Frammenti (Saffo - Bustelli)/Vita di Saffo/III
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Vita di Saffo - II | Vita di Saffo - IV | ► |
Più fiera quistione ardette tra filologi sulle due Saffo, l’una da Mitilene e l’altra da Ereso; ambedue città di Lesbo quistione forse inestricabile; nè lo stricarla appartiene a me non filologo. La Saffo d’Ereso, meretrice e poetessa fors’anco (lo accenna Suida), colla quale probabilmente fu scambiata la mitilenese, nacque più tardi; e costei, più secondo il vero, amò disperatamente Faone, e saltò per lui da Leucade. Molti critici, forviati della poesia d’Ovidio (Eroidi, XV), recarono alla prima cotesto amore; e ammirasi il Visconti (il cui ragionamento qui reco in somma) come in siffatto svarione incappassero il Fabbricio, l’Hardion, il Bayle, il Barthélemy ed altrettanti dotti uomini. Ma gli scrittori più vicini a lei d’età, quando favellarono d’essa e degli amori e accadimenti suoi, tacquero della sciagurata fine: visibile indizio ch’ella dovesse altramente morire; e che Ovidio, per non conoscere l’altra Saffo, o perchè dal mescolare la grandezza dell’una colle calamità dell’altra vantaggiava la poesia, le confuse in una, e favoleggiò di lei come solevano i poeti e sogliono. Di fatto abbiamo recise testimonianze di più autori greci, Ninfi, Ateneo, Eliano, Suida, Apostolio (e due volte Fozio, nel Lessico, Voci Λευκάτης e Φάων; non potuto citare dal Visconti perchè venuto la prima volta a luce nel medesimo anno che l’Iconografia Greca, 1808): de’ quali i due primi assai dotti, e raccoglitori delle opinioni raccettate dal meglio dei sapienti coetanei. Tutti costoro mantennero le due Saffo: se non che Suida scambiò il nome delle lor patrie, facendo mitilenea l’eresia ed eresia la mitilenea. La contraria sentenza s’ajuterebbe assai della testimonianza di Menandro e Strabone (x), se costoro ricisamente significassero che parlano della poetessa famosa da Mitilene. Il perchè ne resta solo propugnatore Ovidio; seguito per alcuni poeti posteriori. Trarremo anche prove dal silenzio de’ più vecchi scrittori. Là dove Erodoto parla di Saffo e della sua vita e delle opere, nulla di Faone e di Leucade; e verisimilmente il gittarsi da quel promontorio, non punto menzionato da Erodoto, non costumava per ancora, o almanco non era tornato in uso, al tempo dello scrittore (il quale curioso indagatore e narratore di simili particolari, nè taciuto l’avrebbe, nè trasandato di riandarne l’origine); massime perchè Strabone non seppe mai che altri saltasse innanzi al poeta Menandro, vissuto oltre tre secoli dopo Saffo e buon tratto dopo Erodoto. Il rimanente altresì del costui racconto dee sempre più convincere che Saffo non perisse di quella morte: perciocchè lo storico rammenta certi versi ond’ella proverbiò il fratello Carasso, quando costui riscattò e menò seco Rodope, regnando Amasi; che non governò prima del 570: cioè a dire dettolli in sui 50 anni. Ermesianatte, più antico poeta di Menandro, accennando in un’elegia sulle fragilità de’ poeti celebri gli amori di Saffo con Anacreonte, tacque della funesta avventura; che sarebbe stato strano silenzio; confacendosi questa, meglio che ogni altro fatto della vita saffica, al proposito dell’elegia. In un epigramma di Antipatro da Sidone sulla tomba della Nostra, non un motto di cotal morte; ma in quello scambio si lascia credere che, passata essa di morte naturale, se le desse tomba in patria. Il solo epigramma rimastone di Pinito, antico poeta, è un epitaffio per lei: medesimamente nè qui, nè in più altri epigrammi dell’Antologia, lodativi di Saffo, non un motto nè indizio di Leucade. Tolomeo Efestione, nella storia del salto di Leucade, compendiataci da Fozio, punto non memora la Nostra: tace per vero anche di Saffo d’Ereso; ma costei, che non toccò mai la celebrità dell’altra, verisimilmente uscì di memoria all’autor dell’opera o del compendio. Servio ancora (Sopra l’Eneide, III, 374), accennando d’una femmina lanciatasi da Leucade per Faone, nè la nomina, nè mostra averla per chiara e riguardevole.
Così dottamente e dirittamente il Visconti: alle cui gagliarde ragioni ripugni chi vuole; ch’io non voglio, nè so. Nuova e tutta sua non fu l’opinione del Visconti: chè già l’avevano, almanco in parte, sostenuta il Voss, il Lloyd, l’Hoffman, il Perizonio, Francesco Filelfo, Carlo Stefano, il Moreri, A. Schneider, eccetera: ma niuno quant’egli l’ebbe chiarita e afforzata a tale, che la dovessero abbracciare, come fecero, insigni filologi; in Italia il Mustoxidi (Vita d’Anacreonte) e il Leopardi (Canti, Nota 5), in Germania, per alcuna parte, il Neue e il Müller ed altri: quantunque altri, e fra costoro villanamente il Köhler (nella Biblioteca Italiana di Milano, Num. 70), la combattessero; sdegnato il Köhler perchè il Visconti non trattò la quistione con tedesca prolissità; ma rimbeccato dall’Abate Zannoni (Elogio d’E. Q. Visconti nell’Antologia di Firenze, Tomo vi). Fozio e Suida (questi quasi copiando quello, alla Voce Φάων) ed Apostolio (Proverbii, xx, 15) contano della Saffo meretrice, non della più celebre, il salto da Leucade: altri parecchi, Ovidio, Stazio (Selve, v, 3, 155), Ausonio (Idillii, vi, 21, ed Epigrammi, 92) ed Alcifrone epistolografo greco del tempo forse di Luciano (iii, 1), tutti da Ovidio preceduti, riferendo il fatto a una Saffo, come Strabone e Menandro, non dichiarano apertamente di parlar della famosa mitilenese. Spetta alla Nostra la testimonianza d’Esichio Milesio, nel libro Degli uomini per dottrina celebri, si per lo titolo dell’opera, e si perchè Saffo vien messa tra Stesicoro e Sofocle, l’uno a lei contemporaneo, l’altro posteriore. Ma lo traviò forse Ovidio; e ad ogni modo lo separano da Saffo dieci secoli. Negano fede al tristo caso il Neue e il Müller: mosso il primo principalmente dal silenzio di Tolomeo Efestione, e persuadendosi tuttavolta che Saffo amasse, non riamata, Faone; l’altro considerando che cotal tradizione fu medesimamente riferita ad Afrodite, addolorata per la morte d’Adonide (vedi Tolomeo Efestione, nella Biblioteca di Fozio, βιβλίον ζ, e che niuna contezza ci giunse della principale circostanza del fatto; se, cioè, Saffo sopravvivesse al salto o ne perisse. Forse la professione poetica, affermata da Suida in ambedue le Saffo, generò la confusione e l’errore che alla più illustre appropriò l’amor faoniano e il salto celebratissimo. Anco lo scambio degli amori tra le due poetesse potette avere appicco dalle poesie medesime della Nostra; che, se crediamo a Pausania (Beotici, 27), e se questi non allude unicamente ad opinioni di teogonia, lasciò assai versi intorno Amore, ma tra loro alquanto repugnanti. Abbiamo da Suida (V.Φάων) che correva un proverbio o dettato greco siffatto: — tu sei di bellezza e di costume un Faone; — tolto dal Faone amato da Saffo; non dalla poetessa, aggiunge Suida, ma da un’altra da Lesbo, che per lui si lanciò da Leucade. Dai Dialoghi delle cortigiane di Luciano (xii) possiam raccogliere, che le bagasce d’Atene, almeno al tempo dello scrittore, nominavano Faone ogni lor prediletto anco d’altro nome. Nelle reliquie saffiche, dove la poetessa pur mentova quanto o per amore o per odio meglio erale entrato in cuore; la madre, la figlietta, le amiche, le rivali; non è ricordo mai di costui. Che più? dimostra irrepugnabilmente il Müller (Ivi): «che mentre i comici ateniesi hanno di frequente sulla bocca il supposto nome di questo giovine Faone (come nei versi di Menandro presso Strabone, pag. 452), esso però non fu mai pronunziato nelle poesie di Saffo. Chè altrimenti in fatti come avrebbe potuto nascere l’opinione, che la donna che s’accese del bel Faone fosse Saffo l’etéra, anzichè la poetessa (Presso Ateneo, xiii, 396 c, e varii lessicografi dell’antichità)? A questo si aggiunge poi che le narrazioni meravigliose intorno alla beltà di Faone e all’amore che gli portò la Dea Afrodite, manifestamente son tratte dal mito d’Adonide, dove si rinvengono identiche esattamente. (Qui l’autore addita in una nota le antiche fonti di cotesta tradizione; e avverte come sì di Faone e sì di Adonide si fingesse che Afrodite gli appiattasse nella lattuga). Esiodo parla d’un Faetone, figlio dell’Aurora e di Cefalo, che Afrodite aveva rapito quand’era ancora tenero fanciullo, per farlo custode dell’adito de’ suoi templi (Esiodo, Teog., 986 e seg.). Fondamento di questa favola è apertamente la tradizione d’Adonide, che da Cipro venne a notizia dei Greci; onde poi si deduce che i Greci abbian dato a questo favorito d’Afrodite il nome greco di Faetone o Faone, e questo in seguito, per una serie di male intelligenze ed interpretazioni, si sia trasformato nell’amante di Saffo; se pure Saffo medesima non celebrò in un canto per Adonide, e ne compose certamente di tali, il bel Faone, sì che i suoi versi potessero riferirsi ad un amante suo proprio.» Che se Palefato (περὶ ἀπίστων, 49), Suida ed Eudocia (V. Φάων), Apostolio (Proverbii, XX, 15) memorano versi amorosi di Saffo per Faone; crederei che male interpretassero i canti della Nostra o dicessero della eresia, meretrice e amatrice di colui: la quale ancora, come vedemmo in Suida, verseggiò.
Il Neue e il Müller, dopo il D’Ajano, poco persuasi d’una doppia Saffo, rinnovellarono l’opinione del Cramer (De patria Sapphus; Ienae, 1755): che sola una Saffo, nata ad Ereso, città di Lesbo e sottoposta a Mitilene, dalla minor città passasse alla maggiore, e pigliassevi stanza: di che le venisse nome di Mitilenese. Ma io resto più capace della duplice Saffo. Cotesta duplicità di nomi celebri spesseggia nella storia e delle lettere e dei popoli greci. E, per offerirne esempii, non furono anticamente due Minos, ambidue Re di Creta, ma l’uno figlio di Giove e d’Europa e giusto, l’altro nipote del primo e figliuol di Licante e crudele tiranno; e il doppio nome non forviava insino il giudizio di Plutarco (Vita di Teseo, XVI), e d’altri molti innanzi e dopo lui, che insieme gli confusero? «Ad Ercole, a Bacco, a Mercurio è avvenuto lo stesso: gli eroi di questo nome furono più di uno; anzi ogni nazione ha avuto il suo; ma i posteri hanno in un solo riunite le azioni illustri e le celebri fatiche di tanti, formandone poi un solo Ercole, un solo Bacco, un sol Mercurio (Francesco Saverio De Rogati, Vita di Saffo).» Si noverano due Aspasie, molte Sibille; e tra le bagasce due Frini, due Laidi e due Glicere; e tra le poetesse due Corinne o tre (quantunque Tanaquillo Fabbro, e poscia il Mongin, contro Suida, le riducano ad una d’incerta patria), e forse un paio d’Erinne: e tra gli altri scrittori due Omeri, l’epico e il tragico, due Platoni, il filosofo e il drammatico, due Simonidi, due Stesicori almeno, tre Senofonti, due prosatori ed uno medico, due Teocriti, l’uno siracusano e l’altro da Scio, ricordato in un antico epigramma d’Artemidoro Grammatico; e de’ Luciani infino a dieci ebbe a contarne il Fabbricio (Biblioteca Greca, IV), de’ quali due sofisti, l’uno quel famoso da Samosata, l’altro posteriore e amico di Giuliano Imperadore, ed autor forse del Filopatride, dialogo stato attribuito al Samosatense. Donde gli scambii de’ posteri, che persino un tratto recarono in uno Teocrito e Mosco, nomi tra sè diversissimi. S’arroge che l’eroide ovidiana, mescolante le due Saffo in una, manca, secondo che l’Heinsio notò, ne’ vecchi codici del poeta: di che alcuni critici la sospettarono apocrifa; e potette essere scritta per alcun poeta posteriore e imitatore del Sulmonese. S’arroge che nelle medaglie e gemme e statue antiche gli antiquarii avvisano due diverse effigie di Saffo, e diversa foggia di vesti e d’ornamenti.«Lo Sponio (Antiq. Select., IV) riporta una medaglia coll’immagine di questa donna sedente, intorno alla quale gli abitanti di Mitilene sono espressi in atto di far festa. All’incontro in un erma colla testa di questa poetessa, già del Museo Belloni, si vede il nome di Saffo unito a quello della città di Ereso, ΣΑΠΦΩ ΕΡΕΣΙΑ (Gronovio, Thesaur. Antiq. Graec., T. II); e, a farne il confronto, la fisionomia di questa è ben diversa da quella della medaglia, alla quale per altro somiglia moltissimo il busto di bronzo, che di Saffo mitilenese esiste nel Museo Reale d’Ercolano. Al dir di Le Fevre, nel Museo di Fulvio Orsini si vedevano due gemme, in una delle quali vi era Saffo coronata di lauro, nella seconda si vedeva la stessa di altra fisionomia, coronata di ellera. Quello che poi scioglie ogni contesa circa le due poetesse è la medaglia che si trova riportata dal Goltzio (Numismata Graeca, Tab. XIV); in cui da un lato si vede il busto di Saffo coronato di edera, co’ capelli sciolti alle spalle, dall’altro lato vi è Saffo in piedi, con capelli raccorciati, colla cetra in mano, in atto di danzare, coll’epigrafe ΣΑΠΦΩ ΛΕΣΒΙΣ, di vestimenti, di sembianze e d’ornato dissimili una dall’altra (F. S. De Rogati, Ivi).» Della qual sentenza vennero in confermazione altri due ritratti, l’uno della Saffo nostra, l’altro dell’eresia, trovati primamente del 1822, che recano il nome di ciascheduna: il primo è dipinto sopra un vaso disseppellito dalle rovine d’Agrigento, e rappresenta, l’una rimpetto all’altra, le figure coi nomi di Saffo e d’Alceo, sebbene le costoro sembianze diversifichino dalle conosciute; e fu pubblicato dallo Steinbüchel; il secondo, recante il nome ΣΑΠΦΩ e le lettere ΕΡΕCΙ (Ereso), fu dato alla luce da Luigi Allier De Hauteroche, che trasselo da una medaglia venuta di Grecia, togliendone occasione di scrivere una Notizia sopra la cortigiana Saffo d’Ereso.