Pagina:Loti - Pescatori d'Islanda.djvu/155


— 155 —

chiodi ferro che le serrasse le tempie, e sentiva le guance tirarsi e la bocca seccarsi. Spesso poi gettava un gemito rauco mentre la testa batteva contro il muro.

Oppure lo chiamava per nome, teneramente, appassionatamente, a voce bassa, come se egli fosse là vicino e le susurrasse parole di amore.

Le accadeva qualche volta di pensare ad altro, si divertiva per esempio a guardare l’ombra della Vergine in maiolica, che si allungava lentamente a misura che la luce finiva, sull’alto legno del suo letto.

Ma poi un risveglio crudele ravvivava la sua angoscia ed ella ricominciava a gemere battendo la testa vicino al muro....

Tutte le ore del giorno passavano l’una dopo l’altra, e tutte quelle della sera, e tutte quelle della notte, e tutte quelle del mattino. Quando ella calcolava da quanto tempo egli avrebbe dovuto ritornare si sentiva prendere da un terrore più grande; allora non voleva ricordare più le date, nè i nomi dei giorni.


Capitolo Quattordicesimo.


Ordinariamente si hanno sempre delie indicazioni sui naufragi dell’Islanda; o quelli che ritornano hanno visto da lontano il dramma; oppure hanno trovato un avanzo di un cadavere: si ha sempre infine qualche indizio per sapere. Non avevano visto però niente della «Leopoldina» non se ne sapeva niente. Quelli della «Maria-Giovanna» gli ultimi, l’avevano vista il 2 agosto andare a pescare più lontano verso il nord e dopo, tutto era mistero impenetrabile.

Aspettare, sempre aspettare, senza mai sapere niente! Quando verrebbe il momento in cui veramente ella non