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Gli era parso di restar un’altra volta solo al mondo, con la morte dei vecchietti Bompiani. Si erano ammalati con la distanza di due giorni. Lei aveva fatto lo sforzo di restar in piedi, non ostante la febbre, per assistere il marito sorpreso da un terribile attacco di gotta. Poi aveva dovuto mettersi a letto, ed erano morti quasi alla stessa ora, una mattina, senza che l’uno sapesse dell’altra.
Per Romano era stato un gran colpo. In quelle ultime settimane, egli era andato da loro per confidare ad essi il suo sospetto.
— Vorrei ingannarmi....
— E certamente t’inganni — lo confortò il Bompiani.
— Tua moglie ha ragione! — disse la vecchietta, che conservava sempre il suo spirito arguto. Ella vuole che tu sii un uomo, una volontà.... È stato sempre il tuo difetto.
— Non posso mutarmi!
Romano era desolatissimo. Aveva la sensazione che Elisa si fosse allontanata da lui, e provava le prime acute punture della gelosia. Intravedeva la minaccia di un pericolo, non sapeva quale, non osava di supporre quale; e, una sera, ragionandone con quei due cari vecchi, si sentì salire le lacrime agli occhi.
— È il caso di fare un atto di risolutezza. Te ne sarà grata — disse la signora Bompiani.
— Forse, vedendoti così fiaccamente remissivo, tua moglie, che è energica, non si crede amata abbastanza — soggiunse il marito. — In queste circostanze bisogna agire sùbito, levar di mezzo i piccoli malintesi. Non può trattarsi di altro.