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Capitolo Quinto.


La «Leopoldina» diventava sempre più invisibile. Senza dubbio delle correnti la trascinavano, perchè le brezze di quella sera erano deboli e insufficienti a spingerla fuori. Diventata una piccola macchia grigia, quasi un punto, stava per raggiungere l’orlo estremo del cerchio delle cose visibili e entrare nello spazio infinito.

Alle sette di sera, venuta la notte, scomparso il battello, Gaud rientrò a casa sua. Quantunque avesse le lagrime agli occhi, pure si sentiva abbastanza forza e coraggio. Che differenza però e che vuoto più oscuro se egli fosse partito ancora come gli altri due anni, senza, neanche un addio. Ora, tutto era cambiato, ella si sentiva così amata che, malgrado quella partenza serbava sempre nel cuore il profumo deliziosamente nostalgico della loro ultima e luminosa festa di sole.

Capitolo Sesto.


L’estate passò triste, calda, tranquilla; ella spiava avidamente le prime foglie ingiallite, le prime riunioni di rondini, lo sbocciar dei crisantemi. Per le navi di Reickarvich egli le mandava sue notizie in lunghe ed affettuose lettere.

Alla fine di luglio Gaud ne ricevette una. Egli l’informava che stava benissimo, che la stagione della pesca si presentava molto buona, e che aveva già mille cinquecento pesci per parte sua. E ciò era scritto con uno stile ingenuo come tutte le lettere scritte dagli islandesi alle loro famiglie. Essendo più colta di lui, ella comprendeva, sapeva leggere tra le righe la tenerezza profonda e l’affetto immenso che egli non sapeva bene esprimerle.