Vecchie storie d'amore/III/Passione d'un gentiluomo veneziano

Passione d’un gentiluomo veneziano

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Passione d’un gentiluomo veneziano
III - Un’opera di pietà III - La dama fallace

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PASSIONE

D’UN GENTILUOMO VENEZIANO

Sec. xvi.

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I.

Lettere di due amanti.

Il magnifico gentiluomo Alvise Pasqualigo, tornato dopo lunga assenza a Venezia, incominciò con lettere impronti e frequenti ad esagerare a madonna Vittoria, come ogni amante che s’accinga a una difficile conquista, la forza e le pene della sua passione: per non darle noia, sette anni era rimasto lontano da lei; tre anni aveva errato pe’l mondo in vana ricerca di svaghi: sperando che ella almeno gli concedesse di svelarle a voce alcuni segreti, con le fiamme nel cuore era tornato in patria.

A messer Alvise, buon amico d’infanzia, Vittoria, la quale era moglie ad un giovane conte, rispose per lamentarsi ch’egli le mandasse delle ambasciate affidandole a servi: “La mia [p. 144 modifica] professione è sempre stata ed è di donna d’onore, né mai mi sarebbe caduto nell’animo, che voi aveste usato meco sí fatta discortesia. Basta, pazienza, non resterò per questo di amarvi quale fratello....„

Ma Alvise meritava scusa, e le scriveva:


“Che cosa posso far io, infelice, per disacerbare il dolore ch’io sento dell’amarvi senza mercede? E s’io non vi facessi, per qualche vostra donna di casa, intendere i tormenti che per cagion vostra sostegno, in che modo potrei io vivere? Deh, anima mia, non vi sdegnate s’io paleso parte di quell’ardore, il quale non potrei se non con grandissimo pericolo della mia vita tener nascosto. Ma se m’astringete co ’l comandarmi, son contento d’obbedirvi.... Ben vi prego a concedermi tanta comodità ch’io vi possa parlare, o vero a dimostrarmi il modo di darvi alcuna lettera....„


Or dunque come la contessa scongiurava invano messere Alvise ad esser prudente, a non mostrare il suo ritratto ad alcuno, a non [p. 145 modifica] discorrere con alcuno di lei, a non mandarle ritratti perché non voleva esser scoperta; come, non crudele quale egli la chiamava, poteva dirgli in coscienza: “Io vi amo, il che mi pare che non sia male, nascendo dall’amore ogni buona operazione„, qual fallo mai avrebbe commesso concedendogli di parlarle, dietro la porta di casa, una sola volta?

Cosí, per quel primo onesto colloquio e per le lettere che Alvise le inviava ardentissime, doveva penetrare nell’animo di madonna una gran dolcezza d’amore puro, una gran compassione pe’l nobile giovane innamorato: e quando lo seppe infermo in villa, gli scrisse tutta amorosa che cercasse di venire a Venezia per rimettersi piú facilmente; e poi, piú tardi, gli si mostrava ammirata “dello splendore che senza pari ritrovava in lui„, e per lui pregava il Signore: anche accettava e gli mandava e gli chiedea dei piccoli doni.

Ma Alvise non viveva lieto, né la promessa di lei, che “se è vero che di là come di qua vi sia amore, e si ami, esso mio spirito in Cielo vi [p. 146 modifica] godrà„, gli arrecava bastevole conforto; e avrebbe voluto tornare a discorrere con lei. Temeva ella nella dimanda ostinata un’insidia, e disperando che l'amore di lor due rimanesse “giusto fedele e onesto„ com’era incominciato, minacciò Alvise di rifiutare le sue lettere: “conosciuta la vostra disonestà, mi sono spogliata di quell’amore ch’io vi portava....„

A che, disperato, egli: “Poi che tanto vi piace che dal mondo mi toglia, son contento di soddisfarvi. E perciò mi risolvo, con la prima occasione, d’andar in luogo tanto lontano che secondo il desiderio vostro finisca i miei giorni.„

E madonna Vittoria, pentita e impaurita, un giorno l’accolse in casa furtivamente: fu quello il giorno della colpa. Da quel dí in avanti le lettere di madonna Vittoria si susseguirono piene di amarezza, di tristezza profonda, che derivava, più tosto che dai rimorsi, dal rimpianto pei lunghi piaceri cui libera avrebbe potuto gustare; dall’amore stimolato, esasperato dalla bramosia sensuale; dal timore, quasi dal presentimento che tra breve Alvise si sarebbe stancato di lei. [p. 147 modifica]

Dopo ciascuno dei gioiosi convegni, che consentiva l’assenza del marito, ella piangeva:


“Come foste partito mi gettai nel letto, e con gli occhi del corpo (benché co ’l pensiero a voi) m’addormentai: indi a poco svegliatami e ritrovatami senza di voi, cominciai a pianger sí forte che s’io non mi fossi nascosta sotto la piega del letto averei senza dubbio svegliato ognuno di casa... La maninconia m’è sí cresciuta che mi sento uscir fuora l’anima....„


Di lui era compresa cosí intimamente che a ripensarne le parole ne riudiva la voce e dalla voce ne riacquistava la sensazione intera: essa si deliziava a martoriarsi finché si abbatteva in una mortale angoscia.


“Da quell'ultima ora che mi parlaste fino a questa si è cresciuta in me la confusione, ch’io non so piú quello ch’io mi faccia. Le vostre dolcissime parole mi sono rimase cosí vive nella memoria che, se talor chiudo gli occhi, parmi di [p. 148 modifica] vedervi e di ragionar con voi; il che è cagione che molte volte stendo le braccia per abbracciarvi, e mi ritrovo ingannata. Onde destatami, vergognata di me stessa, sento tanta passione che mi è forza di desiderar la morte per uscir una volta di pene.... Troppo grave tormento è l’aver desiderio di cosa amata piú che la propria anima, e vedersene privo senza speranza di poter già mai per lunghezza di tempo goderla!.... „


Né conosceva ancora le pene della gelosia; ma quando il marito tornò e cominciò a sospettare e già alcuno dei vicini e dei conoscenti mormorava della loro tresca, dovettero contenersi e non vedersi che di rado. Quali altre donne vedeva Alvise? Ove passava il giorno? A che feste si recava?

Messer Alvise pareva tuttavia appassionato; e per andare da madonna, avvertito da segnali di richiamo, sfidava la vigilanza del marito e degli altri, e giurava che tra le braccia di lei, nel tripudio dei sensi e dell’animo, si sentiva davvero felice. Felice era essa pure in quei momenti, anche [p. 149 modifica] perché si vendicava del marito il quale, mentre ella era con Pasqualigo, “stava a piacere con altrui„; ma l’invidia e la viltà la privarono pure di consolazioni sí fugaci. Lettere anonime persuasero il conte che la moglie lo tradiva e tentarono persuadere madonna Vittoria che era ingannata dall’amante: il Pasqualigo ebbe minaccie di morte entro il termine di otto giorni se si ritrovasse ancora una sera con Vittoria; e madonna soffriva d’una gelosia divenuta un incomportabile tormento.

Invano egli tentò di assicurarla che solo per nascondere il vero amore simulandone un altro corteggiava altra donna, giacché ella dubitava ogni giorno piú e ripeteva di volere uccidersi; ella che già per amore di lui non s’era curata né “di parenti, né di fratelli, né di padre, né di figliuoli„.


— “Ma ditemi — egli le scriveva per frenarla — : vi piacerebbe ch’io trasportato dall’appetito e rotto ogni freno di ragione, venissi con forza a levarvi di casa per torvi di mano di [p. 150 modifica] chi potrebbe tor la vita a voi? O pure vi piacerebbe ch’io, spinto dal desiderio della salute e contentezza vostra, uccidessi lui, onde mi convenisse poi d’esser eternamente separato da voi, la qual dite che prima di me morireste?....„

I pericoli infatti aumentavano con l’aumentare dei sospetti nel marito, il quale proibiva alla moglie finanche di stare alla finestra, e fino a un amico dava incarico di osservarla: a un certo Fortunio.

Costui già da tempo aveva saputo che un ritratto di Vittoria era in possesso d’Alvise; piú d’una volta era stato su ’l punto di sorprendere gli amanti; forse egli era stato l’autore delle lettere anonime e forse quegli che aveva trafugato a madonna un pacchetto di lettere: di madonna era lui pure acceso. Oltre Fortunio spiava Vittoria una ribalda, cognata o suocera.

E il marito “tutto il dí gridava seco dicendole: io ti darò tanta mala vita che ti farò anzi ora morire....„

Essa era incinta. Non le era permesso svago [p. 151 modifica] alcuno; e, “per essere priva di ogni conversazione, e, si può dire, confinata in casa, le conveniva pensar sempre di quella cosa che piú le era cara„; e cosí la violenza dei desideri diveniva in lei uno spasimo, una frenesia.

“Ieri vi vidi in strada, e mi venne rabbia grandissima di baciarvi, onde mi sentiva morire, e credo certo che se lui non era in casa, io era sforzata, rompendo ogni velo di onestà, di chiamarvi ad alta voce.... In somma, questa nostra vita è troppo aspra e mi pare quasi impossibile di poterla vivere lungo tempo....

“Misera e disavventurata! A che termine sono giunta per amore, dal qual non può o non dovrebbe nascere altro che buoni effetti e pur in me non provo altro che passioni, tormenti e morte; e se pur io potessi finire — sí come tante volte ho desiderato e ora vie piú che mai bramo per le disperazioni che nascono in me dal non potervi abbracciare — sarei contenta….”

“Bisogna frenare gli appetiti, e scacciare certi [p. 152 modifica] pensieri dannosi„ — esortava Alvise co ’l tono dell’amante che può riflettere dopo essere stato soddisfatto.

I mesi, intanto, passavano; e madonna Vittoria sfogava appena per lettere i lunghi e duri affanni:


“.... Questo crudel matto di mio marito non cessa di contrastar meco tutto il dí.... Durante il parto.... io ho avuto disagio d’un uovo fresco.... Ma non manco al bambino di cosa alcuna...., né posso pur patire di dilungarmi punto dalla cuna per non lasciarlo piangere.... „

Alle sofferenze di lei Alvise adduceva conforto di parole; e, una volta, per parlarle si vestí da donzella e, accompagnato da una donna, si pose in chiesa, alla predica, nella stessa panca di lei; ma poi, sospettato uomo, fu costretto ad uscire: un’altra volta, mentre stava discorrendo con Vittoria, essa fu sorpresa da uno di casa e acerbamente sgridata e minacciata di morte. In tale guerra, con troppo brevi tregue, l’amore di messere Alvise si raffreddava e [p. 153 modifica] nell’inquietudine e nei pericoli (egli doveva guardarsi da’ sicari; e certo giorno ferí tre che l’assalirono per via, e non azzardava ad andar fuori che accompagnato da tre gentiluomini: madonna Vittoria temeva che il marito l’avelenasse) le doglianze e i raffacci degli amanti divenivano piú acerbi e piú frequenti.

Per lei Alvise “aveva dispregiati gli onori della sua repubblica; per lei aveva messo a rischio l’onore offendendo, percuotendo e ferendo non solo uomini e donne di basso stato, ma di sangue nobile e alto: l’amò per tutta la vita attendendo il guiderdone della divina maestà!„ E Vittoria, di rincontro: “Le vostre crudeltà sono tante e tante che meritano che ciascuno le fugga!„

Alla fine egli le scrisse che per non accontentare i suoi, i quali volevano s’ammogliasse, partirebbe da Venezia: essa lo scongiurò che rimanesse, magari s’ammogliasse, e lo minacciò: “Vi avvertisco bene che vi potreste ancora chiamar pentito; e tenetevi a mente queste parole perché si verificheranno„. — Ed egli rimase, e n’ebbe premio di brevi gioie. [p. 154 modifica]

Ma poi, d’improvviso, si decise ad andarsene. Ella fe’ giuramento di morte o libertà dal suo amore; egli disse: — morrò ma parto — , e partí davvero.

II.

La lontananza parve spegnere affatto l’antica fiamma nel cuore di messere Alvise; ma bastò ch’egli ritornasse a Venezia perché la vista di madonna Vittoria gli ravvivasse nell’anima, dalle poche faville che v’erano rimaste, tutto il fuoco d’un tempo. Se non che trovò madonna Vittoria cambiata al bene e molto sicura contro le tentazioni nella sua virtú.

“Mentre che siete stato lontano (essa gli scriveva), per non perdere l’anima insieme co ’l corpo...., ho pregato Iddio che rompa il fisso pensiero che di voi avea.... e fui esaudita....„


Egli non credette. Ed essa: [p. 155 modifica]

....“Io conosco il vostro amore verso me fuori di ogni mio merito ardentissimo, e confesso d’aver ricevuto da voi tanta quantità di cortesia, che quando anche spendessi mille volte la vita per voi non pagherei la minor di quelle; ma perché io mi sono deliberata di voler rimettere tutte queste vanità corporali, rivolger l’animo a Dio e riconoscerlo per mio Signore vivendo vita cristiana, confessandomi e comunicandomi ai tempi ordinari, vi prego che non vogliate romper questo mio proponimento co ’l molestarmi ogni ora con vostre lettere....„


Egli non le credeva ancora, e sollecitato dal rifiuto voleva riaccenderla e ridestarne i sensi evocando i ricordi con tutti gli artifici del suo miglior stile di poeta:


“Deh, anima mia, riduciamoci a memoria il piacere che da’ nostri cuori fu sentito quando eravamo insieme. Ricordiamoci del raddoppiar de’ baci nelle partenze, delle voci da caldi, spessi e non lunghi sospiri interrotte; dal pender collo [p. 156 modifica] a collo, e dei giuramenti, e delle promesse fatte di viver sempre nell’oggetto amato. Sovvengaci del vegghiar notti intere, né si partano già mai da i nostri cuori le lagrime calde e amare che talora e per allegrezza e per timore erano sparse da gli occhi nostri e poscia raccolte dalle labbra amate....„


Invano: non pentimento, non rimorsi l’avevano cambiata cosí, ma la colpa di lui che era stato lontano quattro mesi e non le aveva scritto neppure una lettera; e non s’era cambiata cosí, come diceva: ella aveva un amante. Un giorno Alvise non seppe, vide che nell’altana ove si biondeggiava i capelli al sole, ella accoglieva Fortunio. Fortunio lo scrittore delle lettere anonime! Fortunio il delatore!

Essa negò! Ma Fortunio per vanagloria e paura a un tempo disse al Pasqualigo: — è vero — ; e lei stessa, madonna Vittoria, l’aveva tratto a lei. Madonna Vittoria dové confessare, e confessò senza vergogna, con audacia, con impudenza: [p. 157 modifica]

“Voi sapete che vi partiste contra mia voglia e ch’io rimasi tra tanto duolo che come morta me ne giacevo nel letto; onde alla fine disperata, veggendo che non vi curavate né anche di consolarmi con una semplice carta, caddi in tanta gelosia, ch’ebbi ad impazzire e mi risolsi, vedendo il mio male senza rimedio, di oprar ogni sorte di malia per liberarmi di tante angoscie. Ma ragionato sopra di ciò con una mia amica, fui consigliata a lasciare quello e a fare elezione d’altro amante, e tante belle ragioni mi furono dette da lei e tanto instabile e crudele mi foste dipinto, che facile cosa fu il farmi accostare alla sua opinione. Risoluta adunque di vendicarmi per questa via e di liberarmi insieme da tante noie, attesi l’occasione, la quale non sí tosto mi venne ch’io l’abbracciai nel modo ch’avete inteso da quel crudele, che piú tosto dovea patir morte che confessarvi le cose passate tra lui e me.... Ma pazienza! La mia fortuna ha voluto ch’io spenga affatto l’amor vostro e sí m’accenda di lui che non abbia mai requie....„ [p. 158 modifica]

Pazienza! Ed essa perdonava a quel perfido: l’amava, e nell’amore nuovo e nell’abiezione non avrebbe avuto piú un pensiero, una parola, uno sguardo per Alvise Pasqualigo!

Alvise non sopportò l’abbandono deciso ed assoluto della donna che aveva amato troppo e troppo a lungo; non volle rassegnarsi alla vendetta di madonna Vittoria; non si riebbe, e la gelosia travolse nel fango l’anima sua e la dignità d’un uomo. Nessun innamorato fu mai un mendico cosí sordido come Alvise Pasqualigo, il quale scriveva di tali lettere:


“Se voi vedeste com’io sto, forse che m’avreste compassione, se ben pochissimo mi amate. Di grazia, trovate modo ch’io possa darvi alcuna lettera, che so ben io che avete molte comodità. E se è possibile, sí come io son certo, fate ch’almeno per una volta sola io venga a voi (non dico ad abbracciarvi, ché troppo indegno mi giudicate e troppo vile mi tenete), ma ch’io venga a baciar la terra dove voi tenete i piedi...„ [p. 159 modifica]

Madonna Vittoria, senz’altro, gli rimandava i ricchi doni, le sue lettere, il suo ritratto.

Ed egli:


“O mio amore infinito, o donna ingrata! E qual altro sarebbe stato quello che non avesse scoperto al mondo i vostri tradimenti acciocché foste stata conosciuta per quella che sete? Voi meritavate pure ch’io scoprissi il vostro adulterio a vostro marito....; ma io non voglio che la fragilità del vostro petto e l’errore di donna poco savia mi faccia far atto indegno di me. Anzi tanta discortesia che m’avete usata voglio ricompensar con doppia gratitudine procurando fino co ’l proprio sangue di coprir la vostra vergogna.... Voglio che conosciate l’amor mio vedendo ch’io non posso patire di vedervi patire danno o vergogna alcuna: anzi per accrescer il vostro contento e acciò che voi possiate godervi il vostro amante, voglio esser cagione che vostro marito vada a star fuori qualche giorno. Vi avvertisco bene e vi prego ad operar piú cautamente di quello che fate, perché non vi è alcuno in quelle [p. 160 modifica]

contrade che non sappia il modo che tenete per raccoglier i vostri amanti nelle braccia....„

Proprio cosí: egli “voleva essere il mediatore a’ suoi diletti e procurar comodi alle sue dolcezze, contentandosi, in premio del suo lungo affaticare, che il bene che gli toglieva la sua crudeltà privandolo di lei, gli fosse concesso dal vedere che per suo mezzo godeva felice....„; contentandosi “di essere amato da fratello, pur che talora gli fosse concesso di vederla e di ragionarle con quell’amore che sogliono i fratelli famigliarmente....„

Per prudenza essa permise questo, e un giorno che voleva andare nell’altana passando di tetto in tetto egli fu preso a sassate come un ladro: come un mortale nemico era odiato da madonna.


“Voi, secondo ch’io bramo, vi lasciate vedere ogni giorno, ma vi mostrate sí colma d’orgoglio che men noia mi apporterebbe il non vedervi. S’io vi saluto, voi vi volgete ad altra parte; s’io vi parlo, sorda e muta vi mostrate; [p. 161 modifica] ond’io posso dire, e in verità, d’essere odiato a morte....„


Peggio: era burlato.


“La mia mala fortuna vuole che io abbia gli occhi d’Argo acciò ch’io vegga la cagione della mia rovina. Son contento, poi ch’altro non posso, che voi m’inganniate, ma che i vostri amanti mi burlino, non patirò già mai. Se gli avete cari fate che mi lascino stare e che si contentino di godervi....„

Troppo a basso era caduto: un impeto d’ira contro l’amante, se non contro la donna, se non contro sé stesso, non avrebbe potuto scuoterlo e sollevarlo? No: una volta a vedere madonna Vittoria alla finestra con faccia ridente e Fortunio sotto, che le rispondeva, “spinto da furor geloso„ e attaccata questione, ferí il drudo, ma scongiurò Vittoria che gli perdonasse!

Il qual fatto atterrí la donna e l’indusse a posporre il nuovo amore al terrore dello scandalo e dell’infamia. Rispose: [p. 162 modifica]

“Il solo rispetto mio doveva por freno ad ogni vostra voglia, né amandomi doveva aver maggior forza lo sdegno che l’amore; ma poi che le cose passate non hanno rimedio e che mi chiedete perdono, io ve ne faccio grazia....„

L’invitò a sé: “Anima mia, vi prego che veniate a me quanto prima potete perché io mi sento morire per desiderio di vedervi....„


E, per convincerlo, gli mandò fino copia della lettera con cui diceva addio a Fortunio e in cui Alvise poté leggere di queste cose:


— “Ho ricevuto ieri una vostra lettera, né tale io credeva vederla. Pazienza! La mia mala fortuna sempre m’aggiunge angoscie agli affanni che mi tormentano acciò sempre misera e infelice io viva.... Appena posso credere alla vostra mano e agli occhi miei perché troppo sicura viveva del vostro amore. Ora, mancatami ogni speranza né trovando alcun rimedio a’ casi miei, voglio farvi conoscere quanto vi ho amato; del che buonissimo testimonio vi potrà essere l’aver [p. 163 modifica] veduto che io ho consentito alle vostre voglie; cosa ch’io non volsi già mai concedere ad altri.... Voi potreste rispondermi che non mi pregaste ad amarvi e che voi, mosso dai miei lamenti, per non mi dispiacere avete voluto compiacermi e che non amore o qualità vostre m’indussero ad amarvi con tanto affetto, ma solo un istinto naturale di femminil cuore, che solo appetisce ciò che le vien conteso, mi sforzò a questa servitú.... Io vi replico che m’abbandonai ad amarvi vinta da certe qualità che mi pareva di scorger in voi....„ E finiva: — “Mentre avrò vita vi averò nel mio pensiero....„


Allora, solo allora il Pasqualigo sentì tutta la depravazione di madonna Vittoria e l’abiezione sua e gli parve di capire tutta la falsità di lei che, come aveva mentito con lui prima e con l’altro dopo, adesso mentiva di nuovo seco: non rifletté che s’ella era cosí corrotta la prima colpa ricadeva in lui; non ricordò che per amor suo madonna aveva pianto, e con un pretesto spezzò l’ignobile legame. La disse Messalina e Pasife e agli oltraggi [p. 164 modifica] aggiunse l’accusa ch’ella avesse incaricato un sicario d’ammazzarlo.

Egli era salvo. E con le sue pubblicò le lettere di lei.