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— Qui devi regnare tu sola!

— Come volete che mi decida? Conosco così poca gente! E poi, deve parlare il cuore, sì o no? E il mio cuore è muto. Sembra che abbia paura.

Era la immancabile risposta di Romano alle insistenze dei Bompiani. Ma la vecchietta non si dava per vinta.

— Fai una vita, figliuolo mio! E non sei avaro da temer di sciupare i quattrini. Fortunatamente ne hai tanti, che potresti anche cavarti il gusto di sciuparne qualche po’. Noi non siamo ricchi, ma non ci lasciamo patire. Mio marito ha lavorato cinquant’anni, e ora ci godiamo insieme il riposo. Tu quanti ne hai? Trentacinque. È l’età giusta. E la solitudine non ti opprime? Alla tua età, questo qui che ora sembra un santo, era uno scavezzacollo.... Lo dicono tutti; è inutile negarlo.... Ma dopo — mi puoi credere, caro Romano — è stato un marito modello. Ormai, dovresti deciderti anche per far piacere alla tua mamma là, in Paradiso, dove si trova. Conosci poca gente? È colpa tua. In casa nostra certamente non potrai incontrare una moglie degna di te.

— Ne ho una io per le mani — disse allegramente, una sera, il signor Bompiani. — Ventitrè anni, bionda, bella, di famiglia civile, dote cinquantamila in contanti, depositate in una Banca.... Ecco qua.

E mostrò la pagina di annunzio di un giornale.

— Neppure l’imprevisto ti lusinga? — egli soggiunse.

L’imprevisto colse Romano in una festa di beneficenza. Si era deciso a un tratto, come accade a tutti coloro che non hanno mai saputo prendere una decisione qualunque, in nessuna circostanza della loro vita.

— Bella? — domandò la signora Bompiani.