Pescatori d'Islanda/Parte V
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Indice Parte Quinta
- Capitolo I
- Capitolo II
- Capitolo III
- Capitolo IV
- Capitolo V
- Capitolo VI
- Capitolo VII
- Capitolo VIII
- Capitolo IX
- Capitolo X
- Capitolo XI
- Capitolo XII
- Capitolo XIII
- Capitolo XIV
- Capitolo XV
- Capitolo XVI
- Capitolo XVII
PARTE QUINTA
Capitolo Primo.
........ Alla fine di quel giorno di primavera, la notte cadente riportò l’inverno. Essi rientrarono per mangiare, davanti il loro fuoco.
Era l’ultimo pasto fatto insieme! Avevano ancora però tutta una notte da dormire l’uno nelle braccia dell’altra e quell’aspettativa impediva loro di essere tristi.
Dopo pranzo ritrovarono ancora un poco l’impressione dolce della primavera, quando uscirono per recarsi a Pors-Even. L’aria era tranquilla, quasi tepida, e un resto di crepuscolo si spandeva sulla campagna. Andarono a visitare la famiglia di Yann, per salutarla e ritornarono presto per coricarsi, col progetto di levarsi molto presto il giorno dopo.
Capitolo Secondo.
L’indomani la spiaggia di Paimpol era piena di gente. La partenza degl’Islandesi era cominciata dalla vigilia e, ogni tanto un gruppo nuovo prendeva il largo. Quel mattino quindici battelli dovevano partire con la «Leopoldina» e le mogli di quei marinai e le madri erano tutte presenti per l’armeggio. Gaud si stupiva di trovarsi mischiata ad esse, diventata anche essa una moglie d’Islandese, e portata là dalla stessa causa fatale. Il suo destino precipitava talmente da qualche giorno che, appena aveva il tempo di pensare, di riconcentrarsi nella realtà delle cose; scivolando su un declivio, irresistibilmente rapido, era arrivata a quella fine inesorabile, e che ora bisognava subire — come facevano le altre......
Ella non aveva mai assistito da vicino a quella scena, a quegli addii. Tutto ciò era nuovo e sconosciuto per lei. Non aveva nulla di comune con le altre donne, si sentiva quindi isolata; il suo passato di signorina che, malgrado tutto, sussisteva sempre, la metteva in disparte.
Il tempo era rimasto bello per quel giorno di separazione; al largo solamente una grande marea pesante, che arrivava dall’ovest, annunciava il vento e, da lontano si vedeva il mare, che aspettava tutta quella gente.
..... Intorno a Gaud erano delle altre, come lei molto belle e addolorate, con gli occhi pieni di lagrime; ve ne erano però anche di distratte ed allegre che non avevano cuore e che, pel momento, non amavano nessuno.
Delle vecchie, che si sentivano minacciate dalla morte, piangevano lasciando i loro figli; degli amanti si abbracciavano lungamente e si baciavano sulle labbra, e si sentivano già dei marinai mezzo ubbriachi, cantare per rallegrarsi mentre che altri salivano a bordo con un’aria triste, andandosene come verso un calvario.
E accadevano delle scene selvaggie; dei disgraziati che avevano firmato il loro impegno così alla leggiera in un’osteria e che ora non volevano più partire; erano imbarcati a forza, spinti dalle loro mogli e dalle guardie.
E degli altri, di cui si temeva la resistenza per la grande forza, erano stati ubbriacati per precauzione e li portavano in fondo ai battelli giù, come se fossero morti.
Gaud si spaventava a vederli passare; con quali compagni andava dunque a vivere il suo Yann? e poi che cosa terribile era dunque quel mestiere d’Islanda per ispirare agli uomini tanto spavento?
Nonostante però vi erano dei marinai che sorridevano e che forse, come Yann, amavano la vita al largo e la grande pesca. Quelli erano i buoni, avevano l’aria nobile e bella; se erano scapoli andavano incuranti, gettando un ultimo sguardo alle ragazze; se erano ammogliati abbracciavano le loro mogli ed i loro figli con una dolce tristezza ed una buona speranza di ritornare più ricchi.
Gaud si sentì un poco rassicurata vedendo che andavano tutti a bordo della Leopoldina, la quale aveva veramente un equipaggio scelto.
I battelli uscivano due a due, quattro, a quattro trascinati al di fuori dai rimorchi. E allora, appena si cominciavano a muovere, i marinai scovrivano il capo intonando a piena voce «Ti saluto Stella del mare»: sulla spiaggia le mani di donne si agitavano nell’aria per gli ultimi addii e delle lagrime cadevano sulla mussola delle cuffie.
Capitolo Terzo.
Appena la «Leopoldina» fu partita, Gaud s’incamminò
— con un passo rapido — verso la casa dei Gaos.
Un’ora e mezzo di cammino lungo la costa, presso i sentieri familiari di Ploubazlanec, ed arrivò là basso nella sua nuova famiglia.
La «Leopoldina» doveva passare, davanti quel Pors Even da dove la sera sarebbe partita definitivamente.
Là si sarebbero visti un’ultima volta e sarebbero restati insieme un altro poco.
A terra, dove non si vedevano i marosi lontani, era sempre lo stesso bel tempo primaverile, lo stesso cielo tranquillo. Essi uscirono un momento sulla strada dandosi il braccio; ciò ricordò loro la passeggiata del giorho prima con la differenza che la notte non sarebbero stati insieme. E camminarono senza scopo, andando verso Paimpol. Ben presto si trovarono presso la loro casa portati là quasi insensibilmente senza averci pensato; vi entrarono ancora un’ultima volta e salutarono la nonna Yvonne che fu rapita di felicità per averli visti comparire. Yann faceva mille raccomandazioni a Gaud per tante piccole cose lasciate nell’armadio; sopratutto per il suo bel vestito del matrimonio; bisognava spiegarlo ogni tanto e metterlo al sole. E Gaud sorrideva vedendo come egli sapesse anche di questo; poteva essere sicuro che ella glielo avrebbe conservato e curato con amore.
Queste preoccupazioni erano secondarie per loro; ne parlavano così per parlare, per darsi un’aria indifferente Yann raccontò che a bordo della «Leopoldina» si erano tirati a sorte i posti di pesca e che a lui ne era capitato uno buonissimo che l’aveva reso tanto contento. Gaud si fece spiegare anche questo, non sapendo niente delle cose d’Islanda.
— Guarda Gaud, nel parapetto dei nostri battelli, vi sono dei buchi fatti per passarci le nostre canne. Dunque, prima di partire, noi tiriamo a sorte quei buchi. Ognuno di noi guadagna il suo, e durante tutta la campagna, non si ha il dritto di mettere la canna altrove. Il mio posto ora si trova dietro il battello che è il posto da dove si prende più pesce....
Essi parlavano a bassa voce e molto in fretta come per paura di perdere i pochi Istanti che loro restavano. La conversazione aveva il carattere di tutto ciò che deve finire inesorabilmente; le cose più semplici, più insignificanti, sembravano diventare in quegli ultimi momenti,
misteriose e supreme....Capitolo Quarto.
Al momento della partenza Yann prese sua moglie fra
le braccia e si strinsero l’uno contro l’altro, in una
lunga stretta silenziosa.
Egli s’imbarcò, le vele grigie si spiegarono per tendersi ad un vento leggiero che si levò dall’ovest. Egli — che Gaud ancora vedeva — agitava il suo berretto.
E lungamente ella lo guardò allontanarsi. — Quella piccola forma umana in piedi, nera sul verde-cenere delle acque era lui, il suo Yann, il suo adorato Yann......
A misura che la «Leopoldina» si allontanava, Gaud, come attirata de un amante, seguiva a piedi la scogliera lungo il mare.
Dovette ben presto però arrestarsi, perchè la terra era finita; allora si sedette ai piedi di una grande croce, che è piantata fra le ginestre e le pietre. Siccome era un punto elevato il mare visto di là sembrava, in lontananza, che aumentasse sempre e si sarebbe detto che quella «Leopoldina» allontanandosi, si alzava poco a poco, sempre più piccola, sul declivio del cerchio immenso.
Gaud guardava sempre, cercando di fissare bene nella sua memoria la fisonomia di quel battello, per riconoscerlo da lontano al suo ritorno. Ed ella sarebbe andata a quello stesso posto per aspettarlo.
Dei marosi enormi continuavano a venire dall’ovest gli uni, dietro gli altri, senza arrestarsi, senza tregua, rinnovellando i loro sforzi inutili, rompendosi sulle stesse roccie e bagnando sempre le stesse spiagge. E per molto tempo durò quella lotta sorda delle acque con quella dolce serenità del cielo e dell’aria; era come se il letto del mare fosse pieno e volesse invadere tutte le spiagge.
Capitolo Quinto.
La «Leopoldina» diventava sempre più invisibile. Senza dubbio delle correnti la trascinavano, perchè le brezze di quella sera erano deboli e insufficienti a spingerla fuori. Diventata una piccola macchia grigia, quasi un punto, stava per raggiungere l’orlo estremo del cerchio delle cose visibili e entrare nello spazio infinito.
Alle sette di sera, venuta la notte, scomparso il battello, Gaud rientrò a casa sua. Quantunque avesse le lagrime agli occhi, pure si sentiva abbastanza forza e coraggio. Che differenza però e che vuoto più oscuro se egli fosse partito ancora come gli altri due anni, senza, neanche un addio. Ora, tutto era cambiato, ella si sentiva così amata che, malgrado quella partenza serbava sempre nel cuore il profumo deliziosamente nostalgico della loro ultima e luminosa festa di sole.
Capitolo Sesto.
L’estate passò triste, calda, tranquilla; ella spiava
avidamente le prime foglie ingiallite, le prime riunioni di rondini, lo sbocciar dei crisantemi. Per le navi di Reickarvich egli le mandava sue notizie in lunghe ed affettuose lettere.
Alla fine di luglio Gaud ne ricevette una. Egli l’informava che stava benissimo, che la stagione della pesca si presentava molto buona, e che aveva già mille cinquecento pesci per parte sua. E ciò era scritto con uno stile ingenuo come tutte le lettere scritte dagli islandesi alle loro famiglie. Essendo più colta di lui, ella comprendeva, sapeva leggere tra le righe la tenerezza profonda e l’affetto immenso che egli non sapeva bene esprimerle. A più riprese, in quelle quattro pagine, le dava il dolce nome di sposa, provando piacere a ripeterlo spesso. E anche il solo indirizzo la empiva di gioia: Alla signora Margherita Gaos — casa Moan — Ploubazlanec.
E dire che le restava così poco tempo per chiamarsi: Signora Margherita Gaos!....
Capitolo Settimo.
Durante quei mesi di estate ella lavorò molto. Le Paimpolesi, che da principio non avevano avuto fiducia in quel talento di sarta improvvisata, e che avevano detto che aveva delle mani troppo belle e troppo da signorina, per lavorare, ora si erano dovute convincere che non vi era che Gaud per il taglio elegante e per la manifattura precisa. E così era diventata una delle sarte rinomate.
Il danaro che guadagnava lo spendeva per abbellire la loro casupola acciò Yann la trovasse cambiata al suo ritorno.
L’armadio, il vecchio letto ad armadio, erano stati aggiustati, passati a cera con delle ferrature lucenti; aveva aggiustata la finestrella sul mare, mettendovi un vetro e dei porterini, aveva comperato una coperta nuova per l’inverno, una tavola e delle sedie.
E tutto senza toccare il danaro che Yann le aveva lasciato partendo, e che aveva lasciato intatto in una scatola per mostrarglielo al suo ritorno.
Durante i tramonti di estate, agli ultimi chiarori del giorno, seduta davanti la porta con la nonna Yvonne, di cui la testa e le idee miglioravano molto col caldo, ella lavorava una bella maglia di pescatore per Yann in lana bleu con dei bei bordi alle maniche ed al collo; la nonna Yvonne era stata molto abile, in gioventù, per quel genere di lavoro, e, a poco a poco se l’era ricordatoper insegnarglielo. E ci volle molta lana perchè la maglia doveva essere grande per il grosso Yann.
La sera specialmente si comprendeva come le giornate si accorciavano. Certe piante, che erano fiorite in giugno, prendevano già una tinta gialla e morente e le violette rifiorivano più piccole sull’orlo delle strade; infine vennero gli ultimi giorni di agosto ed una sera alla punta di Pors-Even, apparve un primo battello islandese. La festa del ritorno era incominciata.
In massa andarono sulla scogliera per riceverlo — quale era? Era il Samuele-Azeinde — sempre il primo quello lì.
— Certamente — diceva il padre di Yann — la Leopoldina non tarderà — io so che là basso, quando ne comincia a partire uno, tutti gli altri lo seguono.
Capitolo Ottavo.
Gl’islandesi ritornavano. Nella seconda giornata due battelli, nella terza, quattro e poi dodici nella settimana
seguente. E nel paese la gioia ritornava con essi, essendo
una grande festa per le spose, per le madri; festa anche nelle osterie dove le belle ragazze Paimpolesi danno da
bere ai pescatori.
La «Leopoldina» restava del gruppo dei ritardatarii: ne mancavano ancora dieci e non potevano ritardare.
Gaud all’idea che fra otto giorni (si dava questo tempo lungo per non provare delusione) avrebbe riavuto Yann, il suo Yann, si sentiva presa da un’ebbrezza deliziosa che la faceva fremere e impazzire di felicità. E manteneva la casetta molto in ordine, molto pulita, molto netta per riceverlo degnamente. Avendo tutto aggiustato non le restava più niente da fare e cominciava a non aver più la testa a posto per la grande impazienza. Tre dei ritardatarii arrivarono e poi ancora cinque. Due solamente mancavano all’appello.
— Allora — dicevano ridendo — quest’anno la «Leopoldina» e la «Maria-Giovanna» raccoglieranno le granate del ritorno.
E Gaud rideva anche lei, più animata e più bella, nella sua trepida gioia di aspettazione.
Capitolo Nono.
Intanto i giorni passavano.
Ella continuava a mettersi in toletta e prendere un’aria allegra e ad andare sulla spiaggia a parlare con le altre. E diceva che quel ritardo era naturale. Non si verificava forse ogni anno? E poi due battelli così buoni come quei due con quell’equipaggio così scelto!.....
In seguito, ritornata a casa sua, la sera le cominciarono a venire dei piccoli fremiti di ansia e di angoscia. Era veramente possibile che, così presto, avesse già paura? E di che poi? Ma suo malgrado, si sbigottiva di aver già paura.
Capitolo Decimo.
Il dieci settembre! Come fuggivano i giorni!
In un mattino nebbioso, un vero mattino di autunno, il sole la trovò seduta di buon’ora sotto il portico della cappella dei naufragati, nel luogo dove vanno a pregare le vedove — seduta; gli occhi fissi e le tempie serrate con le mani come in un anello di ferro.
Da due giorni erano incominciate le nebbie tristi e quella mattina Gaud si era risvegliata con un’inquietudine più pungente. Che cosa aveva di più degli altri, quel giorno, quell’ora, quel minuto? Si vedeva quasi sempre di questi battelli ritardare di quindici giorni, di quasi un mese.
Quel giorno però, ella aveva avvertito nel cuore uno strano e lugubre presagio; per la prima volta era andata a sedersi sotto quel portico di cappella ed a rileggere i nomi dei marinai morti.
In memoria di
Gaos Yann perduto nel mare
presso Norden-Fiord
Con un grande fremito sentì una raffica di vento levarsi dal mare e, nello stesso tempo, sulla volta qualche cosa abbattersi come una pioggia; le foglie morte!... Ne entrarono molte; i vecchi alberi si spogliavano, scossi da quel vento del largo.
L’inverno si avvicinava!....
..... perduto in mare
presso Norden-Fiord
nell'uragano dal 4 al 5 agosto 1880.
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Ella leggeva macchinalmente e, da sotto la volta delle porte, i suoi occhi cercavano da lontano il mare; quel mattino si vedeva vagamente perchè coperto da una nebbia grigia e un drappo che sembrava trascinarsi in lontananza come un gran portiere di lutto.
Ancora una raffica e delle foglie morte entrarono ballando.
Una raffica più forte come se quel vento di ovest che prima aveva seminato i suoi morti nel mare, volesse ancora tormentarli fino alle iscrizioni, che ricordavano i loro nomi ai viventi. Gaud guardava, con una persistenza involontaria, un posto vuoto, nel muro, che sembrava aspettasse, con La terribile ossessione, ed era perseguitata dall’idea che una lapide nuova si sarebbe messa là presto, non osando pensare con quale nome sopra. Aveva freddo e restava seduta sul banco con la testa riversata contro la pietra.
...... perduto presso Norden Fiord
nell'uragano dal 4 al 5 agosto
all’età di 23 anni
Che riposi in pace!
L'Islanda le apparve col piccolo cimitero là basso — l'Islanda lontana, lontana, rischiarata dal sole di mezzanotte.....
E tutt’a un tratto — sempre a quell’istesso posto vuoto del muro che sembrava aspettasse, — ebbe, con un’orribile lucidezza, la visione di quella lapide nuova una lapide fresca, una testa di morte, delle ossa in croce ed in mezzo un nome, il nome adorato di Yann Gaos!
Allora si alzò di un colpo, gettando un grido rauco, come pazza......
Al di fuori era sempre sulla terra la nebbia grigia del mattino; e le foglie morte continuavano ad entrare ballando.
Capitolo Undecimo.
Dei passi nel sentiero! Veniva qualcuno? — Allora si levò, dritta; rapidamente aggiustò la sua cuffia e la pettinatura.
I passi si avvicinavano, bisognava entrare. Presto prese un’aria indifferente come si trovasse là per caso, non volendo ancora, per niente al mondo, rassomigliarealla moglie di un naufrago. Era appunto Fante Floury, la moglie del secondo della «Leopoldina». Questa comprese subito cosa facesse là Gaud — inutile fingere con lei. E da principio restarono mute, l’una davanti l’altra, spaventate ancora di più e portandosi rancore scambievolmente per essersi incontrate nello stesso sentimento di terrore.
— Tutti quelli di Treguier e di Saint-Briene sono rientrati da otto giorni — disse infine Fante, spietata, con una voce sorda e come irritata.
Ella portava un cero per fare un voto.
— Ah! sì..... un voto..... Gaud non aveva ancora voluto pensare a queste risorse disperate. Ma entrò nella cappella dietro Fante, senza dire niente, e s’inginocchiarono l'una vicino l’altra come due sorelle. Dissero delle preghiere ardenti e con tutta l’anima, alla Vergine Stella del mare. E poi ben presto non si sentì che un rumore di singhiozzi e le loro lagrime trattenute fino allora cominciarono a cadere sulla terra....
Si rialzarono più dolci, più fidenti. Fante aiutò Gaud che barcollava e, prendendola nelle sue braccia, la strinse al seno. Avendo asciugate le loro lagrime, aggiustati i loro capelli, spolverate le loro gonne se ne andarono, silenziosamente, ciascuna per la sua strada.
Capitolo Dodicesimo.
Quella fine di settembre somigliava ad un’altra estate, solamente un poco più triste. Era tanto bello il tempo che, senza le foglie morte cadenti come una pioggia triste sulle strade, si sarebbe creduto di essere in giugno. I mariti, i fidanzati, gli amanti erano ritornati, e, dapertutto vibrava la gioia di una seconda primavera di amore. Un giorno finalmente si cominciò a scorgere uno dei due navigli ritardatari. Quale dei due?...
Presto, il gruppo delle donne, si era formato, muto, ansioso sulla spiaggia.
Gaud, tremante, pallida era là col padre del suo Yann.
— Io credo — diceva il vecchio pescatore — io credo fermamente che sono essi. Un listone rosso, e tutto l’insieme rassomiglia graziosamente al suo battello. Che ne dici, figlia mia?
— E pertanto no — riprese con uno scoraggiamento improvviso, no, noi ci sbagliamo ancora, l’asta non è la stessa ed hanno una vela triangolare. Per questa volta non sono essi: è la Maria-Giovanna. Oh! ma certamente, figlia mia, non tarderanno a venire.
E i giorni si seguivano, le notti si succedevano con una tranquillità inesorabile.
Ella continuava a fare toletta, un poco come un’insensata, sempre per paura di rassomigliare ad una moglie di naufragato, esasperandosi quando gli altri prendevano con lei un’aria di compassione e di mistero e voltando gli occhi per non incrociare lo sguardo con quelli che, compiangendola, l’agghiacciavano.
Ora aveva presa l’abitudine di andare fin dal mattino sull’alta scogliera di Pors-Even, passando dietro la casa materna di Yann per non essere vista da sua madre e dalle sorelline. E andava sola, sedeva là tutto il giorno a piedi di una croce isolata, che domina la lontananza delle acque immense.....
Ve ne sono così dapertutto di quelle croci di granito che si drizzano sulle scogliere avanzate di quella terra di marinai, come per domandare grazia; come per ammansire il grande mostro che attira gli uomini e non li rende più, preferendo sempre tra le vittime i più valenti ed i più belli.
Intorno a quella croce di Pors-Even, vi sono delle lande eternamente verdi, tappezzate di ginestre corte. E a quell’altezza l’aria del mare era pura, avendo appena l’odore salato delle alghe, ma piena dei profumi deliziosi di settembre.
E si vedeva disegnata molto lontano, la terra di Bretagna che finiva in punta e si allungava sulla tranquillità delle acque. Leggermente il mare bagnava le prime roccie e niente turbava il suo lucente specchio; esso faceva un rumore leggiero, carezzante che saliva dal fondo di tutte le baie. Ed erano degli orizzonti così tersi, delle profondità così dolci!
Il grande abisso azzurro, la tomba dei Gaos, conservava il suo mistero impenetrabile mentre che delle brezze, deboli come dei soffi, portavano l’odore delle ginestre rifiorite all’ultimo sole di autunno.
A certe ore il mare si abbassava e delle grandi macchiesi allargavano dapertutto come se, lentamente, la Manica si vuotasse; in seguito con la stessa lentezza le acque risalivano e continuavano il loro moto misterioso senza alcun pensiero dei morti.
E Gaud seduta ai piedi della sua croce restava in mezzo a quella tranquillità, guardando sempre, fino a che cadeva la notte, fino a che non vedeva più niente.
Capitolo Tredicesimo.
Settembre era quasi finito. Ella non mangiava più, non dormiva più.
Ora restava a casa sua tenendosi rannicchiata, le mani sulle ginocchia e la testa rinversata e poggiata al muro.
A che pro levarsi, a che pro coricarsi? Ella si gettava proprio quando era sfinita. Altrimenti restava là sempre seduta, intirizzita, i suoi denti battevano dal freddo in quell’immobilità; aveva sempre l’impressione di un cerchiodi ferro che le serrasse le tempie, e sentiva le guance tirarsi e la bocca seccarsi. Spesso poi gettava un gemito rauco mentre la testa batteva contro il muro.
Oppure lo chiamava per nome, teneramente, appassionatamente, a voce bassa, come se egli fosse là vicino e le susurrasse parole di amore.
Le accadeva qualche volta di pensare ad altro, si divertiva per esempio a guardare l’ombra della Vergine in maiolica, che si allungava lentamente a misura che la luce finiva, sull’alto legno del suo letto.
Ma poi un risveglio crudele ravvivava la sua angoscia ed ella ricominciava a gemere battendo la testa vicino al muro....
Tutte le ore del giorno passavano l’una dopo l’altra, e tutte quelle della sera, e tutte quelle della notte, e tutte quelle del mattino. Quando ella calcolava da quanto tempo egli avrebbe dovuto ritornare si sentiva prendere da un terrore più grande; allora non voleva ricordare più le date, nè i nomi dei giorni.
Capitolo Quattordicesimo.
Ordinariamente si hanno sempre delie indicazioni sui naufragi dell’Islanda; o quelli che ritornano hanno visto da lontano il dramma; oppure hanno trovato un avanzo di un cadavere: si ha sempre infine qualche indizio per sapere. Non avevano visto però niente della «Leopoldina» non se ne sapeva niente. Quelli della «Maria-Giovanna» gli ultimi, l’avevano vista il 2 agosto andare a pescare più lontano verso il nord e dopo, tutto era mistero impenetrabile.
Aspettare, sempre aspettare, senza mai sapere niente! Quando verrebbe il momento in cui veramente ella non aspetterebbe più? Non lo sapeva ella stessa ed ora aveva quasi fretta che venisse al più presto.
Oh! se egli era morto almeno avessero la pietà di dirglielo!....
Oh! vederlo tal quale era in quello stesso momento; lui o ciò che restava di lui!.... Se la Vergine, tanto pregata, o qualche altra potenza superiore, volesse farle la grazia di mostrarle il suo Yann — egli vivente, manovrando per rientrare — oppure il suo corpo straziato dal mare!....
Sapere dunque, sapere!...
Qualche volta le sembrava vedere una vela sorgente dall’estremità dell’orizzonte: la Leopoldina che approdava, che si affrettava per arrivare. Allora faceva un primo movimento irriflessivo per levarsi, per correre a guardare il largo, vedere se era vero. Ma ricadeva seduta!... Ahimè! dove era in quel momento la «Leopoldina» dove poteva essere? Là basso senza dubbio, là basso in quello spaventevole, lontano mare d’Islanda, abbandonata, sfracellata, perduta.... e la vedeva sempre cosi, sempre nel mare silenziosa, cullata lentamente, con un’estrema dolcezza, in mezzo alla grande calma delle acque morte.
Capitolo Quindicesimo.
Le due del mattino.
La notte specialmente ella stava molto attenta a spiare qualche rumore di passi, al minimo fruscio, al minimo suono insolito, le sue tempie vibravano; a forza di essere tese erano spaventevolmente addolorate.
Le due del mattino. Quella notte, come le altre, le mani giunte e gli occhi aperti nell’oscurità ella ascoltava il vento fare sulla landa il suo rumore eterno. Tutt’a un tratto dei passi di uomo, dei passi precipitati sulla strada. Ad un’ora simile chi poteva passare? Ella si drizzò, rimossa fino al fondo dell’anima, col cuore che le finiva di battere....
Si arrestavano vicino la porta, e salivano i piccoli scalini di pietra.
Lui?! Oh! gioia insperata, lui! Avevano bussato e poteva anche essere un altro. Ella era in piedi, scalza; così debole da tanti giorni era saltata sveltamente come i gatti, le braccia aperte per abbracciare il suo adorato.
Senza dubbio la «Leopoldina», era arrivata la notte a Pors-Even — ed egli accorreva a lei.
Maud aveva pensato tutto questo con la sveltezza del fulmine. Ed allora nella sua rabbia si rompeva le dita ai chiodi della porta, per tirare quel lucchetto che era cosi duro....
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— Ah!
E indietreggiò lentamente, oppressa, con la testa ricaduta sul petto. Il suo bel sogno di pazza era finito. Non era che Fantec il loro vicino... Appena comprese che non era lui, che niente del suo Yann era passato nell’aria, si sentì ripiombata nello stesso abisso spaventevole.
Il povero Fantec si scusava: sua moglie, stava peggio ed ora era il loro fanciullo che soffocava nella culla, preso da un male alla gola; così era venuto a domandare aiuto mentre egli andrebbe di corsa a chiamare il medico a Paimpol....
Che cosa le importava tutto ciò? Divenuta selvaggia nel suo dolore, non aveva più niente da dare alle pene degli altri. Affondata su di un banco, restava davanti a lui con degli occhi fissi, come una morta, senza rispondergli, senza ascoltarlo, senza neanche guardarlo. Che cosa poteva importarle ciò che raccomandava quell’uomo? Egli comprese tutto allora; indovinò perchè gli avevano aperta quella porta così presto, e provò pietà per il male che le aveva fatto.
Balbettò delle scuse.
— E’ vero non avrebbe dovuto incomodarla.
— Perchè? chiese vivamente Gaud. — La vita le era ritornata bruscamente, non voleva ancora essere una sconsolata agli occhi degli altri, non lo voleva assolutamente.
E poi a sua volta aveva pietà di lui; si vestì per seguirlo e trovò la forza di andare a curare il piccolo fanciullo.
Capitolo Sedicesimo.
Quando ritornò a gettarsi sul suo letto, alle quattro, il sonno la prese perchè era stanchissima.
Ma quel minuto di gioia immensa aveva lasciata nella sua testa un’impronta che, malgrado tutto, restava persistente; si svegliò ben presto, con una scossa, drizzandosi a metà, ricordandosi di qualche cosa.... Vi era qualche cosa di nuovo circa Yann... In mezzo la confusione delle sue idee che ritornavano, cercò, e trovò ciò che era....
— Ah! niente ahimè! — no, niente altro che Fantec.
Ed una seconda volta ripiombò di un colpo al fondo dello stesso abisso. No, in realtà niente era cambiato nella sua aspettativa, monotona e senza speranza.
Pertanto, averlo sentito là così vicino, era come se qualche cosa emanata da lui fosse volata, là intorno; ed ella ascoltava più attentamente i passi al di fuori, presentendo che qualcuno sarebbe arrivato per parlarle di lui. Ed infatti quando fece giorno il padre di Yann entrò.
Levò il suo berretto, rialzò i suoi bei capelli bianchi, che erano a buccoli come quelli di suo figlio, e si sedette vicino al letto di Gaud.
Anche lui aveva il cuore stretto; perchè Yann, il suo bel Yann era il suo carito, il maggiore dei figli, la sua gloria. Ma egli non disperava ancora. E cominciò a rassicurare Gaud dolcemente; gli ultimi rientrati dall’Islanda parlavano tutti di nebbie spesse che avevano potuto far ritardare il battello; e poi gli era venuta un’idea; una fermata alle isole Feroè che sono delle isole lontane situate sulla strada e da cui le lettere mettono molto tempo a venire; questo era successo proprio a lui una quarantina di anni fa e la sua povera mamma aveva fatto dire una messa per l’anima sua... Un così bel battello la «Leopoldina» quasi nuovo, e con forti marinai a bordo....
La vecchia Moan girava attorno ad essi scotendo la testa, l’angoscia della sua nipotina le aveva quasi resa la forza e le idee; ella aggiustava la casetta, e guardava ogni tanto il piccolo ritratto giallo del suo Silvestro attaccato al granito del muro, con le sue ancore di marinaio e la sua corona mortuaria di perle nere. Dal giorno in cui il mare le aveva preso il suo nipotino, ella non credeva più al ritorno dei marinai; non pregava più la Vergine serbandole un cattivo rancore nel cuore.
Ma Gaud ascoltava avidamente quelle parole consolatrici, mentre che i suoi grandi occhi cerchiati guardavano con una tenerezza profonda quel vecchio che rassomigliava tanto al suo adorato; averlo là, presso di lei, era come una protezione contro la morte, e si sentiva più rassicurata, più riavvicinata al suo Yann. Le sue lagrime cadevano silenziose e più dolci e, tra se stessa, ripeteva le sue preghiere ardenti alla Vergine Stella del mare.
Una fermata là basso, nelle isole; delle avarie forse; infatti era una cosa possibile. Si alzò aggiustò i suoi capelli, fece una bella toletta come se egli potesse ritornare. Senza dubbio tutto non era perduto poiché, egli, suo padre, non disperava. E, per dei giorni, lo attese ancora. — Era proprio l’autunno, al cader delle notti lugubri dove di buon’ora, tutto si faceva scuro nella vecchia casupola e scuro anche nei dintorni, nel vecchio paese bretone.
I giorni stessi sembravano dei crepuscoli: delle nuvole immense che passavano lentamente portavano l’oscurità in pieno giorno. 11 vento rumoreggiava costantemente, simile a un suono lontano di grandi organi di chiese, suono lugubre e disperato. Altre volte si infrangeva contro la porta con dei ruggiti da bestia.
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Ella era diventata pallidissima, tenendosi sempre più rammucchiata come fosse già vecchia.
Molto spesso toccava i vestiti del suo Yann, il suo bel vestito di nozze, spiegandolo, ripiegandolo come una maniaca — sopratutto una delle sue maglie azzurre che aveva conservato la forma del suo corpo; quando la posava dolcemente sulla tavola ne disegnava come per abitudine il rilievo delle spalle e del petto; poi alla fine l'aveva conservata in una sola scansia del loro armadio, non volendo smuoverla per conservarle quell’impronta.
Ogni sera delle nebbie fredde salivano dalla terra; allora guardava dalla sua finestra la landa triste, dove dei piccoli pennacchi di fumo bianco cominciavano ad uscire qua e là dalle casupole degli altri; dapertutto gli uomini erano ritornati uccelli viaggiatori portati dal freddo; nelle case degli altri le sere dovevano trascorrere dolci; perchè il rinnovellarsi dell’amore era cominciato con l'inverno nel paese degl’Islandesi.
E Gaud, sperando sempre che Yann si fosse fermato nelle isole lontane, aspettava.
Capitolo Diciassettesimo.
Egli non tornò mai più.
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Una notte di agosto, lontano, al largo della triste Islanda, tra un assordante furor di tempesta, erano state celebrate le sue nozze col mare.
Col mare che era stato già altre volte suo ajo; perchè lo aveva cullato, l’aveva fatto adolescente, grande e forte, ed in seguito nella sua superba virilità, se l’era ripreso, tutto per sè solo.
Un profondo mistero aveva circondato quelle nozze misteriose. Veli bruni vi si erano agitati d’intorno, mobili cortine tormentose, tese per nascondere la festa; mentre l’onda infida — la fidanzata — con la sua copriva ogni voce; e per spegnere ogni grido— ripeteva sempre il suo gran mormorio orribile....
Egli, ricordandosi di Gaud, la sua sposa di carne, si era disperatamente difeso, con una lotta gigantesca, contro la sposa della morte. Fino al momento in cui aveva dovuto finire per abbandonarsi: le braccia aperte a riceverla, con un grande grido profondo, simile al toro che rantoli, la bocca già piena di acqua gorgogliante; le braccia spalancate, distese e irrigidite per sempre.
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Ed alle sue nozze vi erano tutti; tutti quelli ch’egli aveva convitati nel passato.
Tutti; ma non Silvestro, che se ne era andato a dormire nei giardini incantati, — lontano lontano, dall’altro lato della terra...