X. — Al bivio

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IX XI

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AL BIVIO.

X.

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Romano Verdesi non era mai stato capace di prendere una risoluzione da sè. Quando era scapolo, finchè visse sua madre — aveva perduto il padre giovanissimo — si consultò con lei anche intorno alle cose più insignificanti; e la povera signora si angustiava e nello stesso tempo sorrideva vedendoselo davanti incerto, impacciato:

— Che ne dici mamma? Che ne dici?

— Penso come farai quando io non sarò più.

— Questo non avverrà.

— Come non avverrà? Non posso essere eterna. Per ciò vorrei che tu ti abituassi a decider da te, anche a costo di sbagliare qualche volta. S’impara sbagliando.

— Tu non sbagli mai.

— Sbaglierò apposta, per castigarti.

— Su: che ne dici, mamma? Che ne dici?

Pareva un bambino che chiedesse un giocattolo; e aveva venticinque anni!

Morta la madre, egli si consultò col vecchio amico di famiglia, il signor Bompiani, che abitava al primo piano della stessa casa, assieme con la moglie, più [p. 192 modifica]vecchia di lui, ma vivace e piena di spirito quanto lui: un’amabilissima coppia che gli voleva bene come a un figliuolo. Da anni, le domeniche, a vicenda, i Verdesi desinavano dai Bompiani e i Bompiani dai Verdesi, senza cerimonie, alla buona; e Romano aveva voluto che la gentile abitudine continuasse non ostante ch’egli fosse rimasto solo.

Ordinariamente i Bompiani restavano in casa la sera, e spesso Romano andava a passare qualche ora da loro, che ricevevano sempre un piccolo numero di amici della loro stessa età o poco meno, borghesi agiati, impiegati in riposo, già colleghi del signor Bompiani al Ministero delle Finanze. La conversazione non riusciva straordinariamente divertente quantunque intervenissero le mogli e le figliuole di tanto in tanto. Ma Romano non era intelligenza da poter annoiarvisi. E poi aveva, una sera sì, due sere no, o tutte le sere, un piccolo consiglio da chiedere. Voleva andare a letto con l’animo tranquillo intorno a qualcosa che doveva fare il giorno dopo.

In quei desinari delle domeniche, che continuavano la tradizione delle due famiglie, quando toccava ai due vecchi di salire al secondo piano, la signora Bompiani, vedendo la tavola apparecchiata, non tralasciava mai di esclamare:

— Mi pare, ogni volta, di dover trovare seduta al suo posto la mia povera amica!

— Potessi arrivare almeno — soggiungeva il marito — a vedervi la persona che, un giorno o l’altro l’avrà sostituita! Ma sembra che il caro Verdesi non abbia fretta.

E non di rado accadeva che tutta la conversazione si aggirasse intorno a quel che era stato il gran desiderio della buona signora Verdesi, e che Romano aveva deluso protestando fino all’ultimo: [p. 193 modifica]

— Qui devi regnare tu sola!

— Come volete che mi decida? Conosco così poca gente! E poi, deve parlare il cuore, sì o no? E il mio cuore è muto. Sembra che abbia paura.

Era la immancabile risposta di Romano alle insistenze dei Bompiani. Ma la vecchietta non si dava per vinta.

— Fai una vita, figliuolo mio! E non sei avaro da temer di sciupare i quattrini. Fortunatamente ne hai tanti, che potresti anche cavarti il gusto di sciuparne qualche po’. Noi non siamo ricchi, ma non ci lasciamo patire. Mio marito ha lavorato cinquant’anni, e ora ci godiamo insieme il riposo. Tu quanti ne hai? Trentacinque. È l’età giusta. E la solitudine non ti opprime? Alla tua età, questo qui che ora sembra un santo, era uno scavezzacollo.... Lo dicono tutti; è inutile negarlo.... Ma dopo — mi puoi credere, caro Romano — è stato un marito modello. Ormai, dovresti deciderti anche per far piacere alla tua mamma là, in Paradiso, dove si trova. Conosci poca gente? È colpa tua. In casa nostra certamente non potrai incontrare una moglie degna di te.

— Ne ho una io per le mani — disse allegramente, una sera, il signor Bompiani. — Ventitrè anni, bionda, bella, di famiglia civile, dote cinquantamila in contanti, depositate in una Banca.... Ecco qua.

E mostrò la pagina di annunzio di un giornale.

— Neppure l’imprevisto ti lusinga? — egli soggiunse.

L’imprevisto colse Romano in una festa di beneficenza. Si era deciso a un tratto, come accade a tutti coloro che non hanno mai saputo prendere una decisione qualunque, in nessuna circostanza della loro vita.

— Bella? — domandò la signora Bompiani. [p. 194 modifica]— Bellissima.

— Bionda?

— Bruna, con capelli neri, ondulati. Venticinque anni.

— Dote? — fece il signor Bompiani.

— Non ho voluto saperlo.

— Ora, scusa, caro Romano, hai avuto troppa fretta.

— Per carità, non mi sconsigliate! Non saprei risolvermi mai più, mai più!... Ci siamo trovati vicini per caso, in mezzo alla folla. — Si diverte? — mi domandò lei. — Mi diverto poco dapertutto — risposi... io. — Scusi, noi ci parliamo senza essere presentati — soggiunse. — Possiamo, se lo crede necessario, presentarci a vicenda — feci io. — Serbiamo l’incognito intanto — replicò lei. — Ci sarà il caso di svelarlo dopo? — dissi. — Tutto può darsi a questo mondo — rispose lei.... Ci guardavamo, sorridendo, negli occhi. — È strano: mi sembra di esserci già conosciuti — ripigliò. — Forse. Stavo per dire la stessa cosa — continuai. — Sa? Sono fatalista. Credo che tutto quel che avviene nella vita sia disposto, preparato, senza che la nostra volontà c’entri per niente — fece lei, dopo un istante di esitazione.

— Brava! E come è andata a finire? — lo interruppe la signora Bompiani, incuriosita.

— C’è bisogno di domandarlo? — soggiunse il marito.

— È finita là, — disse Romano. — Ma so dove rintracciarla.

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Era capitato bene. Elisa Bergani aveva volontà per due. In un batter d’occhi la sua decisione era presa, senza por tempo in mezzo per attuarla.

Nei primi mesi, Romano si sentiva come portato via da un turbine. Non aveva agio di esprimere un desiderio, di fare una proposta; pareva che sua moglie lo avesse sempre prevenuto. E così egli non godeva più neppure quel delizioso intervallo che passa ordinariamente tra il progetto ed il vederlo messo in atto, quei rapidi momenti di ansiosa incertezza che rendono più cara la realtà raggiunta, anche se con pochissimo stento.

— Con questo bel tempo....

— Se andassimo a passare la giornata in campagna? Stavo per dirti anche io: Con questo bel tempo.... La veste, il cappello.... Eccomi pronta. In carrozza!

Sul punto di andar a passare la serata da una amica:

— Come? Non ci siamo accorti che stasera c’è la beneficiata della prima donna, col Lohengrin.

— Ma è troppo tardi per trovare un palco....

— Si troverà!

E non si era mai dato il caso che non lo trovassero, in quella o in altre occasioni.

Romano era felice di avere in casa qualcuno che aveva volontà per due. Assisteva con un che di stupore a tutti i mutamenti che Elisa operava nelle disposizioni delle stanze, nel rinnovamento dei mobili, nelle trasformazioni della sua persona per via dei più bizzarri abbigliamenti in voga.

Ora, le domeniche, più non venivano su per [p. 196 modifica]desinare alla buona i due vecchietti Bompiani. Elisa aveva sempre qualche amica col marito, qualche conoscente, una zia, una nipote, un cugino invitati quasi alla insaputa di Romano, perchè egli n’era informato poche ore prima, quando non gli accadeva di vederli arrivare inattesamente e di trovarli a casa rientrando. Pei Bompiani ella gli aveva detto:

— Senti, Romano: io non posso patire i vecchi: mi mettono malinconia. Pare che mi stiano dinanzi per avvertirmi: — Un giorno sarai come noi! — Non è divertente..... Brave persone, lo so, questi tuoi amici.

— Così bravi che mi hanno detto loro stessi: — Vita nuova, figliuolo. Purchè tu sii felice!

Era felice di non dover più consultare nessuno. Non gli occorreva di pronunziare il solito: — Che ne dici? — Elisa aveva già pronto il consiglio, il suggerimento e se ne sbrigava in poche parole, senza ragionarlo. Pareva che gli leggesse la domanda negli occhi. E lui, sùbito: — Sta bene, farò così.

A poco a poco, però, questa supina remissione cominciò ad irritarla.

Avrebbe voluto che qualche volta quell’uomo avesse agito da uomo, facendo, anche capricciosamente, il contrario di quel che gli veniva consigliato. E per ciò ora, dato il suo parere, aggiungeva:

— Io farei così; ma non vuol dire. Potresti fare l’opposto, e ne avrei piacere. Non hai dunque una volontà?

— La tua.

— Lascia andare i complimenti!

— Perchè dici così?

— Perchè vorrei vederti ribellare qualche volta, vorrei vederti imporre la tua volontà anche a me.

Egli la guardava in viso, sorridendo stupidamente, quasi sua moglie scherzasse parlando a quel modo. [p. 197 modifica]E una volta glielo disse. Ella rispose, con lieve accento di indignazione:

— Mi conosci male, e conosci malissimo le donne. Apparentemente noi sembriamo avide di dominare; in realtà, siamo orgogliose di sentirci dominate dall’uomo, e direi anche oppresse dal suo dominio. Voi vi stupite apprendendo che certe donne amano i mariti che le sappiano bastonare. Quest’atto è per esse una gran prova di superiorità, brutale, ma per quelle povere anime unicamente maschile. Io non vorrei arrivare ad essere bastonata da te: oh, no! Se tu qualche volta, spesso, in certe circostanze, dicessi: — Non voglio! — credo che ti vorrei più bene.

Avea cominciato a parlare, strizzando un po’ gli occhi, come soleva ogni volta che provava un senso di stizza, e aveva finito con raddolcire la voce, facendo una graziosa mossa della testa che voleva significare.

— Sì, sì, ti vorrei più bene!

— Non chiedermi l’impossibile! — disse Romano prendendole le due mani e baciandogliele delicatamente.

Fu come se, da quel giorno, si fosse interposto qualcosa tra loro due, che impedisse il contatto delle loro anime, dei loro cuori. Ella continuò ad esprimere la sua volontà; egli continuò ad accettarla a occhi chiusi; ella sentiva una sottile pena, che si rivelava con un atteggiamento di freddezza, d’indifferenza appena percettibile; egli credeva d’ingannarsi notando il lieve mutamento che avveniva in sua moglie. [p. 198 modifica]

Gli era parso di restar un’altra volta solo al mondo, con la morte dei vecchietti Bompiani. Si erano ammalati con la distanza di due giorni. Lei aveva fatto lo sforzo di restar in piedi, non ostante la febbre, per assistere il marito sorpreso da un terribile attacco di gotta. Poi aveva dovuto mettersi a letto, ed erano morti quasi alla stessa ora, una mattina, senza che l’uno sapesse dell’altra.

Per Romano era stato un gran colpo. In quelle ultime settimane, egli era andato da loro per confidare ad essi il suo sospetto.

— Vorrei ingannarmi....

— E certamente t’inganni — lo confortò il Bompiani.

— Tua moglie ha ragione! — disse la vecchietta, che conservava sempre il suo spirito arguto. Ella vuole che tu sii un uomo, una volontà.... È stato sempre il tuo difetto.

— Non posso mutarmi!

Romano era desolatissimo. Aveva la sensazione che Elisa si fosse allontanata da lui, e provava le prime acute punture della gelosia. Intravedeva la minaccia di un pericolo, non sapeva quale, non osava di supporre quale; e, una sera, ragionandone con quei due cari vecchi, si sentì salire le lacrime agli occhi.

— È il caso di fare un atto di risolutezza. Te ne sarà grata — disse la signora Bompiani.

— Forse, vedendoti così fiaccamente remissivo, tua moglie, che è energica, non si crede amata abbastanza — soggiunse il marito. — In queste circostanze bisogna agire sùbito, levar di mezzo i piccoli malintesi. Non può trattarsi di altro. [p. 199 modifica]Ma prima che Romano si decidesse, era accaduta la disgrazia; e così gli era parso di essere rimasto solo al mondo come alla morte della sua povera mamma.

Una sera, Romano si era trovato a desinare con la moglie senza compagnia d’invitati, e pareva che stessero a disagio uno di faccia all’altra, scambiando qualche parola. Tutt’a un tratto egli fece un gesto vago con la mano destra, accompagnato da una specie di mugolio.

— Che hai? — domandò Elisa maravigliata.

— Ho.... che da un pezzo in qua.... non mi ami più!

— È vero. Mi fai soltanto pietà....

— A questo sei arrivata?

— Avrei potuto arrivare a peggio. E nessuno può dire: Non ci arriverò!

— Elisa!... Elisa!...

— Più che contro di me, dovresti sdegnarti contro te stesso. Ricordi? quella sera, la prima volta che il caso ci avvicinò, ti dissi: Io sono fatalista. Pur troppo da allora in poi, non ho avuto occasione di ricredermi. Avrei voluto ridurti un altro; tu non hai fatto nessuno sforzo per diventare un uomo nel vero senso di questa parola. Sei il Dubbio, sei l’Esitazione in persona, e ti vorrei la Risolutezza, fin la Violenza.... Dovremmo dividerci, di amore e di accordo, prima che avvenga qualcosa... Non abbiamo figliuoli, che ce lo impediscono! Sì, prima che avvenga qualcosa....

— Che può avvenire?

— Non so. Tutto può avvenire, anche quello che stimiamo impossibile. Io mi sento creatura fragile quanto le altre. Ho tentato tanto di stordirmi.... Tu dovresti aver paura del mio continuo sforzo di attività. Arriva un momento in cui anche i corpi più forti si esauriscono. E allora.... Oh! Queste tue lacrimette mi fanno rabbia! [p. 200 modifica]Si rizzò dalla seggiola con impeto, e prima che Romano potesse fermarla era andata a rinchiudersi nella sua camera, accanto a quella di lui. Dormivano separati, secondo i consigli del libro d’Igiene del Matrimonio, ch’egli aveva comprato poche settimane prima delle nozze.

Romano rimase accasciato, immobile, con i gomiti su la tavola, la testa tra le mani, nel posto dove era seduto di faccia a quello di sua moglie.

Che significavano le parole di lei? Uno spauracchio? Una minaccia? Una confessione a mezzo?... Il sospetto che Elisa non avesse voluto mentire gli faceva correre acuti brividi da capo a piedi.

Come doveva comportarsi? Neppure la straordinarietà del caso lo induceva a prendere una decisione. La sua felicità, la sua pace, il suo onore erano in ballo.... Ma.... gli sembrava di eccedere, anche dando il significato di una minaccia alle parole di Elisa.... Ma.... non doveva illudersi, non fidarsi troppo.... Ma stare in guardia doveva, senza farne le viste.... Oh! Esser giunto a questo dopo due soli anni di matrimonio!... E poi? E poi? Se non potesse dubitare più? Se vedesse crollare a un tratto il bell’edificio della sua vita?... Non avrebbe saputo prendere una risoluzione, una decisione.... neppur dopo?

Aveva però la forza di simulare. Non c’era gesto, non c’era atto, non c’era pensiero, sì, pensiero, di Elisa che gli passasse inosservato. Ora, lei non gli diceva più:

— Vado dalla tale amica, esco per certe compere, mi attende la sarta, passo dalla modista.

Andava e veniva senza inquietarsi di lui, vedendo che lui non s’inquietava punto di lei. Talvolta uscivano a passeggio insieme, apparivano in un palco di teatro, si mostravano in un concerto, in una riunione [p. 201 modifica]e nessuno poteva immaginare che quei due sposi si fossero ridotti intimamente, quasi come estranei; e nessuno poteva sospettare che quei vividi occhi neri di lei, che guardavano attorno con lieve aria di smarrimento, ricercassero nel vuoto, davanti a sè, qualcosa che si attendevano di vedersi venire incontro, e non appariva da nessuna parte.

In certi momenti Romano dubitava di non esser abile di osservar bene, di scoprire quel che gli sembrava il mistero di lei; sentiva la convinzione, che l’infingimento di lei fosse tale da sviare qualunque ricerca.

Ah, se fossero stati in vita i fidati amici Bompiani! Avrebbe ricavato da loro prudenti consigli e conforti. Era inutile! Aveva bisogno dell’aiuto altrui. Qualunque più piccolo ostacolo diventava per lui difficoltà insormontabile.

Ricordava un signore maturo, calvo, serio, sentenzioso che appariva a intervalli in casa dei Bompiani, specialmente in certe circostanze di feste, di onomastici, e di compleanni. Lo chiamavano professore, ma Romano non aveva mai saputo di che. Uno degli intervenuti lo aveva detto: Professore di appetito, e non era parso malignità, vedendo come egli, in quelle occasioni facesse onore ai dolci, ai liquori d’ogni specie. Pel resto, cortese con dignità, uomo di esperienza, pareva.

Lo aveva incontrato ultimamente, ritto, col capo eretto come chi cercasse qualcuno: e al saluto di Romano gli si era accostato, rimpiangendo:

— Quei cari amici Bompiani!

— Ah! certe perdite sono irreparabili.

— Dite bene: irreparabili!

— Bompiani era il mio fidato consigliere in ogni circostanza della vita. [p. 202 modifica]— Un consiglio si può dare facilmente; non così venti, cinquanta lire. Ho dato tanti buoni consigli da che sono invecchiato!

— Ne dia uno a me, caro professore.

— Dica, dica pure.

— Ha fatto colazione? No? Venga a prendere un boccone in mia compagnia nel vicino ristorante. Potremo parlare con comodo.

Romano aveva osato la inutile precauzione di avvertire il professore che egli lo consultava non per sè, ma per conto di un amico.

— Capisco, capisco! E poi?...

Il professore lo interrompeva di tratto in tratto, continuando a mangiare, chino verso il vassoio da cui ritirava dei supplementi alla sua porzione, intento a versarsi replicati bicchieri di vino.

— Capisco, capisco.... Ma....

Romano, che assaggiava appena le pietanze, non vedeva l’ora di arrivare al caffè per sentire finalmente il consiglio del suo commensale. Il quale intanto si sfogava con la frutta e col formaggio, e non ripeteva più: — Capisco, capisco! — quasi si fosse scordato dello scopo per cui era stato invitato a colazione. Prima di sorbire il caffè egli aveva acceso uno dei grossi avana, che il cameriere gli aveva deposti davanti in un piatto assieme con altri sigari, e si era rovesciato con la testa su la spalliera della seggiola assaporando beatamente il piacere del fumo.

— Dunque, caro professore? — fece Romano.

— Ecco, ecco... Veramente, dopo così lauta colazione.... lei mi ha tentato, e a tentazioni come questa ho la debolezza di non saper resistere; veramente, dopo così lauta colezione.... Lei, intanto, ha mangiato poco. Avrei dovuto imitarlo... voglio dire che la mente s’intorpidisce e non è nella miglior condizione di dare [p. 203 modifica]un consiglio.... Lei, cioè il suo amico.... Sono cose che possono capitare a tutti.... In confidenza sono capitate anche a me, anni fa, oh! anni fa! Ci si trova al bivio.... Sa? quelle strade di campagna in capo alle quali se ne incontra una che va di qua, a destra, e un’altra che va di là, a sinistra.... Per dove prendere? Così, in certi casi. Ne conviene?

— Sì, sì; prosegua — rispose Romano con un che d’impazienza nella voce.

— Lei, cioè il suo amico non sembra ancora certo della sua disgrazia. Io gli direi: Creda anche peggio di quel che teme; è regola che non sbaglia.... Dunque, io potrei consigliargli: Faccia come me, prenda quella donna per le spalle e la butti fuori di casa come un arnese inservibile.... O la lasci continuare.... Si stancherà. Finga di non essersi accorto di nulla.... Forse è il metodo migliore. Avrei dovuto adoperarlo io e me ne sarei trovato bene. Ma a certa età, abbiamo tante fisime per la testa!... Ah! una buona tazza di caffè e un sigaro eccellente, dopo una colazione come questa, sono godimento paradisiaco....

Tirò due, tre boccate di fumo, e riprese:

— Ci sono poi i metodi violenti; questi però è inutile di consigliarli; dipendono dal carattere, dal temperamento. Che temperamento ha..... quel suo amico?

— È uno che non ha mai saputo prendere nessuna decisione da sè.

— .... È certo, certissimo che...?

— Proprio certo, no.

In quel momento Romano si sentiva tremare il cuore pensando alla sua Elisa, e domandandosi internamente: A quest’ora che fa? È in casa? Dov’è? È vero che non mi ama più? Sentiva confusamente che il professore avea ritegno a parlare, ma non [p. 204 modifica]riusciva ad afferrare tutto il senso delle parole di lui.... Udì, all’ultimo:

— Se se ne mescola l’Inevitabile!... Ah, l’Inevitabile! L’Inevitabile!

Gli parve la sua condanna!

Arrivò l’Inevitabile? Egli non se n’accorse e, se mai, fu contento di non essersene accorto.

La sua vita ebbe, non una sosta, ma una fermata proprio al bivio. Avrebbe potuto inoltrarsi per là o per qua. E se lui prendeva per qua, mentre sua moglie andava per là?

E non seppe risolversi a far niente.