ch’io non voglio, nè so. Nuova e tutta sua non fu l’opinione del Visconti: chè già l’avevano, almanco in parte, sostenuta il Voss, il Lloyd, l’Hoffman, il Perizonio, Francesco Filelfo, Carlo Stefano, il Moreri, A. Schneider, eccetera: ma niuno quant’egli l’ebbe chiarita e afforzata a tale, che la dovessero abbracciare, come fecero, insigni filologi; in Italia il Mustoxidi (Vita d’Anacreonte) e il Leopardi (Canti, Nota 5), in Germania, per alcuna parte, il Neue e il Müller ed altri: quantunque altri, e fra costoro villanamente il Köhler (nella Biblioteca Italiana di Milano, Num. 70), la combattessero; sdegnato il Köhler perchè il Visconti non trattò la quistione con tedesca prolissità; ma rimbeccato dall’Abate Zannoni (Elogio d’E. Q. Visconti nell’Antologia di Firenze, Tomo vi). Fozio e Suida (questi quasi copiando quello, alla Voce Φάων) ed Apostolio (Proverbii, xx, 15) contano della Saffo meretrice, non della più celebre, il salto da Leucade: altri parecchi, Ovidio, Stazio (Selve, v, 3, 155), Ausonio (Idillii, vi, 21, ed Epigrammi, 92) ed Alcifrone epistolografo greco del tempo forse di Luciano (iii, 1), tutti da Ovidio preceduti, riferendo il fatto a una Saffo, come Strabone