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I paesi e le figure - Il viaggio in Oriente

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I paesi e le figure - I paesi I paesi e le figure - Le figure

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IL VIAGGIO IN ORIENTE.


divisione del libro.1

La predica e persuasione di fede.

La súbita inondazione insino al fine suo.

La ruina della città.

La morte del popolo e disperazione.

La caccia del predicatore e la sua liberazione e benivolenza.

Il danno ch’ella fece.

Ruine di neve.

Trovata del profeta.

La profezia sua.

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Allagamento delle parti basse di Erminia2 occidentale, li scolamenti delle quali erano per la tagliata di monte Tauro.

Come il novo profeta (mostra) questa ruina è fatta al suo proposito.

LETTERA I.

descrizione del monte tauro e del fiume eufrates.

Al Diodari3di Soria,4 locotenente del sacro Soltano di Babilonia.

Il nuovo accidente, accaduto in queste nostre parti settentrionali, il quale son certo, che non solamente a te, ma a tutto l’universo darà terrore, (il quale) successivamente ti sarà detto per ordine, mostrando prima l’effetto e poi la causa.

Ritrovandomi io in queste parti d’Erminia, a dare con amore e sollecitudine opra a quello uffizio, pel quale tu mi mandasti, e nel dare principio in quelle parti, che a me pareano essere più al proposito [p. 326 modifica] nostro, entrai nella città di Calindra,5 vicina ai nostri confini.

Questa città è posta nelle ispiagge di quella parte del monte Tauro, che è divisa dall’Eufrates, e riguarda i corni del gran monte Tauro per ponente.

Questi corni son di tanta altura, che par che tocchino il cielo, che nell’universo non è parte terrestre più alta della sua cima, e sempre 4 ore innanzi dì è percossa dai razzi del sole in oriente; e per l’essere lei di pietra bianchissima, essa forte risplende e fa l’uffizio a questi Ermini, come farebbe un bel lume di luna nel mezzo delle tenebre; e per la sua grande altura, essa passa le somme altezze de’ nugoli per ispazio di 4 miglia a linia retta. Questa cima è veduta di gran parte dell’occidente alluminata dal sole dopo il suo tramontare insino alla terza parte della notte, ed è quella che appresso di voi ne’ tempi sereni abbiam già giudicato essere una cometa, e pare a noi nelle tenebre della notte mutarsi in varie figure, e quando dividersi in due o in tre parti, e quando Iqnga, e quando corta; e questo nasce per li nuvoli, che ne l’oriz[p. 327 modifica]zonte del cielo s’interpongono in fra parte d’esso monte e ’l sole; e, per tagliare loro essi razzi solari, il lume del monte è interrotto con vari spazi di nugoli, e però è di figura variabile nel suo splendore.

Perchè il monte risplende nella sua cima la metà o ’l terzo della notte, e pare una cometa a quelli di ponente, dopo la sera, e innanzi dì a quelli di levante.

Perchè essa cometa par di variabile figura in modo, che ora è tonda, or lunga, e or divisa in due o in tre parti, e ora unita, e quando si perde, e quando si rivede.

LETTERA II

figura del monte tauro.

Non sono, o Diodario, da essere da te imputato di pigrizia, come le tue rampogne par che accennino, ma lo isfrenato amore, il quale ha creato il benefizio, ch’io posseggo da te, è quello che m’ha costretto con somma sollecitudine a cercare e con diligenza a ’nvestigare la causa di sì grande e stupendo effetto; la qual cosa non sanza tempo ha potuto avere effetto. Ora, per farti ben soddisfatto della causa di sì grande ef[p. 328 modifica] fetto, è necessario ch’io ti mostri la forma del sito, e poi verrò allo effetto, col quale, credo, rimarrai soddisfatto.

Non ti dolere, o Diodario, del mio tardare a dar risposta alla tua desiderosa richiesta, perchè queste cose, di che tu mi richiedesti, son di natura, che non sanza processo di tempo si possono bene esprimere, e massime perchè a voler mostrare la causa di sì grande effetto, bisogna discrivere con bona forma la natura del sito, e mediante quella tu potrai poi con facilità soddisfarti della predetta richiesta.

Io lascierò indirieto la descrizione della forma dell’Asia Minore, e che mare o terre sien quelle, che terminino la figura della sua quantità, perchè so che la diligenza e sollecitudine de’ tua studi non t’hanno di tal notizia privato, e verrò a denotare la vera figura di Taurus monte, il quale è quello ch’è causatore di sì stupenda e dannosa maraviglia, il quale serve alla espedizione del nostro proposito.

Questo monte Tauro è quello che appresso di molti è detto essere il giogo del monte Caucaso; ma avendo voluto ben chiarirmi, ho voluto parlare con alquanti di quelli, che abitano sopra del mar Caspio, i [p. 329 modifica]quali mostrano che, benchè i monti loro abbino il medesimo nome, questi son di maggiore altura, e però confermano quello sia il vero monte Caucaso, perche Caucaso in lingua scitica voi dire somma altezza. E invero non ci è notizia che l’Oriente nè l’Occidente, abbia monte di sì grande altura, e la pruova che così sia è che li abitatori de’ paesi, che li stanno per ponente, veggono i razzi del sole, che allumina insino alla quarta parte della maggior notte parte della sua cima, e ’l simile fa a quelli paesi, che li stanno per oriente.

qualità e quantità del monte tauro.

L’ombra di questo giogo del Tauro è di tanta altura, che quando di mezzo Giugno il sole è a mezzogiorno, la sua ombra s’astende insino al principio della Sarmazia,6 che son giornate 12, e a mezzo Dicembre s’astende insino ai monti Iperborei, che è viaggio d’un mese inverso tramontana; e sempre la sua parte opposita al vento che soffia è piena di nuvoli e nebbie, perchè il vento, che s’apre nella percussione del sas[p. 330 modifica]so, dopo esso sasso si viene a richiudere, e in tal modo porta con seco i nuvoli da ogni parte e lasciali nella lor percussione, e sempre è priva di percussione di saette per la gran moltitudine di nugoli, che lì son ricettati, onde il sasso è tutto fracassato e pien di gran ruine.

Questa nelle sue radici è abitata da ricchissimi popoli, ed è piena di bellissime fonti e fiumi e fertile e abbondante d’ogni bene, e massime nelle parti che riguardano a mezzogiorno; ma quando se n’è montata circa a 3 miglia, si comincia a trovare le selve de’ grandi abeti, pini, faggi e altri simili alberi; dopo questi per ispazio di altre 3 miglia, si truova praterie e grandissime pasture; e tutto il resto, insino al nascimento del monte Tauro, sono nevi eterne, che mai per alcun tempo si partono, che s’astendono all’altezza di circa 14 miglia in tutto. Da questo nascimento del Tauro, insino all’altezza d’un miglio non passano mai i nuvoli, che qui abbiamo 15 miglia, che sono circa a 5 miglia d’altezza per linia retta, e altrettanto o circa, troviamo essere la cima delli corni del Tauro, ne’ quali, dal mezzo in su, si comincia a trovare aria, che riscalda, e non vi si sente [p. 331 modifica] soffiamenti di venti, ma nessuna cosa ci può troppo vivere; quivi non nasce cosa alcuna, salvo alcuni uccelli rapaci, che covano nell’alte fessure del Tauro, e discendono poi sotto i nuvoli a fare le lor prede sopra i monti erbosi. — Questo è tutto sasso semplice, cioè da’ nuvoli in su, ed è sasso candidissimo, e in sulla alta cima non si po’ andare per l’aspra e pericolosa sua salita.

LETTERA III.

Essendomi io più volte con lettere rallegrato teco della tua prospera fortuna, al presente so che, come amico, ti contristerai con meco del misero stato, nel quale mi trovo, e questo è che ne’ giorni passati sono stato in tanti affanni, paure, pericoli e danno, insieme con questi miseri paesani, che avevamo d’avere invidia ai morti: e certo io non credo, che, poichè gli elementi con lor separazione disfeciono il gran Caos, che essi riunissino lor forza, anzi rabbia, a fare tanto nocimento alli omini, quanto al presente da noi s’è veduto e provato; in modo ch’io non posso imaginare che cosa si possa più accrescere a tanto male, il quale noi provammo in spazio di dieci ore. [p. 332 modifica]

In prima fummo assaliti e combattuti dall’impeto e furore de’ venti, e a questo s’aggiunsero le ruine delli gran monti di neve, i quali hanno ripieno tutte queste valli e conquassato gran parte della nostra città. E, non si contentando di questo, la fortuna, con subiti diluvi d’acque, ebbe a sommergere tutta la parte bassa di questa città; oltre di questo s’aggiunse una sùbita pioggia, anzi ruinosa tempesta piena d’acqua, sabbia, fango e pietre, insieme avviluppate con radici, sterpi e ciocchi di varie piante, e ogni cosa scorrendo per l’aria, discendea sopra di noi; e in ultimo uno incendio di fuoco parea condotto non che da’ venti, ma da diecimila diavoli, che ’l portassino, il quale ha abbruciato e disfatto tutto questo paese, e ancora non vi è cessato.

E que’ pochi, che siamo restati, siamo rimasti con tanto sbigottimento e tanta paura che appena, come balordi, abbiamo ardire di parlare l’uno coll’altro. Avendo abbandonato ogni nostra cura, ci stiamo insieme uniti in certe ruine di chiese, insieme misti maschi e femmine, piccoli e grandi, a modo di torme di capre. I vicini per pietà ci hanno soccorso di vettovaglie, i quali eran prima nostri nimici, e se non fusse [p. 333 modifica] soccorso di vettovaglia, tutti saremmo molti di fame.

Ora vedi come ci troviamo! E tutti questi mali son niente a comparazione di quelli, che in breve tempo ne son promessi.

So che, come amico, ti contristerai del mio male, come già, con lettere, ti mostrai con effetto rallegrarmi del tuo bene.

frammento.

Vedevasi gente, che con gran sollecitudine apparecchiavan vettovaglia sopra diverse sorta di navili, fatti brevissimi per la necessità.

Li lustri dell’onde non si dimostravano in que’ luoghi, dove le tenebrose pioggie colli lor nuvoli refrettevano.

Ma dove le vampe generate dalle celesti saette refrettevano, si vedeva tanti lustri fatti da’ simulacri de’ lor vampi, quant’eran l’onde che a li occhi de’ circustanti potean refrettere.

Tanto crescevano il numero de’ simulacri fatti da vampi delle saette sopra l’onde dell’acqua, quanto cresceva la distanzia delli occhi lor risguardatori, — com’è provato nella descrizione dello splendore della luna. [p. 334 modifica]

E così diminuiva tal numero di simulacri, quanto più si avvicinavano agli occhi che li vedeano, — com’è provato nella definizione dello splendore della luna, e del nostro orizzonte marittimo, quando il sole vi refrette co’ sua razzi, e che l’occhio che riceve tal refressione sia lontano dal predetto mare.


Note

  1. La questione del viaggio di Leonardo in Oriente, aperta dal Richter nella Zeitscrift für bildende Kunst. Vienna, 1881, vol. XVI, e esaminata a fondo dal Douglas Freshfield nei Proceedings of the Royal Geographical Society. Londra, 1884 Vol. VI, pag. 323 e segg.; può dirsi, non che risoluta, neppure proposta nei suoi veri termini. Se da una parte la Divisione del Libro suggerisce l’idea di una narrazione fantastica, sia pure condotta con tutta la maggiore precisione storica e geografica propria del genio di Leonardo; resta sempre a spiegarsi l’origine di certe notizie; la ragione di certi schizzi, grossolani e accurati nello stesso tempo, che riproducono uomini e cose asiatiche; il senso di certe espressioni più vaghe su personaggi e costumi orientali, che spuntano inaspettatamente nei manoscritti, come rimembranze di cose vedute, poste ad esempio di principi prospettici o idraulici. La stessa notizia dello splendore notturno del Tauro, può dirsi, piuttosto che una riproduzione dai Libri meteorologici di Aristotele, una rettifica del testo aristotelico, fatta con argomenti tratti dalla diretta conoscenza dei luoghi.
  2. Armenia.
  3. Diodarro, devadâr o dervâdâr, specie di Prefetto di palazzo.
  4. Siria.
  5. È la medievale Kelindreh.
  6. La regione che si estende all’E., dal Tanai sino al mar Caspio.