Frammenti letterari e filosofici/I paesi e le figure/I paesi
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I PAESI.
I. — un effetto di nubi sul lago maggiore.
Io sono già stato a vedere tal multiplicaziono di arie,1 e già sopra a Milano, inverso lago Maggiore, vidi una nuvola in forma di grandissima montagna, piena di scogli infocati, perchè li raggi del sole, che già era all'orizzonte, che rosseggiava, la tigneano del suo colore. E questa tal nuvola attraeva a se tutti li nuvoli piccioli, che intorno le stavano; e la nuvola grande non si movea di suo loco, anzi riservò nella sua sommità il lume del sole insino a una ora e mezzo di notte, tant’era la sua immensa grandezza; e infra due ore di notte generò sì gran venti, che fu cosa stupenda e inaudita.
II. — un’ascensione al monte rosa.2
Dico, l’azzurro, in che si mostra l’aria, non essere suo proprio colore, ma e causato da umidità calda, vaporata in minutissimi e insensibili atomi, la quale piglia dopo se la percussion de’ raggi solari, e tassi luminosa sotto la oscurità delle immense tenebre della regione del fuoco, che di sopra le fa coperchio.
E questo vedrà, come vid’io, chi andrà sopra Momboso,3 giogo dell’Alpi che dividono la Francia dalla Italia, la qual montagna ha la sua base che partorisce li quattro fiumi, che rigan per quattro aspetti contrari tutta l’Europa: e nessuna montagna ha la sua base in simile altezza.
Questa si leva in tanta altura, che quasi passa tutti li nuvoli, e raro volte vi cade neve, ma sol grandine di state, quando li nuvoli sono nella maggiore altezza; e questa grandine vi si conserva in modo, che, se non fosso la rarità del cadervi e del montarvi nuvoli, che non accade due volte in una età, egli vi sarebbe altissima quantità di diaccio, innalzato dalli gradi della grandine. Il quale di mezzo Luglio vi trovai grossissimo; e vidi l’aria sopra di me tenebrosa; e ’l sole, che percotea la montagna, essere più luminoso quivi assai, che nelle basse pianure, perchè minor grossezza d’aria s’interponea in fra la cima d’esso monte e ’l sole.
III. — traccia.
Descrivi i paesi con vento e con acqua, e con tramontare e levare del sole.
IV. — altra traccia.
Descrivi uno vento terrestre e marittimo, descrivi una pioggia.
V. — varie colorazioni del mare.
Il mare ondeggiante non ha colore universale, ma chi lo vede di terra ferma, è di colore oscuro, e tanto più oscuro, quant’egli è più vicino all’orizzonte, e vedevi alcuni chiarori over lustri, che si movono con tardità a uso di pecore bianche nelli armenti; e chi vede il mare stando in alto mare lo vede azzurro. E questo nasce, che da terra il mare pare oscuro, perchè tu vedi in lui l’onde, che specchiano la oscurità della terra; e d’alto mare paiono azzurre, perche tu vedi nell’onde l’aria azzurra, da tali onde specchiata.
VI. — la vegetazione di un colle.
Quell’erbe e piante saranno di color tanto più pallido, quanto il terreno che le nutrisce è più magro e carestioso4 d’umore: il terreno è più carestioso e magro sopra li sassi, di che si compongono li monti. E li alberi saranno tanto minori e più sottili, quanto essi si fanno più vicini alla sommità de’ monti: e il terreno è tanto più magro, quanto s’avvicina più alle predette sommità de’ monti; e tanto più abbondante il terreno è di grassezza, quanto esso è più propinquo alle concavità delle valli.
Adunque tu, pittore, mostrerai nelle sommità de’ monti li sassi, di che esso si compone, in gran parte scoperti di terreno, e l’erbe, che vi nascono, minute e magre e in gran parte impallidite e secche, per carestia d’umore, e l’arenosa e magra terra si veda trasparire infra le pallide erbe; e le minute piante, stentate e invecchiate in minima grandezza, con corte e spesse ramificazioni e con poche foglie, scoprendo in gran parte le rugginenti e aride radici, tessute con le falde5 e rotture6 delli rugginosi scogli, nate dalli ceppi, storpiati dalli uomini e da’ venti; e in molte parti si vegga li scogli superare li colli de li alti monti, vestiti di sottile e pallida ruggine; e in alcuna parte dimostrare li lor veri colori scoperti, mediante la percussione delle folgori del cielo, il corso delle quali, non sanza vendetta di tali scogli, spesso son impedite.
E quanto più discendi alle radici de’ monti, le piante saranno più vigorose e spesse di rami e di foglie; e le lor verdure di tante varietà, quanto sono le specie delle piante, di che tal selve si compongono, delle quali la ramificazione è con diversi ordini e diverse spessitudini7 di rami e di foglie e diverse figure e altezze: e alcuni con istrette ramificazioni, come il cipresso; e similmente degli altri con ramificazioni sparse e dilatabili, com’è la quercia e il castagno e simili; alcuni con minutissime foglie; altri con rare, coni’ è il ginepro e ’l platano e simili; alcune quantità di piante, insieme nate, divise da diverse grandezze di spazi e altre unite, sanza divisioni di parti o altri spazi.
VII. — del modo del figurare una notte.
Quella cosa ch’è privata interamente di luce è tutta tenebre. Essendo la notte in simile condizione, e tu vi vogli figurare una storia, farai che, sendovi ’l grande foco, che quella cosa ch’è più propinqua di detto foco più si tinga nel suo colore, perchè quella cosa ch’è più vicina all’obbietto, più partecipa della sua natura. E facendo il foco pendere in colore rosso, farai tutte le cose alluminate da quello ancora loro rosseggiare e quelle che sono più lontane a detto foco più sien tinte del colore nero della notte. Le figure, che sono fra te e ’l foco, appariscano scure nella oscurità della notte e non della chiarezza del foco, e quelle che si trovano dai lati sieno mezze oscure e mezze rosseggianti, e quelle che si possono vedere dopo i termini delle fiamme saranno tutte alluminate di rosseggiante lume in campo nero.
In quanto alli atti, farai quelli che li sono presso, farsi scudo colle mani e con mantegli, a riparo del superchio calore, e, torto col volto in contraria parte, mostrare fuggire da quelli più lontani; farai gran parte di loro farsi colle mani riparo al li occhi offesi da superchio splendore.
VIII. — come si dee figurar una fortuna.
Se vuoi figurare bene una fortuna,8 considera e poni bene i sua effetti, quando il vento, soffiando sopra la superfizie del mare e della terra, rimove e porta con seco quelle cose, che non sono ferme, colla universal marea.
E per ben figurare questa fortuna, farai in prima i nuvoli spezzati e rotti dirizzarsi per lo corso del vento, accompagnati dall’arenosa polvere, levata da’ liti marini, e rami e foglie levati per la potenza del furore del vento, isparsi per l’aria, e in compagnia di quelle molte altre leggere cose. Li alberi e l’erbe piegate a terra quasi mostrarsi volere seguire il corso dei venti, coi rami storti fuor del naturale corso e le scompigliate e racconciate foglie. Gli omini, che lì si trovano, parte caduti e rivolti per li panni e per la polvere, quasi sieno sconosciuti; e quelli, che restano ritti, sieno dopo qualche albero abbracciati a quelli, perchè il vento non li strascini; altri con le mani a li occhi per la polvere, chinati a terra, e i panni e capegli diretti al corso del vento. Il mare turbato e tempestoso sia pieno di retrosi,9 e schiuma in fra le elevate onde, e ’l vento levare infra la combattuta aria della schiuma più sottile a uso di spessa e avviluppata nebbia. I navilî, che dentro vi sono, alcuni ve ne farai con la vela rotta, e i brani d’essa ventilando infra l’aria in compagnia d’alcuna corda rotta; alcuni alberi rotti, caduti, col navilio intraversato e rotto infra le tempestose onde; certi omini gridanti abbracciare il rimanente del navilio; farai i nuvoli cacciati dagl’impetuosi venti, battuti nell’alte cime delle montagne, fare a quegli avviluppati retrosi, a similitudine dell’onde percosse nelli scogli. L’aria spaventosa per le oscure tenebre fatte nell’aria dalla polvere, nebbia e nuvoli folti.
IX. — modo di figurare una battaglia.
Farai in prima il fumo dell’artiglieria, mischiato in fra l’aria, insieme con la polvere, mossa dal movimento de’ cavalli e de’ combattitori. La quale mistione userai così: la polvere, perchè è cosa terrestre e ponderosa, e ben che per la sua sottilità facilmente si levi e mischi infra l’aria, niente di meno volentieri ritorna in basso, e il suo sommo montare è fatto dalla parte più sottile, adunque il meno fia veduta, e parrà quasi di colore d’aria; il fumo, che si mischia in fra l’aria impolverata, quanto più s’alza a certa altezza, parrà oscura nuvola, e vederassi ne le sommità più espeditamente il fumo, che la polvere.
Il fumo penderà in colore alquanto azzurro, e la polvere terrà il suo colore: dalla parte che viene il lume, parrà questa mistione d’aria, fumo e polvere molto più lucida, che dalla opposita parte; i combattitori quanto più fieno infra detta turbolenza, meno si vedranno e meno differenza fia dai loro lumi alle loro ombre.
Farai rosseggiare i volti e le persone e l’aria e li scoppettieri insieme co’ vicini, e detto rossore quanto più si parte dalla sua cagione, più si perda; e le figure, che sono in fra te e ’l lume, essendo lontane, parranno scure in campo chiaro, e le loro gambe, quanto più s’apresseran alla terra, men fieno vedute, perchè la polvere è li più grossa e più spessa.
E se farai cavalli correnti fuori della turba, falli nuvoletti di polvere distanti l’uno dall’altro, quanto po’ essere lo ’ntervallo de’ salti fatti dal cavallo, e quello nuvolo, ch’è più lontano da detto cavallo, men si vegga, anzi sia alto, sparso e raro, e più presso sia più evidente e minore e più denso.
L’aria sia piena di saettume di diverse ragioni: chi monti, chi discenda, qual sia per linea piana; e le ballotte delli scoppietti sieno accompagnate d’alquanto fumo dirieto al lor corso.
E le prime figure farai polverose, i capegli e ciglia e altri lochi piani, atti a sostenere la polvere. Farai i vincitori correnti co’ capegli, e altre cose leggiere, sparse al vento: con le ciglia basse e’ caccia i contrari membri innanzi, cioè se manderà’ innanzi il piè destro che ’l braccio stanco ancor lui venga innanzi. E se farai alcuno caduto fara’gli il segno dello sdrucciolare su per la polvere, condotto10 in sanguinoso fango, e dintorno alla mediocre liquidezza della terra farai vedere istampite11 le pedate degli omini e cavalli di lì passati.
Farai alcuno cavallo strascinare morto il suo signore, e dirieto a quello lasciare per la polvere e fango il segno dello strascinato corpo; farai li vinti e battuti pallidi colle ciglia alte nella lor congiunzione, e la carne,, che resta sopra loro, sia abbondante di dolenti crespe. Le fauci del naso sieno con alquante grinze partite in arco dalle narici e terminate nel principio dell’occhio; le narici alte, cagion di dette pieghe; le labbra arcate scoprano i denti di sopra. I denti spartiti in modo di gridare con lamento. L’una delle mani faccia scudo ai paurosi occhi, voltando il dirieto inverso il nimico, l’altra stia a terra a sostenere il levato busto. Altri farai gridanti colla bocca sbarrata e fuggenti; fara’ molte sorte d’arme in fra i piedi de’ combattitori come scudi rotti, lancie, spade rotte, altre simili cose; farai omini morti, alcuni ricoperti mezzi dalla polvere, altri tutta la polvere, che si mischia coll’uscito sangue, convertirsi in rosso fango, e vedere il sangue del su’ colore correre con torto corso dal corpo alla polvere; altri morendo strignere i denti o travolgere gli occhi, strignere le pugna alla persona e le gambe storte. Potrebbesi vedere alcuno disarmato e abbattuto dal nemico volgersi al nemico, con morsi e graffi fare crudele e aspra vendetta; potresti vedere alcuno cavallo leggero correre coi crini sparsi al vento, correre in fra i nemici, e co’ piedi fare molto danno; vedresti alcuno storpiato, caduto in terra farsi copritura col suo scudo, e ’l nemico, chinato in basso, fare forza di dare morte a quello.
Potrebbesi vedere molti omini caduti in un gruppo sopra uno caval morto. Vederai alcuni vincitori lasciare il combattere e uscire dalla moltitudine nettandosi co le due mani li occhi e le guancie ricoperte di fango, fatte da lagrimare degli occhi per l’amor della polvere. Vederesti le squadre del soccorso stare pien di speranza e sospetto, co’ le ciglia aguzze, facendo a quelle ombra con le mani, e riguardare infra la folta e confusa caligine dell’essere attenti al comandamento del capitano; e simile, il capitano col bastone levato e corrente inverso il soccorso, mostrare a quelli la parte dove di loro è carestìa; e alcun fiume dentro cavalli correnti riempiendo la circustante acqua di turbolenza di onde di schiuma e d’acqua confusa, saltante infra l’aria e tra le gambe e corpi de’ cavalli. E non fare nessun loco piano, se non le pedate ripiene di sangue.
X. — figurazione del diluvio.
L’aria era oscura per la spessa pioggia, la qual, con obbliqua discesa, piegata dal trasversal corso de’ venti, faceva onde di sè per l’aria, non altrementi che far si vegga alla polvere, ma sol si variava perchè tale innondazicne era traversata dalli liniamenti, che fanno le gocciole dell’acqua, che discende. Ma il colore suo era dato dal fuoco, generato dalle saette fenditrici e squarciatrici delli nuvoli, i vampi delle quali percoteano e aprivano li gran pelaghi delle riempiute valli, li quali aprimenti mostravano nelli lor vertici le piegate cime delle piante. E Nettuno si vedea in mezzo alle acque col tridente, e vedeasi Eolo colli sua venti ravvilluppare notanti piante diradicate, miste colle immense onde.
L’orizzonte, con tutto lo emisperio, era turbo e focoso, per le ricevute vampe delle continue’ saette. Vedevansi li omini e li uccelli, che riempivan di sè li grandi alberi, scoperti dalle dilatate onde, componitrici delli colli, circondatori delli gran baratri.
XI. — segue.
Vedeasi la oscura e nebulosa aria essere combattuta dal corso di diversi venti, e avviluppati dalla continua pioggia e misti colla gragnuola, li quali or qua ora là portavano infinita ramificazione delle stracciate piante, miste con infinite foglie. Dintorno vedeasi le antiche piante diradicate e stracciate dal furor de’ venti. Vedovasi le ruine de’ monti, già scalzati dal corso de’ lor fiumi, minare sopra i medesimi fiumi e chiudere le loro valli; li quali fiumi ingorgati allagavano, e sommergevano le moltissime terre, colli lor popoli.
Ancora avresti potuto vedere, nelle sommità di molti monti, essere insieme ridotte molte varie spezie d’animali, spaventati e ridotti al fin dimesticamente, in compagnia de’ fuggiti omini e donne colli lor figlioli. E le campagne coperte d’acqua mostravan le sue onde in gran parte coperte di tavole, lettiere, barche, altri vari strumenti, fatti dalla necessità e paura della morte, sopra li quali eran donne, omini colli lor figlioli misti, con diverse lamentazioni e pianti, spaventati dal furor de’ venti, li quali con grandissima fortuna rivolgevan l’acque sottosopra insieme colli morti, da quella annegati. E nessuna cosa più lieve che l’acqua era che non fussi coperta di diversi animali, i quali, fatti tregua, stavano insieme con paurosa collegazione,12 infra’ quali eran lupi, volpi, serpi e d’ogni sorte, fuggitori dalla morte. E tutte l’onde percuotitrici de’ lor lidi, combattevan quelli, colle varie percussioni di diversi corpi annegati, le percussioni de’ quali uccidevano quelli, alli quali era restato vita.
Alcune congregazioni d’omini avresti potuti vedere, le quali con armata mano difendevano li piccioli siti, che loro eran rimasti, da lioni, lupi e animali rapaci, che quivi cercavan lor salute. Oh! quanti romori spaventevoli si sentivan per l’aria scura, percossa dal furore de’ tuoni e delle folgori, da quelli scacciate, — che per quella rugosamente scorrevano, percotendo ciò che s’opponea al suo corso! Oh! quanti avresti veduti colle proprie mani chiudersi li orecchi per schifare l’immensi romori, fatti per la tenebrosa aria dal furore de’ venti misti con pioggia, tuoni celesti e furore di saette!
Altri, non bastando loro il chiudere delli, occhi, ma colle proprie mani ponendo quelle l’una sopra dell’altra, più se li coprivano, per non vedere il crudele strazio fatto della umana spezie dall’ira di Dio. - Oh! quanti lamenti e quanti spaventati si gettavano dalli scogli! Vedeasi le grandi ramificazioni delle gran quercie, cariche d’omini, esser portate per l’aria dal furore delli impetuosi venti.
Quante eran le barche volte sotto sopra, e quelle intere e quelle in pezzi esservi sopra gente, travagliandosi per loro scampo, con atti e movimenti dolorosi, pronosticanti di spaventevole morte. Altri con movimenti disperati si toglievano la vita, disperandosi di non potere sopportare tal dolore: de’ quali alcuni si gittavano dalli alti scogli, altri si stringevano la gola colle proprie mani, alcuni pigliavan li propri figlioli, e con grande rapidità li sbattevan interi, alcuni colle proprie sue armi si ferivano e uccidean sè medesimi, altri gittandosi ginocchioni si raccomandavan a Dio. Oh! quante madri piangevano i sua annegati figlioli, quelli tenendo sopra le ginocchia, alzando le braccia aperte in verso il cielo, e con voci, composte di diversi urlamenti, riprendevan l’ira delli Dei; altri, colle man giunte e le dita insieme tessute, mordevano, e con sanguinosi morsi quel divoravan, piegandosi col petto alle ginocchia per lo immenso e insopportabile dolore.
Vedeansi li armenti delli animali, come cavalli, buoi, capre, pecore, esser già attorniati dalle acque e essere restati in isola nell’alte cime de’ monti, già restrigniersi insieme, e quelli del mezzo elevarsi in alto, e camminare sopra delli altri, e fare infia loro gran zuffe, de’ quali assai ne morivan per carestia di cibo.
E già li uccelli si posavan sopra li omini e altri animali, non trovando più terra scoperta che non fusse occupata da’ viventi; già la fame, ministra della morte, avea tolto la vita a gran parte delli animali; quando li corpi morti già levificati si levavano dal fondo delle profonde acque e surgevano in alto. E infra le combattenti onde, sovra le quali si sbattevano l’un nell’altro, e, come balle piene di vento, risaltavan indirieto dal sito della lor percussione, questi si facevan base de’ predetti morti. E sopra queste maledizioni si vedea l’aria coperta di oscuri nuvoli, divisi dalli serpeggianti moti delle infuriate saette del cielo, alluminanti or qua or là infra la oscurità delle tenebre.
Vedesi il moto dell’aria mediante il moto della polvere, mossa dal corso del cavallo, il moto della quale è tanto veloce a riempiere il vacuo, che di sè lascia nell’aria, che di se lo vestiva, quanto è la velocità di tal cavallo a fuggirsi dalla predetta aria.
E ti parrà forse potermi riprendere dell’avere io figurato le vie fatte per l’aria dal moto del vento, conciò sia che ’l vento per se non si vede infra l’aria. A questa parte si risponde, che non il moto del vento, ma il moto delle cose da lui portate è sol quel che per l’aria si vede.
Tenebre, vento, fortuna di mare, diluvio d’acqua, selve infocate, pioggia, saette del cielo, terremoti e ruina di monti, spianamenti di città.
Venti revertiginosi,13 che portano acqua, rami di piante e omini infra l’aria.
Rami stracciati da’ venti, misti col corso de’ venti, con gente di sopra.
Piante rotte, cariche di gente.
Navi rotte in pezzi, battute in iscogli.
Delli armenti, grandine, saette, venti revertiginosi.
Gente che sien sopra piante, che non si posson sostenere, alberi e scogli, torri, còlli pien di gente, barche, tavole, madie e altri strumenti da natare, còlli coperti d’uomini e donne o animali, e saette da’ nuvoli, che alluminino le cose.
Sia imprima figurata la cima d’un aspro monte con alquanta valle circustante alla sua base, e ne’ lati di questo si veda la scorza del terreno levarsi insieme colle minute radici di piccoli sterpi, e spogliar di sè gran parte delli circonstanti scogli; rovinosa discenda di tal dirupamento; con turbolenza del corso vada percuotendo e scalzando le ritorte e globulenti14 radici delle gran piante, e quelle ruinando sotto sopra. E le montagne, denudandosi, scoprano le profonde fessure, fatte in quelle dalli antichi terremoti; e li piedi delle montagne sieno in gran parte rincalzati e vestiti delle ruine delli arbusti precipitati da’ lati dell’alte cime de’ predetti monti, i quali sien misti con fango, radici, rami d’alberi, con diverse foglie, infuse infra esso fango e terra e sassi.
E le ruine d’alcuni monti sien discese nella profondità d’alcuna valle, e facciansi argine della ringorgata acqua del suo fiume, la quale argine, già rotta, scorra con grandissime onde, delle quali le massime percuotino, e ruinino le mura delle città e ville di tal valle. E le ruine degli alti edifizì delle predette città levino gran polvere, l’acqua si levi in alto in forme di fumo, ed in ravviluppati, nuvoli si movano contro alla discendente pioggia.
Ma la ringorgata acqua si vada raggirando pel pelago, che dentro a sè la rinchiude, e con ritrosi revertiginosi in diversi obbietti, percuotendo e risaltando in aria colla fangosa schiuma, poi ricadendo e facendo riflettere in aria l’acqua percossa. E le onde circolari, che si fuggono dal loco della percussione, camminando col suo impeto in traverso, sopra del moto dell’altre onde circolari, che contra di loro si muovono, e, dopo la fatta percussione, risalgano in aria, sanza spiccarsi dalle lor basi.
E all’uscita, che l’acqua fa di tal pelago, si vede le disfatte onde distendersi inverso la loro uscita, dopo la quale, cadendo over discendendo infra l’aria, acquista peso e moto impetuoso, dopo il quale, penetrando la percossa acqua, quella apre, e penetra con furore alla percussione del fondo, dal quale poi riflettendo, risalta inverso la superfizie del pelago, accompagnata dall’aria, che con lei si sommerse, e questa resta nella uscita colla schiuma, mista con legnami e altre cose più lievi che l’acqua, intorno alle quali si dà principio all’onde, che tanto più crescono in circuito, quanto più acquistano di moto: il qual moto le fa tanto più basse quanto ell’acquistano più larga base, e per questo sono poco evidenti nel lor consumamento. Ma, se l’onde ripercotono in vari obbietti, allora elle risaltano indirieto sopra l’avvenimento dell’altre onde, osservando l’accrescimento della medesima curvità, ch’ell’avrebbero acquistato nell’osservazione del già principiato moto.
Ma la pioggia nel discendere de’ sua nuvoli è del medesimo color d’essi nuvoli, cioè della sua parte ombrosa, se già li razzi solari non li penetrassino: il che se così fusse, la pioggia si dimostrerebbe di minore oscurità che esso nuvolo. E se li gran pesi delle massime ruine delli gran monti o d’altri magni edifizi, in lor ruine, percuoteranno li gran pelaghi dell’acque, allora risalterà gran quantità d’acqua infra l’aria, il moto della quale sarà fatto per contrario aspetto a quello che fece il moto del percussore dell’acque, cioè l’angolo della riflession, e fia simile all’angolo della incidenza.
Delle cose portate dal corso delle acque, quella si discosterà più dalle opposite rive, che fia più grave over di maggior quantità. Li ritrosi delle acque nelle sue parti sono tanto più veloci, quanto elle son più vicine al suo centro. La cima delle onde del mare discende dinanzi alle lor basi, battendosi e confregandosi sopra le globulenze della sua faccia: e tal confregazione, trita in minute particule della discendente acqua, la qual, convertendosi in grossa nebbia, si mischia nelli corsi de’ venti a modo di ravviluppato fumo e revoluzion di nuvoli, e la leva al fine infra l’aria, e si converte in nuvoli. Ma la pioggia, che discende infra l’aria, nell’essere combattuta e percossa dal corso de’ venti, si fa rara o densa, secondo la rarità o densità d’essi venti, e per questo si genera infra l’aria una innovazione di trasparenti, fatti dalla discesa della pioggia che è vicina all’occhio, che la vede. L’onde del mare, che percuotono l’obliquità de’ monti, che con lui combinano, saranno schiumose, con velocità contro al dosso de’ detti colli, e nel tornare indirieto si scontrano nell’avvenimento della seconda onda, e dopo il gran loro strepito tornan, con grande innondazione, al mare, donde si partirono.
Gran quantità di popoli, d’uomini e d’animali diversi si vedean scacciati dell’accrescimento del diluvio inverso le cime de’ monti, vicini alle predette acque.
Onde del mare di Piombino, tutte d’acqua schiumosa.
Dell’acqua che risalta; de’ venti di Piombino; a Piombino ritrosi di venti e di pioggia con rami e alberi misti coll’aria; votamenti dell’acqua, che piove nelle barche.15
XII. — l’isola di cipro.
Dalli meridionali lidi di Cilicia si vede per australe la bell’isola di Cipro, la qual fu regno della dea Venere, e molti, incitati dalla sua bellezza, hanno rotte le loro navi e sartie infra li scogli, circondati dalle vertiginose onde. Quivi la bellezza del dolce colle invita i vagabondi naviganti a recrearsi infra le sue fiorite verdure, fra le quali i venti raggirandosi empiono l’isola e ’l circostante mare di soavi odori.... Oh! quante navi quivi già son sommerse! oh! quanti navili rotti negli scogli! Quivi si potrebbero vedere innumerabili navili, chi è rotto e mezzo coperto dall’arena, chi si mostra da poppa e chi da prua, chi da carena e chi da costa, — e parrà a similitudine d’un Giudizio, che voglia risuscitare navili morti, tant’è la somma di quelli, che copre tutto il lito settentrionale. Quivi i venti d’aquilone, resonando, fan vari e paurosi soniti.
Note
- ↑ condensazione di nubi nell’atmosfera.
- ↑ Il nome di Momboso è adoperato per indicare il gruppo del Monte Rosa da Flavio Biondo, Roma ristaurata ed Italia illustrata, trad. Venezia, 1542, pag. 165; e da Leandro Alberti, Descrittione di tutta Italia. Venezia, 1588, pag.,435. «I quattro fiumi che rigan per quattro aspetti contrari tutta l’Europa,» sono «il Rodano a mezzodì e ’l Reno a tramontana, il Danubio over Danoja a greco e ’l Po a levante.» (Mss . di Leicester, c. 10 r°; Richter, The literary works. Vol. II, pag. 247. L’osservazione intorno alla caduta della grandine o «grésil,» quella, ancor più importante ed in contrasto con le idee del tempo, della maggiore tenebrosità del cielo sereno a grandi altezze, confermata più di tre secoli dopo dal De Saussure per le Alpi, e dall’Humboldt per le Cordigliere (Kaemtz, Cours de météorologie. Parigi, 1858, vol. V, pag. 315), portano a ritenere che Leonardo da Vinci è salito oltre i 3000 metri.
- ↑ il monte Rosa.
- ↑ scarso, povero.
- ↑ gli strati delle roccie.
- ↑ i crepacci.
- ↑ abbondanza di rami frondosi.
- ↑ burrasca.
- ↑ ggiramenti vorticosi dell’acqua.
- ↑ ridotto, trasmutato.
- ↑ impresse.
- ↑ aggruppamento.
- ↑ raggirantisi turbinosamente.
- ↑ piene di prominenze, di bulbi.
- ↑ Le descrizioni di Leonardo ritraggono per lo più fenomeni realmente osservati. A proposito del passo: «onde del mare di Piombino, tutte d’acqua schiumosa»; si ricordi il disegno di un’onda coperta di schiuma, che si trova nel manoscritto L e la nota che lo accompagna: «fatta al mare di Piombino» (anno 1502). Leonardo da Vinci, Les manuscrits G, L, M, de la bibliothèque de l’Institut. Parigi, 1890, vol. V, folio 6 v°.