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Ma prima che Romano si decidesse, era accaduta la disgrazia; e così gli era parso di essere rimasto solo al mondo come alla morte della sua povera mamma.
Una sera, Romano si era trovato a desinare con la moglie senza compagnia d’invitati, e pareva che stessero a disagio uno di faccia all’altra, scambiando qualche parola. Tutt’a un tratto egli fece un gesto vago con la mano destra, accompagnato da una specie di mugolio.
— Che hai? — domandò Elisa maravigliata.
— Ho.... che da un pezzo in qua.... non mi ami più!
— È vero. Mi fai soltanto pietà....
— A questo sei arrivata?
— Avrei potuto arrivare a peggio. E nessuno può dire: Non ci arriverò!
— Elisa!... Elisa!...
— Più che contro di me, dovresti sdegnarti contro te stesso. Ricordi? quella sera, la prima volta che il caso ci avvicinò, ti dissi: Io sono fatalista. Pur troppo da allora in poi, non ho avuto occasione di ricredermi. Avrei voluto ridurti un altro; tu non hai fatto nessuno sforzo per diventare un uomo nel vero senso di questa parola. Sei il Dubbio, sei l’Esitazione in persona, e ti vorrei la Risolutezza, fin la Violenza.... Dovremmo dividerci, di amore e di accordo, prima che avvenga qualcosa... Non abbiamo figliuoli, che ce lo impediscono! Sì, prima che avvenga qualcosa....
— Che può avvenire?
— Non so. Tutto può avvenire, anche quello che stimiamo impossibile. Io mi sento creatura fragile quanto le altre. Ho tentato tanto di stordirmi.... Tu dovresti aver paura del mio continuo sforzo di attività. Arriva un momento in cui anche i corpi più forti si esauriscono. E allora.... Oh! Queste tue lacrimette mi fanno rabbia!