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28 Gennaio. — Le batterie fortificate, che si costrussero nello scorso autunno avanti le porte di Roma, esistono tuttora.

Dal principio però del cadente gennaio si lavora continuamente, anche nei giorni festivi, e talune volte di notte, a costruire fortificazioni di campagna sul Monte Aventino, ai Monti Parioli e sul Gianicolo.

Non si conosce il plausibile motivo di tali fortificazioni.

Ma coloro che credono alla diplomazia della Civiltà Cattolica e dell’Osservatore Romano dicono che, nell’imminente scioglimento del regno italico, potrebbe avvenire che qualche numerosa banda di fuggitivi tentasse d’invadere Roma per saccheggiarla, e perciò si pone la città al coperto di un colpo di mano.


14 Aprile. — L’illuminazione annuale in onore di Pio IX, che doveva aver luogo ai 12, è stata differita ai 16. Si annunzia che si spenderà più di un milione di lire.

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21. — Il Papa, nelle ore pomeridiane dei 18, percorse, parte a piedi e parte in carrozza, varie contrade dove si erano preparate le illuminazioni, accompagnato dal solito rispettoso silenzio, vero contrasto con le strepitose feste che si preparavano.

Intanto, si parlò molto del quadro esposto con trasparenti in piazza della Rotonda. Esso, in sostanza, sarebbe un Attila flagellum Dei.

Si dice che lo spirito del soggetto sarebbe la disfatta degli Italiani. Gli angeli, armati di spade di fuoco, sarebbero gli zuavi, il demone, che si nasconde la faccia, Vittorio Emanuele nella rotta, gli altri i Garibaldini, i quali tutti, nella rotta, abbandonano le cose sacre rubate.


28. — Ai 22 corrente, la Polizia raddoppiò la vigilanza per impedire qualche dimostrazione festiva alle nozze italiane1. Nondimeno, vi furono alcuni razzi, botti, ecc.

Inoltre, essendo stata informata che alcuni Cesenati erano penetrati in Roma, clandestinamente, per provocare qualche nuova turbolenza, adottò misure di precauzione presso le barricate delle porte della Città.


12 Maggio. — Il Papa, nel giorno 5 corrente, benedisse due bandiere e pronunziò un breve discorso analogo. Terminò col dire che i nemici di Roma proseguivano le loro trame e che avrebbe [p. 582 modifica]sperimentato la fedeltà delle truppe ad un nuovo cimento; ma che per Dio sarebbero rimaste vincitrici.


24. — Si dice che la Polizia abbia scoperto un motto politico che i giovinastri liberali van ripetendo tra loro allorché s’incontrano. Esso è «Non piove». II significato sarebbe: Non Pio; Vittorio Emanuele.


9 Giugno. — Alcuni mesi addietro una compagnia di zuavi, di puro sangue, chiese ed ottenne di alloggiare al Vaticano per esser pronta ad accorrer in difesa del Papa (che nessuno pensa di offendere), e, difatti, furono alloggiati parte nell’appartamento dei canonici e parte nel corridore meridionale del portico, fra la statua di Carlo Magno e l’emiciclo.

In quel portico passò sempre la processione del Corpus Domini; ma gli zuavi non sgombrarono la loro caserma, e dall’emiciclo meridionale, in questo anno, si piantarono tende sino alla porta principale di S. Pietro, con grave dispendio e, naturalmente, con varie osservazioni.


23. — Nel giorno 17 corrente, dopo la Cappella detta volgarmente delle bugie, il cardinale Sotto-Decano fece i soliti augurii al Papa e, fra le altre cose, disse che nell’onomastico di quest’anno dovea congratularsi per le vittorie riportate nello scorso autunno contro gl’inimici infernali della Santa Sede.

Pio IX rispose che «i nemici dell’altare e del trono non cessavano di tramare continuamente per venire a scacciarlo dall’ultimo rifugio. Sperare però [p. 583 modifica]che non riusciranno. Intanto, gli era di consolazione che da tutte le parti accorressero buoni credenti per difenderlo».


24. — Circa le 2 antimeridiane del 23 si videro passare per la città quattro carri di soldati feriti, diretti verso l’ospedale militare.

Alcuni dissero che fosse il risultato di uno scontro coi briganti. Altri però, meglio informati, assicurano che una compagnia intiera di soldati indigeni, nella notte, aveva disertato e che verso il confine s’impegnò colle armi contro zuavi e legionarii, i quali volevano respingerli.

Naturalmente, si ebbero a deplorare varii morti e molti feriti.

Del resto, lo spirito delle truppe mandate al campo è pessimo, e si dubita che ad una prima mossa seguiranno l’esempio.


12 Luglio. — I Borbonici sono sempre impazienti dell’ora del cimento: uno di essi fu arrestato con varie fotografie del re Francesco II.

D’altra parte, si sente che un Comitato italiano insurrezionale ha preso nuova vita, e che alcuni membri sono romagnoli.

Sui primi della cadente settimana s’introdussero in Roma sei romagnoli artisti, i quali, per quanto si assicura, presero concerti col suddetto Comitato.

E dalle indagini fatte, indipendentemente da quelle che sta praticando la Polizia, si potè conoscere che il Renzi, notissimo rivoluzionario, è uno che appartiene al Comitato; che è in Roma ed abita presso S. Bartolomeo all’Isola in Trastevere.

[p. 584 modifica]V’è indignazione ed esecrazione generale delle famiglie dei detenuti politici, le quali, nell’amnistia pubblicatasi, trovarono una derisione ed ironia sanguinosa alle loro angoscie.

Nessun politico dello scorso autunno fu ammesso al beneficio ripromesso.

Si parla molto dello scandalo del cardinale Antonelli, il quale, in odio del processo Fausti fatto da monsignor Sagretti, già presidente alla S. Consulta, non volle mai più riceverlo e neanche ultimamente, che fu promosso a Chierico di Camera e che si recò formalmente a fargli visita.


29. — Sempre più si accrescono le voci allarmanti le quali prendono credito nel pubblico per le misure di precauzione che adotta il Governo.

Infatti, nella decorsa settimana, sul Monte Aventino e sue adiacenze, furono collocati 70 pezzi di cannone, e, in mancanza di cavalli dell’artiglieria per il trasporto, si requisirono quelli dei carrettieri. Tra i suddetti cannoni si osservarono quelli di assedio regalati (secondo disse l’Armonia nel numero 94) dai Duca De Lugnes, vandeista di puro sangue, colla intenzione di collocarli quanto prima in una batteria di breccia sotto Mantova e Alessandria.

Intanto, furono collocati, provvisoriamente, avanti la Chiesa del Priorato per battere la vigna Merluzzetto, dove, nel 1849, Oudinot aveva aperto le trincere. Si aggiungono poi altre voci dal partito liberale.

Si dice (citando per autore della novella l’abate di Monte Cassino) che il signor conte De Sartiges2, [p. 585 modifica]dopo un dispaccio telegrafico, il giorno 25, venne a Roma e si mostrò visibilmente agitato ed inquieto, per modo che un individuo (Aragno), il quale voleva recarsi dal medesimo per alcuni interessi, ne fu sconsigliato poiché il momento era inopportuno. Da ciò si dedusse che il generale Dumont aveva dato l’ordine di armare le fortificazioni in Roma perchè le truppe francesi quanto prima andavano a ritirarsi da Civitavecchia, siccome restava confermato al signor conte De Sartiges nel suo dispaccio telegrafico. Si annunzia, inoltre, che l’imperatore dei Francesi, il giorno 15 di agosto, intimerà la guerra alla Prussia.

Un Michele Mondovì, romano, emigrato a Firenze, interpellato dai suoi parenti sulle attualità politiche, scrisse, ier l’altro, che in agosto sarebbe venuto a Roma.

Nella notte dei 27 s’intesero alcune fucilate presso il Monte Aventino.

Si attivarono colà, e nei dintorni, una quantità di pattuglie, dalle quali, all’imbrunire e nella notte, ogni passeggiero è fermato e perquisito.

Si è attivato, in pari tempo, rigorosa sorveglianza sui forestieri che trovansi a Roma e la maggior parte vengono obbligati alla partenza.

La procedura contro gli arrestati politici anche essa è andata soggetta ad un maggior rigore.


1° Agosto. — D. Alessandro, figlio del principe Ruspoli, è partito da Roma per prendere nuovamente servizio nell’armata italiana.

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8. — I Borbonici reazionarii applaudirono alla notizia del ritiro dei Francesi, poichè, verificandosi ciò, sperano che i Garibaldini si presentino nuovamente, e già calcolano sopra una loro sconfitta e sugli altri successi gloriosi cui faranno seguito.

Ma i clericali, che non ebbero mai fede in Napoleone III, col consolidarsi la notizia dello sgombro delle truppe, senza esserne meravigliati, se ne inquietano e bestemmiano la sua politica tenebrosa e machiavellica.

Sperano sempre in regicidii, in rivoluzioni ed in altre risorse disperate.


18. — Si assicura che il Governo, per mezzo di un milite cannoniere, negli sconvolgimenti politici dello scorso autunno, scoprì le trame delle mine per far saltare in aria le altre caserme, come del pari la polveriera numero 5 di Castel S. Angelo, e potè prevenire i disastri.


22. — Nella sera dei 17 corrente monsignor Carletti, Presidente della Consulta, fu chiamato dal Papa e redarguito severamente per aver distribuito, a varii richiedenti, esemplari del ristretto del processo relativo alla causa politica della mina di Serristori.

Quindi gli ingiunse di ricusarsi a qualsiasi altra richiesta, venisse anche fatta da persone alto locate.

Se ne stamparono 500 esemplari ed alcuni vennero immediatamente trasmessi all’estero; altri furono venduti a caro prezzo ed ora sono preziosissimi, [p. 587 modifica]poiché la misura adottata crebbe il desiderio di averlo.

La censura pubblica trova che in quel processo siavi poca prudenza nello sviluppo della materia, animo prevenuto e compromesso nella Polizia pontificia.

In seguito a che, si dispose che dell’ultimo processo già ultimato, relativo al fatto di Trastevere, al Casino Aiani, si tirino solo sei esemplari, e che i difensori dei rei restino obbligati, con giuramento, a non comunicarne il tenore.

Il Papa, poi, fu indignatissimo nel leggere, nei fogli stranieri, alcuni brani del processo, quasi prima che fosse stato distribuito.

Si assicura che monsignor Randi sia stato quello che abbia fatto un rapporto al Papa indicando i suddetti inconvenienti per vendicarsi del tribunale della Consulta con cui è in pieno disaccordo.

Si ha notizia, da fonte sicura, che, non ostante l’ordine del giorno del generale Zappi della fucilazione dei disertori, le diserzioni del campo proseguono e che lo spirito delle truppe sia alquanto alterato.

Si parla di una rissa avvenuta al campo, sui primi della cadente settimana, tra alcuni artiglieri e zuavi.

Le cose sarebbero procedute tant’oltre che gli artiglieri minacciarono gli zuavi colla bocca del cannone.

Si dice che sianvi stati alcuni morti e varii feriti.

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26. — Negli scorsi giorni, il Papa, visitando le barricate di porta Pia, si affacciò, ed in presenza di varie persone, con puerilità, stendendo il braccio, imitò colla bocca, l’esplosione del cannone.

Nell’armeria pontificia sono stati rigati 12 cannoni, per uso di altre barricate. Uno soltanto riuscì imperfetto.

È poi una curiosa combinazione che alle barricate di S. Sabina vi sia la batteria che fu regalata al Papa da Carlo Alberto, la quale, in un certo modo, ora sarà adoperata contro il figlio del re donatore.

Nella scorsa settimana una intiera compagnia di cacciatori esteri disertò. Quattordici ne furono presi e condotti a Castel S. Angelo.

Tra gli arruolati nell’artiglieria è un napolitano, col grado di brigadiere, che era capitano nella banda di Chiavone.


29. — Il giorno 8 di settembre, il Papa, secondo il solito, anderà alla cappella a S. Maria del Popolo. I papalini promotori delle dimostrazioni e la Polizia stanno concertando una strepitosa dimostrazione a Pio IX, pontefice e re. Tutti gli impiegati saranno avvisati per prendervi parte.

I liberali dicono che sono gli sforzi dei disperati.

Intanto, il Governo è ben sconcertato dalla notizia, che si garantisce, delle diserzioni che, su larga scala, si verificano nei presidii di confine, Viterbo, Civitacastellana, Acquapendente, Orte, ecc.


16 Settembre. — Nel giorno 13, dietro un muragliene a S. Giovanni de’ Fiorentini, presso la sponda [p. 589 modifica]del Tevere, furono trovate alcune casse di accette, appartenenti forse ai rivoluzionari dello scorso anno. Delle medesime si caricò un carro. L’invenzione e requisizione di tali armi è del noto capitano Baldoni; quindi da alcuni allegata come sospetta per rischiarare le attualità che oscurano le sue provate gesta.

Nello stesso giorno fu scoperta una mina nell’ospedale militare incontro S. Spirito che si dice sia stata recentemente fatta. Si sarebbero arrestati un medico, alcuni inservienti ecc.


19 — Oltre le accette, nel deposito clandestino, scopertosi presso S. Giovanni dei Fiorentini, si rinvennero alcune casse di pugnali.

Si dice che un frate degli scalzetti si trovi compromesso, come quegli che tenesse mano al deposito clandestino.


23. — Il Governo inviò truppe anche a Terracina con alcuni pezzi di artiglieria.

Sono pressoché ultimati altri due voluminosi processi politici, cioè quello relativo agli avvenimenti di vigna Matteini, fuori porta S. Paolo, dove si scoprì il deposito di armi e d’insorgenti, affidato all’avvocato Zingarini, il quale, nel corso del processo medesimo, ridusse a soli 68 gli arrestati che erano 120.

Questi gode riputazione di onesto, d’imparziale e d’umano.

In tale processo l’avvocato istruttore non si procurò alcun impunitario e tutti gli arrestati sono negativi.

[p. 590 modifica]L’altro, relativo ai luttuosi fatti di Trastevere, cioè del casino Aiani e villa Cecchini, con 17 arrestati, fu affidato al ben noto avvocato ...., che ha l’abilità di condurre le risultanze a piacimento di chi lo comanda, senza consultare la propria coscienza, come ne fa ampia e non dubbia fede il processo fatto contro un settario regicida che, non ostante le piene prove, lo fece risultare innocente e minore di età scrivendo che aveva 14 anni, mentre dalla fede battesimale, ne risultavano 26. Ciò, che consta allo scrivente stesso per fatto proprio, in esame sostenuto nel 1866, avvenne per intrigo dei Gesuiti e volere del Governo.

Appena conosciutisi, nel giorno 21 gli avvenimenti di Spagna, mentre da un lato il Papa, in segno di piena tranquillità, recavasi a passeggiare al Pincio, al Corso, ecc., la Polizia, in fretta, faceva caricare, e trasportare a Castel S. Angelo, tutte le armi, formanti corpi di delitto nelle cause criminali, che conservavansi in alcuni locali del palazzo di Monte Citorio, comprensivamente alle accette non ha guari trovate, temendo che, in un tumulto, potessero approfittarne i liberali.

Inoltre, dovendosi discutere la interessante causa politica delle mine, per il giorno 25, nelle solite sale del palazzo di Montecitorio, si deliberò che le sedute si tenessero dentro le carceri nuove, dove i prelati, componenti il tribunale della S. Consulta, si trasferiranno.

Le sedute incominciarono fin da questa mattina.

Si temeva che il trasporto dei prevenuti potesse dar luogo a qualche dimostrazione tumultuosa.

[p. 591 modifica]Naturalmente, si adottarono precauzioni militari per la sicurezza dei giudici.

Nella vasta caserma del Maccao si prese sospetto che siasi operata una qualche mina, tanto più che, negli scorsi giorni, da alcuni soldati, s’intesero rumori sotterranei. Prevalse un tal timor panico ed i militi protestarono di non volervi restare.

Francesco II, appena conosciuti gli avvenimenti di Spagna, riunì un Consiglio di ministri.

Il facente funzioni di ministro di Spagna passò l’intiera notte nell’ufficio telegrafico.

I clericali ed i borbonici sono estremamente sconcertati poichè vedono svanire tutte le loro speranze ed aiuti; imperciocchè nessuno ignora che la regina di Spagna, come si rileva da un foglio comunicato al ministero della guerra pontificio, aveva promesso d’inviare alla Santa Sede un corpo di armata di ottanta mila uomini, in tre volte, qualora l’imperatore Napoleone si fosse impegnato in una guerra colla Prussia.

È a sapersi, a tal proposito, che nel carcere del S. Uffizio (a S. Maria delle Grazie, presso porta Angelica) trovasi assicurato un prete misterioso, che sembra prussiano, il quale profondeva molto denaro agli zuavi eccitandoli alla diserzione.


26. — Tutta l’attenzione è rivolta alla sorte dei politici che deve essere decisa dal tribunale della S. Consulta.

La gravità e moltiplicità delle materie e gli interrogatorii a 17 arrestati occuparono molto tempo, per il che fino a lunedì prossimo il tribunale non [p. 592 modifica]si troverà in grado di pronunziare la sentenza. I giudici sono obbligati al più grande segreto e non potrà conoscersi il risultato se non dopo l’approvazione sovrana.

Intanto, preventivamente, alcuni giudici esternarono il loro parere per la condanna a morte di tre, il primo dei quali Giuseppe Monti, il quale appiccò fuoco alla mina.


29. — La sentenza profferita dal tribunale della S. Consulta il giorno 28 contro gli arrestati compromessi nella esplosione della mina Serristori ed altra è stata rassegnata al Papa.

Questa sarà pubblicata dopo la sanzione sovrana e specialmente dell’appello interposto dai prevenuti.

Intanto si potè conoscere che:

Giuseppe Monti di Fermo, di anni 33, muratore, e

Gaetano Tognetti, romano, d’anni 23, muratore, furono condannati alla morte; sei fra i più compromessi, alla galera in vita; Giuseppe Bossi, romano, architetto, d’anni 43, a 20 anni di galera; gli altri in libertà con sorveglianza.


30. — Pasquino raccontava che i preti, per far buona colazione, si erano conservato il pan di Spagna e per pranzo il pan francese.

Ora dovevano per tutti i pasti adattarsi al solo pan francese. Però, li esortava a non abusarne poiché i grani che si macinano nei mulini francesi sono alquanto guasti, e le farine potrebbero essere di difficile digestione ai loro stomachi indiscreti.

[p. 593 modifica]Conchiudeva, poi, col far riflettere che, mancando ai preti, oltre il pan di Spagna, il pan francese, non resterebbe loro che ricorrere al gran turco (pan di polenta).


3 Ottobre. — Le precauzioni del Governo pontificio, a dir vero, sono minacciose.

All’armeria si aumentarono lavori e lavoranti. Si fondono sempre nuovi cannoni, si lavorano armi d’ogni genere; e persone del luogo assicurano che dentro Castel S. Angelo vi sono 400 pezzi montati; ma col solo difetto che non vi sono cavalli per condurli e uomini per manovrarli. Saranno come i figuranti da teatro che non parlano.

Le armi suddette sembra che siano destinate a provvedere nuovi volontari che si attendono dalla Spagna e d’altrove.


7. — Nel mattino dei 4 corrente fu trovato affìsso per il Corso la seguente satira:

«Di Spagna la Regina
Piena di amor divino
Per non lasciar Marforio3
Viene a trovar Pasquino».


10. — Per le armi ultimamente rinvenute presso S. Giovanni dei Fiorentini si fecero altri arresti e quindi nacque un processo politico addizionale.

[p. 594 modifica]I sei arrestati politici che il tribunale della Consulta, ai 28 dello scorso settembre, decretò doversi dimettere, in forza dell’articolo 446, sono usciti in libertà.

I medesimi declamano altamente contro il processante Della Bitta e contro l’impunitario.

Dicono che vi sono altre persone compromesse appartenenti ad un ceto elevato, le quali, per ignote ragioni, furono risparmiate e neppur figurano nel processo, e che l’avvocato istruttore, durante la processura, fece assegnare un lauto vitto ai due detenuti più compromessi, Monti e Tognetti, dando ai medesimi larghe promesse di renderli salvi, per estorcere le loro confessioni, che poscia risultarono a danno proprio e degli altri4.


14. — Ai 4 del prossimo dicembre il tribunale della Consulta profferirà altre sentenze sui fatti deplorabili del casino Ajani di Trastevere.

Sinora non riuscì ad alcuno di avere un esemplare del ristretto.

Anche l’altro processo, relativo ai fatti di San Paolo, sul rinvenimento di armi, elaborato dal processante avvocato Zingarini, è ultimato; ma ancora non fu stabilito il giorno della discussione. Il processo occupa 15 volumi di scrittura.

[p. 595 modifica]L’abbattuto partito borbonico e clericale ha posto il finale appello alla sua causa nella guerra civile che annunziano come già scoppiata nella Spagna e che certamente cerca di fomentare con tutti i mezzi di cui può disporre.

Però, Francesco II, che oramai diffida nelle risorse umane, implorò gli aiuti dal Cielo e, per tale effetto, espose in casa reliquie e sacre immagini; prega Iddio e lo fa pregare fervidamente in varii luoghi pii e da persone che godono fama di anime buone.

Pio IX dimostra tranquillità, ed esorta sempre i Borboni a confidare nella Provvidenza assicurandoli che tutto si accomoderà.

Coloro cui manca la grazia della fede, e non sono pochi, e che mirano l’orizzonte attraverso le nubi, accomodandosi alla rassegnazione, si occupano a disporre, prudentemente, le loro cose ritirando depositi di denaro e convertendo in questo tutto ciò che è alienabile.


20. — Con protocollo sottoscritto fra gli incaricati d’Italia e di Francia si assicura sia sistemata la quantità del Debito Pubblico che deve accollarsi il regno per le provincie annesse.

L’Italia pagò in massa gli interessi arretrati. Ora, però, nei pagamenti delle singole partite, in Roma insorgono alcune difficoltà di contabilità.

Altra cosa più seria si è che le casse pontificie, essendo esauste, il ministro delle finanze protestò di non poter pagare i frutti.

Si progettò al Papa, d’intelligenza del cardinale Antonelli, di ridurre il fruttato del Consolidato dai 5 per cento al 3 1|2.

[p. 596 modifica]Il Papa è contrario; ma il progetto viene efficacemente raccomandato come indispensabile. Si prevede che una tale determinazione, dove fosse adottata, produrrebbe qualche seria conseguenza.

Ai 16 si propose in appello la causa dei rei di Stato.

Si confermò la sentenza precedente con modificazione di alcune espressioni e della diminuzione della pena a Benedetto Raffo, che, da 20 anni, fu ridotta a 10.


24. — In una delle decorse sere alcuni liberali entrarono nei caffè principali di Roma ed attaccarono agli Osservatori Romani un proclama del Comitato italiano.

In esso annunziavasi «che la questione romana probabilmente si sarebbe risolta con mezzi diplomatici. In caso contrario il popolo romano si tenesse pronto ad insorgere al primo segnale, ma compatto, risoluto e fidente nella vittoria».

La Polizia è occupata dello scoprimento degli agenti.


4 Novembre. — Il Governo, ritenendo che ieri, anniversario della battaglia di Mentana, potesse aver luogo qualche dimostrazione commemorativa, prese le sue misure di precauzione col tener insellati cavalli e cannoni pronti.

Il generale Zappi, poi, voleva far piantare due cannoni nella piazza del Popolo; ma, dall’altrui buon senso, fu respinto il progetto.

Pasquino, vedendo nella piazza del Popolo un serraglio di bestie, ideò di mandarvene alcune che possiede.

[p. 597 modifica]Tra queste:

Un Orso bianco, ammaestrato nel Chili (il Papa),

Una Iena rossa, proveniente dalle macchie di Sonnino (Antonelli),

Un Mandrillo losco, naturalizzato (Randi).


7. — Sui primi della cadente settimana Kanzler, pro-ministro delle armi, ebbe udienza dal Papa.

Una guardia nobile, che era presso l’anticamera, assicurò che il S. Padre parlava concitatissimo ed inquieto, e sembra che si opponesse energicamente alle sollecitazioni che gli venivano fatte per approvare le sentenze di morte di Monti e Tognetti.


11. — Monsignor Annibaldi, uomo moderato e di ottima fama, ricopre la carica di Procuratore generale dei poveri.

Egli, confortando nelle sue visite carcerarie i detenuti, credette di assicurare i condannati a morte Monti e Tognetti che la loro sentenza non sarebbe stata eseguita e commutata colla galera in vita.

Ora quel buon prelato è ben desolato di trovar compromessa la sua parola con quegli sventurati, poichè il Papa, avendo declinato dal primitivo sentimento, si assicura che testè abbia approvata la sentenza e l’esecuzione debba aver luogo sabato.

Romanescamente parlando, gatto significa ladro. A proposito di che è stato trovato appeso ad una muraglia, presso le carceri nuove, un gatto decapitato con la iscrizione «I gatti meritano di essere giustiziati e non i politici».

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14. — Nei moti insurrezionali di ottobre dello scorso anno furono arrestati circa 300 individui compromessi, e, tra questi, quattro o cinque minorenni di età, appartenenti a civili famiglie, sorpresi alla porta di S. Paolo dove fu il principio dell’azione. I medesimi, senza opporre alcuna resistenza, si arresero alla forza pubblica.

I desolati genitori supplicarono reiteratamente, ed insistettero, perchè almeno fossero abilitati per la difesa a piè libero; ma tanto il Sovrano che il ministro dell’interno ricusaronsi di esaudire una tale dimanda, tuttochè loro competa in forza delle stesse leggi vigenti.

Intanto, è oltre un anno che quei ragazzi inconsiderati soffrono il carcere.


18. — Alcuni, che erano presenti alla visita dei Papa fatta nella scorsa settimana alle Tre Fontane, fuori porta S. Paolo, non poterono a meno di criticare il contegno troppo beffardo e contrario alia alta dignità di Sovrano ecclesiastico che talune volte spiega il Papa.

Uno dei monaci trappisti, essendo alquanto corpulento e con grosse spalle, dopo di essersi seco lui rallegrato che la vita austera troppo gli confacesse alla salute, gli misurò, col palmo della sua mano, le spalle facendone le meraviglie, come del pari le fece quando vide il letticciuolo che doveva contenere il suo grosso personale.


21. — La sorte di Tognetti e Monti non è più sospesa; la sentenza è stata confermata. Ieri furono avvisati i confortatori per la consueta assistenza, [p. 599 modifica]e sembra che l’esecuzione avrà luogo martedì 24 corrente.

Si dubita molto di qualche dimostrazione, non ostante le grandiose precauzioni della Polizia e di qualche imprudenza degli zuavi, atta più ad eccitarla che a frenarla.


24. — Il cursore del tribunale della S. Consulta, Luciani, intimò la sentenza di morte ai due condannati:

Giuseppe Monti, soprastante muratore, d’anni 33, di Fermo,

Gaetano Tognetti, garzone muratore, d’anni 23, romano.

I titoli espressi nella sentenza sono per insurrezioni, devastazioni e varii omicidii deliberati.

Nel giorno 23, due Gesuiti andarono alle carceri per predisporre, frattanto, i due condannati ad essere rassegnati nel caso che la loro sentenza fosse confermata.

Monti si mostrò alquanto rassegnato; ma non cosi il Tognetti, il quale, scagliando vituperii ed ingiurie atroci contro i medesimi, si provò di attentare alla loro vita se non veniva trattenuto dai custodi carcerarii.


«Dettagli ufficiali, dei 24 novembre 1868, sulla esecuzione della sentenza di morte contro:

Gaetano Tognetti, romano, garzone muratore, celibe, d’anni 23 e

Giuseppe Monti, di Fermo, soprastante muratore, ammogliato con figli:

[p. 600 modifica]» Può assicurarsi che il vandeista De Charette, tenente colonnello degli zuavi, con molti uffiziali, sottoscrissero una istanza al Papa, implorando la grazia della commutazione della condanna capitale in favore di Tognetti e Monti, ma che il colonnello Allet, con tutti i mezzi possibili, esercitò un’azione contraria.

» Confermatasi perciò la sentenza, ieri, 23 corrente, furono piantonate dai gendarmi le abitazioni dei due condannati, quella di Monti in Trastevere e quella di Tognetti in Borgo.

» Le grida desolanti della madre di quest’ultimo furono tali che si dovette allontanare dal luogo.

» Alle ore 11 antimeridiane di questa mattina, 24 corrente, il cursore del tribunale della S. Consulta intimò ai condannati la sentenza di morte, con i titoli devastazioni, incendi e varii omicidi,

» Il primo ad essere estratto dalla segreta delle carceri nuove fu il Tognetti, il quale, all’intimo della sentenza, con i titoli d’imputazione, esclamò:

» Omicida...! a me! lo sa Iddio se ne sono colpevole: ad Esso m’appello: io morirò rassegnato, ma non mi fate vedere Monti.

» Acceduto quindi un capitano dei gendarmi alla segreta di Monti, lo trovò genuflesso, con le braccia aperte innanzi ad una sacra immagine orando in questa occupazione trascorse tutta la notte, come ne faceva fede anche il suo letto, che non era punto scomposto.

» Egli aveva potuto estorcere, dal suo confessore, un padre gesuita, fin dal giorno innanzi, la conferma della sentenza e, già rassegnato, si preparava al tremendo passaggio.

[p. 601 modifica]» Abbracciò affettuosamente il capitano ed in tale atteggiamento discusse con esso. Intesa l’intimazione della sentenza, con tutta calma, ringraziò il cursore ed esclamò:

Ne sono meritevole; sia fatta la volontà di Dio.

» Quindi chiese di poter parlare e conciliarsi con Tognetti.

» Allora i confortatori si adoprarono a placare l’odio del medesimo contro Monti, ed alla fine riuscirono nell’intento.

» Fu assai commovente lo spettacolo del momento che si riabbracciarono. Il Tognetti disse, mansuetamente, a Monti:

Vedi, Peppe mio, dove mi hai condotto e dove ci condussero le cattive insinuazioni l Io mi appello a Dio, se sono colpevole dei gravi delitti di cui vengo imputato....

» Cosi, ben disposti e conciliati i loro animi e le coscienze, abbracciati dai signori confortatori, passarono nella cappella, ed ivi, con edificante divozione, ascoltarono tre messe e si comunicarono.

» Ambedue chiesero un sorso di caffè e mostrarono desiderio di disporre delle loro cose.

» Tognetti, che nulla possedeva, lasciò il suo vestiario a quello tra i carcerati che era più povero, ed avendo 20 soldi li consegnò al confortatore D. Giovanni Chigi perchè gli facesse celebrare una messa di requie per l’anima sua.

» Monti lasciò quel poco che possedeva alla sua famiglia.

» Dopo ciò si disposero ad andare a morire, e Monti volle andarvi scalzo.

[p. 602 modifica]» Colà giunti, ambedue implorarono di parlare agli uffiziali degli zuavi, che ivi trovavansi.

» Si condiscese a tale pio desiderio e fu straziante l’amplesso che i due condannati diedero ai medesimi, nell’atto che chiedevano loro, umilmente e fervorosamente, perdono, incaricandoli di ottenerlo da tutto il corpo, dalle altre milizie e dal popolo intiero.

» Le lacrime dei condannati si unirono a quelle degli uffiziali e di tutti gli astanti.

» Monti fu il primo a subire l’estremo supplizio, e Tognetti, al rumore della mannaia, cadde da un lato per accesso convulso, e, fattosi bendare, mancandogli le forze, fu sostenuto per ascendere il patibolo.

» I confortatori Chigi, Sacchetti, il P. Giuliano, passionista, ecc. furono tutti compresi d’ammirazione, commossi di cordoglio e sconcertati nel fisico e nel morale, poiché quei due giovani sventurati sembravano innocenti agnelli che andassero rassegnati nelle mani di un carnefice.

» Pochi del popolo assistettero al lugubre spettacolo.

»La pubblica tranquillità non fu menomamente turbata.

» Si dice che il tenente colonnello De Charette, degli zuavi, commosso dalla rassegnazione mostrata dai condannati e delle circostanze alle quali assistette, sentendo il Monti che dolorosamente rammaricavasi di dover lasciare senza alcun sostegno i proprii figli, lo rassicurò che egli ne avrebbe preso cura.

» Atto ben generoso e filantropico che mai abbastanza verrà encomiato».

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25. — L’opinione pubblica si pronunziò contro l’esecuzione della sentenza dei condannati a morte Tognetti e Monti, sopra le seguenti considerazioni:

1a Il codice penale, anche per i delitti politici, ammette in genere la diminuzione di qualche grado di pena, secondo le circostanze, a coloro che furono sedotti; ed il caso in favore dei condannati resta primamente provato dagli atti processuali;

2a Il fisco, come è noto, non avendo prove sulla reità di due condannati, il processante estorse le loro confessioni con modi subdoli, dimande suggestive e promesse d’impunità, col cui mezzo, riprovato dalle leggi, procedette poscia all’arresto dei complici;

3a Nella insurrezione interna ed esterna caddero in potere della forza pubblica molti individui con le armi alla mano, tra i combattenti, ai Monti Parioli, S. Paolo e Mentana, i quali, trattati come prigionieri di guerra, furono per poco tempo sostenuti nelle carceri, vestiti e provveduti di denaro e rilasciati.

Niuna differenza doveva farsi per Tognetti e Monti i quali facevano parte della insurrezione interna.

Per il Tognetti, poi, militava altra ragione per salvarlo dalla morte, poichè il tribunale profferì la sentenza a maggioranza e non ad unanimità di voti lasciando, per tal modo, al Sovrano tutta la latitudine per una benigna interpretazione;

4a Non potrà neppure obiettarsi che sia giusta dovuta riparazione agli zuavi per il loro sangue versato, imperciocchè essi già l’ebbero coll’eccidio fatto sopra altrettanti innocenti ed inermi, donne e [p. 604 modifica]fanciulli trucidati, come è a tutti noto, nella villa Cecchini e nel casino Aiani, ed inoltre vi rinunziarono con la supplica avanzata al 3. Padre dalla maggioranza degli uffiziali del corpo.

Quindi, la sovrana clemenza, se pur potrebbe dirsi tale in comitato di siffatte circostanze, non volle far uso del suo attributo, che, come Principe Ecclesiastico, avrebbe assai bene armonizzato col suo evangelico carattere.

Lo spirito pubblico ne fu profondamente scosso e la Polizia, temendo qualche disordine, adottò precauzioni straordinarie.


1° Dicembre. — Persone degne di fede smentiscono che il perdono chiesto alla uffizialità degli zuavi sia stato un atto volontario dei condannati, ma imposto dai loro confessori, e credono la lettera del Monti al Papa sia stata scritta sotto la stessa pressione od improvvisata5.

Il pubblico parla ancora con sentimento di commiserazione dei due giustiziati e di esecrazione contro il Governo.

Si ravvisò poco conveniente che gli zuavi presenziassero il luogo del supplizio.

[p. 605 modifica]Essi, in un certo modo, assistevano ad un loro trionfo, il che poteva far vacillare la rassegnazione di quegli sventurati ed indisporre i loro animi oome indispose quelli della popolazione.

Ora vuol farsi credere, da alcuni papalini, che il S. Padre sia altamente indignato perchè s’è, arbitrariamente, decampato dalle istruzioni date.

Si dice che aveva espresso il suo volere che qualora i due condannati avessero mostrata una vera resipiscenza e sincero pentimento dei loro traviamenti, avrebbe loro commutata la pena capitale nella galera in vita e che, invece, si volle secondare la loro rassegnazione.

Tutti ricordano, e specialmente i trasteverini, la strage che avvenne nel casino Aiani, in Trastevere, l’autunno dell’anno scorso.

I popolani guardano con orrore e spavento quella casa, che, dopo la catastrofe, non fu abitata che dalla compagnia equestre Guillaume.

Restò nuovamente vuota, e, benché sia stata offerta a prezzo modicissimo e si scarseggi di abitazioni, nessuno vuole andarla ad occupare.

Una compagnia comica napolitana, diretta da un Gargano, agisce nel teatro di Metastasio, che è molto frequentato dal mezzo ceto.

In una delle scorse sere il Pulcinella, rappresentando un mercante di pecore, ne aveva delle bianche e delle nere.

Doveva ucciderne alcune e chiedeva consiglio da qual branco dovesse sceglierle.

La platea, che era piena di spettatori, rispose gridando: «Dalle nere, dalle nere».

[p. 606 modifica]Dopo il teatro, il povero Pulcinella fu arrestato; ma, conosciutosi che non fu esso che pronunziò la sentenza di morte alle bestie nere, al mattino fu rilasciato.

Marforio, che in siffatte cause è il difensore d’ufficio dei rei, si era preparata la difesa. Egli provava che il suo patrocinato si era condotto prudentemente nel domandar consiglio, e se la platea, ad unanimità di voti, volle pronunziarsi sul colore, la colpa non è del cliente, che neppur confermò la sentenza.

La parte offesa poteva andare in Cassazione; ma non si rammaricasse se, invece, riporterebbe un fiasco.

Marforio, avendo la parola libera, sul principio che in faccia alla legge.... son tutti eguali, voleva domandare al fisco perchè fosse lecito ad un altro pecoraro, suo amico, che aveva in custodia e non in proprietà due immensi branchi di pecore, bianche e nere, di poter a piacimento, ed in odio del color che portano, sempre ammazzare le pecore bianche e perfino, il giorno 24, scannare due agnelli.


5. — Ieri i giudici della S. Consulta di turno, nelle sale di Monte Citorio, incominciarono la discussione dell’altra causa politica contro 58 prevenuti per il fatto dell’autunno dello scorso anno, verificatosi in Trastevere, nel casino Aiani.

La seduta prosegue anche oggi e forse per altri due giorni.

L’Aiani è difeso dall’avvocato Palomba.

Naturalmente, i titoli, secondo il vigente codice, sono di pena capitale ed i cittadini mostrano ansietà di conoscerne le condanne.

[p. 607 modifica]La lettera, che si dice scritta dal giustiziato Monti, per ordine di S. Santità fu fatta stampare e distribuire ai parroci della città per propagarla.

Si crede superfluo di accennare i commenti sopra un tale documento, dichiarato olografo, e ritenuto, generalmente, apocrifo.


9. — Il Papa, la vigilia della Concezione, secondo il solito, andò alla Chiesa dei SS. Apostoli e la società dei Plaudenti inviò i suoi stipendiati per acclamarlo; ma la dimostrazione fu limitatissima.

Intanto, si garantisce che, dal mezzo giorno, 50 gendarmi erano appostati intorno alla piazza, e che tutti gli angoli della medesima e i sotterranei furono visitati, temendosi di qualche bomba.

La discussione della causa politica relativa al casino Aiani prosegue anche oggi.

Gli arrestati sono 26 e si dice, generalmente, che due saranno i condannati a morte:

Giulio Aiani, romano, confesso, e

Sterbini da Vico, provincia di Frosinone, parente del noto repubblicano del 1848, Pietro Sterbini.


12. — La discussione della causa dei compromessi politici del casino Aiani, alle 3 pomeridiane di ieri, ebbe il suo termine.

L’avvocato monsignor Pasqualoni, che rappresenta la parte fiscale, nelle sue conclusioni, condannò alla morte sei.

Ancora non si conoscono i nomi e s’ignora se il tribunale abbia confermato l’opinamente fiscale. [p. 608 modifica]Il Papa, per la Concezione, non voleva andare ai SS. Apostoli dicendo che non era prudente mostrarsi al pubblico col malumore sviluppatosi per l’esecuzione Tognetti e Monti; ma fu stimolato per non dar luogo a sinistre interpretazioni, e così vi aderì.

Mantenendosi ancora il segreto sulle condanne nella causa del casino Aiani, si è in grado di riferire soltanto quanto appresso:

Il tribunale condannò alla morte Giulio Aiani, romano, negoziante, e Luzzi, romano, calzolaio.

Il Luzzi, nel conflitto che ebbe luogo quando fu preso d’assalto il casino, ferito gravemente e creduto morto, fu trasportato come tale, con gli altri; ma, trovato ancora in vita, venne curato.

Cinque altri, tra cui Cesare Sterbini, furono condannati alla galera in vita.

Gli altri a tempo determinato.

Gli avvocati difensori, e specialmente il Palomba, che difese con argomenti di molta forza i due condannati alla morte, sono disgustatissimi dell’esito avuto.

Del resto, il tribunale era in particolare mal disposto per Aiani, Luzzi e Sterbini, i quali, nei loro costituti, confermarono, con vera audacia ed imprudenza, che si gloriavano di dichiararsi ancora una volta avversi al Governo dei preti e che avevano tutto l’impegno per abbatterlo,

Si dice che l’esecuzione dei condannati a morte si farà quanto prima per dimostrare che il Governo pontificio non teme, nè si fa imporre dalle minaccie dei liberali italiani.

[p. 609 modifica]Questa mattina si fece, a tal uopo, mostra di truppa sotto le armi, col pretesto di manovre.


«PROCESSO ROMANO
di promossa insurrezione
con risultato di più omicida.
(Cospirazione per insorgere)


» Giulio Aiani del fu Mariano, romano, d’anni 33, coniugato, fabbricatore di drappi di lana,

» Cesare Sterbini del fu Giuseppe, d’anni 25, celibe, possidente e negoziante di marmi,

» Pietro Luzzi del fu Andrea, romano, d’anni 24, celibe, calzolaio,

» Romano Mariotti del vivente Luigi, romano, di anni 19, celibe, garzone calzolaio,

» Salvatore Raffaelli del fu Giuseppe, da Orvieto, d’anni 27, celibe, stallino,

» Gaetano Goretti del fu Pietro, da Bologna, di anni 29, coniugato, giuocatore di ginnastica,

» Giuseppe Leonardi del fu Fortunato, da Roma, d’anni 29, celibe, cameriere disoccupato,

» Pio Crescenzi del vivente Antonio, da Piperno, d’anni 19, celibe, operaio cappellaro,

» Giuseppe Sabatucci del fu Antonio, nativo di Pergola, d’anni 41, coniugato, id.,

» Giovanni Sabatucci del vivente Giuseppe, da Fabriano, d’anni 19, celibe, id.

» Luigi Domenicali del vivente Giovanni, d’anni 27, romano, id.,

» Ulisse Martinoli del vivente Giuseppe, d’anni 26, romano, celibe, cappellaio,

[p. 610 modifica]» Costantino Mazza del vivente Gioacchino, romano, d’anni 23, coniugato, pagliettaro,

» Luigi Palloncini del fu Giovanni, da Terra Petrona, delegazione di Macerata, d’anni 24, vedovo, garzone caffettiere, disoccupato,

» Mariano Magnani del fu Vincenzo, da Corneto, d’anni 37, coniugato, ottonaro,

» Pietro Calcina del vivente Virginio, da Senigallia, d’anni 28, celibe, ministro-droghiere disoccupato,

» Giacomo Marcucci del fu Geremia, romano, di anni 31, celibe, ebanista,

» Paolo Carpinetti del fu Francesco, da Imola, di anni 26, celibe, cameriere,

» Germano Ceccarelli del vivente Pellegrino, da Savignano, d’anni 25, celibe, disoccupato,

» Oreste Tedeschi del vivente Giuseppe, romano, di anni 17, celibe, sarto.

Carcerati li 25 ottobre.


» Lodovico Talucci del vivente Lorenzo, romano, d’anni 27, celibe, pasticciere, carcerato il 20 gennaio,

» Luigi Albanesi del fu Girolamo, d’anni 40, coniugato, maiolicaro, carcerato li 15 aprile,

» Persio Giuseppe Del Carpio del fu Francesco, da Serravalle, di anni 38, vetturino, carcerato li 28 aprile,

» Cesare Benvenuti, contumace,

» Paolo Barbabello, id.


29 giugno 1868.

G. Maggi, Giudice».


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13. — Lo scrivente ebbe la confidenza da monsignor Procuratore dei poveri esser egli rimasto indignatissimo delle conclusioni fatte dal fiscale monsignor avvocato Pasqualoni, il quale, travisando i fatti ed inventando circostanze aggravanti, aveva fatte le sue conclusioni per sei condanne di morte, e, non ostante, condusse il tribunale alla conferma di due e ad altre gravi ed immeritate pene.

Imperciocchè il titolo della causa, secondo i fatti palpabili e chiari, non è di promossa insurrezione, ma di semplice cospirazione ad insorgere.

Essi, siccome è provato, attendevano l’arrivo di Garibaldi per insorgere.

Non esiste che gli arrestati facessero resistenza ed adoperassero le armi. Essi rimasero inoperosi e neppure si barricarono con i mobili di casa; 15 o 16 furono trucidati e gli altri fuggirono.

Il Pasqualoni fece figurare 19 feriti fra i militi assalitori, laddove si verifica i medesimi essere provenienti dai fatti d’armi di Mentana.

Il lodato monsignor Procuratore dei poveri assicurò lo scrivente che avrebbe parlato energicamente al S. Padre per far modificare una seconda sentenza cosi ingiusta; ma che si attendeva lo stesso esito, di vera ingiustizia, di Tognetti e Monti, pei quali perorò inutilmente.

Conchiuse che il Governo aveva sete di sangue.

Aggiunse che, essendosi conosciuto che un esemplare del Ristretto a stampa era già pervenuto all’estero, si chiamarono a renderne conto tutti coloro che l’avevano avuto.

[p. 612 modifica]Quindi si ricusò di prestar il suo esemplare, potendo, da un momento all’altro, esser chiamato ad esibirlo in prova di non aver tradito l’ordine avuto.


16. — Nella notte precedente ai 14, si affissero per la città proclami del sedicente Comitato romano, che furono distaccati o lacerati dalla forza pubblica.

In essi si diceva che il Governo dei preti, avendo sempre sete di sangue, avrebbe giustiziato altri due fratelli. Tanto sangue doveva essere vendicato.

Altra minaccia, più esplicita, sarebbe stata fatta, direttamente alla Polizia, dallo stesso Comitato, dichiarandosi che, qualora fossero giustiziati Aiani e Luzzi si ucciderebbero (niente di meno) tutti i cardinali e prelati.

Intanto, nella stessa notte si fecero partire truppe di rinforzo ai confini temendosi qualche escursione garibaldina.

E si assicura essersi ripreso i lavori di fortificazioni interne.

Del resto, monsignor Procuratore dei poveri, che riferì al Papa la sentenza pronunziata dalla suprema Consulta, disse, confidenzialmente, che nulla vi era a sperare sulla di lui clemenza; che dopo le feste natalizie sarebbe andato l’appello, il cui risultato porterebbe la conferma delle sentenze stesse e quindi immediatamente l’esecuzione.

I cinque condannati alla galera perpetua sono:

Cesare Sterbini, d’anni 25,
Gaetano Goretti, id. 29,
Giuseppe Sabatucci, id. 41,
Paolo Carpinetti, id. 26,
Lodovico Talucci, id. 27.

[p. 613 modifica]Nel giorno 23 mori di tifoide, in età di anni 29, Cesare Fracassini, che meritamente si acquistò fama di valente pittore.

Al merito artistico associava tutte le qualità personali per essere universalmente stimato ed amato.

Quindi i suoi ammiratori ed amici divisarono di tributargli un omaggio di stima ed affezione associando il cadavere.

Chiesero il permesso a monsignor Randi e fu loro negato.

Si appellarono al Papa e S. Santità fece rispondere che potevano pure eseguire l’associazione, e dicessero a monsignor Randi che il permesso lo avea dato egli stesso.

Il Papa, secondo riferirono alcuni palatini, declamò contro monsignor Randi, dicendo:

«Cessi una volta di tormentare la popolazione con i suoi malintesi rigori e vessazioni. Nel mortorio di Fracassini non c’entra la politica,» e si dice che soggiungesse:

«Pure, monsignor Randi doveva conoscere che Fracassini era il nostro pittore, cui portavamo molta affezione, a prova di che mandammo, nella sua breve malattia, spesse volte a prender sue notizie».

Circa duemila persone, in buon ordine, seguirono il feretro e monsignor Randi lo fece chiudere con un picchetto di gendarmi con carabine. Insulto che fu riferito al Papa e forse non andrà esente da qualche conseguenza.


19. — Lo spirito pubblico è oltremodo commosso al pensiero della conferma delle condanne capitali [p. 614 modifica]di Aiani e Luzzi, tanto più che le passioni predominanti vengono stimolate dal giornalismo liberale.

A sedar queste, e riuscire nell’intento, si rivolgono le speranze sull’influenza della Francia.


29. — In circostanza delle feste natalizie e del nuovo anno, il S. Padre ricevette i soliti auguri, e, in sostanza, rispose a tutti che «la Chiesa fu sempre perseguitata, ma non mai ebbe una persecuzione così fiera come l’attuale. Del resto, la Santa Sede ha sempre trionfato e non mai potè sedersi in essa un imperatore od un re».

Nel ricevere gli uffiziali, nel dì 27, disse: «So che molti giornali vi chiamano una massa di birboni, disprezzate tali voci.... Ne dicono tante contro di me!»


30. — Il partito liberale è indignato per la dimostrazione notturna fatta per l’onomastico di Pio IX dagli zuavi, nella piazza del Vaticano e nel cortile di Belvedere, in cui, nelle manovre e concerti militari, si vollero ricordare i trionfi di Mentana.






Note

  1. Le nozze del principe Umberto e della principessa Margherita.
  2. Ambasciatore francese.
  3. Marforio era, come ognuno sa, il favorito della regina.
  4. Persona degna di fede ci assicura essere inesatto ciò che il Diarista asserisce del Della Bitta e che le prove somministrate da impunitari, avvalorate dalle confessioni estorte da altri, non da lui, al Monti, colla lusinga della grazia, furono la base di quel processo.
  5. Allude ad una Lettera scritta di proprio pugno da Giuseppe Monti e consegnata davanti a testimonii per essere presentata al Santo Padre dopo l’esecuzione della pena capitale a cui era stato condannato.
          Quale fosse lo scopo di essa, fatta publica per le stampe ognuno comprende, e che fede meriti dice più avanti, e senza ambage, il Roncalli.