Gli sposi promessi/Tomo III/Capitolo VI
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Cap. VI.
Il tempo è una gran bella cosa: gli uomini1 lo accusano è vero di due difetti: d’esser troppo2 corto, e d’esser troppo lungo; di passare troppo tardamente, e d’essere passato troppo3 in fretta;4 ma la cagione primaria di questi inconvenienti è negli uomini stessi, e non nel tempo, il quale per sé è una gran bella cosa; ed è proprio un peccato che nissuno finora abbia saputo dire precisamente che cosa egli sia.
In questo caso però5 il tempo non poteva essere d’alcuno ajuto,6 anzi a dir vero,7 gl’inconvenienti erano di quelli che col durare si fanno più gravi. I fornaj avevano protestato fin da principio, che se la legge non veniva tolta, essi avrebbero8 gettata la pala nel forno9 e abbandonate le botteghe;
e non lo avevano ancor fatto, perché sono di quelle cose, alle quali gli uomini si appigliano solo all’estremo, e perché
speravano di dì in dì che10 Antonio Ferrer, gran cancelliere, sarebbe restato capace, o11 qualche altro in vece sua.12 Alla fine i Decurioni (un magistrato municipale), vedendo che la minaccia de’ fornaj13 sarebbe divenuta un fatto, scrissero al governatore, ragguagliandolo dello stato delle cose, e14 chiedendogli un provvedimento. Probabilmente il Signor Gonzalo Fernandez di Cordova avrà avuto molto a cuore di15 trovare un mezzo, per16 nutrire stabilmente17 molti uomini;18 ma in quel momento,19 impedito egli e assorto in una faccenda più urgente, quella di farne ammazzare molti altri,20 non potè21 occuparsi della prima; e ne diede l’incarico ad una22 commissione, ch’egli compose del23 presidente del Senato, dei presidenti24 dei due magistrati ordinario e straordinario, e di due questori.25 Si riunirono essi tosto, o, come si diceva allora spagnolescamente, si giuntarono: e dopo mille riverenze, preamboli, sospiri,26 proposizioni in aria, reticenze, tergiversazioni,27 spinti sempre tutti28 verso un punto solo da una necessità sentita da tutti, conscj che tiravano un gran dado; ma, convinti che altro non si poteva fare, conchiusero29 ad
aumentare il prezzo del pane,30 riavvicinandolo alla proporzione del prezzo reale del frumento; e si separarono31 nello stato d’animo32 d’un minatore, che avesse dato fuoco ad una mina non caricata da lui, prevedendo bene uno scoppio, ma non sapendo né quando né quale egli sarebbe.
Questa volta i fornaj respirarono, ma il popolo imbestialì:33 s’era già avvezzo a quel vantaggio, che aveva apportato l’editto del gran cancelliere; e cominciava già a trovare che il vantaggio era troppo scarso, che la giustizia non era intera; e aspettava ad ogni nuova deliberazione che il prezzo sarebbe ancora diminuito. Il sentimento34 di35 furore che produsse l’aumento, fu universale: questo sentimento veniva espresso36 da migliaia d’uomini con lo stesso impeto, con la stessa intensità, con le stesse37 parole.38 La sera del giorno, che precesse a questo in cui Fermo arrivò in Milano, le vie,39 le piazze erano sparse di crocchj, nei quali conoscenti, e ignoti40 parlavano altamente d’un41 fatto comune,42
nel quale avevano43 dolori e idee comuni. Migliaia d’uomini si coricarono quella sera dopo d’aver dette ed udite molte volte le stesse frasi, e si svegliarono il mattino vegnente con una persuasione piena e44 fervida che si faceva loro un torto tirannico,45 e con un impulso indeterminato ma potente a far qualche cosa, e con la46 confidenza che fra tanti unanimi la cosa da farsi si sarebbe determinata. Fra queste migliaja vi aveva alcuni, i quali,47 meno irritati, pensarono con gioja che in quel giorno l’acqua sarebbe stata torbida, e si sarebbe potuto pescare; e48 fecero proponimento di49 non lasciarla posare fin che non fosse fatta la pesca.
I crocchj precedettero l’aurora: fanciulli, donne, uomini,
vecchj, operaj, mendichi, si ragunavano a caso, e50 cominciavano o proseguivano naturalmente lo stesso discorso: qui erano voci confuse di molti parlanti, là uno predicava, e gli altri applaudivano:51 da per tutto racconti diversi, ma egualmente violenti, delle cabale e delle iniquità, che avevano52 macchinato il nuovo editto; da per tutto lo stesso linguaggio di lamenti, d’imprecazioni, di minacce; e da per tutto per ultima conseguenza una parola la più moderata nel
suono, ma la più forte, quella che esprimeva la cosa, e la
faceva: cosi non può andare.53 Non mancava più che una occasione, un avvenimento,54 un movimento qualunque per ridurre a fatti quelle parole; e l’occasione non si fece aspettar molto. Uscivano secondo il solito dalle botteghe dei fornaj quei fattorini, che55 con una gerla carica di pane andavano a portarne56 la quantità convenuta ai monasteri, alle case dei ricchi,57 insomma (per dirla con un58 termine milanese, che la59 lingua toscana dovrebbe ricevere, poiché non è altro che una applicazione speciale e analoga d’un vocabolo toscano)60 alle poste loro.
Uno di questi passava61 quel crocicchio, che si chiamava il Leone di Porta Orientale, dove era adunato molto di62 quel popolo. Al primo63 vedere quel fattorino e quella gerla: «ecco,» gridarono cento voci: « ecco se c’è il pane.»64 «Sì, sì, pei tiranni che non vogliono65 darne alla povera gente!»66 grida uno della folla. Un altro s’avanza, s’appressa al fattorino, alza la mano67 all’orlo della gerla,68 la fa abbassare con una strappata, e con l’altra mano69 toglie un pane, e dice: «siamo cristiani anche noi: abbiamo da mangiare.»70 «Anche noi,» rispondono cento71 voci: molti s’avventano al fattorino, e gridano:72 «giù quella gerla.» Il garzoncello arrossisce, impallidisce, trema, vorrebbe dire: — lasciatemi stare; — ma non
ha tempo: sviluppa le braccia in fretta dalle ritorte, che servono di manichi alla gerla, la lascia73 nelle mani di quelli che
l’avevano presa; e a gambe. Il pane fu diviso in fretta, ma
senza tumulto e senza risse fra coloro che erano più vicini alla
presa. Ma quelli a cui non era toccato nulla, irritati e aizzati74 dalla vista del guadagno altrui, e animati dalla facilità, e dalla impunità della impresa, si mossero a troppe75 alla busca di altre gerle vaganti: tutte quelle, che si abbatterono in
questi76 cercatori, furono77 ritenute e svaligiate come la prima.78 Ma questa poca preda non bastava alla voglia di tutti, né il fatto fin allora a coloro, che avevano fatto conto su un garbuglio più grande. S’intese une voce che diceva: «andiamo ai forni.»
«Ai forni! ai forni!79 sono il buco dei ladri, la fucina della carestia.»
« Ai forni! ai forni!» rispose il coro. In80 quella via torta, angusta e frequentata, che va dal Leone di Porta orientale al Duomo, v’era 81 già a quei tempi un forno, che sussiste
tuttavia, con lo stesso nome, che in toscano viene a dire:
forno delle grucce, e nel suo originale milanese è espresso con parole82 di suono tanto eteroclito e bisbetico che l’alfabeto comune della lingua italiana non ha il segno per83 indicarlo.84 Quivi si addrizzò la folla.
I fornai, che avevano85 veduto tornare il fattorino svaligiato e rabbaruffato, e intesa la sua relazione, stavano già in sospetto, e pensavano a guardarsi. All'avviso della visita che si avvicinava, mandarono86 in folla ad avvertire il Capitano di giustizia,87 e a chiedergli ajuto. Questi, che stava all’erta, aspettandosi che la sua presenza sarebbe domandata in qualche luogo, accorse tosto, e88 con alcuni alabardieri89 arrivò90 che la moltitudine cominciava a spessarsi dinanzi alla bottega. «Largo, largo!» gridava il capitano, gridavano gli alabardieri; e si appostarono sulla porta. La folla si condensava vie più, quei di dietro spingendo i primi. «Figliuoli,91 a casa ... che cosa è questa?... animo...92 via gente dabbene, buoni figliuoli...93 ahi canaglia! Una pietra, lanciata94 dalla retroguardia degli assalitori, colpi la cucuzza del Capitano all’ultima sillaba di figlioli.
«Ahi! ah! canaglia. Quel temerario... Alabardieri,95 disperdete questi birboni.»
«Indietro, indietro!» gridavano gli alabardieri,96 sospingendo i primi; ma invano.
«Animo! animo!» gridava il capitano, «rispingeteli almeno, tanto che chiudiamole porte; da bravi! Indietro! indietro!» Gli alabardieri,97 usciti, fecero impeto tanto che i
fornaj potessero98 afferrare le imposte, e farle girare sui cardini: a misura che queste si racchiudevano, gli alabardieri si ritiravano insieme, e99 gli uni e gli altri si chiusero al di dentro.
«Apri! apri!»,100 urlava la folla al di fuori,101 percotendo le
porte. «Via! via!» si rispondeva102 da quei di dentro, che si tenevano calcati alle imposte, per103 fermarle contra gli urti. Il Capitano di giustizia104 intanto, fattosi visitare ad un105 alabardiere e toccato egli con la mano il luogo della percossa, fu certo che non era altro che una bernoccola; onde, rincorato, sali le scale, e si fece ad una finestra,106 dove
prese una imposta di dentro, come scudo; e, cacciando fuori da quella il capo107 e la mano, per ottener silenzio,108 gridava a quanto fiato aveva in corpo: «Che timor di Dio è questo?»
109Una vociferazione immane, confusa, nella quale110 non si distinguevano altre parole che: «pane! pane! apri! apri!»
copriva la voce del Capitano.
«Che dirà il re nostro signore?» gridava egli.
«Pane! pane! apri! apri!»
«Indulgenza plenaria, perdono a chi torna a casa,» gridò egli di nuovo, sporgendo il capo con precauzione; ma, viste più mani nella folla che9 si movevano a lanciargli un secondo biscottino, si ritirò. Alcuni garzoni del forno111 s’avvisarono di rompere il selciato d’un cortiletto; e, tolte molte pietre, salirono con quelle al piano superiore; e, fattisi alle finestre, minacciarono di gettarle su gli assalitori se non si ritiravano.
«Ah cani! vi faremo in pezzi;» urlava il popolo, e non si ritirava: le pietre cominciarono a scendere: molti ne furono malconci, e due ragazzi ne rimasero morti. Il furore112 crebbe la forza della moltitutudine: le porte furono113 spezzate, le ferriate delle finestre114 del pian terreno scassinate e divelte, e la bottega aperta agli assalitori. I fornaj, gli alabardieri, il Capitano si rifuggirono in fretta sul solajo, dove115 s’appostarono alle uscite che davano sui tetti, per116
farsela da quella parte, alla meglio, se il pericolo si fosse
avvicinato anche a quel rifugio.
Per buona loro ventura, i vincitori si curavano per allora più di preda che di carnificina. I primi entrati si gettarono sui cassoni del pane, e li posero a sacco;117 la folla si sparse dalla bottega nei magazzini ov’erano le farine:118 quelli che afferrarono i sacchi, gli sciolsero, e, perché non avrebbero potuto caricarli119 e portarseli via con tutto quelpeso, gittavano una parte della farina, e portavano il resto; altri120 raccoglievano come potevano quella farina, riponendola negli abiti loro, nei cenci che trovavano. Alcuni, i quali erano venuti con più profonda intenzione,121 andarono al banco, lo spezzarono, tolsero le ciotole dei danari,122 gli intascarono a manate, e,123 sdrucciolando tra la folla, andarono a casa a vuotarle, per tornare a nuove faccende.
Frattanto lo stesso assalto si dava ad altri forni:124 in alcuni i padroni resistevano e si chiudevano a difesa; in altri, distribuendo tutto il pane a quegli che si125 facevano innanzi, stornavano il saccheggio126 finito, e la distruzione.
Le cose erano a questo punto, quando Fermo127 si avanzava128 sulla via appunto di quel forno, dove aveva cominciato ed era maggiore il tumulto. Andava egli ora spedito
or ritardato tra129 una folla di gente, che130 procedeva131 verso il campo di battaglia, e di gente che tornava: guatava andando, e origliava per132 conoscere un po’ più chiaramente lo stato delle cose. V'era un ronzio confuso di clamori e di discorsi:133 noi riferiremo quei pochi, che Fermo potè intendere134 a misura che mutava di vicini,135 procedendo tra la calca, e sostando di tratto in tratto per una136 qualche fermata improvvisa della moltitudine.
«Ecco scoperta l’impostura infame di quei birboni, che
dicevano, che non c’era pane, né farina, né frumento. Adesso si vede la cosa sicura, e non ce la potranno più dare ad
intendere. Viva l’abbondanza!»
« Vi dico io, che tutto è niente,137 è un buco nell’acqua,138 se non si fa una buona giustizia di quei birboni. Metteranno il pane a buon mercato, ma hanno proposto di attossicarlo, per ammazzare la povera gente.139 Hanno posto il partito nella giunta, e io lo so di certo: l’ho inteso con
questi orecchi da una mia comare, che è amica della lavandaia d’uno di quei signori.»
«Largo, largo, signori, dieno il passo ad un povero padre di famiglia, che porta da mangiare a cinque figliuoli,140 che muojono di fame.» Cosi diceva uno, che141 barcollava sotto un gran sacco di farina:142 e i vicini si stringevano per dargli il passo.
«No, no, no!» diceva sommessamente, e con aria misteriosa all’orecchio d’un suo compagno, un altro. «Io son uomo di mondo, so come vanno queste cose; e me la batto. Questi baggiani, che fanno ora tanto schiamazzo, domani staranno tutti cheti a casa loro; ognuno dirà: io non c’era, oppure: è stato143 il tale che mi ha strascinato: no no!144
largo da questi garbugli.145 Ho già vedute certe facce146 di uomini, che fanno l’indiano, e notano tutti, e domani poi... 147 si cavano le liste, e chi è sotto è sotto.»
Queste parole diedero un momento da pensare a Fermo, ma il vortice lo trasportava;148 e un discorso, ch’egli intese subito dopo,149 rinnovando e riscaldando l’indegnazione, ch’egli sentiva con tutti gli altri, soffocò le considerazioni di prudenza, che gli consigliavano di tornare indietro.
«Si sa tutto,» diceva una voce più sonora150 dell’altra:151
«è scoperta la gran cabala orrenda. È il vicario di provvisione, che ha mandato un gran cavaliere travestito da merciajo152 a parlare col re di Francia: e si sono intesi: il re ha fatto promettere al vicario153 uno scudo d’oro per154 ciascun milanese che sarebbe morto di fame; e cosi, quando il paese sarebbe stato vuoto, il re veniva innanzi per diventar padrone egli.»
«Era155 ordita la trama di farci morir tutti: tanto è vero che mettevano attorno che il gran cancelliere è un vecchio rimbambito, per156 togliergli il credito, e comandare essi soli.»
157« Finora va bene, ma se avremo giudizio: bisognerà158 far prima la festa a tutti i forni, e poi andare dai mercanti
di vino: sono tutti birboni d’un pelo, d’accordo coi fornaj
per far morire la povera gente di fame e di sete.»
«Ah tiranni! cani! scellerati! metterli in una stia a vivere di veccia e di loglio, come volevano trattar noi.»
In mezzo a questi discorsi159 giunse Fermo, a forza d’urti dati e ricevuti, dinanzi a quel forno. Lo spettacolo era lurido e160 spaventoso.161 Le mura intaccate da sassi e da mattoni, le finestre sgangherate, diroccata la porta:162 quella casa pareva un gran teschio disotterrato;163 alle finestre, alla porta164 si vedeva gente affaccendata a compire l’opera della distruzione, a165 strappare il resto delle imposte; al di dentro erano altri, che con asce166 spezzavano le gramole, i buratti,i cassoni, le panche, le167 madie; altri che prendevano a fasci i rottami,168 le corbe, le pale,169 i registri delle partite, i mobili, e portavano tutto al di fuori. I guastatori si avviarono170 con questo peso alla vicina piazza del duomo, e quivi, accatastate tutte quelle materie,171 v’appiccarono il fuoco ponendosi intorno a godere quel falò,172 acclamando con bestemmie, con canti di trionfo, con173 promessa di ricominciare ben tosto altrove.
Fermo segui la processione, e si fermò174 dinanzi al175 rogo in mezzo a quella folla ondeggiante, a vedere e ad udire.
Alcuni,176 allargando intorno a sé un po’ di spazio con le gomita, facevano quel che potevano per danzare; altri sopraggiungevano con nuove spoglie da ardersi, e, fattisi far largo a forza di urti e di urli, le gettavano sul mucchio ardente: si alzavano nuove fiamme, tizzoni accesi saltavano qua e là, e177 più forti ululati sorgevano in mezzo al178 rombazzo confuso e continuo.179 Fermo non credeva, né era possibile di credere, tutto quello ch’egli aveva inteso dire180 in quel giorno:181 tutti quei discorsi, le sue idee antecedenti, la persuasione universale gli davano l’intima persuasione che un gran disegno di affamare il popolo fosse stato ordito e scoperto. Parteggiava egli182 dunque dell’ebrezza comune, gridava a quando a quando con gli altri; e se non attizzava183 la fiamma, stava pure a contemplarla con diletto, mangiando intanto un altro di quei pani, che aveva raccolti e posti in tasca al primo entrare in città.
«Muoja la carestia!» si urlava da ogni parte; «muojano gli affammatori! viva l’abbondanza! viva il pane! viva! viva!»184 A dir vero la distruzione185 dei buratti, delle madie,186 il disfacimento dei forni, e lo scompiglio dei fornaj187 non pare che fossero i mezzi più spediti, per far vivere il pane; ma questa è una sottigliezza metafisica, che non poteva venire in mente ad una moltitudine.
188Il fuoco non era per anco estinto, quando189 corse all’improvviso una voce190 per la folla, che191 al Cordusio (così192 è chiamato un crocicchio193 poco distante194 dalla piazza dove si faceva la baldoria), s’era scoperto da un fornaio un altro grande ammasso di pane e di farina. La folla195 si diresse196 in tumulto verso quella parte: si gettò nella via corta ed angusta di Peschiera Vecchia, si condensò sotto l’arco che la termina, si diffuse nella piazza dei mercanti. Quivi, mentre si passava accanto197 alla loggia che tiene il lungo della piazza, una mano si alzò sopra le teste della turba, e si rivolse verso una statua colossale, che occupava una nicchia, or vuota, nella parte più apparente della loggia; eeuna voce gridò nello stesso tempo: «quello era un re! un re che198 rendeva giustizia pronta, e faceva impiccare i tiranni e i cabaloni.» «Viva! viva!» rispose199 uno200 stormo di voci. Non è però da credere che tutti quei gridatori201 sapessero bene202 a chi, e perché applaudivano: l’unica idea distinta, che ne avevano, era di un re morto.
Il pezzo di marmo, che ricevette quell’applauso, era niente
meno che una statua di Don Filippo II; la quale durò in
quella nicchia ancora203 centosettant’anni circa, dipoi fu trasformata alla meglio in un Marco Bruto, e finalmente,204 smozzicata e ridotta ad un torso informe,205 che fu strascinato e gittato non so dove: e avrebbe pur meritato d’esser conservato pel suo destino singolare d’aver rappresentato due personaggi, il206 nome dei quali fa nascere tosto idee disparatissime, e che pure207 ebbero208 più punti di rassomiglianza, che non appaja a prima vista. Tutti e due gravi e rigidi209 sermonatori, l’uno di filosofia, l’altro di religione; tutti e due commisero senza rimorso, con giattanza, di quelle azioni, che la morale comune, e210 il senso universale della umanità abbomina: tutti e due credettero che nel loro caso una ragione211 profonda, un intento di perfezione rendesse virtù, ciò che è comunemente delitto. Tutti e due,212 con una opposizione ardente e attiva, hanno promosse,213 rafforzate, estese le cose, che volevano214 impedire ed estinguere nei loro cominciamenti: e tutti e due hanno avuti in vita e dopo morte215 fautori, che hanno approvata la loro condotta, gli hanno lodati d’aver fatti mali infiniti, per ottenere il contrario dei loro fini. Tutti e due si sono immaginati che la maggiorità dei loro216 contemporanei avrebbe secondate217 con gran favore le loro intenzioni, e tutti e due si218 maravigliarono con indignazione di trovare219 avversione,220 resistenza da tutte le parti. Tutti e due sono stati in diverse epoche tenuti in gran venerazione, e in quelle epoche non221 era un viver lieto. Preghiamo il cielo, che quando hanno da nascere uomini di quel carattere, si trovino collocati in una condizione, dove abbiano da222 faticare assiduamente per vivere, che al più possano223 dissertare in un picciolo crocchio, e che non giungano mai224 a far cose, per cui debbano avere statue dopo la morte.
Il corteo225 clamoroso dovette condensarsi e insaccarsi,226 onde passare, come per una trafila,227 nella via angusta dei Fustagnarj, e quindi sboccare al Cordusio. Quivi era già ammassata un’altra folla, e il saccheggio d’un forno era avviato: i sopravvegnenti incalzavano228 quelli che erano già signori del campo, e si229 trasfondevano in essi, come potevano.
230Tutto ad un tratto una voce orrenda usci dalla folla: «andiamo dal Vicario di Provvisione, a fare una giustizia». Quella voce fu come una scintilla caduta231 nel mezzo d’una polveriera. «Dal Vicario di Provvisione!» gridarono tutti:232
e parve un rammentarsi d’un accordo già233 fatto, più che una risoluzione di quel momento. La casa del Vicario era sventuratamente vicinissima a quel luogo: in un punto la via
fu piena, e la casa cinta d’ogni parte.
Il Vicario di Provvisione stava in quel momento facendo un chilo agro e stentato d’un pranzo mangiato di mala voglia con un po’ di pane raffermo, rimasto, del giorno antecedente, e fra234 pensieri tristi,235 e236 di237 stupore, di inquietudine, di incertezza.
Uno o due238 benevoli,239 (perché nei garbugli sempre vi trascorre240 qualche onesto,241 che cerca poi di impedire un po’ di male) precorsero lo stormo, ed, entrati nella casa, avvertirono del pericolo. I servi, alle porte, alle finestre: non si vedeva altro che un nuvolo di gente che242 appressava,
che era lì: in fretta in fretta, si avvisa il padrone: mentre
questi delibera243 di fuggire, gli è detto che non è più a tempo: appena i servi possono chiudere e sbarrare la porta
al momento che i primi della vanguardia stavano per porre piede sulla soglia:244 si chiudono tutte le imposte delle finestre, come quando il tempo imperversa, e comincia a cadere la gragnuola;245 e intanto si246 sente l’ululato orribile della
moltitudine, che vuole entrare, e i colpi che già si danno
alla porta. «Il Vicario! il tiranno! lo vogliamo, vivo o
morto!»
Il247 Vicario errava di stanza in istanza, raccomandandosi a Dio e ai suoi servitori che tenessero fermo, che trovassero modo di farlo scappare; ma la casa era cinta da
tutte le parti. Il poveruomo sali sul solajo, e da un bugigatto del muro tra la soffitta e il tetto248 guatò ansiosamente nella via,249 e la vide stivata, fitta di nemici; udì le grida e le minacce, e si ritirò tremante e quasi fuor di sé nell’angolo il più riposto, che potè rinvenire.250 Ivi, rannicchiato251 e tremante,252 porgeva l’orecchio, e quando poi udiva253 i colpi
violenti nella porta, lo turava254 spaventato, poi come fuori di sé, stringendo i denti, e, raggrinzando tutta la faccia, tendeva con impeto le braccia e i pugni come255 se volesse tener ferma la porta contro gli urti, poi si dava per disperato ed aspettava la morte. Gli passavano per la mente256 gl’impegni che aveva fatti per257 giungere a quell’uficio, la
consolazione che aveva provata nel giungervi; e malediceva
di cuore tutti quei pensieri antichi. Finalmente258 stette tranquillo e come istupidito.
Intanto al di fuori259 altri percuoteva le imposte della porta, con travi;260 altri 261 era andato in cerca di scarpelli e di martelli, e dava colpi in regola nel muro, per aprirvi262 una breccia; altri263 lanciava sassi alle finestre; altri con le pale conquistate ai forni ne stuzzicava264 le imposte per aprirle:265 grida orrende accompagnavano tutte queste operazioni. Quegli stessi però che con le grida, le incoraggiavano e le applaudivano,266 in fatto vi ponevano ritardo267 con la pressa delle persone, non lasciando agio al giuoco delle leve e degli arieti:268 per buona sorte accadeva questa volta, nel male, ciò che è troppo frequente nel bene: che i269 fautori i più ardenti divengano un impedimento. Nel mezzo della270 turba un vecchio malvissuto mostrava un martello, dei chiodi, e una fune, dicendo che voleva egli configgere271 alle imposte della porta il Vicario, quando fosse stato acchiappato ed ucciso.
«Ecco, ecco quello che farà la cosa spiccia: largo, largo!»: era una lunga scala che altri portavano per appoggiarla al muro, e salire alle finestre, dove l’entrata sarebbe stata più facile. Per buona sorte272 quel mezzo, che avrebbe
facilitata l’impresa, non era facile a porsi in opera: i portatori, spinti alcuni di qua alcuni di là273 e divisi da una calca brulicante e irrequieta,274 erano costretti or l’uno or l’altro di
abbandonare il peso; il quale cadeva sulle spalle, sulle teste
dei più vicini,275 che la276 respingevano: grida, percosse, urli da
tutte le parti. Ma intanto la porta era quasi277 sconfitta dai gangheri, e i fori nel muro andavano allargandosi e sprofondendosi, già poco mancava278 a vedersi l’interno della casa.
Fermo si trovava in mezzo alla calca, ma questa volta
strascinato e assorbito dal vortice piuttosto che279 venuto di sua voglia:280 le grida che chiedevano il sangue, i vólti che
ne mostravano l'abbominevole sete, lo avevano riempito di
turbamento e di orrore:281 egli detestava in quel momento282 quella che gli era paruta giustizia del popolo:283 la trovava284 più atroce della fame.
«Andiamo andiamo,» diceva egli ai suoi vicini: «è una
vergogna! vogliamo noi fare285 il boja? assassinare un cristiano? Come volete che Dio ci dia il pane a buon mercato, se commettiamo di queste iniquità?».
«Ah! traditore della patria!» disse uno, che era vicino a Fermo rivolgendosi a lui con un viso d’indemoniato: «aspetta, aspetta, tu sei un amico del Vicario, é dei tiranni ...»
Per buona sorte in quel momento, alcuni che portavano286 una scala fecero impeto tra Fermo e il suo nemico; e gli287 disgiunsero. Fermo, approfittando di quella confusione288 nata nella confusione, si allontanò, cercando di uscire dalla folla e di andarsene.289 Quegli, che gli aveva fatto quel complimento non si curò di rintracciarlo, né lo avrebbe290 potuto. Ma un altro, che291 si trovava accanto a lui, e che lo aveva seguito
gli disse all’orecchio: «buon giovane, state zitto, se non
volete farvi ammazzare; ma aspettate quietamente, ché forse
potrete far del bene.» Fermo gli rispose affettuosamente292 coll’espressione del vólto; e rimase in mezzo alla calca.
Ma quegli stessi benevoli, che erano venuti ad293 annunziare il pericolo, non avevano posto tempo in mezzo; ed erano tosto volati al castello, per avvertire di ciò che accadeva, e domandare soccorso. Fu tosto spiccata una294 truppa 295 di soldati, che accorse al luogo del tumulto.
Ma, giunta che fu, non seppe che farsi. Le parti estreme296 dell’attruppamento,297 alle quali sole i soldati potevano accostarsi,298 erano una ciurma disarmata, e oziosa,299 mista di uomini di donne e di fanciulli; parevano piuttosto spettatori che altro: all’ordine di dissiparsi non rispondevano che con un cupo e profondo mormorio.300 Far fuoco sopra quella gente, parve a quelli che comandavano il drappello, che sarebbe stata cosa crudele, e piena301 di pericolo assai più grave di quello che si voleva far cessare; attraversare la
prima calca e giungere302 in ordine, e uniti303 al centro del tumulto, dove la rivolta era operosa, non era cosa possibile: il solo tentare di procedere avrebbe sparpagliati i soldati tra la moltitudine,304 e postili, cosi separati, a discrezione di quella, irritata. I soldati stettero dunque, oziosi: quelli che erano più presso gli guardavano senza timore, gli beffavano,305 le grida continuavano, e gli smuratori proseguivano la loro impresa306 romorosa, senza darsi pensiero della truppa. L’impresa sarebbe stata pur troppo307 condotta a termine, e già lo toccava, se dalla parte308 opposta non fosse giunto un309 più efficace soccorso.310 «Una carrozza! uh! uh! chi è
questo tiranno, che ardisce venire ad insultare la povera
gente? dalli! dalli! sassate, sassate!»
«Zitti! zitti! è Ferrer!311 non vedete la livrea ? è un galantuomo! amico della povera gente: eccolo! eccolo! ecco mette la testa allo sportello: è egli. Viva Ferrer! Viva Ferrer!»312 La carrozza s’era fermata in capo della calca,313 a canto ai soldati; e nella carrozza v’era di fatti quell’Antonio Ferrer gran cancelliere,314 A margine, in penna: «che per virtù de’ suoi spropositi era di tutto quel315 guasto, ma che almeno veniva per porvi qualche rimedio, e si valeva della popolarità, che316 gli avevano
acquistata317 i suoi spropositi, per minorarne i tristi effetti.
Sia benedetto Antonio Ferrer! degli spropositi molta gente318 ne fa, ma non sono molti coloro che319 adoperino320 il vantaggio, che possono averne cavato, a fare un po’ di bene, o ad impedire un po’ di male. Antonio Ferrer metteva fuori dello sportello una faccia tutta umile, tutta benigna, tutta amorosa:321 una faccia, che egli aveva creduto di tenere in serbo pel momento,322 in cui si sarebbe trovato al cospetto di Don Filippo Quarto; ma fu obbligato a spenderla in questa occasione impreveduta. Cercava egli di parlare, ma i picchj,323 gli scalpiti, gli urli, i viva stessi, che si facevano a lui,324 soffocavano la sua voce. Andava egli dunque ajutandosi col gesto, ora avvicinando la punta delle mani alla
bocca, e325 tenendole poi supine, per326 render grazie327 alla benevolenza pubblica; ora rivolgendole e abbassandole lentamente,328 per329 richiedere, (ma con un garbo ineffabile) un po’ di silenzio e’di-tranquillità; ora allargandole dinanzi a sé, per domandare se fosse possibile un po’ di passaggio, accennando nello stesso tempo col vólto ch’egli veniva, per far cosa grata a quelli a cui domandava il passaggio.
«Viva Ferrer! l’amico della povera gente! non abbia paura,330 ella è un galantuomo!331 Vogliamo pane!».
«Sì, figliuoli, pane, pane! abbondanza! » rispondeva Ferrer, ponendo la destra sul cuore, per dare la forza del giuramento alle sue parole.
«Che cosa ha detto?» domandavano332 quelli che non erano vicini abbastanza, per intendere il suono delle parole.
«Ha detto: pane! abbondanza!» ripetevano quelli, che333 avevano inteso; e queste parole334 girarono in un momento fino all’altra estremità della calca.
«Ciarle! ciarle!»335 gridavano alcuni. «Viva Ferrer! è un galantuomo!» gridavano altri. « Noi vogliamo Ferrer! comandi Ferrer! morte ai birboni!»
336« Sì, figliuoli miei cari!» diceva337 il338 vecchio, alzando la
voce quanto poteva: «comanderò io: si farà giustizia: il pane
a buon mercato. Intanto fatemi un piacere: datemi un po’ di passaggio. Vengo per339 mettere in prigione il vicario di provvisione».
Questa nuova parola fu pure trasmessa di bocca in bocca. «Sì sì: bravo!340 in prigione!» «No no! lo vogliamo morto!» «No in prigione! giustizia!»341 «Largo! largo!» «Sono imposture!342 chi l’ha da giudicare? Sono tutti d’una razza!
«Via! via!» «Ferrer è un galantuomo! in prigione!»343
La proposta inaspettata del gran cancelliere aveva divisi in un momento i pareri344 e gli animi di quei comizj tempestosi, o, per dir meglio, aveva fatta scoppiare una divisione, che già esisteva. Alcuni, o per una ebbrezza di furore e di crudeltà, o per una fredda speculazione di anarchia, volevano persistere nel proposito sanguinario; ma345 i più, placati in parte e raddolciti da vedere che un alto magistrato veniva a riconoscere la giustizia della loro causa, e a346 compirla legalmente, vinti dalla affezione che347 sentivano in quel momento pel vecchio Ferrer,348 commossi da quella sua canizie e dal contegno supplice e carezzevole,349 che tanto piace alla moltitudine in un uomo350, che le si è sempre mostrato in un aspetto di gravità e d'impero, innamorati anche dalla sicurezza animosa del vecchio, che non aveva351 dubitato di affrontare una tanta burrasca;352 gridavano che gli si353 luogo, e che il vicario gli fosse rilasciato. Fermo era tra questi, e gridava a testa: «prigione, giustizia!»354
355I sentimenti, le grida, i movimenti di quella parte più placabile erano mossi e regolati, senza ch’ella se ne avvedesse, da alcuni, i quali, senza356 aver fra di loro intelligenze precedenti, operavano pure di concerto,357 condotti da una intenzione comune.
V’ha degli uomini onesti, ai quali358 nelle sommosse popolari,359 alle affoltate,360 alle vociferazioni361 d’una moltitudine
vileggiata,362 sono colpiti da un orrore pauroso:363 non364 ponno sostenerne365 la vista, la vicinanza,366 e vanno a rimpiattarsi, se è possibile, dove367 non ne giunga nemmeno il368 mormorio.
Ve n’ha altri, i quali sentono un orrore egualmente forte, ma che non369 li confonde, che non toglie, anzi cresce loro l’attività.370 Il tumulto è per essi un nemico terribile di cui vanno in cerca, per opprimerlo, o per ammansarlo: accorrono dove la371 confusione è più bollènte, il brulicame più fitto: non si curano, o dimenticano in quel momento da che parte sia la ragione e il torto; dimenticano il proprio pericolo, e non hanno altro di mira che di frastornare le risoluzioni feroci, d’impedire delitti: sono del partito degli oppressi e dei minacciati, quali essi sieno:372 difenderli, salvarli, trafugarli,373 reprimere i violenti, acquetare le cose è il loro scopo. Di questa specie d’uomini, molto rispettabile, erano coloro che abbiamo accennati: l’oggetto dei loro sforzi era di stornare la carnificina preparata al Vicario
di Provvisione:374 sentirono essi tosto che la venuta375 e la proposta di Ferrer era376 un mezzo potente377 alla loro mira, anzi l’unico, al punto in cui erano le cose; e tutti, come d’accordo, fecero tutto il possibile,378 per cavare ogni vantaggio da quell’incidente avventurato. Ripetevano e spargevano le parole del gran cancelliere, vi aggiungevano i commenti e le interpretazioni, che379 erano più accomodate alle idee ed alle passioni della moltitudine, gridavano quelle parole, che potevano diventare un grido universale, e comandare le azioni; lodavano, e dirigevano quegli che erano già inclinati alla moderazione, ammonivano con dolcezza gli ostinati, o gli svergognavano anche minacciosamente dove gli ostinati erano in minor numero: e la forza e il favore erano per la moderazione. I loro sforzi non furono inutili, e poco a poco apparve manifestamente che380 la moderazione aveva il maggior numero di partigiani. «Giustizia,» e «Ferrer!» erano le due parole, che più risuonavano381 tra il clamore vario e indisciplinato. Alcuni tra i guastatori avevano già deposti gli stromenti di distruzione, e382 ristavano dall’impresa. «State quieti! aspettate!383 viene Ferrer a metterlo in prigione,» si gridava da mille parti a quegli che384 proseguivano a dar colpi alla porta e al muro. Alcuni, aggiungendo i fatti al consiglio, cercavano di toglier loro di mano le leve e i martelli, e le travi:385 quindi una lotta tra gli uni e gli altri; che386 ritardò la presa della fortezza, e diede387 tempo388 al soccorso di arrivare.
389Ferrer si volse al cocchiere, e gli disse in fretta, sotto voce, ma distintamente:390
• • • •
Poi, continuando a rivolgersi al popolo: «Signori,» diceva: «un poco di passaggio, vedo... capisco... sono angustiati... in cortesia... sì, signori... pane, abbondanza... in prigione,391 lo condurrò io, in castello...»
«Passo! passo a Ferrer!» «Vogliamo392 impiccarlo noi, il vicario! è un birbone!» «No no: in prigione! giustizia!»
Intanto il cocchiere, imitando anch’egli la393 condotta del padrone,394 sorrideva alla moltitudine e395 con una grazia delicatissima moveva la frusta396 a destra e a manca, per accennare a quelli che erano dinanzi ai cavalli che si ritirassero un poco sui lati:397 alcuni si ritiravano volontariamente, e quei bene intenzionati, che abbiam detto, posti nel mezzo, rimovevano gli altri poco a poco; e la carrozza dava qualche passo.398 Ferrer andava sempre ripetendo le stesse frasi,399 talvolta400 dicendo le parole, che soddisfacessero401 alle grida, che sentiva più distintamente.
«Giustizia, mi impegno io, vengo402 a pigliarlo prigione: è giusto: il re nostro signore vuole che si castighino quelli che fanno del male ai suoi fedelissimi vassalli... a questi bravi galantuomini: largo di grazia: gli faremo il processo; giustizia pronta: pane a buon mercato: abbondanza! abbondanza!»
Così passo, passo, la carrozza giunse403 dinanzi alla casa,404 su la porta; e si fermò.405
Quivi era il punto406 difficile, il407 momento408 sommo dell’impresa;409 ma il nostro Ferrer era un410 valente in quel giorno, e doveva411 uscirne vincitore.
Note
- ↑ gli trovano
- ↑ corto
- ↑ pres
- ↑ ma questi [difetti] inconvenienti [sono piuttosto] dipendono piuttosto dagli uomini stessi che dal tempo
- ↑ non poteva il tempo essere di verun | Antonio Ferrer contava troppo
- ↑ ma più che
- ↑ la condizione delle cose era tale che la durata non poteva che peggiorarla
- ↑ chiuse le botteghe, e
- ↑ chiuse le botteghe, e
- ↑ Ant
- ↑ qualche altro
- ↑ avrebbe dato un provvedimento | qualche altro che potesse cangiare | I De
- ↑ avrebbe
- ↑ domandandogli
- ↑ dare da mangiare a molti
- ↑ dare
- ↑ da mangiare a
- ↑ che erano per mancarne;
- ↑ si trovava ❘ era tutto occupato
- ↑ onde
- ↑ [dare] dare le sue cure alla prima, e diede
- ↑ giunta
- ↑ del
- ↑ del
- ↑ I momenti
- ↑ reticenze
- ↑ raccozzati fra
- ↑ ad
- ↑ con (aumentare] ridurre il prezzo del grano in proporzione
- ↑ [riducendolo] riavvicinandolo alla esatta proporzione, ma
- ↑ con l’umore di minatori che avessero dato fuoco in uno
- ↑ simile a quello
- ↑ Avvezzo già [al qual] a quel beneficio
- ↑ che produsse l’aumento
- ↑ rancore
- ↑ con la stessa
- ↑ frasi
- ↑ [La vigilia] Il giorno
- ↑ erano
- ↑ st
- ↑ interesse
- ↑ pel
- ↑ idee e prevenzioni
- ↑ calda
- ↑ col desiderio di
- ↑ speranza
- ↑ non pensavano ad altro che a rabb
- ↑ proposero
- ↑ non intorbidarla davvantaggio, e di non lasciarla [posare] posare
- ↑ si comunicavano
- ↑ [da p | beste | imprecazioni, lamenti, minacce ed] da per tutto un linguaggio di lamenti, d’imprecazioni, di minacce da per tutto un racconto
- ↑ [prodo] condotto
- ↑ Non mancava più che una occasione, e questa (lacuna) A una moltitudine cosi disposta ogni più | Non mancava più che una occasione, un [picciolo fatto | movimento] avvenimento qualunque per ridurre a fatti quelle parole ; e l’avvenimento non | Quand lacuna
- ↑ qualu
- ↑ andavano con la
- ↑ ai monaste | e alle ❘ la solita quantità
- ↑ e
- ↑ vocabolo
- ↑ l’
- ↑ alle poste loro. Il
- ↑ su
- ↑ questo popolo
- ↑ vederlo
- ↑ per [la mi | certa gen] quelli che lo negano a noi Un
- ↑ che ve ne sia
- ↑ dice uno
- ↑ [prende la gerla da] prende l’orlo alla
- ↑ l'abbassa co
- ↑ si
- ↑ Un altro grida an
- ↑ grida
- ↑ al fattorino
- ↑ [g ❘ cadere e | in guarda | a gambe) in balia
- ↑ dall
- ↑ Sic. in cerca di
- ↑ risentori (sic)
- ↑ sval
- ↑ Ma
- ↑ [a que] que
- ↑ e si avviarono (lacuna)
- ↑ un forno
- ↑ tanto eteroclite e balzane bisbetiche
- ↑ indicarne la provenienza
- ↑ In fondo alla pagina, il Manzoni stesso: « El prestin di scansc».
- ↑ già
- ↑ Segno di richiamo, e a margine, in penna: «in folla?»
- ↑ ed
- ↑ arrivò [che] quando la moltitudine cominciava ad
- ↑ quando la mi ❘ giunse
- ↑ che al forno
- ↑ ... canaglia ...
- ↑ brava gente dabbene. .. via, gente dabbene... buoni figliuoli. . . ahi ! Tra queste gentili parole
- ↑ ahi! canaglia!...
- ↑ da uno
- ↑ rispingete questa [canaglia] canaglia...
- ↑ ma inva
- ↑ fec
- ↑ arranca
- ↑ le port
- ↑ Pane! pane!
- ↑ Via! via! si rispondeva da
- ↑ dal di dentro. Alcuni dei difensori, [trovand | calcando contra] tenendo le porte
- ↑ aff
- ↑ si voi
- ↑ alabardiere
- ↑ dop
- ↑ qu
- ↑ [diss] diss
- ↑ Pane: pane: apri! apri! Un grido immane, confuso,
- ↑ si disti
- ↑ aspettavano
- ↑ rotto
- ↑ de
- ↑ basse [sradicate] furono sradicate,
- ↑ cercaro
- ↑ p
- ↑ altri riempiuta la bottega, [il magazzi] i magazzini tutto il pian terreno
- ↑ chi poteva ne pigliava un sacco chi non aveva la forza | furono sciolti i sacchi da quelli che primi poterono afferrarli, e chi
- ↑ così
- ↑ per
- ↑ si
- ↑ le posero questi | a pugni gli
- ↑ se ne tornaron
- ↑ alcuni dei quali furono salvati
- ↑ presentavano
- ↑ finito
- ↑ [andava su] si avanzava senza ben sapere
- ↑ tra la folla
- ↑ la folla di
- ↑ an
- ↑ al
- ↑ sapere
- ↑ Fermo
- ↑ passando di e [so e] sostando a volte per la calca che non [lasciava] permetteva di camminare di continuo
- ↑ avanz
- ↑ ferma
- ↑ È un buco nell’acqua
- ↑ facciamo
- ↑ È un
- ↑ morti di fame
- ↑ [cadeva] tentenn
- ↑ e il passo gli era dato cortesemente da tutti
- ↑ quel
- ↑ alla larga
- ↑ Io che [sono] conosco Milano, ho
- ↑ che son [certa] certi
- ↑ denunzia e ... chi è sotto è sotto
- ↑ e l’indegnazio
- ↑ ris
- ↑ e più n
- ↑ e che non cercava di nascondersi
- ↑ per
- ↑ Variante dieci scudi
- ↑ og
- ↑ fatta
- ↑ [coma] levarsi
- ↑ Tutto va bene, ma (lacuna)
- ↑ andare a tutti i
- ↑ i quali se non davano a Fermo una intera persuasione di tutto quello che esprimevano, [gli] lo confermavano però a quell'indistinto pensiero che la fame fosse tutta opera di ribaldi, giunse egli
- ↑ sconcio
- ↑ Le finestre sgangherate
- ↑ e
- ↑ A margine, in penna: «Se vuoi fare a modo d’un pazzo tornerai a buttarla nella fossa del cimitero».
- ↑ vedevano no
- ↑ levare il resto
- ↑ e con
- ↑ marne
- ↑ e gli portavano al di fuori. Quando tutto
- ↑ i libri dei cont
- ↑ al
- ↑ vi posero il fuoco, e
- ↑ [con im] tra le
- ↑ minacce di nuove spedizioni
- ↑ [sulla pia | in mezzo al | in mez | dinanzi al rogo a vedere e ad udire] dinanzi al rogo a vedere e ad udire, in mezzo ad una folla ondeggiante (lacuna)
- ↑ rogo
- ↑ facendosi spazio
- ↑ [nuovi] nuovi
- ↑ romore
- ↑ Muoja la carestia ! viva l’abbondanza! muojano gli affamatori! Pane! pane! (lacuna)
- ↑ delle
- ↑ [della iniqu | ma da tutte] ma aveva riposta nell’intimo della persuasione quella idea generale che un gran disegno di affamare
- ↑ dunque
- ↑ il f
- ↑ Come poi il pane potesse vivere per la morte
- ↑ delle
- ↑ e
- ↑ non erano i
- ↑ In
- ↑ si sentì
- ↑ per
- ↑ lì vicino
- ↑ chia
- ↑ A margine, in penna: «non molto distante».
- ↑ dal luogo
- ↑ abbandonò le
- ↑ quivi in
- ↑ [alla loggia] al palazzo
- ↑ faceva
- ↑ un frast
- ↑ Variante burrasca
- ↑ [avessero una idea ben distinta e consentita della giustizia di colui di questa] (lacuna) sapessero bene chi era stato e che cosa aveva fatto [colui nella] colui al quale applaudivano
- ↑ distintamente
- ↑ circa
- ↑ fu
- ↑ fu strascinata e gittata non [saprei] so ben dove
- ↑ cui nome
- ↑ avevano
- ↑ più pu
- ↑ sermonato
- ↑ l'umanità
- ↑ più
- ↑ colla
- ↑ raffor
- ↑ estingue
- ↑ partigiani e lodatori che hanno [approvata] esaltato quel loro modo di opporsi
- ↑ avrebbe
- ↑ con calore
- ↑ trova
- ↑ ostacoli
- ↑ ostacoli
- ↑ [era un be] era un bel vivere
- ↑ occuparsi incessantemen
- ↑ a predicare in un
- ↑ ad eff
- ↑ tuon
- ↑ per
- ↑ dall
- ↑ gli a
- ↑ mischiavano con essi
- ↑ Di subito
- ↑ in un
- ↑ come se | e fu questa
- ↑ preso
- ↑ discorsi e
- ↑ di
- ↑ parole tronche: chi l’avrebbe creduto! come finirà? perché noi | discorsi tronchi
- ↑ maraviglia
- ↑ amici [e b] e bene
- ↑ (perché tra le sciarre
- ↑ qualcheduno bene intenz
- ↑ con fine
- ↑ di m
- ↑ se
- ↑ si accorre a chiudere le finestre come quando
- ↑ ma nella casa benché
- ↑ comin
- ↑ povero
- ↑ guardò
- ↑ cadde
- ↑ aspettando | Ivi ranni
- ↑ stava aspettando
- ↑ tendeva
- ↑ un colpo
- ↑ , poi
- ↑ per
- ↑ la cons
- ↑ essere vi
- ↑ rimase
- ↑ si percotevano
- ↑ , con martelli
- ↑ con
- ↑ [una] un uscio
- ↑ con pale
- ↑ A margine, in penna: «- stuzzicava-», non mi piace forse per colpa mia, mi sembra meno male - tentava - .
- ↑ altri come
- ↑ le ritardavano con
- ↑ e impedimento con la loro pressa, occupando il luogo e calcando
- ↑ ed è una consolazione di pensare
- ↑ fautori
- ↑ dell’affollata
- ↑ (alle] sulla
- ↑ non
- ↑ non
- ↑ lasciavano
- ↑ : grida, urli, minacce:
- ↑ Sic.
- ↑ sbas
- ↑ ad [com] apparir
- ↑ volonteroso: lo spett | andato di su
- ↑ Segno di richiamo, e a margine, in penna: «punto fermo».
- ↑ egli
- ↑ la giustizia
- ↑ e
- ↑ la fame meno atroce
- ↑ gli assassini
- ↑ ??Segno di richiamo, e a margine, in penna: « - che portavano quella scala lunga -? »
- ↑ [separaro] allontan
- ↑ momentanea
- ↑ |A] Quando ebbe perduto
- ↑ pop
- ↑ lo aveva seguito
- ↑ col cenno
- ↑ avvertire i
- ↑ compagnia
- ↑ Sic.
- ↑ la circonferenza
- ↑ alla quale sola
- ↑ non erano che
- ↑ che non faceva altro che gu
- ↑ Se ì soldati si fossero allontanati e avessero fatto fuoco su quella gente [Parve i soldati a distanza e far fuoco su quella gente], parve a quelli che comandavano che sarebbe stato una | Gli
- ↑ di pericolo
- ↑ [a qu] insieme a quelli che operavano violentemente era cosa impossibile, e non si son | e il solo tentarlo avrebbe disperso il d | né | e per tentarla
- ↑ [al quale] al luogo dove si
- ↑ e gli avv
- ↑ e gli smuratori
- ↑ senza
- ↑ [comp] compiuta, [e già) se non giungeva un altro soccorso
- ↑ [loppo] da un’altra parte
- ↑ altro soccorso
- ↑ A margine, in penna: «Cedent arma togae»
- ↑ un galantuomo
- ↑ Era
- ↑ presso
- ↑ e un gran guastamestieri.
- ↑ garbuglio
- ↑ aveva
- ↑ coi suoi spropositi
- ↑ sa farne
- ↑ si curino di ripararli i
- ↑ ba
- ↑ quella faccia che avrebbe avuto alla presenza di Don Filippo quarto
- ↑ che si fosse
- ↑ il
- ↑ coprivano la sua voce
- ↑ Variante spianandole
- ↑ ringr
- ↑ della
- ↑ ma con un
- ↑ consigliare
- ↑ le
- ↑ ella
- ↑ i più lontani. Ha detto pane! abbondanza!
- ↑ erano pi
- ↑ trasmesse di distanza in dist
- ↑ dicevano
- ↑ [Sì figli] Sì sì f
- ↑ Ferrer
- ↑ povero
- ↑ por
- ↑ giustizia!
- ↑ Ferrer un galantuomo! passo! passo!
- ↑ non lo condanne
- ↑ Irati lacuna).
- ↑ e gli animi di
- ↑ la maggior parte
- ↑ pro
- ↑ avevano
- ↑ commossi dal suo aspetto supplichevole e car [su] da quella sua canizie [dall'aspetto da quella sua canizie,] da [quella qu] quella [faccia | placidezza] faccia senile a cui il pensiero (variante la cura) nascosto di salvare un uomo dava un non so che di ispirato e di santo | commossi dal contegno
- ↑ di un
- ↑ avvezzo ❘ che ha sempre veduto nell'aspetto di chi | le è sempre compar
- ↑ temuto
- ↑ vole
- ↑ desse
- ↑ Questa miglior parte era [diretta] mossa e regolata, senza ch’ella se ne avvedesse, da alcuni i quali penetrati profondamente e con riflessione di quel senso di pietà, di quell'orrore alla violenza ed al sangue che [con | in quel momento diven] nasceva allora come una passione in molti, stavano attenti [per] per giovarsi di tutti i mezzi a [farla trionfare] diffonderla, a [renderla] farla trionfare. Grazie al cielo v’ha di quegli uomini [ai qua | che | a cui il risparmiare un delitto | a cui l’espressione della crudeltà è | è | fa orro] che hanno terrore del delitto, e che quando possono sperare di risparmiarlo, s’infervorano [nella impresa] insistono nella impresa, [come se si trattasse] più che se si trattasse d’un loro interesse privato. Questi galantuomini ripetevano e spargevano le parole di Ferrer, dicevano essi stessi [le cose] quelle che potevano più essere accette alla moltitudine, e che avevano più forza a determinarla alla quiete [rimo | accorrevano qua e là dove] giravano, come era loro concesso [portandosi ai luoghi dove si poteva più] animando quelli che erano già inclinati alla moderazione [confon] (lacuna) ammonendo con grazia (variante preghiera) [que’] gli ostinati, o [facendo lo] anche svergognandoli minacciosamente, [se in quel punto la forza] dove gli ostinati erano in minor numero, e la forza e il favore era per la [tranq] moderazione. [A poco a poco si vide che questa aveva | molto | molto più partigiani, e] (lacuna) A poco a poco apparve chiaramente che questa aveva più partigiani
- ↑ questa parte più placabile (variante moderata,) era mossa e regolata senza che se ne avvedesse
- ↑ alcuna intelligenza per
- ↑ Variante riuniti
- ↑ le
- ↑ e
- ↑ le
- ↑ [le ri] d’u
- ↑ danno un orrore pauroso sono | percossi da una
- ↑ confusi la mente
- ↑ po
- ↑ l’aspe
- ↑ e si rin
- ↑ il
- ↑ romore
- ↑ toglie loro la
- ↑ vi corrono questi [nel] dove più batte il tumulto
- ↑ turbazione
- ↑ vogliono
- ↑ conten
- ↑ lodando e rincorando
- ↑ di F
- ↑ Sic.
- ↑ e l'unico oramai per (parola illeggibile)
- ↑ perché un tal mezzo non riuscisse inutile
- ↑ fossero
- ↑ la mod
- ↑ nel
- ↑ de
- ↑ si ven
- ↑ conti
- ↑ quindi una
- ↑ [sospese] ritardò la distruzione
- ↑ campo
- ↑ a Ferrer di apportarle
- ↑ soldati s’erano posti [a fianco] ai lati, e dietro la carrozza, non so se per difendere il gran cancelliere, o per essere difesi da lui : quando [questi | questi] l'ufiziale che mandava quei soldati s’era [post] avvicinato allo sportello questi aveva fatto cenno all’ufiziale che comandava quella troppa (sic) di avvicinarsi allo sportello, e Ferrer [gli aveva dato] (era egli il generale in quel momento) gli aveva dato l’ordine : rispose l’ufiziale. Ferrer si volse al cocchiere e gli disse in fretta, sottovoce, ma distintamente:
- ↑ Lacuna: se ne capisce il perchè facilmente.
- ↑ con me
- ↑ vederlo impiccato
- ↑ buona grazia
- ↑ [chied] accennava con una grazia delicata a quelli che
- ↑ e moveva [b | gestand] con una grazia delicatissima,
- ↑ di qua e d
- ↑ quei bene intenzionati che abbiam detto ajuta
- ↑ I soldati (secondo l’ordine | ché tale era l'ordine dato da Ferrer) ordinati e stivati dietro la carrozza la seguivano ed occupavano [la via ch’ella faceva] il passo ch’ella apriva e procedevano con essa.
- ↑ o rispondendo
- ↑ rispondendo
- ↑ più
- ↑ a metterlo in prigione
- ↑ dinanzi
- ↑ proced
- ↑ Quivi era il punto
- ↑ [diffici] scabroso
- ↑ più
- ↑ rischioso
- ↑ [quando] quando | ma
- ↑ eroe in
- ↑ uscirne migliore. Quando un uomo dopo d’aver