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— Bellissima.
— Bionda?
— Bruna, con capelli neri, ondulati. Venticinque anni.
— Dote? — fece il signor Bompiani.
— Non ho voluto saperlo.
— Ora, scusa, caro Romano, hai avuto troppa fretta.
— Per carità, non mi sconsigliate! Non saprei risolvermi mai più, mai più!... Ci siamo trovati vicini per caso, in mezzo alla folla. — Si diverte? — mi domandò lei. — Mi diverto poco dapertutto — risposi... io. — Scusi, noi ci parliamo senza essere presentati — soggiunse. — Possiamo, se lo crede necessario, presentarci a vicenda — feci io. — Serbiamo l’incognito intanto — replicò lei. — Ci sarà il caso di svelarlo dopo? — dissi. — Tutto può darsi a questo mondo — rispose lei.... Ci guardavamo, sorridendo, negli occhi. — È strano: mi sembra di esserci già conosciuti — ripigliò. — Forse. Stavo per dire la stessa cosa — continuai. — Sa? Sono fatalista. Credo che tutto quel che avviene nella vita sia disposto, preparato, senza che la nostra volontà c’entri per niente — fece lei, dopo un istante di esitazione.
— Brava! E come è andata a finire? — lo interruppe la signora Bompiani, incuriosita.
— C’è bisogno di domandarlo? — soggiunse il marito.
— È finita là, — disse Romano. — Ma so dove rintracciarla.