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lande eternamente verdi, tappezzate di ginestre corte. E a quell’altezza l’aria del mare era pura, avendo appena l’odore salato delle alghe, ma piena dei profumi deliziosi di settembre.

E si vedeva disegnata molto lontano, la terra di Bretagna che finiva in punta e si allungava sulla tranquillità delle acque. Leggermente il mare bagnava le prime roccie e niente turbava il suo lucente specchio; esso faceva un rumore leggiero, carezzante che saliva dal fondo di tutte le baie. Ed erano degli orizzonti così tersi, delle profondità così dolci!

Il grande abisso azzurro, la tomba dei Gaos, conservava il suo mistero impenetrabile mentre che delle brezze, deboli come dei soffi, portavano l’odore delle ginestre rifiorite all’ultimo sole di autunno.

A certe ore il mare si abbassava e delle grandi macchiesi allargavano dapertutto come se, lentamente, la Manica si vuotasse; in seguito con la stessa lentezza le acque risalivano e continuavano il loro moto misterioso senza alcun pensiero dei morti.

E Gaud seduta ai piedi della sua croce restava in mezzo a quella tranquillità, guardando sempre, fino a che cadeva la notte, fino a che non vedeva più niente.


Capitolo Tredicesimo.


Settembre era quasi finito. Ella non mangiava più, non dormiva più.

Ora restava a casa sua tenendosi rannicchiata, le mani sulle ginocchia e la testa rinversata e poggiata al muro.

A che pro levarsi, a che pro coricarsi? Ella si gettava proprio quando era sfinita. Altrimenti restava là sempre seduta, intirizzita, i suoi denti battevano dal freddo in quell’immobilità; aveva sempre l’impressione di un cer-