile un campo, che sia in grande necessità di pioggia, e invece vi abbia tirato un gran vento.198 Quindi le immagini grandiose di assembramenti, di deliberazioni publiche, di carrozze, di prigioni, di D. Rodrigo in fuga, diedero luogo nella sua mente, e vi si presentò in vece una
scranna, un fiasco, un po’ di companatico, e un letto; e
dietro199 alle immagini tosto il pensiero del come procacciarsi le cose.
In tutt’altra occasione Fermo, balzato dai suoi monti nella
città, di notte, senza conoscenti, sarebbe stato impacciato
assai, ma200 l’attività e i successi di quel giorno gli avevano data una gran fiducia nelle sue forze;201 e avevano fatto di
lui un uomo assai più disinvolto dell’ordinario.202
— Osterie in Milano ce n’è, — diss’egli fra se medesimo: — e con la lingua in bocca, e con quattro soldi in tasca non si perisce in nessun luogo. Oh!203 e la lettera da dare al Padre Bonaventura? È tardi: a quest’ora il convento sarà chiuso, e sa il cielo quanto è distante, e204 avrei a domandare forse venti volte205 la via prima di giungervi: e poi... quand’anche fosse giorno chiaro,206 che207 andrei a fare ora dal Padre Bonaventura?208 Se è tanto amico del Padre Cristoforo, sarà un santo anch’egli: buona gente nel confessionale, al letto d’un moribondo; ma delle cose di
questo mondo... so ben io, non s’intendono niente. So già quello che mi direbbe: «figliuol mio, sono tempi cattivi, statevene fuori, non andate nella gente». Poh! se tutti dovessero dar retta a chi dà di questi pareri, non si farebbe mai nulla a questo mondo.209 Non sono poi un ragazzo.
Vediamo se saprò trovare una osteria. —
Cosi pensando, Fermo andava innanzi lentamente, guardando in su a destra e a sinistra, per iscoprire qualche insegna, qualche frasca spenzolata, che indicasse l’ospitalità venale, di cui egli aveva bisogno.
Ma quando Fermo [s’era mosso,]210 si era pur mosso211 su la sua traccia un uomo, che aveva intesa la sua predica,e da poi gli era sempre stato a canto in modo da osservarlo senza esserne osservato: questi,212 appena Fermo ebbe dati213 venti passi cogli occhi in aria, gli si accostò, si fermò a considerarlo un momento, come se lo vedesse in quel
punto per la prima volta, e gli disse: «Buon giovane, voi mi sembrate forese: avete bisogno di qualche cosa, posso servirvi?»
«Oh! che brav’uomo,» rispose Fermo: «appunto ho bisogno di trovare un’osteria per bere un tratto, e per dormire questa notte.»
« Ve ne insegnerò io una a proposito, e v’accompagnerò,» disse lo sconosciuto.
«Vi sarò bene obbligato,» replicò Fermo: «ma mi spiace del vostro...»
«Eh! burlate,» disse l’altro: «si può fare meno? Una mano lava l’altra, è un proverbio che l’avrete anche nel vostro paese: quale è il vostro paese? non per214 cercare i
fatti vostri, ma215 perché mi parete stanco, e dovete aver fatto viaggio assai.»
«Sono infino, infino da Lecco,» rispose Fermo.
«Per bacco! venite ben da lontano, povero giovane,»
disse la guida; «ma l’osteria è vicina, e potrete riposarvi
a momenti. Siete fortunato, non dico per farmi valere, ma
siete fortunato d’essere incappato in un galantuomo, che vi
condurrà bene.» «Vi sono obbligato,» rispose Fermo: «e vi fermerete a
bere un tratto con me.»
Il resto della via fu speso in rifiuti cerimoniosi dello
sconosciuto,216 ai quali Fermo replicava con istanze sempre più forti; tanto che217 entrarono insieme in una piccola osteria; e, attraversato un cortiletto, lo sconosciuto, come sperto del luogo, s’accostò ad una porta e, alzato il saliscendo, aperse;218 e, introdotto Fermo, entrò con lui nella cucina.
Due o tre lucerne, appese ad altrettanti staggi appiccati
ai correnti della soffitta, illuminavano la stanza, nella quale
erano sparse cinque o sei tavole:219 su alcune si mangiava, si giocava su alcune altre, e si gridava da per tutto; e si vedevano correre danari, i quali, se avessero220 potuto parlare, avrebbero detto probabilmente: — questa mattina noi eravamo nella ciotola d’un fornajo. — Sotto la cappa del camino stava seduto l’oste,221 il quale222 stava ad udire, non parlava che quando era chiamato,223 sentiva tutti i discorsi, delle cose del giorno, e se pure veniva stimolato a dire il suo parere, rispondeva per lo più: «non so niente: io faccio il mio mestiere.» Quando egli senti muovere il saliscendo, guatò224 a chi entrava, riconobbe tosto la guida, e fissò gli occhi scrutatori in faccia del guidato.225
«Vi conduco un bravo avventore,» disse la guida:
«trattatelo bene.»
«È mio impegno» disse l’oste: «che cosa comandano
questi signori?»
Fatta226 questa solita interrogazione, egli esaminò ben bene227 il vólto228 e la persona di Fermo, dicendo fra sé: — tu vieni con un cacciatore: o cane o lepre sarai; ma non sono229 l’oste della luna piena, se non ti conosco alla prima parola
che dirai. —
230«Avete del vino sincero,231 sano, fatto in coscienza?»
disse Fermo.
232 «Quanto a questo,» rispose l’oste: «potete star sicuro, non ne233 ho mai tenuto altro: ne ho del più e del meno caro; ma per la sincerità,234 tutto il mio vino è lo stesso: se venisse un ragazzo lo tratterei, come tratto voi.» Così disse l’oste; e235 aggiunse fra sé: — ho inteso: tu sei lepre; va che sei caduto in buone mani. —
«Dunque portate del buono,» disse Fermo: l’oste partì e un momento dopo tornò236 con un boccale.
«Che vogliono da mangiare questi signori?» diss’eglì riponendo il boccale sur una tavola.
«Che cosa avete ?»
«Per esempio un buon pezzo di stufato?»
«Portate lo stufato,» disse Fermo.
«Ma!» disse l’oste237 già in atto di partire, e sostando: «pane non ne ho in questa giornata.»
«Eh !al pane ha pensato la Provvidenza,» disse Fermo; e238 in aria di trionfo si cavò di tasca il terzo ed ultimo di quei pani raccolti sotto la croce di San Dionigi.
«Va bene,» disse l’oste; e partì. Fermo allora, preso per un braccio lo sconosciuto guidatore, gli fece forza, perché sedesse, e bevesse con lui. Poco stante l’oste portò da mangiare; e Fermo astrinse il guidatore a fargli compagnia, e239 si pose a mangiare con un appetito, che240 si fece sentire molto grande quando la prima sete fu ammorzata.
241A tutte quelle tavole si gridava:242 quindi la conversazione era divenuta come generale; perché243 molti discorsi, facendosi sentire dall’una tavola all’altra, provocavano risposte; le quali244 facevano poi nascere dei dialoghi continuati. Come poi il soggetto di tutti245 quei colloqui separati era uno solo, le vicende di quel giorno, così in poco tempo anche il colloquio divenne246 comune a tutti quelli, che ivi si trovavano riuniti a caso. 247 Fermo parlò assai, perché come abbiam detto era giunto quivi con una gran sete, e il vino non mancava. Lo sconosciuto aveva già inteso248 dalla bocca di Fermo,249 e registrate attentamente nella memoria molte cose, che erano per lui250 tesori; ma gli mancava251 una notizia importante, e pensò a procacciarsela. Disse dunque a Fermo: «converrà che voi252 avvisiate l’oste che avete intenzione di dormir qui, affinch’egli vi prepari la stanza».
«È vero,»253 rispose Fermo, e chiamato l’oste : «avete,» disse, «una buona stanza, un buon letto da darmi? da povero figliuolo, ma una cosa pulita.»
«Starete da principe,» disse l’oste, e,254 fattosi ad un armadietto che era appeso255 ad una parete, ne tolse un pezzetto di carta, un piccolo calamajo, e una penna; quindi, accostatosi a Fermo: «in grazia,» disse, «il vostro nome?»
«Il mio nome?» rispose Fermo,256 a cui il vino sincero dell’oste257 aveva portate tutte le passioni ad un grado lirico. «Che cosa volete fare del mio nome ? Avete paura ch’io non vi paghi? Se fossi un tiranno con dieci bravi al mio servizio, potreste dubitare; ma sono un povero figliuolo, e258 non son uomo da dare un conto in pagamento a nessuno.»
«Boh! non dico per questo,» rispose l'oste:259 « ma v'è una grida*260 molto severa che ordina ed espressamente comanda: sono parole della grida, e la so a memoria: comanda (dice) a tutti gli osti e tavernaj, camere locande etc. che ogni notte, (dice) giorno per giorno, dia notizia e relazione di tutte le persone che alloggeranno261 etc. specificando (dice)
il giorno dell’arrivo di ciascuno, nome e cognome, e di che
nazione sarà, a che negozio viene (dice)...
262«Questa è bella,» interruppe Fermo: «ecco se non è per sapere i negozj degli altri! Vengo per un negozio263 briccone, senza mia volontà; vengo per un negozio che264 a raccontarlo ci vorrebbe una sera; ma colui che mi ha fatto venire,265 si è tessuto il capestro, e presto presto desidererà di non essersi mai impacciato nei fatti miei.»
«Onde, non per mia curiosità, ma per cagione della grida,» continuava l’oste; ma Fermo l’interruppe ancora,
dicendo:
«Questa è una grida che non conta, perché non è mica buona: e fatta contra la povera gente, per sapere266 i fatti
dei galantuomini, ed è una di quelle, che s’hanno a disfare;
dunque non ne parliamo più, e vi assolverò io.267 Riempitemi invece un’altra volta questo boccale, ché il vino lo trovo a mio genio, e lo riconosco per galantuomo senza domandargli il nome.»
«Ma io sono obbligato...»268 ricominciò l’oste,269 dando allo sconosciuto un’occhiata che voleva dire: — siatemi testimonio ch’io faccio il mio dovere. —
«Via, via,» gridarono in un punto molte voci: quel
giovane ha ragione: sono tutti balzelli, angherie: legge
nuova, legge nuova, oggi!»
L’oste si strinse nelle spalle,270 e guardò ancora allo sconosciuto, il quale disse pure: « via non vedete che è un galantuomo? andate a preparagli la stanza.»
«Bravo compagno! bravi amici!» sclamò Fermo: «adesso vedo proprio che i galantuomini si danno la mano e si sostengono.» Partito l’oste, si parlò della grida e delle gride, e poi ancora del pane e dei tiranni. Lo sconosciuto, che fino allora non aveva presa gran parte alla conversazione, usci in campo anch’egli con le sue riflessioni, e con le sue proposte.
«Per me,» diss’egli, «se dovessi comandare io, troverei271 tosto il mezzo di fare stare gli ammassatori e i fornai, e di far trovare pane per tutti. Ecco come vorrei fare. Vorrei che272 si pensasse273 alla povera gente, che non ha frumento e che deve provvedere pane di giorno in giorno, e
che non ne avessero274 a mancar mai, che ognuno avesse la sua razione fissata. Vi dovrebbero essere dei galantuomini, dei275 signori, ma buoni e caritatevoli, che276 tenessero conto di tutti, e stabilissero ad ognuno la sua porzione secondo il bisogno, e a prezzo fisso. Per esempio, io andrei a farmi notare;»277 e, cosi parlando, preso un coltello,278 rivolse la punta verso la tavola, e la dimenava come se scrivesse: «e si dovrebbe scrivere: — Ambrogio Fusotto: — di che professione?279 — Spadaio. — Maritato? — Signorsì: — quanti
figli ? — quattro. — Tante libbre di pane al giorno; e darmi
un buon viglietto, col quale io andrei tutti i giorni a
prendere il mio pane da un fornajo, a prezzo fisso. Ma bisognerebbe fare le cose giuste, senza parzialità, e in proporzione della famiglia.280 A voi per esempio dovrebbero scrivere:281 tanto pane tutti i giorni per ... il vostro nome?»
«Fermo Spolino.»
«Bravo: la professione?»
«Lavoratore di seta.»
«Benissimo; ma avete moglie?»
«Non l’ho,» disse Fermo, «ma se Dio vuole...»
282 «Dunque,» disse lo sconosciuto, «abbiate pazienza; ma voi283 dovete avere284 una porzione più picciola.»
«È giusto,» rispose Fermo;285 «ma poi quando io pigliassi moglie, che sarà presto, come spero...»
«Razione doppia,» disse lo sconosciuto.
«Così va bene,» rispose Fermo.
Lo sconosciuto286 aggiunse ancora poche parole, poi287 si avvisò tutto ad un tratto che la moglie e i quattro figli sarebbero stati in pensiero pel suo ritardo; e288 si levò per partire:289 tre volte era egli sorto in piedi, e tre volte Fermo, presolo per le falde del mantello, l’aveva fatto ripiombare sulla panca ; ma290 alla quarta egli, alzandosi,291 saltò al di sopra della panca, e292 se ne andò tra le istanze e i ringraziamenti e i saluti, invero un po’ affoltati, del nostro povero Fermo.
293 Questi, rimasto solo alla sua tavola (ci duole raccontarlo, ma la cosa fu così), vuotò, solo, in varie riprese il fiasco, che294 aveva295 fatto riempiere di nuovo per due bevitori: lo vuotò, alternando i sorsi con le parole, e ponendoselo a bocca ogni volta che l’idea, la quale s’era presentata splendida e risoluta alla sua mente, si oscurava e fuggiva tutto ad un tratto, o la frase, per vestirla, non voleva lasciarsi trovare: a quel modo che uno scrittore, nelle stesse
angustie, ricorre alla scatola,296 piglia una presa in furia, la porta al naso, chiude la scatola, la riapre, e ricomincia lo stesso giuoco. Pure, siccome allo scrittore infervorato nelle sue297 idee, vengono talvolta nel maggior calore della composizione certi lucidi intervalli, nei quali una voce interna dice ad un tratto: — e se fossero minchionerie? — così anche il nostro poveretto, in mezzo a quella298 baldanza di pensieri, in quella crescente esuberanza di forze, sentiva di tempo in tempo che a quelle forze mancava un certo
fondamento, e che appunto nel momento della più grande
intensione parevano pronte a cadere.299Quel po’ di senno, che gli era rimasto, lo faceva accorgere che il più se n’era ito: a un di presso come l’ultimo300 lumicino, rimasto acceso dopo una grande illuminazione, fa intravedere gli altri spenti. Sentiva Fermo un bisogno di301 trovarsi coricato e di dormire, e qualche cosa nello stesso tempo lo avvertiva che gli sforzi necessari, per302 arrivare a quel punto di riposo, divenivano più difficili di momento in momento. Fece dunque una risoluzione in uno di questi lucidi intervalli: appoggiò ambe
le mani spalancate sulla tavola, si sollevò alquanto, diede un sospiro, tentennò alquanto, e finalmente fu in piedi.
«Presto, presto oste,» diss’egli: « conducetemi alla mia
stanza, perché... io sono un buon figliuolo... e mi piace
far le cose303 con giudizio ... e gli stravizi... quando il sole è andato a letto... tutti i galantuomini... mi diceva mio padre...»
L’oste, che desiderava questa risoluzione di Fermo, non si
fece aspettare:304 staccò una di quelle lucerne, e tenendola alzata con la sinistra, e preso con la destra il braccio di Fermo: «andiamo,» disse; e si avviò,305 reggendo e traendosi
dietro il suo ospite.
Fermo306 però s’arrestava307 di tratto in tratto,308 e, gettandosi verso la brigata, col braccio che gli rimaneva libero, andava iscrivendo nell’aria certi saluti, a guisa d’un nodo di Salomone; ai quali le braccia e le voci della brigata rispondevano in modo poco dissimile. Ma l’oste, scotendolo, lo tirava verso309 una porticina, tanto che potè entrarvi e mettersi su una scaletta angusta di legno; per la quale, dando a Fermo un avviso ad ogni scalino, lo310 tirò nella stanza. Quivi Fermo si guardò intorno, e disse: «bene! bravo!
galantuomo! son contento.» Poscia,311 forzandosi di fissare in faccia all’oste due occhietti, 312 che luccicavano313 e si314 oscuravano a vicenda come315 lucciole,316 s’abbandonò come è da uomo brillo, appoggiandosi sul destro piede per chinarsi verso di quello,317 e ricadendo poi indietro sul sinistro, stendendo318 verso la faccia dell’oste la mano, coll’indice e col nedio319 tesi320 spiegati al mezzo, e321 aperti, per farle322 quella carezza323 di protezione amorevole, che in milanese si chiama una mezz’oncia, senza però poter mai324 giungere ad afferrare
quella guancia liscia e rubiconda dell’oste, disse con325 una cera tra amichevole e corrucciata:
«Ah! oste, oste! furbaccio! tu mi hai voluto fare un tiro da nimico ... ma, la ti è venuta busa, perché ... perché io sono un mariuolo... e tu però non hai trattato bene, perché ... tu dovresti tener la parte dei buoni figliuoli... e non di quelli che fanno le gride, perché ... quelli che fanno le gride, non vengono a bere il tuo vino... povero minchione che tu sei... e non ti danno un becco d’un quattrino, perché... sono superbi, e avrebbero paura di sporcarsi326
la tonaca e ... non sono gente di buona compagnia... ché327 basta vedere il Ferrer, che è il meglio di tutti328 e pare...un329 dottore di medicina ammalato ... dunque, chi ti fa andare la bottega330 ... chi è, chi non è ... sono i bravi figliuoli.»
L’oste,331 il quale non avrebbe creduto che Fermo fosse ancora in caso di mettere insieme tante parole con un senso tal quale,332 pensò di approfittare di quel momento lucido, per fargli intendere la ragione e schifare un impaccio a tutti e due, e gli disse:
»Sì, sì, io son tutto pei buoni figliuoli;333 ma vedete bene...quelli che comandano vogliono essere obbediti, mi capite... abbiate giudizio, facciamo le cose qui fra noi da buoni amici: ditemi tosto il vostro nome, la patria, la professione, il negozio per cui siete venuto: in un momento è finita, e poi andate a letto, e buona notte.»
«Ah cane!» disse Fermo levando la voce: «tu mi torni in campo col negozio ... adesso capisco tu sei della lega... aspetta, aspetta ...»
Così gridando, Fermo si avviava barcollante verso la scala, ma l’oste334 lo rattenne; e, vedendo che s’egli insisteva, Fermo avrebbe gridato sempre più e sarebbe stato inteso dalla brigata,335 la quale certamente avrebbe prese le parti di quello; ricordandosi che in quel giorno il potere era336 nelle mani di quelli che erano soliti obbedire,337 e non si poteva prevedere quando sarebbe loro ritolto; pensando che,338 quand’anche al ritorno della tranquillità339 un ordine revochi e dichiari nulli tutti gli atti della rivolta, le busse toccate una volta340 sono irrevocabili: stimò341 che la faccenda più pressante era di acquetar Fermo; e342 con voce
più343 ferma di quella di Fermo gli gridò: «ho detto per ridere: non lo avete capito344 che ho detto per ridere?»
«Ah! ora tu parli bene, da buon figliuolo;» rispose Fermo, acquetandosi tosto: «per ridere... sono proprio cose da ridere... dunque le gride.»
«Dunque andate a dormire,» disse l’oste, «ché troverete un letto da galantuomo. Via spogliatevi, presto, da bravo.»345
E, mentre andava così facendo animo a Fermo con la voce, il malandrino diceva fra sé: — pezzo di minchione! e vuoi affogare, affoga, per me son certo di cavarmene, ma tu resterai solo nell’impaccio. -
Fermo intanto si andava spogliando, e interrompeva questa operazione con mille ciance, e con mille atti strani, che l'oste sofferiva pazientemente per una buona ragione. Quando Fermo s’ebbe tratto il farsetto, l’oste lo prese, pose le mani su le tasche, per346 vedere se v’era la postema, e, fatto certo del sì,347 volle tentare348 avere il suo conto prima
di abbandonar Fermo quella sera, prevedendo che l’indomani349 probabilmente Fermo avrebbe avuti altri affari,350 e la postema sarebbe stata in deposito presso a gente, che non si sarebbe data premura di pagar l’oste. Disse dunque, tenendo il farsetto: «Voi siete un buon figliuolo, n’è vero? volete le cose giuste?»
«Buon figliuolo...» rispose Fermo. «Dunque,» replicò l'oste,351 saldate ora il vostro conterello, perché domattina io debbo correre qua e là per mie faccende.»352 «Oh questo sì,» disse Fermo, «questo è giusto: son mariuolo, ma galantuomo.» L’oste si diede fretta di domandare quello che gli veniva, ajutò Fermo a cavare i danari dalla tasca, a noverarli,353 tolse il suo pagamento,354 e, dato delle mani a
Fermo per aiutarlo a salire sul letto, gli disse, buona
notte.» Fermo355 si lasciò cadere356 sul letto, mormorò fra i denti: «buoni figliuoli,» e357 cominciò a russare.
358L'oste, stirata la coltre di sotto il corpo di Fermo,
gliela accomodò indosso alla meglio; quindi, ripresa la lucerna
con la sinistra,359 glie la sollevò sul capo,360 e, stesa la destra contro il lucignolo, perché la luce cadesse sul dormente, si fermò361 a contemplarlo un momento, nell’atto che 362 vevediamo dipinta Psiche quando sorge a spiare furtivamente le forme del consorte sconosciuto; e disse:363 «Matto minchione! tu l’hai voluto: sei andato proprio a cercarla col lanternino; tal sia di te.»
Dette queste parole come per isfogo, e per una apologia
anticipata, si mosse, abbassò la sua lucerna, e la pose
dinanzi a sé; uscì, volse la chiave nella toppa, e chiuse
cosi Fermo nella stanza, e s’avviò per la scala verso la
cucina. Ma364 nel fare tutte queste operazioni e365 nello scendere, continuava tra sé la allocuzione, che aveva cominciata dinanzi a Fermo, favellando con l’assente, come aveva fatto coll’addormentato.
— In un giorno come questo — proseguiva egli — colla mia prudenza, io ero venuto a capo di salvare la capra e i cavoli, di passarmela366 liscia; e il diavolo doveva mo’ proprio portarti alla mia osteria, per guastarmi il mestiere. Se tu fossi venuto solo, avrei potuto lasciarti addormentare su la tua panca; e, quando tutti fossero partiti, portarti fuora, e collocarti in un canto della strada al fresco:367 e domattina tu ti saresti svegliato un po’ ingranchito, ma fuor d’impicci tu ed io. Ma tu invece, pezzo d’asino, hai pensato anche a condur teco un testimonio. — 368
A questo punto della sua arringa mentale l’oste si trovò
in cucina, girò un’occhiata per vedere se tutto era in regola,
fece un cenno369 con l’occhio all’ostessa, che nella sua assenza presiedeva con la prudenza e con l’imparzialità del mestiere la brigata procellosa; e quindi staccò370 il mantello da un cappellinajo, e se Io pose indosso, continuando tuttavia: — E che testimonio! Pare che tu avessi paura di passartela senza impicci: volevi proprio far le cose a dovere, per tirarti una tegola sul capo. - Qui staccò pure il cappello e lo pose in capo. — Va che sarai servito: tua colpa:
tangheri! che volete girare il mondo, senza saper da che parte nasca il sole. — 371
Qui tolse da un canto un buon randello, s’avviò alla porta e uscì nella via, sempre continuando la sua orazione. — Io ho fatto quello che ho potuto per salvarti, e tu, bestia, in
ricompensa, per poco non mi hai messa a rumore l'osteria. Ora cavatene come potrai; per me,372 chi che siano per essere i pazzi che comanderanno domani, io sono a cavallo: faccio la mia deposizione, e sono in regola: quelli che
hanno comandato così, sono soddisfatti; e quelli, a cui non
piace non ne sapranno niente.373 —
Le vie brulicavano ancora di gente, che andava e veniva in troppa;374 come le onde del mare quando il più sperto pilota non saprebbe375 risolversi ad affermare se la burrasca sia sul finire, o sul ricominciare; ma l’oste, cercando il largo fra gli scogli,376 camminando a sghembo tra una brigata e l'altra, ponendo cura di non urtare nessuno, e dissimulando gli urti che riceveva, se ne andava377 al suo cammino,378 continuando intanto fra sé. - E tu prega il cielo che domani tiri l’aria d’oggi,379 se no stai fresco. Hai voluto affogare, affoga; ma380 afferrar me per una gamba, per381 trarmi sott’acqua con te... ah! non era azione da galantuomo.382 - Tu mi volevi esporre, se nol sai, a trecento scudi di pena, o a cinque anni di galera, o a maggior pena383 pecuniaria o corporale, ad arbitrio di Sua Eccellenza.384 Obbligatissimo alle sue grazie. 385 —
Note
- ↑ avuti alcuni indizj
- ↑ limpide
- ↑ ordinate
- ↑ anima
- ↑ insegna
- ↑ l’importanza dello scopo
- ↑ Variante l’ardore
- ↑ non
- ↑ Lo scopo di togliere un uomo dall’angosce mortali, d’impedire una crudele (lacuna) Lo scopo
- ↑ al massimo
- ↑ sfigurato
- ↑ app
- ↑ questo
- ↑ in quel momento essere sempre
- ↑ [ella] la questione è fra quelle due l’una | fra quelle due.... momento
- ↑ a esaltare
- ↑ forate, scombaciate
- ↑ per la violenza degli urti [lasci] avevano tra loro una | lasciavano nel mezzo
- ↑ combatteva
- ↑ La presenza di questo | L’ar
- ↑ Ferrer
- ↑ in prigione si grid
- ↑ coi
- ↑ contenendo [ai lati] a destra e a sinistra quegli che volevano fare
- ↑ contenere a destra
- ↑ e gridava a quei di dentro
- ↑ era venuto un soccorso
- ↑ stettero
- ↑ s’alzavano in [sulla) punta di piedi
- ↑ quegli erano davanti: gli altri, | mille mani s’appoggiavano sulle spalle di quegli | dei | dinanti
- ↑ ad alcu
- ↑ si fermò
- ↑ [come| salutò la moltitudine,
- ↑ Avrete
- ↑ con q
- ↑ scese
- ↑ fatti
- ↑ la fessura fu fatta più grande da quei di dentro
- ↑ stud
- ↑ calcolarla appena appena per p
- ↑ io so...
- ↑ [badate] tenete la
- ↑ [ser] serrata
- ↑ in fretta lo strascico
- ↑ facendolo
- ↑ inseguita
- ↑ tenute
- ↑ diede
- ↑ venire
- ↑ gl
- ↑ «Stia di buon animo ch’io [son venuto) vengo per salvarla...»
- ↑ confidi
- ↑ questi [aperse] sì fece un’ altra fessura tra | le im | si sos
- ↑ Lacuna d’un rigo nel testo, (facile a capirsene la ragione), e a margine Qui sta il busillis: Dio ci ajuti.
- ↑ nub
- ↑ bened
- ↑ Intanto il cocchiere stava pronto ad approfittare d’ogni momento per avanzare e (lacuna)
- ↑ molti di
- ↑ [avevano post] era stata
- ↑ al cocchiere
- ↑ lentamente
- ↑ e rivolgendo | e pa
- ↑ [diceva qualche par] dava in ispagnuolo
- ↑ [necessaria] che erano di conforto e di
- ↑ diceva e
- ↑ è stata una bricconeria affamare questa brava gente, una porcheria, è vero
- ↑ Variante già lontana dalla casa
- ↑ e cominciava a scorrere più liberamente tra la folla che si andava diradando | una gran parte era | molti erano rimasti indietro a ragionare sul caso | alcuni presi (sic) la corsa la precedevano per vedere se | vedere | veramente s’avviava al castello altri si movevano | una parte si moveva len (lacuna) altri si movevano più lentamente e rimanevano addietro | erano rimasti indietro a ragionare sul caso | altri sfumavano a destra e a sinistra | altri a | altri sfumavano a destra e a sinistra | ad ogni via che apriva un passaggio Parte di questo cancellato è a margine, in cui si ha anche: «ristabilire la parte cancellata». La quale prosegue così altri non avendo più uno scopo sfumavano a destra e a sinistra per le vie che a mano a mano s’incontravano | s’aprivano a destra e a sinistra | nelle vie per | per le vie pei trivj, desiderosi anch’essi di scialarsi un po’ all’aria libera | largo | dopo esser stati stivati per tante ore:
- ↑ Alcuni avevano
- ↑ precedeva
- ↑ li
- ↑ con un facend
- ↑ Cedant arma togae
- ↑ tratto d’ un bel
- ↑ dopo
- ↑ il quale s’adombra
- ↑ morm
- ↑ questo posto
- ↑ mezzo a soldati
- ↑ cont
- ↑ con certezza
- ↑ credere che no
- ↑ secondato colla nostra approvazione il Ferrer, avendolo accompagnato coi nostri vóti
- ↑ una impostura
- ↑ il modo più ragionevole
- ↑ ottenere questa parola, o si opposero all’adempimento o farlo | impedirono che si ottenesse una promessa
- ↑ [dei pazzi] delle
- ↑ e doveva al
- ↑ dell’orribile
- ↑ confessare che
- ↑ se
- ↑ Sic.
- ↑ con quest’inganno
- ↑ al mezzo la sua effica [per un altro] per qual
- ↑ in opposizioone
- ↑ [errori] guasti
- ↑ Questa sentenza cosi spesso
- ↑ Variante [questa sentenza] queste parole [alle quali | sotto le quali] nelle quali ì sapienti devono certamente intendere un senso, poiché le pronunziano con tanta sicurezza (variante confidenza)
- ↑ Ha
- ↑ sua
- ↑ scioglie
- ↑ tronco
- ↑ dispensa
- ↑ Precede, cancellato: Capitolo VII.
- ↑ Variante ad avviarsi
- ↑ Variante a disperdersi
- ↑ a destra o a sinistra
- ↑ per gua
- ↑ a quello che si era fatto, non
- ↑ sapendo ben
- ↑ capire se doveva [la | se gli] se si fosse fatto bene o male, [mal]
- ↑ dove
- ↑ proce
- ↑ sul da far
- ↑ cavaliere; i p
- ↑ Sic.
- ↑ lodava
- ↑ mantenuta
- ↑ sedizione
- ↑ nel mo
- ↑ state
- ↑ stati
- ↑ indicando un luogo | di [avvisando che] asserendo che nel tal luogo al tal forno era stabilita una posta per l'indomani; e che vi sarebbe garbuglio, | e susurravano | e vi sarebbe l’indomani
- ↑ al tal forno
- ↑ [Cominciavano poi ad] Andavano poi in ronda più che mai
- ↑ gua
- ↑ lo stato delle cose
- ↑ di veder l’acqua chiara per risolvere che
- ↑ bene
- ↑ [Il giorno era] (lacuna). Il Sole era caduto, e
- ↑ esultando
- ↑ di entusiasmo e di speranza.
- ↑ disgust
- ↑ che chiedevano
- ↑ e
- ↑ la forza pubblica
- ↑ e la potenza
- ↑ Fermo vedeva aprirsi il secolo dell’oro e non poteva rinvenire (lacuna)
- ↑ al mondo
- ↑ suoi partico
- ↑ Variante perseguitato
- ↑ profugo cercando
- ↑ una protezione
- ↑ altra protezione che [di] soc
- ↑ circondato dalla forza del suo
- ↑ potente
- ↑ protetto
- ↑ a tu
- ↑ era stato
- ↑ quelli
- ↑ se non
- ↑ [Oggi una grida che dice] Fanno mostra di non intendere per lungo tempo
- ↑ e poi
- ↑ e se
- ↑ che faccia ridente aveva a trovarsi
- ↑ hanno messo
- ↑ la giustizia
- ↑ [che se non facciamo con quelli | essi come con costui non andranno mai] che se non ci facciamo intendere
- ↑ mantengono bravi
- ↑ mantengono
- ↑ che mantengono tanti bravi, [la più] e camminano circondati
- ↑ circonda
- ↑ vogliono le donne
- ↑ vuol
- ↑ povero figliuolo s'imbatte
- ↑ le bastonate
- ↑ bisogna finirla
- ↑ costoro gli conduca in prigione una volta
- ↑ e fare la legge nuova
- ↑ andare da tutti quelli
- ↑ La proposta fu seguita da un grido di applauso e di assentimento, e
- ↑ Vi so dire che questa gente di fuora [ha più] certe volte ha più talento di noi
- ↑ comincia a
- ↑ guaj
- ↑ i pani andranno
- ↑ Così
- ↑ e le tenebre si stende
- ↑ i deliberanti
- ↑ stanchi di deliberare e st
- ↑ toglie molto
- ↑ della con
- ↑ dicendo: vado a casa: arrivederci domani da buoni fratelli
- ↑ erano p
- ↑ e che
- ↑ convinti
- ↑ e si ricordò quando si dice che
- ↑ [hanno] fanno passare
- ↑ [bisogna] si deve intendere che
- ↑ veramente
- ↑ [passata] vegliata la notte
- ↑ in piedi per le vie
- ↑ starsi
- ↑ [e di liquido nulla] e senza inaffiarli pure d'una goccia di liquido: e si
- ↑ pure
- ↑ aveva
- ↑ [passabilmente] la sua parte
- ↑ un campo [di marzo] in marzo, che [abbisogna] abbisogni di pioggia
- ↑ Cominciò
- ↑ a queste immagini
- ↑ un buon successo l’esperimento felice delle proprie forze, la speranza di
- ↑ quindi molta disinvoltura, e
- ↑ e di modo che
- ↑ e il Padre Bonaventura?
- ↑ mi converrebbe
- ↑ poi
- ↑ non mi converrebbe [and | portare questa ❘ la | lettera in questo] andare ora da questo Padre Bonaventura:
- ↑ farei
- ↑ Segno di richiamo, e a margine, in penna: « punto fermo».
- ↑ Vedi a | Eh!
- ↑ si era mosso
- ↑ ad un punto
- ↑ gli si accostò quan
- ↑ due o tre passi
- ↑ sapere
- ↑ perché | sapere
- ↑ e in
- ↑ entrarono
- ↑ fatto entrare
- ↑ occupate da gente che mangiava, e giuocav
- ↑ avuto
- ↑ il qu
- ↑ con
- ↑ se
- ↑ alla porta
- ↑ Vi conduc
- ↑ la
- ↑ Fermo nel
- ↑ di Fermo,
- ↑ io
- ↑ Portate prima da bere e poi da mangiare ... Così un po’ di stufato, disse Fermo: e vino sincero.
- ↑ disse Fermo
- ↑ Ah
- ↑ tengo altro
- ↑ se venisse
- ↑ pensò
- ↑ con un boccale che ripose sur una tavola
- ↑ in atto
- ↑ con
- ↑ man
- ↑ fin allora s’era poco fatto sentire perché la sete
- ↑ Intanto da diverse
- ↑ e quindi molte parole
- ↑ in molte parole
- ↑ mettevano in comunicazione
- ↑ quei discorsi
- ↑ [come un solo] come se fosse
- ↑ [Fermo parlò in proporzione della sete,] Fermo come abbiamo detto, era giunto quivi con una gran sete, e per conseguenza parlò molto.
- ↑ e notat
- ↑ e notate
- ↑ un tesoro
- ↑ una cosa quella che
- ↑ avvisia
- ↑ disse
- ↑ acco
- ↑ al
- ↑ a cui
- ↑ aveva dato un certo senso lirico che
- ↑ e non uscirò di qui prima [d’avervi] che abbiate veduti i miei danari
- ↑ ma [noi siamo] gli osti sono obbligati, sotto pena, per una gnda molto severa «di dare notizia e relazione di tutte le persone che allogge
- ↑ A margine, il Manzoni: «Cordova 26 ottobre 1627.»
- ↑ nelle
- ↑ Basta, basta, questo non fa niente rispose Fermo
- ↑ bir
- ↑ a dirlo
- ↑ ha tessuto
- ↑ chi
- ↑ Portatemi invece un
- ↑ voleva
- ↑ guardando nel
- ↑ e guardò
- ↑ tosto ben
- ↑ si facesse
- ↑ a quelli
- ↑ Sic.
- ↑ buoni
- ↑ tene
- ↑ e si dovrebbe scrivere: Ambrogio
- ↑ dalla tavola
- ↑ Sarto
- ↑ [A] Per esempio, per
- ↑ il vostro...
- ↑ Vedete
- ↑ dovreste
- ↑ un po’ meno di pane
- ↑ bisogna far le cose con coscienza [io non so] ma siccome presto io spero di
- ↑ disse
- ↑ pensò
- ↑ ricevuti molti ringraziamenti da Fermo, partì dopo aver combattuto qualche tempo con Fermo che
- ↑ Fermo
- ↑ finalmente egli
- ↑ fece un salto
- ↑ [trovatosi] posto in libertà
- ↑ Partito
- ↑ doveva
- ↑ creduto dividere con quel compagno; lo votò alternando sempre una dissertazione e un bicchiere con le dissertazioni
- ↑ e va passando in fretta presa sopra presa
- ↑ speculazioni
- ↑ sua
- ↑ Il po
- ↑ moccolo
- ↑ essere
- ↑ giungere
- ↑ bene...
- ↑ tolse
- ↑ [traendoselo dietro | sostenendo] traendosi die
- ↑ pure si [fermò] fermava di tempo in tempo (lacuna)
- ↑ ad ogni passo e col braccio che rimaneva libero
- ↑ e col braccio che gli rimaneva libero, andava ciferando e incartocciando per l’aria [saluti] i più affettuosi saluti alla brigata, dalla quale
- ↑ [la] una porta tanto che potè
- ↑ condusse nella
- ↑ fissando
- ↑ luccicanti
- ↑ tratto tratto
- ↑ spegnevano
- ↑ due
- ↑ si [chi] appogg ❘ chinandosi
- ↑ Cancellato, non dal Manzoni, e scrittovi sopra l'oste. A margine poi, in penna: «l’attitudine non è da uomo brillo».
- ↑ alla fa
- ↑ mezzo
- ↑ e mezzo
- ↑ e sep
- ↑ Sic. una
- ↑ di
- ↑ arrivare alla guancia
- ↑ un’aria tra
- ↑ [l’abito | un] toga
- ↑ il Ferrer
- ↑ e ha una cera di dott
- ↑ dottore
- ↑ sono
- ↑ che non [avreb] credeva
- ↑ fece stima che
- ↑ e voi abbiate giudizio
- ↑ il quale
- ↑ [e la cosa sarebbe finita anche per lui] la quale sarebbe stata certamente dalla parte di lui; e sa il cielo
- ↑ stato
- ↑ e [chi sa | qua] forse forse non sarebbe stato loro ritolto
- ↑ le busse toccate in un giorno d’anarchia
- ↑ [si dichiari nullo] vengano ordini che
- ↑ valgono
- ↑ bene di acquetar Fermo
- ↑ alz
- ↑ alta
- ↑ pezzo di
- ↑ Dopo queste parole, in mezzo alla colonna, pare si possa leggere, «segue 65»; pare, perchè la cancellatura è forte. Va notato che il foglio seguente (86) risulta, nella prima metà, d’un mezzo foglio ingommato.
- ↑ [vedere] accostarsi
- ↑ [pensò] risolvette di
- ↑ di far
- ↑ quel poverello avrebbe probabilmente dovuto [dare] far conti con altri, che non gli avrebbero lasciato
- ↑ e si sarebbe
- ↑ pagate ora quel poco conto
- ↑ Questo
- ↑ [prese il] tolse quelli che
- ↑ diede la buona notte a Fermo, se ne andò, e uscì della stanza, e volta la chiave nella toppa [la] vi lasciò Fermo rinchiuso. Fermo [si] mormorato una o due volte... buoni figliuoli... galantuomini [e | e ru | russò] cominciò a russare; e continuò senza interruzione per sette ore, e non avrebbe cessato cosi tosto, se una mano che gli
- ↑ cadde
- ↑ sotto la coltre
- ↑ si
- ↑ L’oste prima di partire si fermò un momento presso al letto
- ↑ [l'al] la
- ↑ del dormente, [posando | e posando la destra | e facendosi della destra | e facendo la destra] e ponendo
- ↑ [un momento] un momento
- ↑ vediamo dipinta | pareva una
- ↑ «Matto minchione! tu l’hai voluto: [Fatto questo | quindi | dette queste parole l'oste] in un giorno come questo con la mia prudenza io era venuto a capo di salvare la capra e i cavoli, e di passarmene senza impicci; e il diavolo doveva proprio portarti alla mia osteria per guastarmi il mestiere. Se tu fossi venuto solo, [avrei] avrei trovato il modo di farti pagare, poi ti avrei lasciato addormentare su la panca, e quando tutti fossero partiti ti avrei
- ↑ [nel far] facendo
- ↑ scendendo
- ↑ senza impicci
- ↑ che do
- ↑ maledetto temevi forse di | pare che avessi paura di | e che testimonio ! | pare che avessi | volevi proprio assicurarti | pare che avessi paura di passartela liscia. Volevi proprio [assicurarti] far le cose [bene] a dovere : va che sarai servito : tua colpa : va, e anche a me, se fossi un ragazzaccio par tuo | va che sarai servito: tua colpa : [va] tangheri [senza] che
- ↑ della
- ↑ da
- ↑ Se fuggi potrai
- ↑ chiunque sieno
- ↑ Tu hai voluto affogare
- ↑ Sic. ma l’oste
- ↑ deci
- ↑ evitando gli ostacoli [prendendo] pigliando
- ↑ alla
- ↑ dicendo intanto
- ↑ altrimenti
- ↑ prendermi
- ↑ trarmi
- ↑ La pena
- ↑ corporale
- ↑ Grazie mille!
- ↑ Nella pagina seguente si ha, cancellato, con lievissime differenze, il brano (scritto a margine della IV pagina del foglio 86). Dette queste parole (in sostituzione di Fatto questo sfogo) sino a sul finire o sul cominciare. Dopo ma l'oste schifando tutti gl’ incontri, se ne andò, senza fermarsi [dal | all] al palazzo del Capitano di giustizia. Quivi egli fece ad un ufiziale