Plico del fotografo/Libro I/Parte II/Sezione II
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SEZIONE II.
Degli oggettivi fotografici.
Come accennammo ai principio della sezione 1 di questa seconda parte deU’ollica, in fotografia si chiama col nome di oggettivo una o più lenti montale sopra un tubo destinato ad essere applicato ad una camera oscura. Questa denominazione di oggettivo è la stessa di quella che gli ottici danno alla lente di fronte di un cannocchiale, che guarda gli oggetti, per distinguerla dalla lente di dietro del cannocchiale che chiamasi oculare, perchè con essa si guarda l’immagine prodotta dalla prima lente.
Gli oggettivi usati dai fotografi si distinguono in oggettivi per vedute, ossia in oggettivi a piccola apertura angolare, ed in oggettivi per ritratti, ossia oggettivi a grande apertura angolare; noi divideremo questa sezione in tre capitoli. Nel primo capitolo tratteremo dei vari oggettivi per vedute, nel secondo tratteremo degli oggettivi per ritratti, e nel terzo capitolo daremo alcune norme ed indicazioni atte a guidare il principiante nell’acquisto di un oggettivo conveniente ai suoi bisogni.
CAPITOLO i.
Oggettivi per vedute.
Oggettivo semplice. — Gli oggettivi per vedute sono di varie forme. La forma più semplice, meno costosa, e forse anche la migliore, è quella del così detto oggettivo semplice, che, come fa vedere la figura annessa, è composto di una lente acromatica posta all’estremità di un tubo, che alla estremità opposta contiene un diaframma. Questa lente acromatica è composta di una lente biconcava, o piano-concava di flintglass, e di una lente biconvessa di croumglass. Essa viene presentata agli oggetti dalla sua parte concava, a differenza della combinazione a ritratti, la cui lente di fronte presenta agli oggetti una superficie convessa.
Fig. 30.
Nella lente acromatica dell’oggettivo semplice le due lenti costituenti sono tra loro a contatto, la convessità dell’una corri spondendo esattamente alla concavità dell’altra, e ciò che serve a mantenere il contatto tra di esse in modo solido è una specie di trementina, che chiamasi balsamo del Canadà, che è così trasparente da non diminuire notevolmente l’intensilà della luce, che passa attraverso della lente acromatica.
L’interno del tubo dell’oggettivo è annerito con cloruro di platino. L’annerimento si potrebbe pure produrre in modo egualmente perfetto, ma meno solido, con nero di fumo bagnato con vernice a spirito, o con essenza di trementina dilungata con petrolio. Alcuni propongono di ricoprire l’interno del tubo con velluto nero, perchè questo assorbe piò compiutamente i raggi luminosi che cadono sopra di esso, mentre il nero applicato sul metallo, conservando un grado di polito notevole, riflette la luce sulla lente, e così tende a rendere confusa l’immagine. Si propone anche di coprire il margine della lente con un anello, o corona circolare di metallo annerito, e di collocare una serie di diaframmi interni lungo il tubo per evitare ogni riflessione di luce sull’immagine.
Il diaframma dovrebbe potersi facilmente cambiare secondo l’apertura più o meno grande che si desidera fargli acquistare, ed esso dovrebbe potersi avvicinare ed allontanare dalla lente secondo il grado di obliquità dei raggi luminosi; e ciò si potrebbe ottenere mettendo il diaframma in un tubo, che scorra ad attrito nel tubo deU’oggeltivo. Senza diaframma l’oggettivo semplice, che abbia un diametro un po’ grande, dà una immagine troppo confusa e di piccola estensione. Quando invece si mette avanti alla lente un diaframma abbastanza piccolo, il diametro dell’immagine prodotto dalla lente con buoni dettagli è cosi grande, da quasi eguagliare la lunghezza focale della lente, o, in altre parole, l’immagine, che in tal circostanza la lente è capace di produrre in una superflue piana, è nitida ed uniformemente illuminata quando essa è compresa da un campo visuale angolare di 3S a 40 gradi. Questa immagine è limpida, non è guastala dalla falsa luce, che si produce mollo facilmente con oggettivi più complicali, per causa delle ripetute riflessioni di luce nelle interne superfìcie delle lenti; ma la quantità della luce, che forma l’immagine, è poco grande, epperciò l’oggettivo semplice è destinato soltanto a ritrarre oggetti inanimali, e che permettono al fotografo una lunga posa. La quantità della luce
al centro dell’immagine è circa di — maggiore di quella che il lumina le parti estreme di essa, il che è prodotto principalmente da ciò, che i raggi diretti apportano suH’immagine maggior quantità di luce che non i raggi obliqui; da ciò ne segue che nel far uso deU’oggetlivo semplice conviene sempre, quando è possibile, fare in modo che gli oggetti più illuminali vengano a produrre la loro immagine lungi dal centro del campo (a), che deve esser riservato per gli oggetti meno illuminati, e, se si vuole avere sulle immagini una nitidezza uniforme, bisogna disporsi in modo che gli oggetti del mezzo, cui si presenta l’oggeltivo, siano più distanti di quelli ai lati. E ciò è una conse-, guenza della proprietà che hanno tulle le lenti convergenti di produrre una immagine piana di una superficie curva, mentre producono un’immagine cuna di un originale piano. Quando l’operatore può trovarsi in così favorevole circostanza da avere oggetti disposti sopra una superficie curva da riprodurre colla camera oscura, può far uso di un diaframma di una apertura più grande, ed ottenere tuttavia una perfetta nitidezza; e ciò gli dà il modo di ottenere l’impressione fotografica colla più grande rapidità possibile. La curva, sopra cui si fa l’immagine degli oggetti lontani, ha presso a poco lo stesso centro che ba la convessa superficie posteriore della lente.
Oggettivo ortoscopico. — Questo oggettivo è di invenzione del professore Pelzval; esso ricevette da Voigllànder il nome di ortoscopico, che significa bene veggente, e venne chiamato da Ross oggettivo ortografico, che significa bene disegnante. La prima denominazione è quella che è generalmente adottala.
La lente di fronte a dcU’oggeltivo ortoscopico, indicato nella figura sottostante, è affatto simile alla lente di fronte di un oggettivo da ritratti. La lente di dietro b di questo oggettivo è una lente divergente che ha per effetto di diminuire la conver ta) I fotografi dicono campo della camera oscura la base del cono che formano i raggi dopo di avere attraversato la lente, la qual base trovasi nel piano del vetro spulilo, o dove formasi la immagine degli oggetti. genza del cono di raggi che cade sopra di essa, ossia di allontanare la distanza focale della lente anteriore.
Fig. 31.
Il suo diametro è solo circa i dne terzi di quello della lente di fronte; essa è acromatica, ossia è composta di due lenti semplici, l’una di flint e l’altra di croimglass. Queste due lenti non sono tra loro unite con balsamo dei Canadà, come ciò ha luogo nella lente di fronte, ma esse sono soltanto poste a contatto tra loro nei loro margini. La lente crown è biconcava, e la sua parte meno concava è quella che guarda la lente di fronte; la lente flint è più vicina all’immagine della camera oscura, ed è della forma di un menisco, la cui parte maggiormente convessa guarda l’immagine. Tra queste due lenti vi è uno spazio interno vuoto, ed è qualche volta necessario di smontarle dal tubo per ripulirle dalla polvere, che diminuisce la loro trasparenza.
Il diaframma in questo sistema di lenti non si mette avanti all’oggeltivo, ma dietro di esso, ed a contatto della lente che guarda il vetro spulito della camera oscura. Questa circostanza regola la proporzione dell’apertura della lente, e serve a distribuire la luce sull’immagine in modo uniforme dal centro alla circonferenza.
Quantunque colla combinazione crioscopica la luce sia distribuita in modo molto uniforme, trovasi che l’immagine non è così nitida come quella che si ottiene con un oggettivo semplice. Le interne riflessioni della luce sulle superficie delle lenti non sembrano una ragione sufficiente di un tale effetto nell’oggettivo ortoscopico, che ne diminuisce grandemente il valore; esso è probabilmente prodotto da ciò che la luce convergente e concentrata, che passa pel diaframma posto dietro della piccola lente posteriore, illumina le minute particelle che si trovano nell’aria, le quali agiscono come altrettanti punti luminosi che suH’immagine producono una specie di bagliore, o falsa luce.
Il non aver fatto attenzione a questo difetto del sistema ortoscopico fece si che dapprincipio si credette che esso fosse di gran lunga superiore all’oggetlivo semplice, e si disprezzasse troppo quest’ultimo per lodare esageratamente il primo.
Le relative dimensioni di un oggettivo ortoscopico di tre pollici sono le seguenti, dalle quali si possono dedurre approssimativamente quelle di oggettivi ortoscopici di grandezza maggiore o minore.
Lente di fronte diametro... metri 0,08
d foco » 0,40
Lente di dietro diametro...» 0,05
» foco » 0,90
Distanza tra le due lenti... n 0,04
Lunghezza focale della combinazione » 0,63
Diametro del campo 0,54
Soggettivo ortoscopico non è capace di produrre una immagine così piana come si può produrre coU’oggettivo semplice. Ma esso ha altri vantaggi, che ne raccomandano l’uso in alcuni casi.
Nell’oggettivo semplice l’estensione angolare de) campo visuale non può sorpassare i 35 gradi senza che si produca una trasfigurazione assai forte. Con un diaframma mollo piccolo si renderebbe l’immagine più nitida, più fina, ma non si toglierebbe la trasfigurazione che è principalmente prodotta dall’eccenlrica incidenza dei raggi obliqui per cui, mentre diventano curvilinee, concentriche le rette un po’ lontane dal centro dell’immagine, viene sensibilmente impiccolita la grandezza apparente degli oggetti laterali, il che è contrario ad un buon effetto di prospettiva. Invece colla combinazione ortoscopica si può produrre una buona immagine con un campo visuale di più di 40°, la quale proprietà è preziosa per le vedute. La trai figurazione che produce qupsla combinazione di lenii non solo è minore di quella che si ha coU’oggcUivo semplice, ma essa è di un’allra specie, cioè le linee, che dovrebbero rimanere rette, e sono curvilinee, presentano la loro parte concava al perimetro dell’immagine nella combinazione orloscopica; mentre nell’oggellivo semplice le linee curvilinee presentano la loro parte concava al centro del campo. Da questo nasce, che colla combinazione orloscopica si produce un apparente ingrandimento degli oggetti laterali, e gli oggetti centrali vengono nell’immagine impiccoliti ed allontanali con guadagno notevole neH’efTetto della prospettiva.
L’immagine, che si ottiene coH’oggellivo crioscopico, è realmente più uniformemente nitida che non quella che si ottiene cogli oggettivi semplici, ma questa nitidezza, come abbiamo dello, lascia a desiderare, ed è perciò, che alcuni fotografi preferiscono far uso dell’oggeltivo semplice nel prendere le vedute. Bisogna però dire, che la nitidezza è ancor notevole anche colla combinazione orloscopica, poichè l’immagine, che con essa si ottiene, è ancor così nitida, che verso il centro può venire esaminata da un microscopio avente un foco di 0,025, il che equivale a dire, che essa si può osservare con un ingrandimento di 10 volte, e verso le estremità dell’immagine si osserva una differenza di nitidezza poco considerevole. Perciò con questa combinazione di lenti si può copiare carte geografiche
nella scala di J- con tale esattezza, che col mezzo di un microo
scopio che ingrandisca di 5 volle, cioè col foco di circa 5 centimetri, si può osservare nella copia lutti i dettagli, che si osservano nell’originale, ma aggiungerò, che, per copiare, la combinazione orloscopica è superala da altri oggettivi.
Per far le vedute non si ha solamente l'oggettivo semplice, e la combinazione ortoscopica; vennero proposte altre combinazioni di lenti, p. e., l’oggettivo periscopico doppio del signor Uoddard, che sembra essere suscettibile di venire applicato anche per fare i ritratti, l’oggettivo menisco doppio, l’oggettivo triplo, e l'oggettivo panoramico. A noi basterà il fermarci ancora a trattare brevemente dell’oggettivo triplo, e dell’oggettivo panoramico.
8 Fotografia. Oggettivo triplo del signor Sutton. — Ecco la descrizione di questo oggettivo presentata dai suo inventore alla associazione britannica in Aberdeen nel mese di settembre 1859, e che noi traduciamo dal Photographic jountal di Londra.
« Sin ora niun oggettivo venne usato dai fotografi, per coli piare oggetti architettonici, che sia capace di rendere cor» rettamente l’immagine di una linea retta, che si trovi sui mar» gini del disegno. Quando si usa l’oggeltivo semplice, che con» siste di un menisco acromatico posto colla sua parte concava » verso l’oggetto, e con un diaframma un po’ distante sul dall vanti, le linee ai margini sono concave relativamente al centro, » e quando si usa la combinazione orloscopica, che consiste in » un menisco acromatico posto colla sua parte convessa verso » l’oggetto, e di una molto più piccola lente concava posta ad » una certa distanza sul dietro della prima, e con un diali framma a contatto, le linee marginali del disegno, che doli vrebbero essere rette, sono convesse relativamente al centro » del disegno.
» Infatti niuna fotografia di un monumento presa con gli at» tuali oggettivi può stare alla prova di un regolo applicato
• alle linee marginali, che sono sempre curve, o all’indcnlro o al
- f infuori.
» In questa memoria io descriverò una combinazione, che ho n inventata, e con cui i citati difetti di trasfigurazione sono evi» tali. Aggiungerò, che questa combinazione venne provala da » un comitato della Società fotografica di Scozia comparativa» mente agli oggettivi comuni costrutti dai migliori costruttori, » Voigtlander, Ross, (ìoddard, ecc., e che si conchiuse essere « essa il solo oggettivo, che sia capace di produrre una im» magine senza trasfigurazioni, mentre soddisfa a tutte le altre » condizioni di un buon istrumento.
» Le condizioni per ottenere una immagine priva di trasfi» gurazionc sono:
» 1° L’asse di ogni pennello luminoso deve emergere dalla » combinazione in una direzione parallela a quella di incidenza;
» 2° L’asse di ogni pennello luminoso deve passare per » un certo punto determinato;
» 3° L’immagine di ogni punto luminoso deU’oggelto deve » essere formato al ponto in cui l’asse del pennello incontra » il parafuoco focuaing screen.
» Queste condizioni sono rigorosamente adempiute dal mio « oggettivo. QuesL’oggeltivo è una combinazione triplo-simme» trica, composta di due lenti eguali piano convesse (ciascuna • all’estremità di un tubo, e colla parte convessa rivolta all’in» fuori), e di una piccola lente biconcava a raggi eguali, posta » esattamente al centro tra di esse. In contatto della lente bi» concava è posto un piccol diaframma.
» È evidente, che in questa combinazione un piccolo pen» nello obliquo è incidente escentricamente sulla lente convessa » di fronte; che il suo asse, dopo la deviazione, passa cenlri» Miniente per la lente concava senza soffrire altra deviazione; » e che esso è quindi incidente escentricalmentc sopra la lente » convessa posteriore, da cui esso emerge in una direzione pali rallela a quella di incidenza.
» Ciò è vero per ogni pennello obliquo, ed i loro assi pas» sano tutti per un punto comune, che è il centro della com» binazione simmetrica, il quale punto io chiamerò C.
» La prima e la seconda condizione sono dunque adempiute. » La prova che la terza condizione è pure adempiuta è come » segue:
» Il foco di un pennello luminoso obliquo ò in ogni istruii mento ottico un disco di luce, e non un punto esalto. La » grandezza di questo disco è diminuita impiegando un piccolo » diaframma. Quando essa è sufficientemente impiccolita impie» gando un diaframma sufficientemente piccolo, il foco nel pali rafuoco si dice esser buono. In tale stato il raggio di luce, » che passa per C (e che io bo chiamato l’asse del pennello,
» è uno dei raggi che compongono il piccolo disco, o buon » foco, perchè C è il centro del diaframma. Il foco è perciò » il punto in cui l’asse del pennello incontra il parafuoco; ep» perciò la terza condizione è adempiuta.
» Egli è necessario in ogni sorta di oggettivi per vedute di » usare un piccolo diaframma, perchè gli oggetti di una veduta » sono a distanze differenti dalla lente, ed un buon foco non si » può ottenere in alcun altro modo. L’uso di un piccol diaframma » non è dunque particolare al mio oggettivo triplo, e quando » l’immagine è resa nitida, e distinta coll’aso di un piccol dia» t ram ma, essa è pure a (Tallo libera da trasfigurazioni.
» Per una fortunata circostanza il mio sistema dà una imma» gine, che è egualmente illuminata in ogni parte, perchè Tali rea, o base del pennello obliquo eccentrico sulla lente di » fronte, è più grande che quella del pennello diretto centrale, ed » in questo modo la perdila di luce per l’obliquità è compensala.
» L’aberrazione sferica nel pennello diretto centrale è loti talmente corretta, perchè l’aberrazione negativa della lente » concava compensa l’aberrazione positiva delle lenti convesse, n Vi è una limpida definizione al centro, e la definizione ai mar» gini, e la pianezza del campo, è così buona come quella d 1 » qualunque altro oggettivo ora in uso.
» Per ottenere una buona definizione marginale, ed una conti veniente pianezza di campo, la distanza tra le lenti convesse » dovrebbe essere di circa un sesto della loro lunghezza focale, » ed il foco della lente concava dovrebbe stare a quello delle » lenti convesse nel rapporto di circa 13 a 8 ».
Oggettivo panoramico del signor Pòrro. — Gli oggettivi sopra descritti danno delle vedute comprese da una grandezza angolare di 40“ solamente; una tale grandezza angolare è troppo piccola, per cui, quando si vuol prendere una veduta con una camera oscura, si trova spesso che il vetro spulito non può comprendere tutto il soggetto per formare un quadro soddisfacente, e che se uno vuole arrivarvi è costretto allontanarsi di troppo, e rendere l’immagine del soggetto troppo piccola e senza effetto di prospettiva, ossia senza rilievo. Cogli oggettivi sopra descritti è quasi impossibile prendere vedute panoramiche, come sarebbe desiderabile per la geodesia nelle operazioni del levare i piani. I tentativi che si fecero per produrre vedute panoramiche con tali oggettivi, e che vennero immaginali da Marlens e da altri, condussero a risultati troppo poco soddisfacenti, perchè, onde prendere l’intiero orizzonte bisogna impiegare mollo tempo, dovendosi operare in nove o dieci volte differenti, facendo girare Toggettivo che va a produrre la immagine sopra una superficie curva, e perchè trovasi molla difficoltà nel combinare poi convenientemente queste immagini per formare un insieme soddisfacente. Nel 1858 il signor J. Porro trovò il modo di comporre un oggettivo panoramico che dà un campo di una grandezza angolare di 1 25°. Noi per far conoscere al lettore questo oggettivo panoramico daremo la descrizione che il suo autore ne fece nell’opuscolo citato più sopra.
« L’oggeltivo fotografico il più singolare che si sia prodotto, » oggettivo che si sarebbe credulo impossibile, senza le rivelali zioni a cui conduce l’applicazione dei metodi di calcolo esposti » nel secondo capitolo, consiste in un oggettivo panoramico » composto di due flint e di un croton, che permette di ottenere » la veduta panoramica rigorosamente esatta in una estensione » di 1ì5 gradi in un sol tratto, per conseguente il giro intiero » dell’orizzonte in tre tratti. In questo oggettivo i flint sono meli nischi e di forte spessore, l’oggellivo è situato al centro delia l’apparato: due cilindri laterali permettono di guernire l’islru» mento di un rotolo di carta sensibile, che si può impiegare » successivamente senza mai aver bisogno di aprire l’istrumenlo » durante tutta la giornata.
» Munito di bussola, di livella e di vili calanti, quest’islruu mento è applicabile alla rapida levala dei piani cd ai livelli lamenti; esso costituisce un polente ausiliario del tacheometro, » e per le levate dei piani pei militari esso è capace di dare il » modo di fare prontamente la levala la più compiuta di un paese. » Tulli sanno infiliti che, date due prospettive prese dalle estre» mità di una base conosciuta, si può costrurre il piano ed il » rilievo del terreno. Se a ciò si aggiunge degli steli ( jatons ) » di altezza conosciuta, posti nei principali punti della levata, e » di cui la grandezza delle immagini risultanti sarà inversamente » proporzionale alle distanze, si avrà, anche da una sola stali zione, il mezzo di costrurre il piano ed il rilievo del terreno » dappresso la prospettiva panoramica data daH’islrumenlo.
» Per evitare le alterazioni che potrebbe subire il disegno foli togratìco nei bagni rivelatori e fissatori, si divise, in quadretti » di grandezza data incisi sul vetro, la superficie cilindrica soli pra cui la carta si applica; questi quadretti si producono ideali ticamenle sopra tulle le immagini ».
Soggettivo del signor Porro ha apportato un progresso incontrastabile nella fotografia panoramica; ciò nullameno esso è ancor lontano dal soddisfare a tulle le condizioni richieste da un apparato perfetto.
I tentativi che si fecero per applicarlo nel levare i piani militari non sembra che siano riusciti in modo da farne adottare definitivamente l’uso. Pare che l’oggettivo panoramico del signor Sulton, che consiste in una sfera di vetro ripiena di acqua con un diaframma al centro, sia destinato ad un più fortunato avvenire.
Oggettivo panoramico del signor Sulton. — Noi sappiamo che non è nuova l’idea di coslrurre lenti per cannocchiali ripiene di acqua, ma tali lenti non presentavano alcun vantaggio per gli usi ordinarii, e caddero tosto in obblio. Il signor Sulton lenta ora di introdurre una tale lente nella fotografia panoramica.
Quotidianamente noi vediamo la possibilità di coslrurre lenti di vetro e di acqua; infatti quando si pone una candela accesa avanti ad una carafina, e ad un bicchiere pieni di acqua, si vede l’immagine della fiamma dietro della carafina e dietro del bicchiere.
La difficoltà sta nel trovare un diaframma moderatore ed il modo di acromatizzare insieme il vetro e l’acqua (a). Il signor Sulton ottenne ciò, e giunse così a dotare la fotografia di uu nuovo oggettivo panoramico, che è sperabile possa venire adottato dai fotografi, non ostante la difficoltà che presenta il suo uso derivante da ciò che l’immagine deve essere ricevuta sopra di una superfìcie cilindrica.
CoH’oggellivo del signor Sutlon si può, come coll’oggetlivo Porro, avere un campo angolare di 125°, ossia un’immagine di più di un terzo dell’intiero orizzonte, e con un angolo verticale di 35° circa. Con esso si può prendere l’immagine di un alto monumento da una stazione mollo vicina ad esso, e le estremità dell’immagine non sono trasfigurale, e le linee rette e verticali dell’oggetto sono pure rette e verticali nell’immagine.
II signor Sutton pubblicò nel Vholographic journal, e nelle
(a) Una soluzione salina senza colore e molto concentrata sarebbe forse a preferirsi all’acqua perchè incorruttibile e non capace di facilmente congelarsi con pericolo di rottura del vetro. H9
Pliotographic notes, del I» aprile 1860, che sono pubblicale sotto la sua direzione slessa, la teoria di questo suo oggettivo panoramico. E noi stimiamo pregio dell’opera il qui riprodurla distesamente.
« Per acromatizzare una lente di vetro piena di acqua biso» gita trovare il raggio dell’interna sfera, così che due date linee » dello spettro possano essere unite nel foco principale della » lente.
» Chiamiamo x, y le linee che si devono unire in modo da » rendere la lente fotograficamente acromatica. Prendasi per metà » il raggio della sfera esterna, e sia r il raggio della sfera in» terna, che sarà la quantità incognita.
» Siam = l’indice rifratlivo della linea x dall’aria nel vetro:
» m’=l’indice rifratlivo della linea x dall’aria nell’acqua,
un = l’indice rifratlivo della linea y dall’aria nel vetro.
» n 1 =l’indice rifratlivo della linea y dall’aria nell’acqua.
» F =la lunghezza focale principale della lente per le li» nee x e y quando unite.
» Calcoliamo prima F per un pennello centrale, axial, di luce a omogenea, corrispondente alla linea x.
» Per far questo, siano o,, »,, e, le lunghezze focali geome» triche del pennello misurato dal centro della sfera dopo la a rifrazione alla t’, 2", e 3’ superficie rispettivamente.
a Alla prima superficie avremo
))
Alla seconda superficie
m 1
ni»,
Alla terza superfìcie
m tn’v,
Alla quarta superficie
1 n» 1 — m
», mr
1 m ’ — m
», ~ m’r
1 1 m — 1
m», F m
m [3J.
w » Eliminando », Ira le equazioni [2] e [3] si ha:
A L- a ’A=!!... [51.
», » 5 m r
» Ed eliminando », e » 5 tra le equazioni [(], [4] e [5], si ha:
A =- 2 + 5Ld\
F \ mm’r m /
» Procedendo nella stessa guisa col pennello centrale corris» pondcnle alla linea </, noi avremo:
» Mettendo in equazione questi due valori di F, si ha:
tu’ — m m — 1 »’ — n n — 1
— -t- = — -i,
mm’r m tnrr n
» che è una semplice equazione per determinare r, cosicchè le » linee x e y possono essere unite, e quindi la lente acromaliz» zata.
» Ora per dimostrare l’applicazione pratica della formola qui » sopra, ed i risultati a cui essa conduce, ci permettiamo di di» sculcre tre casi differenti:
» t° Prendasi del vetro flint leggero, ossia poco denso, e » suppongasi che x sia quella parte dello spettro in cui i raggi » visuali hanno la loro massima intensità, e che y sia quella parte » in cui i raggi attinie! hanno la loro massima intensità, e sia: m = 4,57 « = 4,60
m 1 = 1,33 n’ = 4,34
» queste quantità essendo sufficientemente prossime al vero pel » nostro caso. Sostituendole nella formola sopraddetta, si ha • r =,53016 F = — 3,42.
» 2° Prendasi del vetro crown privo di colore, e sia m — 4,5t ri = 1,53
m’ = 1,33 n’ = 1,34
sarà r =,3518 F — — 6.
» 3° Invece di riempire l’interno della lente con acqua, sup» poniamo che la cavità centrale sia occupata da una sfera di » velro crown, l’esleriore scorza essendo falla di flint leggero, ed » adollando gli slessi indici rifrallivi come sopra, cioè:
m = 1,57 » = 1,60
m’ = 1,51 n’ = 1,53
avremo r =,2751 F = — 1,845.
» I nostri lettori non avranno difficoltà a inlerprelare questi a risultali. Quando la lente è falla di fliuhjltuss e di acqua, la » lunghezza focale è circa 3 ’/« volle il suo raggio. Quando » essa è falla di crownylass e di acqua, la lunghezza focale è 6 » volle il suo raggio. E quando essa è falla intieramente di vetro » e senza acqua, la lunghezza focale è molto corta, essendo » minore del diametro della lente, cosicchè essa è allora di » niun uso pratico.
» Ciò che rimane a considerare in questa lente è l’aberrazione » sferica, ed egli e importante lo investigare a fondo questa ma» leria per poter coslrurre questa lente in modo che essa lavori » bene con un largo diaframma, per prendere ritratti o vedute » istantanee.
» Il calcolo è estremamente lungo ed intricato, ma il risultato è » grandemente soddisfacente, e può essere brevemente descritto.
» Suppongasi che si abbia una scorza sferica di vetro ripiena di » acqua, e s’incominci per supporre che il velro sia mollo sottile. » L’aberrazione sferica per un largo diaframma centrale è in tal » caso considerevole, la lente essendo troppo poco corretta, under » correcled. crescendo continuamente lo spessore del vetro, si ac» cresce la correzione sino a che arrivando ad un certo grado di » spessore, i raggi centrali e marginali del largo pennello di luce » sono esattamente uniti nello stesso foco. Continuando ad accre» scerc lo spessore del velro, si produce una correzione eccessiva » over-correction. Ora fortunatamente succede che quel particolare » spessore del vetro, che riduce a zero l’aberrazione sferica, coin» cide esattamente collo spessore necessario per acromatizzare la » lente quando Cuna delle scorze è falla di crown e l’altra di » flintglass, cosicchè la correzione pel colore può farsi coincidere » con quella dell’aberrazione sferica. Perciò la lente panoramica » non dipende dalla piccolezza del diaframma per la beltà della » sua definizione, ma essa può venire usata con largo diaframma, » ed essa è sotto questo riguardo superiore ad ogni altra lente » da vedute.
» Nel 2° caso discusso, in cui la lente è fatta di vetro croie» » e di acqua, ed ha una lunghezza focale eguale a sei volte il » suo raggio, si ha una correzione un po’ eccessiva per l’aber» razione sferica, ed una tal costruzione dovrebbe essere sola» niente usata con piccolo diaframma. Essa è conveniente per » prendere negative su carta di pollici 25x10.
» Per una larga apertura il foco della lente panoramica non » dovrebbe eccedere 3 ’/, volle il suo raggio. Allora per la » bellezza della definizione la lente è la più perfetta che si sia » mai costrutta, e l’immagine potrà essere esaminala con un in» grandimenlo col mezzo dell’oculare di un telescopio. Tlie image » t pili bear thè magnifging power of a telescopio tge-piece ».
CAPITOLO II.
Oggettivi per ritratti
Quando si fa servire un oggettivo a prendere ritratti oppure vedute istantanee, l’immagine che si ottiene è ben lungi dall’essere così perfetta e dall’avere un campo così esteso, come quella che vien prodotta nel prendere le vedute ordinarie, perchè nel primo caso bisogna operare con una lente avente una apertura angolare mollo grande, mentre nel secondo caso basta un’apertura angolare molto piccola. Infatti per le vedute ordinarie non si richiede una luce molto intensa, non importando che il tempo della posa sia più o meno lungo; ma quando si fanno i ritratti e le vedute istantanee non si ha mai troppa luce nell’immagine, e da ciò nasce l’imperfezione dell’immagine stessa.
Gli ottici sono arrivali a comporre per i ritratti un sistema di lente che riunisce sull’immagine la massima nitidezza e la minima trasfigurazione colla massima quantità di luce possibile, oltre cui vi è poco a sperare che si possano fare altri progressi notevoli.
I varii oggettivi per ritratti, che si trovano in commercio, si fondano lutti sulla combinazione di lenii primitivamente data dal professore l’elzval. Il signor C. Chevalier, di Parigi, aveva già prima di Pelzval proposlo una combinazione di due lenti acromatiche per illuminare grandemente l’immagine della camera oscura, ODde produrre i ritratti; perciò egli pretende di essere l’inventore del così detto oggettivo doppio. Ma in quanto all’aver sciolto il problema matematico della risoluzione delle equazioni che conducono alla determinazione degli spessori, delle curve e delle distanze a dare alle lenti, affinchè esse producano un’immagine colla massima luce e colla minima trasfigurazione, ne viene tutto l’onore al professore Petzval di Vienna.
Gli oggettivi per ritratti sono composti di due lenti convergenti. La lente di fronte, ossia la lente che guarda gli oggetti, è simile alla lente per vedute, è un menisco: ma qui essa trovasi posta colla parte convessa verso gli oggetti, mentre nella lente per vedute la superficie convessa è rivolta verso l’immagine.
La lente di dietro, ossia la lente che guarda l’immagine, è composta di due lenti, non unite insieme con balsamo del Canadà, come nella lente di fronte, ma separale in modo da lasciare uno spazio vuoto tra l’una e l’altra. Quella di queste due lenti che è più vicina all’immagine è biconvessa, e la sua parte meno convessa 6 quella che è rivolta verso l’immagine; l’altra lente è convesso-concava e divergente, e la sua parte convessa è rivolta verso la lente di fronte.
È utile conoscere la relativa posizione di queste lenti, quando si deve smontare l’istrumento per ripulirle dalla polvere (il che si deve fare con tutte le precauzioni possibili col mezzo di una tela di mussolina, ben pulita per non rigare il vetro) onde poi poterle rimettere nella loro vera posizione, fuori di cui non produrrebbero più esattamente lo stesso effetto.
Gli oggettivi da ritratti a molto larga apertura angolare, ossia a foco più corto dell’ordinario, dai fotografi chiamansi oggettivi rapidi. Essi non possono produrre che delle immagini piccole e trasfigurate, masono indispensabili per aver impressioni istantanee, o per operare nell’interno di una casa, in sito poco illuminato.
Ecco le dimensioni principali di un oggettivo a ritratti piuttosto rapido, che trovo assai conveniente. Apertura delle due lenti 0“ 08.
Distanza tra le due lenti 0“ 1 2.
Lunghezza focale principale dell’oggetlivo, misurata dalla lente posteriore 0“ 1 8.
Lunghezza focale principale della lente anteriore 0 m 40.
ld. id. della lente posteriore. 0" £8.
Le curve delle lenti che compongono gli oggettivi a ritratti variano col variare del potere rifrallivo dei vetri impiegali nella loro costruzione, ed una tale circostanza fa si che i costruttori per ottenere dei buoni oggettivi per ritratti incontrano delle serie difficoltà. Queste difficoltà si fanno principalmente sentire presso gli oggettivi rapidi, pei quali occorre un vetro d’una densità eccezionale, che pochissimi fabbricanti possono ottenere. Il sig. A. Ross di Londra mi diceva un giorno che egli non poteva più costrurre oggettivi rapidi al grado voluto, perchè il fabbricante non poteva più riescirgli la necessaria qualità di vetro.
Cogli oggettivi a ritratti l’immagine non è così piana come cogli oggettivi per vedute, e la grandezza angolare del campo è più ristretta. Infatti:
I raggi che partono dal punto p, e che cadono sulla lente anteriore AD dell’oggeltivo ADDE, sono rifratti in modo, che senza il diaframma min cadrebbero lutti in f; ma essi incontrando la lente di dietro nella posizione lik vengono maggiormente inclinati verso
Fig. 32.
l’asse, e formano, dopo la loro emergenza, un cono di raggi, la cui base è hK, ed il cui vertice è in /’. L’angolo in questo vertice f è evidentemente maggiore che l’angolo col vertice in f, presso il quale i raggi sono meno convergenti, epperciò l’immagine verso f sarà ancora nitida, quantunque il vetro spulilo non si melta precisamente nel punto f, mentre una sensibile distanza dal punto f" lungo l’asse dell’oggellivo fa sentire una confusione assai forte nell’immagine; e siccome l’immagine è sempre curva, ne nasce che l’immagine nitida prodotta daU’oggetlivo a ritratti sopra una superficie piana è necessariamente di piccola estensione, mentre l’immagino prodotta dall’oggeltivo semplice occupa una superficie piana più grande. Osserviamo ora l’andamento dei raggi divergenti inviali nell’oggetlivo da un punto luminoso R, posto un po’ lontano dall’asse. I raggi incidenti sulla lente di fronte non vanno tutti a riunirsi in f ", perchè non lutti possono penetrare nella lente posteriore, ma solamente una parte, l’altra parte cadendo sulla parete annerila AD dell’apparato. Perciò l’immagine nel punto f" sarò mollo meno illuminala. Un tale effetto si fa sentire in ragione dell’obliquità dei raggi; per un campo visuale di 30° la differenza di luce dal centro ai margini è di < a 0,b, e ciò fa si che il campo dell’immagine è necessariamente molto ristretto. Se la lente di dietro fosse piu grande che la lente di fronte, essa sarebbe efficace per raggi più obliqui, si avrebbe maggior estensione di uniforme chiarezza, ma si perderebbe in nitidezza per causa delle più forti aberrazioni. Il lettore osserverà che l’asse secondario Rf" non passa pel centro della lente, ma pel centro di una porzione di lente che agisce come una lente intiera rispettivamente ad esso, per cui l’immagine si fa presso a poco nella direzione Rf ".
Esaminiamo ora l elTetto del diaframma mm posto nell’interno deli’oggellivo.
Negli oggettivi da ritratti il diaframma si metteva dapprima avanti alla lente di fronte, ma l’esperienza dimostrò essere più utile il collocarlo neH’inlerno tra le due lenti.
Il diaframma interno, anche quando non è molto piccolo, arresta i raggi troppo obliqui, e quelli che cadendo sulle pareti annerite del tubo verrebbero riflessi parzialmente verso la lente posteriore, a detrimento della nitidezza dell’immagine, e poichè il diaframma interno riceve raggi convergenti, ne segue che l’immagine nelle sue estremità risulta più uniformemente illuminata che col diaframma posto in fronte. Cioè: del fascio luminoso, che ha la sua origine nel punto R e che cade sulla lente AB, una maggior quantità sarà ricevuta dall’apertura del diaframma se questo è posto nell 1 interno dell’oggetlivo, che non quando fosse posto avanti ad esso, perchè il diaframma interno mm riceve raggi rifralli che hanno già percorso un certo cammino per cui sono già molto condensati, e li trasmette alla lente posteriore, che li concentra lutti nel punto /"’, e siccome la luce centrale si può ammettere che sia la stessa, sia che il diaframma si ponga avanti oppure nell’interno deH’oggeltivo, ne segue che la luce che illumina l’immagine è più uniforme dal centro alle estremità, mettendo il diaframma nell’Interno dell’oggeltivo, che non mettendolo avanti ad esso. La più conveniente posizione del diaframma non è esattamente nel mezzo tra le due lenti, ma, come venne dimostrato dal sig. Rolhwell, quella che divide la distanza tra di esse nel rapporto delle loro lunghezze focali.
L’oggellivo doppio, munito di diaframma interno sufficientemente piccolo, può servire a fare vedute di piccola estensione, che in beltà perfezione si accostano a quelle che si ottengono coi migliori oggettivi semplici; ma per copiare oggetti in scala naturale o presso a poco, esso è superiore ad ogni altro oggettivo, perchè produce un’immagine quasi intieramente priva di trasfigurazione, purchè il diaframma sia posto nella sua vera posizione che abbiamo dello di sopra: quando questo oggettivo si usa per copiare, bisogna evitare che in esso cadano raggi molto obliqui, cioè aventi una obliquità maggiore di 20°, perchè l’immagine prodotta da pennelli obliqui è accompagnata da frangie colorate.
CAPITOLO IH.
Norme per far acquisto di un oggettivo conveniente.
Il lettore ha già imparato a conoscere le qualità che un oggettivo deve possedere per produrre un’immagine della massima perfezione possibile. Ma chi vuole provvedersi di un oggettivo deve ricordarsi che molle qualità degli oggettivi sono relative ai casi del loro impiego.
Così un oggettivo fatto per produrre un campo piano quando deve servire per pennelli luminosi molto obliqui, ossia per fo tografare oggetti vicini, non può produrre il migliore risultalo possibile nel riprodurre oggetti lontani, che inviano pennelli più paralleli. E per contro se in un oggettivo i pennelli luminosi paralleli soffrono la minore aberrazione sferica possibile, e l’immagine è al centro del campo della massima nitidezza, un tale oggettivo non potrebbe essere quello che soddisfi nel tempo stesso alla massima pianezza del campo, quando si opera con pennelli luminosi molto obliqui, ossia quando si prende l’immagine di oggetti vicini.
Un oggettivo a foco corto è prezioso quando si ha bisogno di operare rapidamente, o con poca luce, ma sarebbe di niun valore quando si avesse a produrre un’immagine un po’ grande; nel qual caso occorre un oggettivo a foco più lungo.
Gli oggettivi a foco lungo hanno degli inconvenienti che si fanno sentire in altre circostanze. Questi inconvenienti non sono solamente quelli della lentezza a produrre una impressione per la minore intensità di luce che concentrano sulla immagine, della grandezza dell’immagine per cui si deve operare più in grande, con maggior spesa e disturbo. L’obbiezione principale, che noi crediamo vi sia all’uso di oggettivi a foco molto lungo, dipende da ciò, che la nitidezza dell’immagine per oggetti di ineguale distanza varia nella proporzione del quadrato dei fochi, per cui con un oggettivo a foco molto lungo è assai difficile avere una immagine di una nitidezza uniforme.
Sia un oggettivo, la lunghezza del cui foco sia 26 pollici, e si paragoni con altro oggettivo avente solo 11 pollici di lunghezza focale. Supponendo che la qualità della luce, e la distanza degli oggetti sia la stessa, sì troverà che la differenza di foco per oggetti inegualmente distanti sarà almeno 5 volte più grande col primo oggettivo, di quello che sia col secondo, ossia sarà nel rapporto di 262 : 112. Così mettendo il primo oggettivo avanti ad una fila di case, il punto più vicino delle quali sia a 20 metri, ed il punto più lontano a grande distanza, si trova che l’immagine del punto più vicino è più distante dalla lente di circa 2½ centimetri, che non l’immagine del punto più lontano. Invece col secondo oggettivo la differenza di distanza sarebbe solo di 1½ centimetro circa. Con un oggettivo a foco più corto si avrebbe una differenza ancor meno grande, e sarebbe più facile avere una uniforme nitidezza sopra una più piccola immagine. Quando è necessario l'uso di un nggellivoa loco lungo, si Cerca di rimediare a questa dilrerenzn di loco coll‘impiogarc una camera oscura custrulla in modo che il lev Iaio, clic porla il vrlro spulilo, pussainelinarsì verso l'assodel- l'oggcllìvo. In lal modo è spesso possibile ottenere una imma- gine nitida di oggellì vicini e lonlani cunlemporaneamenle. Ma bisogna usare di questo mezzo con disceruinmnlu, perché cosi si introduce una causa di lrasfigurazione nell'immagine.
lI prrzzo dei buoni oggelliri semplici da V, di lastra alla laslra inliera è di franchi 20 a franchi 80, menlre il prezzo .dogli oggellivi doppi, od oggclliri da rilralli. della slessa di- mensione è di franchi 50 a 200. Gli oggellìvi a fnco umllo corlo cnslano di più, perché di più difficile costruzione. Cre- scendo la dimensione delle lenli cresce pure il prezzo princi— palmeme presso gli oggettivi doppi. Cosi un oggettivo semplice di b pollici di dinmelro coslerà franchi 300, e un oggellivo doppio avente quesla stessa grandezza di 5 pollici per le sue lenli costerà almeno franchi 4000.
Ecco le dimensioni relalivc dei diversi oggenivi per vedule e per rilmlli che si trovano in commercio:
Oggeuin' semplici per vedute.
i. ‘ dirmi. __ Pollici“ ufolh'g'w‘l’ __ Pollici l l 4 I1, i s i "’,x>”3 '.‘, al l -‘ i. lo ‘ 6 x A '/, 3 a l la î 7 x li l r e "a ‘ H 8 x 7 ti ' 2 ", lG ilo x B li i 3 ‘ ili Io x El 7 l a I, 2:. n x12 8 I Ii ‘. 30 I5 x92 PARTE SECONDA. 129
Gli oggettivi per vedute stereoscopiche si fanno del diametro di pollici 1 '/« . ^ del foco di pollici 4 ’/, e 5.
Oggettivi ortoscopici.
Questi oggettivi sono ora fabbricati da diversi costruttori. Il signor Voigllttnder li fabbrica in sei differenti dimensioni, cioè del diametro di pollici 1 £ , sino al diametro di pollici 5 '/» per le lenti di fronte. La corrispondente grandezza della lente di dietro è sempre mollo minore, e la superficie dell'immagine, che viene prodotta, è di pollici 8X10 nella dimensione minima, ed è di pollici 30X40 nella massima dimensione.
Il signor Ross di Londra costruisce queste lenti nelle seguenti dimensioni :
N°
DIAMETRO
della lente di fronte
Pollici
FOCO
della
combinazione
Pollici
GRANDEZZA del diaframma per distanza piccola ed indefinita
Pollici
DISTANZA
degli oggetti più vicioi
Jarde (a)
DIMENSIONE
dell'immagine
Pollici
1
’/,.
6 7,
—
—
6 X 5
2
’ V»
9 7,
—
—
8 7,x 6
3
« 7,0
<1 7,
45
20
10 X 8
4
’ 7,.
13 V,
5
25
12 X10
5
2 V.
<8 7.
6
30
15 X 12
6
3
26
9
45
18 X16
(a) La Jarda equivale a circa ®/,o di un metro.
9 Fotografia.
Digitized by Google Oggettivi per ritratti.
La seguente tavola fa conoscere le dimensioni che hanno ordinariamente gli oggettivi usali dai fotograti per fare i ritratti :
N«
DIAMETRO della lente di fronte
DIAMETRO della lente di dietro
FOCO
combinato
DIMENSIONE della immagine
RAPPORTO
coll'unità di lastra
Pollici
Pollici
Pollici
Pollici
1
1
7„
4
7»
5
7.
4
7,X 3
7’
7’
2
2
’/.
2
7, e
7
7,
6
7.X 4
7.
7.
3
3
V»
3
8 /
Uò
14
7,
8
X16
1
4
3
1/
!»
2
7,.
2
7«»
3
7 ’x 2
7.
—
5
3
7.
3
7i«
8
7,o
6
7.X 4
7.
—
6
4
7»
4
7.
14
7,
12
X12
—
7
5
7,
5
7i.
22
7.
16
X 1 6
2
li n° 4 può servire per le immagini stereoscopiche, ritratti e vedute, quando è appaialo con un allfo oggettivo simile e di egual lunghezza focale , c chiamasi oggettivo di '/« di lastra , perchè serve a produrre una immagine sopra di una lastra della grandezza di centimetri 9X12. Il n“ 2 è l'oggeltivo dello di '/, lastra.
11 n» 3 è l'oggeltivo più generalmente adottalo dai fotografi , ed è quello che vuole essere raccomandato al principiante; esso chiamasi oggettivo per lastra intiera, la cui grandezza è di cen- timetri 18x21. Quando si vuol fare acquisto di questa com- binazione di lenti sarà bene di esigere che la lente di fronte, possa adattarsi a prendere delle vedute da sola, nel qual caso essa dà una immagine del diametro di circa 4 1 pollici.
11 n° 1 concentra una intensità di luce quattro volle più grande che non gli oggettivi ordinari!; esso distinguesi col nome di og- gettivo rapido, polendo esso servire a prendere ritratti istantanei.
11 n’ 5 dà una celerilà più grande di ’/» che non gli oggettivi 1 — 2 — 3 . La lente di fronte dell’oggetlivo n° 6, quando è resa ben apla- natica, può servire a prendere delle vedute di pollici 4 5xt5.
Ci pare che queste indicazioni sopra gli oggettivi debbono bastare per fissare il principiante circa alla grandezza dell'og- gellivo che più gli conviene secondo le circostanze in cui si trova. Ma per giudicare della buona costruzione di un ogget- tivo non è cosa co£i facile. Si deve soprattutto fare attenzione all'immagine che l'oggeltivo produce. Bisognerà che questa sia esente da anelli colorali nei contorni degli oggetti rappresen- tati, che le lince rette degli oggetti appariscano anche rette nel disegno e non curve. Che l'immagine sia bene ed uniformemente illuminata dal centro alla periferia, e che il disegno si mani- festi secondo le regole della prospettiva. Da un oggettivo al- l’altro, in pari condizioni, havvi in queste qualità molta diffe- renza , perciò il principiante dovrà raccomandarsi ad uno dei più rinomati costruttori quando vuole fare acquisto di un og- gettivo che, come venne chiamalo, è l'anima dell'apparato fo- tografico. Fra i più celebri costruttori di oggettivi fotografici noi citeremo Ch. Chevalier, Lerebours et Secrelan, Jamin a Parigi; Voigllànder e Dietzler in Vienna; Ross, Grubb, Goddard a Londra. Sin’ora presso di noi sembra che si sia troppo poco curala la lucrosa produzione degli istrumcnti ottici speciali alla fotografia, come oggettivi, stereoscopi, camere solari, ecc.