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forviati della poesia d’Ovidio (Eroidi, XV), recarono alla prima cotesto amore; e ammirasi il Visconti (il cui ragionamento qui reco in somma) come in siffatto svarione incappassero il Fabbricio, l’Hardion, il Bayle, il Barthélemy ed altrettanti dotti uomini. Ma gli scrittori più vicini a lei d’età, quando favellarono d’essa e degli amori e accadimenti suoi, tacquero della sciagurata fine: visibile indizio ch’ella dovesse altramente morire; e che Ovidio, per non conoscere l’altra Saffo, o perchè dal mescolare la grandezza dell’una colle calamità dell’altra vantaggiava la poesia, le confuse in una, e favoleggiò di lei come solevano i poeti e sogliono. Di fatto abbiamo recise testimonianze di più autori greci, Ninfi, Ateneo, Eliano, Suida, Apostolio (e due volte Fozio, nel Lessico, Voci Λευκάτης e Φάων; non potuto citare dal Visconti perchè venuto la prima volta a luce nel medesimo anno che l’Iconografia Greca, 1808): de’ quali i due primi assai dotti, e raccoglitori delle opinioni raccettate dal meglio dei sapienti coetanei. Tutti costoro mantennero le due Saffo: se non che Suida scambiò il nome delle lor patrie, facendo mitilenea l’eresia ed eresia la mitilenea. La contraria