Pescatori d'Islanda/Parte IV/Capitolo VIII

Capitolo VIII

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Pierre Loti - Pescatori d'Islanda (1886)
Traduzione dal francese di Carlo De Flaviis (1911)
Capitolo VIII
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Capitolo Ottavo.


Durante sei giorni furono marito e moglie.

In quel momento di partenza tutti si occupavano dell’Islanda.

Le donne ammucchiavano il sale, per la salsedine nei depositi dei battelli, gli uomini disponevano gli arredamenti, e, in casa di Yann, la madre, le sorelle lavoravano dal mattino alla sera per tutto il corredo della pesca. Il tempo era scuro e il mare, che sentiva venire l’equinozio, era mosso e turbato.

Gaud seguiva tutti quei preparativi inesorabili, con angoscia, contando le ore rapide della giornata e, aspettando la sera, quando finito ogni lavoro, avrebbe avuto Yann per sé sola. Negli altri anni sarebbe partito così. Ella sperava di no, ma non aveva il coraggio di parlargliene ancora....

Veramente egli l’amava assai; con tutte le sue amanti non aveva mai conosciuto quello che provava ora; no, era tutt’altro; ora sentiva come una tenerezza fresca, casta, fidente: le stesse strette, gli stessi baci con lei erano altra cosa; e, ogni notte le loro due ebbrezze [p. 135 modifica]d'amore ingigantivano senza mai assopirsi quando li sorprendeva il mattino.

Ciò che la incantava, sorprendeva addirittura, era di trovare così dolce, così tenero, così fanciullo, quello stesso Yann che ella aveva visto sdegnoso con tutte le altre ragazze. Invece con lei era sempre buono ed ella si sentiva impazzire di amore per il suo sorriso.

Presso le anime semplici è sempre quel sentimento innato di rispetto, per la maestà della sposa; un abisso la separa dall’amante che è come una cosa, uno strumento di piacere e di cui si rimpiangono, anche col pensiero, i baci che le si sono dati nella notte. Gaud era la moglie e, nel giorno, egli non ricordava più le loro carezze, tanto essi erano una stessa carne per tutta la vita.

Ella, poveretta, era un poco inquieta della sua felicità, le sembrava qualche cosa di troppo insperato, troppo fugace come nei sogni....

Sarebbe sempre così forte, così grande l’amore di Yann?

Molte volte pensava alle sue amanti, alle sue avventure, ai suoi trasporti, ed aveva paura. Le conserverebbe egli sempre quella tenerezza infinita, quel rispetto così dolce?....

Veramente sei giorni di matrimonio, per un amore come il loro, erano niente; un acconto febbrile preso sul tempo e sull’esistenza — che doveva essere ancora molto lunga per essi! Appena avevano potuto vedersi, parlarsi, comprendersi, che si appartenevano. E tutti i loro progetti di vita comune e di gioia tranquilla, avevano dovuto rimandarli, per forza, al ritorno....

Oh! gli altri anni a qualunque costo non l’avrebbe fatto partire, ma come fare? E come farebbero per vivere così poveri l’uno e l’altra?... E poi egli amava tanto quel mestiere di pescatore!....

Tenterebbe, malgrado tutto, tenterebbe di trattenerlo con tutta la sua volontà, la sua intelligenza, il suo [p. 136 modifica]cuore. Essere moglie d’islandese, vedere avvicinare tutte le primavere con tristezza, passare le estati nell’ansia dolorosa; no, ora che ella l’adorava al di là di ciò che avrebbe immaginato, si sentiva presa da uno spavento troppo grande pensando a quegli anni che dovevano venire......

Essi ebbero una sola giornata di primavera. Era la vigilia della partenza, avevano finito di mettere gli arredamenti in ordine a bordo, e Yann restò tutto il giorno con lei. Passeggiarono, l’uno sotto il braccio dell’altro, pei sentieri, come fanno gl’innamorati, tenendosi stretti e parlandosi a bassa voce. Le buone persone che li vedevano passare li guardavano sorridendo e dicevano:

— E’ Gaud col grande Yann di Pors-Even — Sposi freschi.....

Una vera primavera quest’ultimo giorno; il vento non soffiava da alcuna parte, il mare si era fatto molto dolce, e restava tranquillo.

Il sole brillava con un grande chiarore bianco ed il rude paese bretone s’impregnava di quella luce voluttuosamente; sembrava rallegrarsi e rivivere fin negli orizzonti più lontani. L’aria aveva presa una tiepidezza che ricordava l’estate e si sarebbe detto che essa si era immobilizzata per sempre, e che non si sarebbero avuti più dei giorni scuri e tempestosi. Le baie, i capi su cui non passavano le ombre variabili delle nuvole, disegnavano al sole le loro grandi linee immutabili, e sembravano riposarsi anche essi in quella tranquillità eterna...

Tutto ciò come per rendere più luminosa la loro festa di amore; si vedevano già dei fiori lungo i fossati, specialmente delle violette deboli e senza odore.

Quando Gaud gli domandò:

— Per quanto tempo mi amerai?

Egli rispose stupito, guardandola bene con i suoi begli occhi franchi.

— Sempre, sempre, Gaud mia.... [p. 137 modifica]E quelle parole, dette semplicemente dalle sue labbra selvaggie, pareva avessero davvero il suono dell’eternità. Ella si appoggiava al braccio di lui; nell’incanto del suo sogno compiuto, si stringeva a lui — sempre inquieta — sentendolo fuggitivo come un grande uccello del mare..... Domani avrebbe preso il largo.... E per questa prima volta era troppo tardi e non poteva impedirglielo...

Da quei sentieri — dove essi camminavano, si dominava tutto il paese marino che sembrava essere senza riparo, tappezzato di ginestre rade e seminate di pietre.

Le casette dei pescatori erano posate qua e là sulle roccie con i loro vecchi muri di granito, i loro tetti di paglia, molto gobbi, alti e verdi per lo spuntar del muschio; e, nell’estremo lontano, il mare, come una grande visione diafana, descriveva il suo cerchio immenso ed eterno, che aveva l’aria di avviluppare tutto.

Ella si divertiva a raccontargli le cose stupefacenti e meravigliose di Parigi, di quel Parigi dove era ’stata; ma egli, sdegnoso, non vi s’interessava.

— Così lontano dalla costa — diceva egli — e tante case, tanta gente, Dio mio come deve essere malsano..... Vi debbono essere delle cattive malattie in quella città; no, non vorrei vivere là dentro, certamente no.

Ed ella sorrideva, meravigliandosi come, quel giovanotto fosse così fanciullo e così ingenuo.

Qualche volta si cacciavano in sentieri pieni di alberi alti che bloccavano tutto, ed allora non avevano più alcuna veduta. Per terra vi erano delle foglie morte, delle ginestre verdi, ma tutto era più scuro, tra quegli alberi, con qualche casupola nera e solitaria, crollante di vecchiezza che dormiva là in fondo; e sempre qualche crocefisso si drizzava in alto avanti di loro fra i rami morti, col suo gran Cristo di legno cadaverico, dall’aria di dolore infinito. In seguito il sentiero saliva e di nuovo dominavano gli orizzonti immensi, ritornando l’aria vivificamente delle alture e del mare. [p. 138 modifica]

Egli, a sua volta, raccontava dell’Islanda, le estati pallide e senza notti, i soli obliqui che non si coricano mai. Gaud non capiva e si faceva spiegare.

— Il sole fa il giro, tutto il giro — diceva egli movendo il suo braccio sul cerchio lontano delle acque azzurre.

Resta sempre molto basso, perchè non ha la forza di salire; a mezzanotte si trascina un poco sul bordo del mare, ma subito si rialza e continua la sua passeggiata tonda. Delle volte anche la curva appare all’altro lato del cielo, allora lavorano tutti e due, ognuno dalla parte sua, e non si distinguono molto l’uno dall’altro perchè, in quel paese, si somigliano molto.

Vedere il sole a mezzanotte!.... Come doveva essere lontana quell’isola d’Islanda E come era pericolosa! Quante volte Gaud aveva letto quel nome scritto sulla cappella dei naufragi; le faceva l’effetto di nominare una cosa sinistra.

— Ed i fiordi, riprendeva Yann — delle grandi baie, come quelle di Paimpol per esempio; solamente vi sono intorno delle alte montagne, così alte, così alte che non si vede mai dove esse finiscano, a causa delle nuvole che le ricoprono. Un triste paese, ti assicuro Gaud mia, l’Islanda! Pietre, pietre, niente altro che pietre, e gli abitanti non sanno cosa voglia dire albero. Non ve ne è neanche uno. A metà agosto, quando la nostra pesca è finita e si ritorna, allora le notti cominciano ad allungarsi; il sole cade al disotto della terra senza potersi rialzare e là basso, fa notte tutto l’inverno.

E poi — continuava egli — vi è anche un piccolo cimitero, sulla costa, come da noi, per quelli di Paimpol che sono morti durante la stagione della pesca o che sono scomparsi nel mare; è terra benedetta come a Pors-Even ed i defunti hanno le loro croci in legno, simili a queste con i nomi scritti sopra.

I due Goazdion di Ploubazlanec sono là ed anche Guglielmo Moan, nonno di Silvestro, è là. [p. 139 modifica]Ella credeva di vederlo, quel piccolo cimitero, sotto la pallida luce rosa di quei giorni che non hanno fine, in seguito pensò a quegli stessi morti sotto il ghiaccio e sotto il sudario nero di quelle notti lunghe come gl’inverni.

— E sempre, sempre pescare? senza riposarsi mai?

— Mai. E poi si deve fare la manovra perchè il mare non è sempre così bello come ora. La sera si è molto stanchi, ma la stanchezza dà l’appetito e si divora la zuppa, t’assicuro.

— E non ci si annoia mai?

— Mai — diss’egli con un’aria di convinzione che le fece male — al largo non ho mai il tempo di annoiarmi, mai!

Ella abbassò la testa, sentendosi più triste per quella tragica rivalità del mare.



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