Pescatori d'Islanda/Parte V/Capitolo II

Capitolo II

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Pierre Loti - Pescatori d'Islanda (1886)
Traduzione dal francese di Carlo De Flaviis (1911)
Capitolo II
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Capitolo Secondo.


L’indomani la spiaggia di Paimpol era piena di gente. La partenza degl’Islandesi era cominciata dalla vigilia e, ogni tanto un gruppo nuovo prendeva il largo. Quel mattino quindici battelli dovevano partire con la «Leopoldina» e le mogli di quei marinai e le madri erano tutte presenti per l’armeggio. Gaud si stupiva di trovarsi mischiata ad esse, diventata anche essa una moglie d’Islandese, e portata là dalla stessa causa fatale. Il suo destino precipitava talmente da qualche giorno che, [p. 142 modifica]appena aveva il tempo di pensare, di riconcentrarsi nella realtà delle cose; scivolando su un declivio, irresistibilmente rapido, era arrivata a quella fine inesorabile, e che ora bisognava subire — come facevano le altre......

Ella non aveva mai assistito da vicino a quella scena, a quegli addii. Tutto ciò era nuovo e sconosciuto per lei. Non aveva nulla di comune con le altre donne, si sentiva quindi isolata; il suo passato di signorina che, malgrado tutto, sussisteva sempre, la metteva in disparte.

Il tempo era rimasto bello per quel giorno di separazione; al largo solamente una grande marea pesante, che arrivava dall’ovest, annunciava il vento e, da lontano si vedeva il mare, che aspettava tutta quella gente.

..... Intorno a Gaud erano delle altre, come lei molto belle e addolorate, con gli occhi pieni di lagrime; ve ne erano però anche di distratte ed allegre che non avevano cuore e che, pel momento, non amavano nessuno.

Delle vecchie, che si sentivano minacciate dalla morte, piangevano lasciando i loro figli; degli amanti si abbracciavano lungamente e si baciavano sulle labbra, e si sentivano già dei marinai mezzo ubbriachi, cantare per rallegrarsi mentre che altri salivano a bordo con un’aria triste, andandosene come verso un calvario.

E accadevano delle scene selvaggie; dei disgraziati che avevano firmato il loro impegno così alla leggiera in un’osteria e che ora non volevano più partire; erano imbarcati a forza, spinti dalle loro mogli e dalle guardie.

E degli altri, di cui si temeva la resistenza per la grande forza, erano stati ubbriacati per precauzione e li portavano in fondo ai battelli giù, come se fossero morti.

Gaud si spaventava a vederli passare; con quali compagni andava dunque a vivere il suo Yann? e poi che [p. 143 modifica]cosa terribile era dunque quel mestiere d’Islanda per ispirare agli uomini tanto spavento?

Nonostante però vi erano dei marinai che sorridevano e che forse, come Yann, amavano la vita al largo e la grande pesca. Quelli erano i buoni, avevano l’aria nobile e bella; se erano scapoli andavano incuranti, gettando un ultimo sguardo alle ragazze; se erano ammogliati abbracciavano le loro mogli ed i loro figli con una dolce tristezza ed una buona speranza di ritornare più ricchi.

Gaud si sentì un poco rassicurata vedendo che andavano tutti a bordo della Leopoldina, la quale aveva veramente un equipaggio scelto.

I battelli uscivano due a due, quattro, a quattro trascinati al di fuori dai rimorchi. E allora, appena si cominciavano a muovere, i marinai scovrivano il capo intonando a piena voce «Ti saluto Stella del mare»: sulla spiaggia le mani di donne si agitavano nell’aria per gli ultimi addii e delle lagrime cadevano sulla mussola delle cuffie.